Vittorio Pagani e Luigi Aruta, la giovane danza d’autore che racconta la realtà

Mar 11, 2024

Articolo a cura di Annateresa Mirabella

Il mese di febbraio ha visto l’avvio di Open Dance, la nuova rassegna a cura del Teatro Pubblico Campano, programmata tra Napoli e Salerno, dedicata alla giovane danza d’autore. Il progetto intende promuovere la creazione artistica emergente in dialogo con altre realtà nazionali tra cui Anticorpi XL, rete di riferimento per il sostegno alle nuove generazioni di autori e autrici della danza contemporanea.
Proprio in occasione del primo ciclo di appuntamenti di Open Dance, abbiamo raggiunto il Teatro Pasolini di Salerno per A solo in the spotlight di Vittorio Pagani e Matricola 0541 di Luigi Aruta, due lavori che pur diversi per linguaggi e poetiche, si ritrovano allo specchio per profondità di ricerca e comunanza di temi.

A solo in the spotlight: un’indagine sull’esperienza del danzatore

Che cosa c’è dietro il rapporto tra il palcoscenico e l’artista? Il luogo in cui perdersi, alla ricerca del proprio posto nel mondo, di esprimere attraverso il corpo universi interiori, plurime narrazioni. A solo in the spotlight è uno scorcio sulla vita del danzatore: una denuncia intrisa d’ironia, il rifiuto di una resa. Una sfida.
L’assolo di Vittorio Pagani – che firma anche i testi, la coreografia e gli effetti video – è il racconto di un’esperienza, che è la sintesi di tante altre esperienze simili e ricorrenti. C’è una storia in scena, quella del protagonista, ma può dirsi la storia di molti altri artisti. Rivolgendosi direttamente al pubblico, Pagani porta in scena il lavoro lungo e articolato che si nasconde dietro le audizioni e il processo di creazione coreografica.

Dopo un breve monologo introduttivo, le istruzioni proiettate sul fondo in formato video svelano le caratteristiche che il danzatore dovrebbe avere – a partire dal costume di scena, che “dirà sempre qualcosa! Anche se non c’è nulla da dire!”. Con indosso pantaloncini e passamontagna rosa shocking e un paio di scarpette da tennis, il performer prende ad assecondare le continue richieste di una voce fuori campo. Sono le direttive del coreografo, sempre più varie e frenetiche. Il personaggio dà voce alla sua nemesi, si fa protagonista e antagonista di sé stesso, mentre ripercorre un percorso costellato di sacrifici e delusioni, del quale, tuttavia, è impossibile fare a meno. 
Inchiodato dallo sguardo dell’artista e istruito su come interagire con il performer (avvertimenti dal sapore beckettiano, così come il successivo ripetersi della medesima sequenza coreografica), lo spettatore finisce per riscoprire propria quella sensazione di inadeguatezza. Nel lavoro di Pagani riecheggia la critica dissacrante di Heinrich Böll. Ci si trova di fronte alle “opinioni di un danzatore”: confessione e protesta che punge nel vivo.

A solo in the spotlight è una produzione The Place London e LARVAE, che vede l’aiuto alla drammaturgia di Hannes Langolf e Martin Hargreaves, il disegno luci di Mark Webber e i costumi di Bruna Scazzosi. 35 minuti che volano leggeri sulle musiche, tra gli altri, di Adolphe Adam, Patti Smith e i Queen.

Luigi Aruta, il corpo elettrico dello studente-danzatore di Matricola 0541

Una produzione Borderline Danza, con il sostegno di CosiArte e con Giada Ruoppo come assistente di creazione, Matricola 0541 prosegue sul filo dell’ironia. Del malessere dello studente si è iniziato a parlare da un po’: Luigi Aruta ha provato a danzarlo, infondendo nel lavoro coreografico una vera e propria ricerca sulle emozioni che gli universitari si ritrovano a vivere prima di un esame.
Basandosi su un campione di studenti invitati a riferire, in un questionario, sui movimenti involontariamente messi in atto in queste occasioni, Aruta porta in scena ciò che succede al corpo – e alla mente – di una persona impegnata nel processo di studio. 
In abiti comodi, il danzatore entra in scena con una pila di libri, che colloca con cura nello spazio. Cerca un punto in cui iniziare a ripetere il discorso che ha preparato: lo recita a più riprese, dapprima con naturalezza, poi si fa esitante, l’impostazione diventa mnemonica. A questo punto, in un crescendo di ritmo, rompe la compostezza e coinvolge gli oggetti di scena in una specie di lotta danzata.

ph StudioDanza

Una coreografia elettrica, che vede lo studente-danzatore districarsi abilmente nel suo mondo fatto di libri e nozioni, balzando da un testo all’altro. Si sforza di padroneggiare argomenti, si proietta nel momento dell’esame. Infine, lo vive: pur avendo agognato la perfezione, non la raggiungerà. E, sorprendentemente, non sarà una sconfitta, bensì una liberazione.
Matricola 0541 indica un numero tra tanti, ma ricorda che la bellezza di ciò che si apprende passa anche attraverso l’identità dell’individuo.

Nel primo appuntamento di Open Dance, protagonista è stata una giovane danza d’autore che sceglie di raccontare la realtà. Con linguaggi diversi, multimediali, i due autori/interpreti si affidano soprattutto all’osservazione di ambienti a loro vicini, per smascherare le contraddizioni sistemiche della contemporaneità. Il danzatore, lo studente: figure dal destino incerto, dirette verso ideali dai confini mutevoli, che finiscono per trasformare l’essenza della persona, agendo sui suoi comportamenti. I protagonisti guardano a loro stessi con ironia, raccontano, smuovono e al tempo stesso lasciano trapelare la passione verso dimensioni cui sentono, inesorabilmente, di appartenere.

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