Valter Malosti traduttore: da Shakespeare a Bowie, ritmo e visionarietà nella lingua inglese

Apr 3, 2023

La traduzione come atto di adesione al testo e al suo autore ma anche come sforzo di restituire una lingua viva, svecchiandola da strutture e schemi sintattici ormai obsoleti del passato. Con questo spirito la casa editrice Einaudi ha dato alle stampe la 500esima copia della Collana Bianca, con l’inconfondibile copertina disegnata da Bruno Munari e i versi di una poesia del libro scritti sopra, dedicandola a William Shakespeare. Due le opere, Venere e Adone e Lo stupro di Lucrezia, affidati alla traduzione di Valter Malosti, attore e regista, oltre che fondatore del Teatro di Dioniso, direttore artistico di Teatro Piemonte Europa e dal 2021, direttore di Ert-Emilia Romagna Teatro Fondazione.

Un legame con Shakespeare portato avanti dal 2006 al 2022, incrociando il lavoro di traduttore a quello di regista e interprete delle opere portate anche in scena, l’una nel 2009 e l’altra nel 2013, avendo sempre presente la difficoltà che comporta riuscire a rendere la concretezza e la complessità della lingua del Bardo, dove ogni verso è un mondo a sé, completo e denso di riferimenti alla lingua dell’inglese parlato.

L’incontro tra l’autore-traduttore Valter Malosti e il direttore editoriale Einaudi, Mauro Bersani, organizzato nell’ambito di Ravenna Teatro e moderato dal regista e drammaturgo Marco Martinelli, del Teatro delle Albe, ha stimolato una riflessione su quanto possa rivelarsi affascinante e complesso il passaggio di un’opera da una lingua ad un’altra e quanto incida in questo percorso, il senso di musicalità proprio di chi traduce. Come per Chiara Lagani di Fanny&Alexander, che per Einaudi ha tradotto I libri di Oz nel 2017, e di recente Romeo e Giulietta “con una traduzione audace”, come l’ha definita Bersani, anche per Malosti l’approccio all’opera dell’artista anglosassone è stato insolito, scegliendo i versi liberi per rendere il ritmo leggero e lezioso di Venere e Adone e l’endecasillabi per Lo stupro di Lucrezia.

Venere e Adone, pubblicato nel 1593, con 16 ristampe nel giro di un solo secolo, rappresenta una sorta di seduzione ostinata della dea che soffoca di attenzioni indesiderate il giovane e richiama un ambientazione rupestre e primaverile, in cui Malosti attinge dalla lingua del parlato italiano per rendere l’insofferenza di Adone. Basti leggere il suo “Basta con le tue stupide chiacchiere, sei noiosa!” che Bersani ha definito perfetto alessandrino, oppure l’endecasillabo “Eh no, basta, sei ossessiva!” e il verso-chiave “L’amore sarà sempre sbagliato/o troppo/ o troppo poco”, altro alessandrino perfetto che consente di “dare freschezza al testo pur mantenendo la fedeltà metrica”. Così come si è dimostrato azzeccato l’uso del ritmo giambico che in inglese è molto simile all’italiano parlato e che spinge a considerare, conclude Bersani, che non ci sia una modalità di traduzione più corretta di un’altra, motivo per cui Einaudi “continuerà a privilegiare l’eclettismo”. Concludiamo con l’irruenza di Venere nei versi riportati sulla cover del libro: “Ti prego, meraviglia, scendi da cavallo/lega questo tuo splendido stallone/se mi concedi questo favore, come premio/ti faccio conoscere mille dolci segreti/Avvicinati, non ci sono serpenti velenosi/qui/dai, siediti qui con me che ti soffoco di/baci”.

Per Lo stupro di Lucrezia, stampato nel 1594, che invece descrive lo stupro della moglie di un generale dell’esercito romano, con il suo carico di tragedia, Malosti, proprio per restituire al lettore (e allo spettatore) “quel ritmo percussivo, barbarico dei versi” è stato spinto “verso la scelta degli endecasillabi per la traduzione”. Una scelta azzardata perché 11 sillabe nella lingua italiana sono poche, avendo la nostra lingua parole piuttosto lunghe. E continua: “Il rischio che qualcosa del testo di Shakespeare andasse perduto c’era. I suoi versi infatti sono sempre scelti accuratamente, sono fondamentali gli a capo, mai niente è lasciato al caso”. Una scelta che però, aggiunge, ha permesso di esprimere efficacemente il rapido evolversi della vicenda che parte dall’antefatto di una discussione tra due generali romani sulla virtù delle proprie mogli al desiderio di uno dei due, Sesto Tarquinio, di stuprare la moglie dell’altro, il dubbio che lo attanaglia prima di decidersi a compierlo, fino a spingerlo a riflessioni quasi filosofiche, poi la visita in casa della donna e l’atto criminale.

“La peculiarità dei versi di Shakespeare – ha spiegato ancora Malosti – in cui le parole rinviano ad un orizzonte semantico che si spinge fino alla dimensione sonora, mi ha spalancato un mondo e mi ha rimandato al musicista David Bowie, del quale ho tradotto i testi e sto portando in tournée Lazarus. I testi delle sue canzoni sono di difficile traduzione per la frammentarietà e la visionarietà dell’artista, che tesse i suoi testi per immagini e in cui una parola ha molteplici richiami. Ciò mi ha spinto a rivedere e cambiare più volte la traduzione dei suoi testi”. Ma come si relaziona la recitazione con la traduzione? chiede Martinelli e Malosti risponde che “a noi attori la traduzione serve perché anche questo è un mezzo attraverso il quale scorre la bellezza delle parole. Anche se con la traduzione, parafrasando il regista inglese Peter Brook, poche cose rimangono intrappolate, mentre la maggior parte del tesoro scivola via tra le dita, queste sono ugualmente preziose”.

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