Come in un laboratorio artigianale, durante il percorso di perfezionamento professionale Lavoratorio la trasmissione delle competenze avviene in maniera diretta. Le tecniche e i saperi dell’arte teatrale muovono da un corpo all’altro, da una mente all’altra, producendo un perpetuo rigenerarsi di pratiche e forme.
Tali pratiche, non guardano però alla creazione in un senso unicamente artistico, ma investono l’ambito lavorativo abbracciando l’intera macchina produttiva, approfondendone ogni aspetto ideativo e operativo. In questo processo, gli allievi e le allieve che partecipano a Lavoratorio sono coinvolti nella creazione di uno spettacolo teatrale tout-court, configurandosi come compagnia professionale al cui interno vi siano competenze trasversali. L’Accademia d’Arte drammatica Cassiopea di Roma, intende, attraverso questo progetto, investire sul centramento professionale dei suoi attori e delle sue attrici, consentendo loro di immettersi nel mondo del lavoro in maniera autonoma, avendo esperito esperienze di tipo artistico e manageriale.
Simone Perinelli, autore e attore della compagnia Leviedelfool, docente dell’Accademia Cassiopea e direttore artistico del progetto, racconta nascita e sviluppo di Lavoratorio.
Insieme al corpo docenti e alla direzione artistica dell’Accademia d’Arte drammatica Cassiopea hai dato vita al progetto Lavoratorio. Come nasce l’idea di questo percorso?
Lavoratorio nasce dalla volontà di trasmettere delle pratiche teatrali in ambito lavorativo. La scelta del nome del progetto deriva proprio da questo.
Stiamo tentando di utilizzare la scuola, con tutte le sue cattedre, facoltà e competenze, come fosse un centro di produzione. L’obiettivo è che gli allievi del Lavoratorio inizino a interfacciarsi con il teatro soprattutto in ottica di un lavoro autonomo.
Il progetto è sperimentale, per cui non possiamo garantirne gli esiti, ma l’idea è quella di formare una compagnia professionale con gli allievi del terzo anno dell’accademia, al cui interno operino varie competenze. Lavoratorio sfocerà in uno spettacolo che parte da una drammaturgia originale, scritta in sala attraverso un lavoro di improvvisazione e scrittura scenica; da una lunga ricerca effettuata per la scelta di un tema e dalla creazione di un immaginario collettivo, che interessi tutti gli allievi che lavorano al progetto.
Lavoratorio vuole tradursi in una pratica che consenta a giovani artiste e artisti di accedere e muoversi sul mercato del lavoro in maniera autonoma e indipendente. Secondo la tua esperienza di artista, quanto conta ricevere già al termine del percorso accademico una formazione che vada in questa direzione?
Sono convinto che gli allievi e le allieve abbiano intuito la grande opportunità che Lavoratorio rappresenta. È un percorso che avrei seguito volentieri durante la mia formazione.
Il progetto nasce anche per combattere il disorientamento che la fine di un percorso accademico tipicamente produce, e durante il quale molto tempo viene speso nella ricerca di una propria metodologia di lavoro.
In questo modo, invece, i ragazzi hanno la possibilità di mettere a frutto immediatamente un percorso di cui hanno già conosciuto la varietà.
La caratteristica principale di Lavoratorio non risiede nella creazione di uno spettacolo finale, quanto nella facoltà di utilizzare questa esperienza formativa in futuro, esperendo nuovamente qualcosa di cui si conoscano già le tappe. Lavoratorio funziona come l’atto di trasmissione di un lavoro artigianale. Mi pongo con i partecipanti non come un regista ma come un artigiano che effettua un passaggio di nozioni ed esperienze. Usciti dal terzo anno, nella confusione dei molteplici modi di trasformare la bellezza, avranno un metodo di partenza che speriamo diventi soggettivo col tempo.
Come si struttura da un punto di vista artistico e didattico il progetto Lavoratorio?
Lavoratorio si avvale del supporto dei docenti di Cassiopea che, durante l’anno accademico, dedicano parte delle proprie lezione a questo progetto. Una volta che gli allievi hanno strutturato un’idea artistica, le cattedre di drammaturgia, regia, trucco, light design, costume, drammaturgia, critica, organizzazione ne incrementano la pratica in modo che gli allievi possano imparare a portare avanti il lavoro previsto per la creazione spettacolare in completa autonomia.
Quali sono stati gli step creativi e come il gruppo di lavoro ha reagito alla realizzazione di questo progetto?
Il lavoro è diviso in fasi: vi è un lungo periodo di ideazione in cui si sviluppa il tipo di spettacolo che si vuole creare a partire da una materia inerte. Gli allievi e le allieve non hanno una base di partenza, iniziano a ideare e poi a progettare. Intervengono quindi i docenti di organizzazione dello spettacolo, in modo che insieme all’idea artistica vengano acquisite le informazioni per scrivere un progetto o per partecipare a dei bandi.
Il teatro richiede delle competenze che sono indirizzate verso la figura del teatrante, cioè di chi si occupa dello spettacolo in maniera totale, non intervenendo solo sui coefficienti artistici ma anche in ottica manageriale. Gli allievi escono da Lavoratorio con uno spettacolo ideato e creato interamente da loro, per il quale individuano anche una progettualità futura in maniera totalmente autonoma.
L’esito di un progetto come il Lavoratorio non può prescindere dall’umanità che sta abitando il percorso. Per questo motivo, può portare quindi con sé anche il germe del fallimento, che è assolutamente compatibile con l’orizzonte pedagogico.
Durante la fase ideativa c’è stato gran fermento, procedendo con il lavoro sono sopraggiunti momenti di crisi, com’è tipico del lavoro artistico. L’impasse è stata superata attraverso la struttura che il gruppo è riuscito a dare al progetto. Insieme siamo riusciti a capire come, mediante un’intelligenza collettiva, trasformare la frustrazione e l’inciampo in qualcosa che possa arricchire questo percorso.
Cosa puoi raccontarci dello spettacolo creato dalla compagnia nata in seno a Lavoratorio?
Stiamo lavorando su una sorta di scuola delle anime, queste vengono addestrate alla vita in società. Stiamo ripercorrendo il periodo dell’infanzia e il momento della scolarizzazione, intercettando il momento in cui gli infanti vengono plasmati per diventare degli ottimi cittadini nella società contemporanea. L’obiettivo è mostrare quale sia il passaggio che conduce alla nascita dell’”uomo perfetto” del 2021, guardando a chi eravamo e a chi diventeremo. La domanda sottesa allo spettacolo riguarda la proiezione di ciò che potremmo essere, seguendo canoni diversi da quelli richiesti oggi dalla società.
Si tratta di un lavoro sul microcosmo composto da personaggi che impersonificano l’umanità. Stiamo lavorando con il concetto di “suono del tempo”: in scena potrebbe essere presente un grande orologio, il cui ticchettio scandirà lo svolgimento della vita di queste anime che, da potenziale tutto, devono diventare qualcosa effettuando delle scelte.

Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.