Editoriale a cura di Ornella Rosato e Mila Di Giulio
Perché una rivista? Perché Lo scandaglio?
Alla laconicità cui è soggetta l’informazione online, la redazione di Theatron 2.0 risponde con «Lo scandaglio – Rivista di approfondimento culturale», un nuovo progetto editoriale ideato come spazio di detonazione di domande, come bacino di raccolta di risposte possibili relative alla scena contemporanea.
Lo scandaglio è uno dei più antichi strumenti di navigazione, utilizzato fin dall’epoca medievale per misurare la profondità dei fondali.
Questa rivista, che proprio nella profondità della trattazione trova il suo presupposto, propone una mise en abyme delle tematiche affrontate di numero in numero, arricchendosi delle firme di colleghe e colleghi delle più prestigiose riviste di settore, oltre che del racconto diretto di artiste, artisti, studiose e studiosi.
Per inaugurare «Lo scandaglio – Rivista di approfondimento culturale» prendiamo in prestito un’espressione coniata da Jacques Copeau “Tradition de la naissance”, una visione di teatro che vede l’innovazione come costante atto fondativo e che, come suggerisce Lorenzo Mango in Il Novecento del teatro. Una storia, «Non consiste nell’appropriazione, ma nello stupore e nella differenza».
Può, dunque, il transnazionale rappresentare un atto fondativo del teatro contemporaneo?
Con il primo numero della rivista, intitolato Tradition de la naissance: il Transnazionale come atto fondativo, dedichiamo un approfondimento monografico a questa domanda.
Siamo andati alla ricerca di esempi virtuosi, idee ed esperienze il cui tentativo è quello di ricostruire processi travalicando i confini geografici e, risemantizzando se stessi e ciò che si incontra, costruire il proprio atto fondativo.
Siamo partiti dal racconto a firma di Enrico Baraldi, regista e autore dello spettacolo Non tre sorelle e fondatore, insieme a Nicola Borghesi, della compagnia Kepler 452. Quello che è stato un vero e proprio percorso escursionistico fino a Non tre sorelle fa comprendere la necessità di intendere il teatro transnazionale come apertura alle possibilità del conflitto, che l’incontro a teatro non è mai un atto di pace, ma uno scontro che esercita alla costruzione di nuovi modelli. Abbiamo così deciso di analizzare queste collisioni, scontri violenti e generatori di nuovi significati, di estetiche identitarie, come la mappatura operata dalla redazione de L’OCA – Osservatorio Critico Autogestito sulle drammaturgie estere messe in scena in Italia. Attraverso un’analisi algoritmica, gli autori hanno compiuto una campionatura lessematica e tematica di ciò che giunge dalla drammaturgia estera.
Ci sono poi i racconti di spettacoli che attraverso l’incontro con testi di autori stranieri hanno aggiunto un tassello fondamentale al proprio percorso estetico: così per Ho paura Torero di Claudio Longhi, tratto dal testo omonimo di Pedro Lemebel, di cui Lorenzo De Benedictis ha intervistato il traduttore e autore della drammaturgia Alejandro Tantanian, o la folgorazione per Jakob von Gunten di Fabio Condemi, da cui oltre a uno spettacolo è nato anche un saggio/conversazione dal titolo Walser a due di cui il regista è autore insieme a Francesco Fiorentino, docente di letteratura tedesca all’Università di Roma Tre e esperto di Robert Walser, che Mila Di Giulio ha restituito in un’intervista ai due autori.
E in questo primo numero vi è anche il racconto del rapporto italiano con la drammaturgia inglese, affidato ad Alessandro Iachino, redattore di Stratagemmi e Doppiozero, che si è occupato del lavoro della compagnia Lacasadargilla su testi non autoctoni, e in particolare dell’incontro con Alice Birch, a cui si ricollega anche Alice Strazzi, redattrice di Stratagemmi, dedicando approfondimento a una triade inglese capitale sia a livello mondiale, ma anche e soprattutto in Italia, ovvero Martin Crimp, Tim Crouch e la già citata Birch.
Ci siamo ben presto resi conto che per affrontare il tema però, non fosse possibile tralasciare l’aspetto più sistemico dell’incontro fra culture diverse a teatro, argomento trattato in un’intervista a Margherita Laera, docente presso l’Università del Kent e autrice del libro La drammaturgia contemporanea in Europa – Una mappatura degli ecosistemi e delle pratiche, un osservatorio che parte dall’esperienza pluriennale di Fabulamundi Playwriting Europe, per raccontare differenze e analogie fra i sistemi teatrali dei diversi paesi europei.
A partire da questo quadro multiforme e denso di esperienze gettiamo le basi per un racconto che prova a rispondere a domande urgenti del contemporaneo teatrale, ben sintetizzate da Milo Rau nel suo libro Theatre is democracy in small: «Come può un teatro transnazionale essere sostenibile nel lungo termine? In che modo può un teatro moderno funzionare per dare spazio alla diversità di una società e a tutti i suoi conflitti?».
Con questo numero tematico cerchiamo di far germinare delle prime risposte, fuggendo definizioni e cristallizzazioni di senso, proponendo un atto fondativo che generi differenza e stupore.
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