
Al Teatro Argot Studio è ricominciata la stagione teatrale, costellata da nuovi approdi e da storici ritorni. Nel claim di quest’anno è concentrata la volontà di esprimere una direzione al volo artistico del teatro di Trastevere: con il titolo Argo(t)nautiche – Cronache dal mondo sommerso i direttori artistici – Tiziano Panici e Francesco Frangipane – non tentano soltanto un gioco di parole, ma vogliono portarci in un lungo viaggio, attraverso il vasto mare della storia dell’Argot, che è anche la storia della Roma teatrale dal 1984 a oggi. Al racconto delle Argo(t)nautiche contribuiranno nomi storici (Umberto Marino, Paolo Zuccari, Elena Arvigo), nuove proposte under 35 (Alessandro Blasioli, Pablo Solari, Collettivo Controcanto) fino a progetti più sperimentali – come nel caso di Segnale D’Allarme | La Mia Battaglia in VR, uno spettacolo in virtual reality con Elio Germano. Fra le proposte laboratoriali, anche Theatertelling, corso di formazione per comunicatori, giornalisti e appassionati alle arti performative organizzato da Theatron 2.0.
Con Argo(t)nautiche, il Teatro Argot Studio, anche quest’anno, si riconferma come un luogo di incontro e di convivenza tra realtà diverse, tra vecchie e nuove generazioni, da spettacoli più tradizionali a quelli sperimentali. E tutti sono imbarcati sulla stessa nave, viaggiano verso la stessa direzione e vivono la stessa storia.Abbiamo parlato con Tiziano Panici, che ci ha raccontato come è stata ideata la programmazione di Argo(t)nautiche – Cronache dal mondo sommerso.
La stagione di quest’anno è stata intitolata Argo(t)nautiche : perché la scelta di questo nome?
Si chiama Argo(t)nautiche perché vogliamo raccontare i primi dieci anni di questa nuova gestione così come si tiene aperto, in questo momento storico molto particolare, un porto che deve accogliere le navi dall’esterno. Interrogandoci su quello che è il senso di tenere aperto uno spazio in una città come Roma, uno spazio culturale, ci sembra fondamentale sapere che avere un teatro significa tenere le porte aperte all’interno di una città. Quindi abbiamo una responsabilità civile, nei confronti del “nostro” territorio, del quartiere, delle persone che ci sono vicine, e di chi abita lo spazio.
Chi abiterà quest’anno il Teatro Argot Studio?
C’è stato un inizio di stagione molto positivo con la presentazione del progetto Trilogia dell’Essenziale, firmata da Vinicio Marchioni, con Marco Vergani come attore. A Marco succederà Elena Arvigo con Il dolore: Diari della Guerra, che è un lavoro che per adesso ha presentato soltanto in forma di mise en espace e di reading. Accanto a questi nomi più importanti sono felice che ospiteremo anche realtà meno conosciute ma che stanno crescendo e si stanno facendo le ossa: come nel caso di Collettivo Controcanto, che è venuto in contatto con noi tramite il progetto di Dominio Pubblico. Tra i giovanissimi troviamo anche Alessandro Blasioli con una produzione di Argot Produzioni: Sciaboletta, spettacolo premiato all’Arezzo Crowd Festival e Direction Under 30 di Gualtieri.
Fra le proposte di drammaturgia contemporanea, presentiamo con grande piacere Piccola Patria, spettacolo della compagnia CapoTrave di Luca Ricci e Lucia Franchi, con Gioia Salvatori in scena; Riccardo Festa, attore e regista romano che si metterà in prova con Art, un testo di Yasmina Reza. L’anno scorso, poi, abbiamo deciso di mettere in produzione Harrogate, uno spettacolo della scena britannica, programmato da Rodolfo di Giammarco nella sua rassegna Trend, che torna in una dimensione di stagione – in scena Marco Quaglia e Alice Spisa, con la regia di Stefano Patti. Anche loro sono degli artisti che qui dentro hanno costruito un loro percorso. Inoltre, la compagnia Teatrodilina porterà in scena lo spettacolo Il bambino dalle orecchie grandi.

“Vecchie fiamme” che ritornano: questo perché gli artisti riconoscono Teatro Argot Studio com uno spazio-palestra dove potersi mettere sempre in gioco?
Sì e non solo: si crea un sottile filo rosso che si porta avanti negli anni, e che continua in qualche modo a raccontare la storia dell’Argot. Per questo ci sono anche i “nomi storici” – come Umberto Marino e Paolo Zuccari – autori che negli anni Novanta hanno fatto la storia di questo posto e che oggi lavorano nel cinema e nella televisione. Sono grandi firme, riconosciute da tutti, che ancora si concedono il lusso, da registi e autori riconosciuti e cinquantenni, di buttarsi sul palco sperimentando e raccontando storie che non potrebbero raccontare in altri spazi.
Chi ritroviamo, invece, tra le “nuove proposte” di Teatro Argot Studio?
Troviamo Silvia Gribaudi, che in questo momento è una delle coreografe più interessanti del panorama nazionale, che porta in scena lo spettacolo My Place: sono tre donne in scena, tre donne adulte con i loro corpi adulti. Come contraltare, un giovanissimo Pablo Solari alla regia con una sorta di opera prima, L’indifferenza. Sono due facce della stessa medaglia che è Milano, e questo ci fa molto piacere perché rompe il dialogo continuativo con Roma, oltre cui cerchiamo sempre di spostarci – ovviamente senza creare fratture permanenti.

Che cosa proponete invece “oltre” lo spettacolo dal vivo?
Una delle grandi novità di quest’anno è che l’Argot torna a farsi una casa per le produzioni interne, ospitando residenze anche con grandi nomi della scena nazionale, da Francesca Reggiani con lo spettacolo Souvenir a Alessandro Tedeschi di Carrozzerie Orfeo, regista di Coppia aperta, quasi spalancata con Chiara Francini e Alessandro Tedesco. Poi, vogliamo proporre qualche esperimento: Over è una rassegna che abbiamo lanciato lo scorso anno, e come si evince dal nome è un segno di discontinuità – ma anche realtà di continuità – con Dominio Pubblico, che è un progetto che noi dedichiamo ad artisti under 30. Over vuole invece rispettare il fatto che una volta passata la soglia generazionale rimangono degli spazi in cui si può continuare a crescere, a rendersi più forti, a irrobustire il proprio percorso. Altro esperimento lo lanciamo con Elio Germano, che in realtà non approda qui “fisicamente”: porta Segnale d’allarme | La mia battaglia VR – riscritto insieme a Chiara Lagani della compagnia Fanny & Alexander – e viene proposto al pubblico del Teatro Argot in virtual reality. È quindi previsto che gli spettatori siedano nella sala con dei visori, fruendo dello spettacolo non con una visione dal vivo ma con una visione praticamente cinematografica a trecentosessanta gradi all’interno dello spazio.
Questo segna il percorso delle Argo(t)nautiche, che ci proietta già nel prossimo settembre/autunno 2020, dove vorremmo festeggiare in maniera un po’ più articolata questi dieci anni: è tutto collegato da una storia visiva e per l’appunto uno storytelling di quello che era il corso e il racconto di questo teatro, che abbiamo iniziato a creare da quest’anno.

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