Il progetto di Tana è nato da un’idea: quanta e quale sia la differenza tra il dolore immaginato e quello vero; come talvolta siamo incapaci di accettare una vita normale, nel complesso felice; come le influenze del mondo esterno, soprattutto fiction ma anche trasmissioni televisive e fatti di cronaca, ci facciano credere che deve essere “tutto di più”; quanto è grande la nostra incapacità di stare. Stare nei momenti felici, stare nelle soddisfazioni, nei successi, ma anche stare in quella normalità che contraddistingue e allo stesso tempo accomuna ogni vita umana.
Una delle domande alla base del testo è cosa succede quando, dopo aver desiderato “una catastrofe. Una”, ci si ritrova davanti a un solo evento doloroso, ma vero. La difficoltà di Natascia è proprio questa: stare, nel bene e nel male, nella gioia e nel dolore, accettare. Ed è per questo motivo che Natascia inventa: non riesce a scegliere né riesce ad accettare. La tana è dunque sì il salotto di Natascia, ma è anche e soprattutto la tana della sua mente, la tana che lei stessa si è scavata grazie alla sua fantasia e che ha contribuito ad isolarla dal mondo intero, non tanto in modo tangibile e concreto – perché Natascia ha un marito e un bambino che dormono nella stanza accanto – quanto più a livello di condivisione e sincerità, ovvero trasparenza, delle relazioni.
Natascia è un’affabulatrice. Le storie che inventa e che si racconta sono la sua più grande gioia, forse l’unica, proprio perché non sono vere, perché a un certo punto finiscono ed è lei stessa a decidere quando. Eppure la differenza tra la fantasia e la realtà c’è, è molto forte, si vede, ma soprattutto si sente.

(Valentina Gamna)

Anno di stesura: 2017

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Numero pagine: 16

Numero personaggi: 1

R

Testo già rappresentato: SI

Testo finalista al premio Schegge d’Autore, 2011

SINOSSI

La “tana” di Natascia è il salotto dove si rinchiude dopo aver visto il marito baciare un’altra donna, ma è anche la “tana” dentro alla quale si rifugia da sempre: un luogo protetto, dove sofferenza e gioia sono ben pilotate. Natascia è abituata ad usare la fantasia per sfuggire alla realtà, ma la notte in cui assistiamo alla sua confessione non è come le altre. Natascia si è appena confrontata con il primo dolore della sua vita, fino a quel momento perfetta. In questa notte di dolore autentico, la fantasia di Natascia si spinge fino a superare i confini del lecito e si avventura in situazioni incestuose, paradossali, macabre, dove l’unico filo rosso sono i quattro mariti (“… ho avuto quattro mariti e adesso non ne ho nessuno”). La bravura ma anche la perversione di Natascia stanno nel confondere le carte, nell’intrecciare storie, nel rievocare e far rivivere situazioni e persone forse mai esistite. Interlocutrice privilegiata di Natascia è la “colombina impomatata”, una fantomatica presentatrice tv a cui viene tolta pure la voce (“… la tua voce non la posso sentire. Ti lascio lì. Come una vezzosa e viziata e seviziata … dama di compagnia”). La colombina è in effetti una sorta di dama di compagnia dell’era moderna: il suo unico compito è brillare, apparire, mostrarsi affinché Natascia possa parlare, possa parlarsi.

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