ADE, anonime proiezioni per denunce pubbliche

ADE, anonime proiezioni per denunce pubbliche

Hanno attirato l’attenzione dei passanti, dei media e dei giornali con una visual bombing proiettata sugli archi del Colosseo. «Art doesn’t Expire. L’arte non scade, noi si» è la scritta apparsa sul monumento simbolo di Roma, uno slogan il cui acronimo dà nome al collettivo che ha ideato l’azione artistica: ADE

Hanno scelto di restare anonimi i ragazzi e le ragazze di ADE, puntando a una strategia mediatica capace di amplificare un messaggio che ha ancora bisogno di vigoroso sostegno: la cultura è un bene primario. E in quanto tale, tutti hanno diritto di fruirne.

Proseguendo nel mese di gennaio con una proiezione sulla Piramide Cestia, raffigurante il “cine-occhio”, simbolo dell’avanguardia cinematografica russa degli anni 20, l’obiettivo della denuncia di ADE si è delineato ancora più chiaramente. Questa volta, ad accompagnare le immagini, la frase «Quando i luoghi della cultura chiudono, noi apriamo gli occhi»

Dall’inizio della pandemia è indubbio che i luoghi della cultura siano tra le categorie più colpite da un punto di vista economico e commerciale. L’economia mondiale tutta è in grande affanno, e l’Italia segue a ruota. Ma qui, i negozi e i centri commerciali, seppur con chiusure alternate, non hanno dovuto abbassare forzatamente le serrande. 

Per quanto riguarda la cultura, invece, tralasciando una manciata di settimane di ossigeno, in cui, prese le dovute precauzioni, musei, teatri, cinema hanno ripreso una claudicante attività, i mesi restanti — ormai vicini all’annualità — non hanno visto ricevere sconti di pena. Gli spazi culturali sono interdetti al pubblico e quindi sono chiusi. Non volendo fare la conta dei danni economici che il settore ha subito in quest’anno pandemico, il pensiero che immediato ne consegue è: il pubblico come sta? La risposta allora rituona: “L’arte non scade, noi si.”

Questa la scintilla che ha fatto scattare in ADE, collettivo composto dalle realtà romane Zalib, Kokè, Gandhara e 4Hopes4Rome — venute allo scoperto dopo l’ultima azione al Circo Massimo datata 12 gennaio — il fuoco della denuncia artistica.

Come nasce l’esperienza di Progetto Ade, perché avete sentito l’esigenza di unirvi e quali sono gli obiettivi delle vostre azioni artistiche?

ADE nasce dalla volontà, di un gruppo di giovani ragazzi e ragazze, di non fermarsi dal fare e promuovere cultura, specialmente in un periodo come questo, in cui il bisogno di arte e cultura è più forte che mai. Gli obiettivi delle nostre azioni sono duplici, da una parte miriamo a dimostrare che si può fare cultura in sicurezza, dall’altra vogliamo risvegliare le coscienze sia del pubblico che delle istituzioni dalla crescente indifferenza che circonda il settore.

L’arte e la cultura sono fondamentali per la crescita dell’uomo, sia come individuo sia in quanto collettività, di conseguenza, è necessario che questi elementi abbiano un ruolo centrale all’interno delle agende politiche.

L’azione artistica scelta per il debutto di progetto Ade è stata la visual bombing al Colosseo con lo slogan «Art doesn’t Expire. L’arte non scade, noi si», preceduta di qualche giorno da immagini proiettate sulla facciata di un palazzo antistante il Colosseo. Da cosa deriva la scelta di questo slogan, che significato ha per voi e perché avete deciso di iniziare proprio dal monumento simbolo della Capitale?

Lo slogan “L’Arte non scade, noi si!” è un riferimento alla centralità che l’arte dovrebbe avere nelle nostre vite, e al fatto che l’arte può aspettare, non ha una data di scadenza, noi al contrario non possiamo permetterci di aspettare e ce ne dobbiamo nutrire fin quando ci è possibile. 

Il Colosseo oltre a essere per la sua architettura e le sue sculture un magnifico esempio di arte, è un memorandum di ciò che il genio umano è in grado di generare e della sua durevolezza nel tempo. Per questo abbiamo scelto i suoi archi e le sue colonne come scenografia per la nostra prima azione, abbiamo voluto rimarcare il messaggio che l’arte e la cultura sopravvivono allo scorrere del tempo.

Il 9 gennaio avete effettuato una nuova proiezione, questa volta sulla Piramide Cestia, raffigurante il “cine-occhio” simbolo dell’avanguardia cinematografica russa degli anni 20 . «Quando i luoghi della cultura chiudono, noi apriamo gli occhi», lo slogan scelto per questa azione. Un cine-occhio, un monumento funebre, una presa di posizione contro la chiusura dei luoghi della cultura: simboli che si intrecciano e chiari messaggi lanciati. Un requiem per la cultura o una speranza di rinascita?

In realtà nessuna delle due, perché, parafrasando il nostro nome, siamo convinti che l’arte e la cultura non moriranno mai, al massimo potranno rimanere sopite a lungo, se la politica continua a non considerare questo settore come un bisogno primario per la collettività. Scegliere la Piramide Cestia come luogo della proiezione del 9 gennaio, è stata una scelta simbolica, ma il monumento funebre non rappresenta la morte dell’arte, ma dell’essere umano in una società che non stimola e valorizza il nutrimento dell’anima.

Per fare questo abbiamo deciso di montare e proiettare un video con delle immagini provenienti dall’avanguardia cinematografica russa degli anni ’20, una corrente artistica orientata verso il futuro e le innovazioni. Giocava con un “medium” nato da pochissimo, sperimentando il montaggio delle immagini come nuovo mezzo d’espressione per stimolare “il pensare” dello spettatore. 

Riprendere quelle stesse immagini dopo 100 anni, montarle sopra un tappeto di musica elettronica contemporanea e proiettarle su un monumento funebre del primo secolo A.C. è stato il nostro modo di guardare ai grandi sperimentatori del passato, e declinarli in chiave moderna per urlare il nostro grido di attenzione verso il mondo dell’arte.

Cosa ne pensate circa il divario emerso tra le limitazioni imposte alla fruizione culturale e le disposizioni di sicurezza emesse per il settore commerciale che, di fatto, hanno sempre consentito la riapertura dei negozi al di fuori del lockdown generalizzato e delle successive zone rosse? 

Quel divario di cui parli è stata proprio la scintilla che ha fatto nascere ADE. Noi tutti, provenendo dal mondo delle associazioni culturali, lavoriamo con l’arte. Siamo coloro che capillarmente portano nel territorio musica, teatro, pittura, cinema e qualsiasi altra forma artistica, perciò sappiamo bene quanto i problemi di questo settore non nascano solo con la pandemia. La pandemia ha solo evidenziato palesemente il modo in cui le istituzioni preferiscono tutelare il settore del commercio a scapito di quello culturale. Ma questa è la quintessenza del capitalismo. Ci hanno cresciuti facendoci credere che il denaro sia l’unico valore che muove la società.  

E come risultato abbiamo, in una situazione di pandemia, i centri commerciali aperti a Natale e durante i saldi che, come previsto, hanno creato assembramenti non controllati. Per vedere invece aperti i luoghi della cultura, dove gli ingressi con prenotazione e le sedute distanziate aiutano a non far diffondere il virus, bisogna aspettare una zona bianca, che al momento nessuna regione sembra poter raggiungere in tempi brevi. ADE non può permettere che l’arte resti sopita così a lungo e per di più senza un reale motivo, ed è questo spirito che muove le sue azioni.

Il collettivo è composto da giovani lavoratori e lavoratrici del settore culturale, come è cambiata la vostra vita professionale in seguito alla pandemia? Ade è dunque un modo per reinventarsi oltre ad essere un performativo atto di denuncia?

Ci siamo semplicemente adattati a quello che sta succedendo. Per noi promuovere l’arte e la cultura, è una vocazione, ed era quello che facevamo prima della pandemia con i nostri eventi o dentro ai nostri locali. Ora è tutto fermo, e quella vocazione però è rimasta, e si è riconvertita in azione.Per spiegare cosa spinge ADE a fare quello che fa prendiamo in prestito le parole dello scrittore William Morris, scritte nella seconda metà del XIX secolo. “Oggi la questione dell’arte deve essere posta come una questione politica, a cui deve corrispondere un’azione”.

Cosa vi aspettate dal futuro in quanto lavoratori e lavoratrici del mondo della cultura? Quale futuro per Ade?

La speranza è quella di rendere ADE un vigilante dell’arte e della cultura. Una realtà inclusiva alla quale può unirsi chiunque condivida i valori del nostro manifesto (che stiamo per pubblicare). Crediamo fortemente nel valore della collaborazione e della diversità, ed è per questo che puntiamo ad un allargamento del numero di collaboratori, artisti e professionisti di qualunque ambito.