Autobiografia erotica. Intervista al regista Andrea De Rosa
Con Autobiografia erotica, Cardellino, la casa di produzione di Silvio Orlando, si affida ancora una volta alla penna di Domenico Starnone e fa un passo ulteriore nelle complessità di quel sentire che chiamiamo amore. La scena è affidata questa volta a Piergiorgio Bellocchio e Vanessa Scalera, che con Orlando sono stati già protagonisti in Lacci.
Nei panni di Aristide e Mariella, si rivedono dopo 20 anni in un appartamento romano. Non sono due vecchi amici ma due sconosciuti che si sono incontrati, una volta sola e per poche ore 20 anni prima, e hanno avuto un furtivo e frettoloso rapporto sessuale. Lui neanche si ricordava lei chi fosse quando ha ricevuto la mail in cui, con linguaggio provocatorio e ammiccante, lo convocava. Lui accetta l’invito e ora lei gli chiede di scavare in quelle poche ore di molti anni prima, di ricostruirle minutamente, utilizzando, per giunta, ancora un linguaggio lascivo: «Cosa è accaduto allora? La realizzazione di un puro, irresponsabile desiderio sessuale? Se è così – dice Mariella – perché parlarne con il linguaggio dolce dell’amore? Meglio l’oscenità».
Andrea De Rosa dirige il duo rendendo quasi inevitabile il concatenarsi degli eventi, come una ‘relazione pericolosa’ che gioca a sfregiare ogni idealizzazione sentimentale. Sotto l’epidermide dell’esibizione verbale si rivelerà invece il pulsare commovente e fragile della vita, con un finale che porta nuovi sensi, nel profondo.
> Evento | 15-27 maggio OFF/OFF Theatre | Roma
Abbiamo intervistato il regista dello spettacolo Andrea De Rosa:
Quali sono stati i tuoi maestri?
Ho lavorato a lungo come aiuto regista di Mario Martone, sia al teatro che al cinema, poi anche all’opera e da lui ho imparato ad allargare lo sguardo, a non restringere il campo a ciò su cui stai lavorando in quel momento, ma a tenere viva l’attenzione su tutto quello che si muove fuori dall’inquadratura, o al di là delle quinte di un palcoscenico. Mi sono formato negli anni 90 e, oltre a quello con Mario, per me sono stati poi importanti e decisivi gli incontri con i tanti maestri della scena napoletana, Enzo Moscato, prima di tutti.
Quando è avvenuto il tuo incontro con la lirica e quale tra le tue numerose regie liriche ricordi con più piacere e perché?
Nel 2004 Alfonso Malaguti (il direttore artistico del Teatro Sociale di Trento) mi propose la regia di Idomeneo, re di Creta di Mozart e un paio d’anni dopo decidemmo insieme di proporre Curlew river, una piccola opera di Banjamin Britten. Fu un’esperienza entusiasmante perché, attraverso un lungo laboratorio, riuscii a far fare tutto lo spettacolo al tenore… bendato. Prima di cominciare le prove tutti mi prendevano per pazzo (compreso il tenore) ma pian piano tutti si accorsero che quella era la strada giusta per quel personaggio (una donna impazzita di dolore per la perdita del figlio) e infine riuscimmo a proporre uno spettacolo che, per me e per quanti vi assistettero, resterà indimenticabile.
La regia lirica e la regia di prosa: quali differenze e quali similitudini puoi indicare nel lavorare in ambienti così simili ma anche così profondamente diversi?
Tecnicamente la differenza più grande consiste nel fatto che all’opera i tempi sono decisi dalla musica (dal compositore in primis e poi, in certa misura, dal direttore) mentre quado si lavora con la prosa la scansione dei tempi dello spettacolo rappresenta la parte più impegnativa e creativa della regia. Nel primo caso il lavoro di drammaturgia è esclusivamente legato all’uso dello spazio.
Questa stagione ha debuttato con la tua regia “Autobiografia erotica” di Domenico Starnone con Piergiorgio Bellocchio e Vanessa Scalera. Lo spettacolo sta riscuotendo grande successo di critica e pubblico e sarà in scena all’Off Off Theatre di Roma dal 15 al 27 maggio. Un aggettivo per descrivere il testo di Starnone?
È uno spettacolo che svela qualcosa di profondo e inconfessabile sulla natura e la differenza tra uomini e donne. Il sesso, che dovrebbe essere il nesso, il tramite, il ponte per colmare la distanza tra un uomo e una donna, è in realtà il primo dei fraintendimenti e degli equivoci a partire dal quale quella distanza si fa sempre più grande. Per me è un testo molto doloroso, perché sancisce che si tratta di una distanza incolmabile.
Che metodologia di lavoro hai adottato con gli attori e che difficoltà avete riscontrato lavorando su un testo del genere?
Domenico Starnone ha adoperato un linguaggio sessuale molto esplicito quindi si trattava di trovare un modo per dire quel linguaggio senza forzature, ma allo stesso tempo senza renderlo banale. Ci ha aiutati in questo un certo senso di leggerezza che proviene dalla consuetudine dei due bravissimi attori con il cinema. Durante le prove, infatti, abbiamo lavorato con dei microfoni che permettevano loro di non “spingere” troppo le battute, creando in questo modo tra di loro una intimità che ha fatto venire fuori quel linguaggio in modo sempre più naturale.
Prossimi progetti?
Sono impegnato in questi giorni nella regia di un Falstaff di Verdi al teatro Mariinsky di San Pietroburgo che debutterà il prossimo 23 maggio. Poi ancora opera a settembre con Attila al Festival Verdi di Parma.
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