Giunto alla trentaquattresima stagione, la decima con la direzione artistica di Tiziano Panici e Francesco Frangipane, Teatro Argot Studio ha presentato la programmazione artistica 2019/2020, intitolata ARGO(t)NAUTICHE Cronache dal mondo sommerso, a partire dall’opera di Apollonio Rodio. La leggenda dice che sulla nave Argo(t) ci fossero 50 eroi, ma sono molti di più su questa nave, sono un’intera comunità, perché per fare arte oggi bisogna essere eroi. E allora anche gli argonauti di questo ennesimo viaggio solcheranno mari in tempesta e affronteranno mostri marini, incontreranno nuovi popoli e conosceranno nuovi mondi alla ricerca di quel mitico Vello d’oro che ha il potere di guarire le ferite.
Questa casa galleggiante sarà abitata da un equipaggio valoroso che navigherà ininterrottamente per dieci lunghi mesi: grandi condottieri come Vinicio Marchioni, Elena Arvigo, Elio Germano, capitani di lungo corso come Umberto Marino e Paolo Zuccari, gruppi di marinai abituati alla battaglia come Teatrodilina, Capotrave e Controcanto e tanti altri giovani compagni di viaggio.
ARGO(t)NAUTICHE – Cronache dal mondo sommerso
Ad aprire la stagione 2019/2020 del Teatro Argot Studio, dal 3 al 6 e dal 10 al 13 ottobre, il progetto della Trilogia dell’Essenziale: tre monologhi, indipendenti l’uno dall’altro, di drammaturgia contemporanea, scritti da Valentina Diana e diretti da Vinicio Marchioni, nell’interpretazione di Marco Vergani, con le idee sceniche, i costumi e la direzione artistica di Milena Mancini. Il progetto Trilogia dell’essenziale nasce come un rigurgito, come atto di ribellione contro le modalità di produzione e distribuzione teatrale degli ultimi anni ponendo la sua attenzione sulla solitudine, l’alienazione, la percezione della vita e della morte nell’uomo contemporaneo.
Dal 30 ottobre al 3 novembre, va in scenaIl dolore: diari della guerra,di e con Elena Arvigo,spettacolo tratto da Il Dolore, Quaderni della guerra e altri testi di Marguerite Duras e da L’istruttoria di Peter Weiss: pagine di straziante intimità in bilico tra poesia e memoria, tra bisogno privato e testimonianza, in cui si racconta la storia della guerra attraverso gli occhi delle donne che inermi attendono, attanagliate da un dolore individuale che diventa universale.
Si prosegue dal 5 al 17 novembre,con Harrogatedi Al Smith,tradotto da Alice Spisa.Lo spettacolo diretto da Stefano Patti, che ha debuttato all’interno della XVII edizione di TREND – Nuove Frontiere della Scena Britannica, rappresenta il dramma dai demoni che custodiamo dentro ed è da essi che parte la magia della storia, una magia ci obbliga a confrontarci con la parte più oscura di noi stessi: un trittico, interpretato da Marco Quaglia e Alice Spisa, sull’ossessione, la repressione e la lussuria.
Dal 19 novembre all’1 dicembre, si rinnova la storica collaborazione con il drammaturgo e regista Umberto Marino, autore di Molto prima di domani: lo spettacolo (scena unica, tre personaggi e molta azione) ha la grande ambizione di riportare a teatro i giovanissimi e di riportare il teatro alla sua funzione originaria: chiamare a raccolta una comunità per discutere delle paure, dei problemi e delle prospettive che riguardano le donne e gli uomini di una determinata epoca.
Continua nel migliore dei modi la programmazione conSettanta volte sette,spettacolo vincitore Teatri del Sacro 2019,di Controcanto Collettivo, in scena dal 5 al 8 dicembre, che affronta il tema del perdono e della sua possibilità nelle relazioni umane. Un appuntamento imperdibile per approfondire i percorsi della nuova drammaturgia under 35, che precede un altro lavoro di pari valore e dello stesso filone di ricerca: Sciaboletta, la piccola storia di un piccolo Re, monologo scritto diretto e interpretato da Alessandro Blasioli,a partire dalle grottesche vicende di Vittorio Emanuele III all’indomani dell’armistizio della Seconda Guerra Mondiale. Ad Argot dal 13 al 15 dicembre.
Settanta volte sette
Chiude il dicembre teatrale, L’indifferenza,di Pablo Solari con Luca Mammoli, Woody Neri e Valeria Perdonò in scena dal 19 al 21 dicembre:una parabola sul valore della memoria e sull’esistenza del male che sembraambientata al tempo dell’Antico Testamento, sotto lo sguardo di un Dio vendicativo e miracoloso, in grado di rendere gli uomini belve e la sterilità fertilità.
Si riprende la programmazione nel 2020 con un progetto speciale: dal 4 al 16 febbraio Elio Germano e Omar Rashid presentanoSegnale d’allarme | La mia battaglia In VR,trasposizione in realtà virtuale de La mia Battaglia, opera diretta e interpretata da Elio Germano e scritta con Chiara Lagani, regista e drammaturga della compagnia Fanny & Alexander. Immerso in una dimensione altra senza attori né scenografia, lo spettatore, attraverso e grazie le potenzialità del VR, sarà portato a piccoli passi a confondere immaginario e reale, in un racconto appassionato e appassionante dell’epoca storica in cui viviamo.
Dopo il successo dello spettacolo La lotta al terrore, andato in scena per 62 repliche in 50 città italiane, Lucia Franchi e Luca Ricci con la compagnia CapoTrave continuano a esplorare l’universo sociale e politico contemporaneo, firmando un nuovo lavoro:Piccola Patria,dal 20 al 23 febbraio ad Argot. Prosegue il sodalizio artistico con Simone Faloppa, Gabriele Paolocà e Gioia Salvatori, interpreti di una pièce che riflette su uno dei fenomeni del nostro tempo: la frammentazione in piccole patrie e l’incapacità della politica di comprendere le reali necessità dei cittadini.
Dal 25 febbraio all’1 marzo si continua con un progetto di Teatrodilina, scritto e diretto da Francesco Lagi,Il bambino dalle orecchie grandi. La storia di una coppia, un uomo (Leonardo Maddalena) e una donna (Anna Bellato) che si avviano a stare insieme in bilico tra il loro presente e il loro passato e le vicende di un bambino, quello dalle orecchie grandi, che potrebbe rimanere un’ipotesi ma anche nascere e diventare realtà.
Paolo Zuccari scrive e dirige Toni,spettacolo in scena dal 3 all’8 marzo. Interpretato dallo stesso Zuccari, il protagonista Guido, diagnosticato schizofrenico, dopo venti anni di cure, all’improvviso decide di non prendere più le medicine incorrendo in tragiche ripercussioni con la polizia. Dal testo teatrale di Yasmine Reza,nasce Art di Riccardo Festa,dal 17 al 22 marzo. Michele Cesari, Marco Palange e lo stesso Riccardo Festa sono gli attori di una messinscena che ruota attorno ad un quadro – un’opera di arte contemporanea, concettuale. Il quadro è ovviamente un pretesto, il primo, l’elemento estraneo che rompe il delicato equilibrio che regola il rapporto tra le vite dei tre amici.
Si prosegue, dal 27 al 29 marzo, con My Place, un progetto di Qui e Ora Residenza Teatrale, con la regia di Silvia Gribaudi, in scena Francesca Albanese, Silvia Baldini, Silvia Gribaudi e Laura Valli. My Place segna l’occasione di mettere a confronto due poetiche diverse e affini. Due sguardi sul femminile. Si incontrano la ricerca di un movimento che nasce da corpi non convenzionali e la sperimentazione sulla drammaturgia autografa, lo sguardo ironico e l’indagine sul contemporaneo.
My Place
Reduce da una prima edizione entusiasmante e ricca di sorprese, torna a Casa Argot, dal 7 al 10 e dal 14 al 17 maggio, OVER – rassegna di teatro emergente, targata Argot Produzioni e Dominio Pubblico. La rassegna è animata da giovani talenti della scena ancora inesplorati, nuove intelligenze su cui scommettere per dare rinnovata vitalità al sistema del teatro italiano.
Una chiusura di stagione perfettamente coerente con il lavoro e con la naturale inclinazione di Argot, ovvero luogo in cui formarsi, sperimentare e crescere, prima come persone poi come artisti. Ad abitare e animare le attività dello spazio anche tante realtà da sempre affini ad Argot, declinate in forme diverse: laboratori, festival e premi. Non mancano, infatti, il laboratorio di formazione attoriale con grandi artisti come Vinicio Marchioni, oltre a quello di Digital Storytelling & Audience Engagement, entrambi a cura di Theatron 2.0; il laboratorio di visione e scrittura critica tenuto da Teatro e Critica; il festival di teatro off Inventaria, le selezioni per il premio Hystrioe ancora un percorso formativo su Mani sporche di Sartre condotto da Filippo Gili, i seminari di Dominique De Fazio e il laboratorio di recitazione Zappattori, curato da Lucrezia Coletti.Infine, la rinnovata e storica presenza nella piazza di San Cosimato con il progetto Il Banditore di Trastevere, creato e immaginato con la complicità di quattro giovani associazioni per rafforzare la sinergia tra teatro e territorio. Il progetto viene realizzato e promosso in collaborazione con Il Ventriloco,Pìcaro, Officina B5 e Zalib – I ragazzi di via della Gatta, sostenuto e promosso dall’assessorato alla cultura del Municipio Roma I – Centro Storico.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Il valore estatico dell’arte è un siero che da secoli si instilla e si insinua nelle pieghe della società sottoponendola a cambiamenti, decostruzioni e glorificazioni. Si tratta d’un rapimento, un sequestro d’anime che connette e immette artisti e fruitori in un cono di luce da cui si dipanano schegge di rivoluzionaria creatività.
“L’arte ai giovani!” è un grido che, in ogni epoca, si è levato dalle gole di chi ha riconosciuto nel potere relazionale ed estetico della cultura un fuoco inesauribile con le cui scintille tratteggiare i confini del mondo che popoliamo. Questi giovani, che d’arte si nutrono e che l’arte alimentano, non rappresentano la proiezione di un domani vacuo da riempire di speranze ma il sogno di una trasformazione incessante che nell’oggi vive il suo radicamento e la sua consapevolezza.
Il Festival Dominio Pubblico è un progetto che sposa quest’intento: sostenere la creatività under 25 per attenzionare e supportare, nel presente, la produzione e la circuitazione culturale della società del futuro. Dal 14 al 23 giugno scorso, il Festival, giunto alla sua VI edizione, ha investito la città con un’offerta multidisciplinare trovando, ancora una volta, nel Teatro India di Roma il suo fortino. Un luogo in cui mostrare gli esiti del proprio percorso artistico, in cui entrare in dialogo e mettersi in ascolto dell’altro.
Teatro, danza, musica, circo, cinema, arte figurativa, workshop e alta formazione
Ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 25 anni, sotto l’egida di Tiziano Panici – capofila del progetto – hanno costituito l’organico della direzione artistica partecipata, fulcro del Festival Dominio Pubblico che da anni persegue una volontà di formazione del pubblico e di nuove figure professionali attive in ambito culturale.
Si tratta di un atto politico che, scevro da colori di bandiera, porta avanti il solo stendardo dell’arte in un contesto che diventa, per l’alto numero di spettatori raggiunto e per la vasta quantità di soggetti, organizzazioni e compagnie coinvolte, strumento d’analisi prezioso per indagare lo stato dell’arte nella società contemporanea.
Scesi dal palcoscenico, gli artisti sono stati invitati a più riprese a incontrarsi, a scambiarsi impressioni e informazioni, a condividere difficoltà e proposte.
In quest’ottica, fondamentale è stata la giornata del Festival dedicata alNetwork Risonanze!pensato per la diffusione e la tutela del teatro under 30. Diffusione e tutela del teatro che risultano possibili a una sola condizione: creare partenariato. Una collaborazione questa che ha fatto sì che Dominio Pubblico, insieme alle direzioni artistiche under 30 del Festival 20 30 di Bologna e del festival Direction Under 30 del Teatro Sociale di Gualtieri, desse vita a una rete nazionale in cui far circolare esperienze e attraverso cui creare un’intelligenza collettiva.
Direzione partecipata, diffusione dei prodotti culturali e Audience Development sono stati il motore propulsore di questa cooperazione, cui circa 60 operatori, provenienti da oltre 20 città d’Italia hanno dato il proprio contributo esperienziale. Attivazione territoriale e attivazione generazionale sono due concetti che hanno costituito un importante momento della trattazione. I giovani che nelle direzioni partecipate di molte pregevoli iniziative festivaliere, s’adoperano per risollevare la vita artistica, turistica e culturale di piccole cittadine poco conosciute o quasi dimenticate, sono gli stessi che per le poche opportunità professionali e di formazione offerte, rischiano di sottoporre la propria terra alla desertificazione. Delocalizzare i processi culturali è divenuta allora una risposta condivisa dalla collettività, per riattivare il territorio nazionale, arricchendolo e liberandolo dai lacci dell’annichilimento.
Cosa è emerso da questo meeting?
L’urgenza, per un movimento culturale fervido, com’è quello dei giovani teatranti italiani, di autodefinirsi. Non etichettarsi – autoescludersi per introdursi in generiche, molto spesso, asfissianti categorie – ma riconoscersi. Un riconoscimento che preme a tutti, artisticamente e socialmente: seppur frequenti, le iniziative di sostegno pubblico non sono in grado di contenere il dato emergenziale sollevatosi circa il senso di abbandono da parte delle istituzioni, che troppi artisti e operatori vivono quando professionalmente si approcciano al mondo del teatro.
Ancora una volta si è riusciti, insieme, a trovare una proposta collettiva, dal basso: creare alleanze, unirsi in nome di un bene comune inquantificabile, qual è la creazione culturale, per sostenersi e difendere l’operato e i diritti umani e salariali di tutti coloro che dell’arte, spinti dal movente passionale, hanno fatto una professione oltre che una missione di vita.
Dominio Pubblico, il Teatro di Roma e la Middlesex University di Londra
Il Festival Dominio Pubblico ha alzato quest’anno l’asticella, gettandosi ben oltre i confini nazionali, inserendo nel programma di questa VI edizione, due performances provenienti rispettivamente dalla Lituania e dalla Bulgaria e uno spettacolo creato dagli studenti e dalle studentesse della Middlesex University che si sono inoltre impegnati in una Masterclass internazionale, in collaborazione con il Teatro di Roma.
Simone Giustinelli è un regista, attivo come artista e organizzatore tra le fila di Dominio Pubblico, che dallo scorso anno grazie a “Torno Subito”, progetto di formazione promosso dalla Regione Lazio, ha avviato una partnership tra Dominio Pubblico e la Middlesex University di Londra. Nella capitale anglosassone, si è venuta così a creare una modalità di lavoro speculare a quella di Dominio Pubblico, in cui alcuni under 25 sono stati messi in condizione di impegnarsi, con finalità spettacolari, in una produzione totalmente pensata dagli studenti e dalle studentesse. Attraverso quest’esperienza, è andata intrecciandosi una rete di rapporti con partner internazionali, tale da innescare un processo di europeizzazione del Festival romano.
Questo disegno organizzativo ha il mirabile scopo di sviluppare e incoraggiare la creatività under 25, facendo di Roma il baricentro della progettualità spettacolare europea rivolta a giovani artisti.
Dei sorrisi, delle scoperte artistiche e dei percorsi gloriosi tracciati nei due week-end trascorsi presso il Teatro India di Roma, restano i riflessi sulle pareti ariose delle mongolfiere disegnate da Alessandra Carloni per rappresentare le migrazioni di bellezza avvenute in questo evento di trasversale operosità. Con esse, i giovani artisti che hanno intrattenuto e commosso attente e corpose platee, si sono sollevati leggeri sulla vita culturale della città, liberi dalla zavorra del fallimento.
Perché il fine ultimo e il merito primo del Festival Dominio Pubblico è di essere un caldo ventre di madre in cui abbandonarsi dopo essersi messi alla prova. Fallire, per crescere come uomini e donne, oltre che come artisti, consapevoli di poter osare in un contenitore spettacolare che con coloro che ospita si rialza e si rinnova, in attesa di un futuro più solido e dalla eco sempre più risonante.
Ornella Rosato è giornalista, autrice e progettista. Direttrice editoriale della testata giornalistica Theatron 2.0. Conduce corsi formativi di giornalismo culturale presso università, accademie, istituti scolastici e festival. Si occupa dell’ideazione e realizzazione di progetti volti alla promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.
Il 23 gennaio si è tenuta la presentazione presso il Teatro Argot Studio della seconda parte della stagione teatrale Ceci n’est pas un Theatre, quella che inaugura il 2019 e proseguirà con spettacoli, workshop e conferenze dalla fine di gennaio fino a tutta la prima metà di maggio.
Teatro Argot Studio – Ceci n’est pas un Theatre
Presenti nella conferenza, oltre ai due direttori artistici Francesco Frangipane e Tiziano Panici, anche l’Assessore alle Politiche e Beni Culturali Cinzia Guido, che da anni segue il teatro e il suo operato con grande interesse, e Serena Grandicelli, la madre dietro a tutto il progetto Argot. Entrambe hanno sottolineato l’importanza di questa esperienza teatrale, non solamente all’interno del Primo Municipio come realtà culturale, ma anche come avanguardia teatrale promotrice di piccole e grandi realtà, indipendenti e contemporanee, che si pongano come obiettivo l’esplorazione e la sperimentazione.
A questo punto Tiziano Panici ha lasciato lo spazio, a seguito di un’introduzione al pubblico, agli artisti più o meno presenti per introdurre i propri lavori presentati nello spazio dell’Argot.
Dal 31 Gennaio al 3 Febbraio, Margine Operativo, su ideazione e frutto della collaborazione tra Pako Graziani e Alessandra Ferraro, presenta tre performance, Vita d’Artisti, Beautiful Borders, Odissea Furiosa ed una anteprima, La Frontiera, parlando della condizione dei lavoratori dello spettacolo e proponendo lavori che si muovono attraverso campi e contaminazioni diverse.
Dall’8 al 10 Febbraio, va in scena Peppa Pig prende coscienza di essere un suino + Performance uno spettacolo di Davide Carnevali con Fabrizio Martorelli, un viaggio e una satira sulle gioie e i dolori dell’educazione infantile e sui piccoli piaceri contemporanei nella nostra società.
Peppa Pig prende coscienza di essere un suino – extended
Fabiana Iacozzilli, reduce del successo di Romaeuropa Festival 2018, sarà in scena, dal 12 al 17 di Febbraio, per poi tornare dal 22 al 24, con La classe – un docupuppets per marionette e uomini, che, partendo da un dato autobiografico, affronta il rapporto tra l’infanzia e il diventare adulti riflettendo sul senso profondo del ricordo.
Dal 16 al 21, con la speciale collaborazione dell’Odin Teatret, vedrà l’Argot ospitare un ciclo di incontri, riflessioni e spettacoli sull’esperienza teatrale, con Da Amagaki a Shibugaki, geografia di un apprendistato, dimostrazione spettacolo con Carolina Pizarro.
Dal 27 Febbraio al 2 Marzo, due messe in scena della compagnia Menoventi, prima con Invisibilmente regia di Gianni Farina e con (autori del testo assieme al regista), e a seguire con Perdere La Faccia, regia di Daniele Cipri e con Consuelo Battiston, Alessandro Miele e Rita Felicetti.
Dall’8 al 10 marzo Kronoteatro giunge all’Argot con Cannibali, di Fiammetta Carena e con Tommaso Bianco, Alex Nesti e Maurizio Sguotti un lavoro che ragiona sul potere attraverso due differenti abitudini e prospettive di praticarlo e percepirlo.
Si va avanti così nel mese di marzo, dal 12 al 17 con Itaca per sempre di TrentoSpettacoli, con Woody Neri e Maura Pettorruso, per la regia di Andrea Baracco ed il testo di Maria Teresa Berardelli, che ribalta e umanizza, come l’omonimo romanzo di Luigi Malerba da cui è tratto, il mito di Ulisse e Penelope.
Dal 26 al 31 marzo The Dead Dogs, da un testo di Jon Fosse, grazie alla traduzione di Thea Dellavalle, portato in scena dalla compagnia DELLAVALLE/PETRIS per la produzione de La Corte Ospitale – Teatro Herberia: un giovane uomo uccide il suo vicino di casa perché quest’ultimo ha ucciso il suo cane, una violenza cieca che esplode nel quotidiano e che finisce per sembrare così vicina a noi. Nel cast Alessandro Bay Rossi, Giusto Cucchiarini, Federica Fabiani, Luca Mammoli, Irene Petris.
The Dead Dogs
Dal 3 al 7 aprile, è in scena Stranieri per la compagnia Andrea Schiavo/H501 srl, di Antonio Tarantino, regia di Gianluca Merolli e con Paola Sambo. Un uomo, barricato nella sua casa d’orata, è pronto a difendersi da chiunque, persino dalla moglie e dal figlio, cittadini, ormai, del regno dei morti.
A terminare aprile, dal 12 al 14, L’ospite: una questione privata di Oscar De Summa, per la regia di Ciro Masella, a sua volta attore affiancato da Aleksandros Memetaj. Uno spettacolo intento a scoprire i limiti e i confini della giustizia e della libertà personale, quindi i comportamenti umani e il loro sconfinamento nell’inumano.
A chiudere la stagione, dal 2 al 12 Maggio, OVER – rassegna di teatro emergente, targata Argot Produzioni e Dominio Pubblico, un progetto quest’ultimo di audience development, nato tra le pareti di questa casa e di quelle del Teatro dell’Orologio.
Si animeranno sul palco del Teatro Argot Studio: Non plus ultras di Adriano Pantaleo in anteprima e Gianni Spezzano, in anteprima; Matutateatro Young con Duecento Decibel; Mamma produzione della Compagnia Licia Lanera con Danilo Giuva; Valerio Peroni e Alice Occhiali in scena con Lunghe Notti; il Controcanto Collettivo in anteprima con Settanta volte Sette; Alessandro Blasioli con Questa è casa mia; Anonima Sette con Il Pianeta; Paolo Tommaso Tambasco con Due amiche e infine Lucrezia Coletti con Di Mostri Benedetti.
Per l’Argot si chiude una stagione e se ne apre un’altra ricca di appuntamenti stimolanti che ricordano come il teatro non sia solo un palcoscenico ma anche un luogo in cui formarsi, sperimentare e crescere, prima come persone e poi come artisti.
Martedì 30 maggio inaugura la quarta edizione di Dominio Pubblico_la città agli Under 25. ( > Scopri il programma della prima giornata ). Quest’anno il Festival multidisciplinareha incrementato notevolmente la propria rete di partnership anche a livello nazionale, dalla collaborazione con il progetto Migrarti, al riconoscimento del bando Siae/SiIllumina, al patrocinio del V Municipio di Roma, permettendo il coinvolgimento di artisti di rilievo del panorama artistico italiano e l’attivazione di progetti interculturali nelle periferie urbane di Roma attraversando luoghi come MONK, Teatro Quarticciolo e Cinema Aquila al Pigneto.
Giulia Caroletti ha intervistato Luca Ricci e Tiziano Panici, curatori del progetto.
Intervista a Luca Ricci. La mente da cui e nata l’idea:
Cos’è Dominio Pubblico e come è nata l’idea del progetto under 25?
Il progetto è nato da una sfida, a dire la verità. Ero stato chiamato dal teatro di Tiziano, l’Argot, a fare un mio spettacolo, ma c’era un fisso da pagare per poter portare in scena lo spettacolo. Mi arrabbiai con Tiziano, pensai che fosse davvero assurdo, una cosa folle. Tiziano mi spiegò che un teatro di cosi piccole dimensioni, che ha 3.000 euro al mese di affitto da pagare non è una cosa facile da gestire ed io, allora, gli dissi che il problema stava nel fatto che, molto probabilmente, ancora non si erano trovati i progetti giusti su cui investire. Cosi, parlando con Tiziano, mi venne in mente l’idea di un progetto sui giovanissimi, una fascia su cui nessuno investe. L’idea, dunque, è nata cosi, da una sfida. Nello stesso periodo, inoltre, ho avuto modo di conoscere anche Fabio Morgan che aveva da poco preso la direzione dell’Orologio e aveva bisogno di dare un’identità nuova a quel luogo, dopo che l’aveva completamente persa diventando una sorta di affitta camere. Anche Morgan era alla ricerca di un’idea e allora pensai di proporgli di lavorare sul progetto, già esposto a Tiziano, che comportava fare un investimento su una generazione completamente sconosciuta.
Cosi è nato Dominio Pubblico. Questo, nel suo esordio, era costituito da due parti: da un lato, c’era la programmazione, dall’altro lato, il progetto sugli under 25. L’idea di fare una programmazione venne allo scopo di permettere ai ragazzi di vedere degli artisti contemporanei che a Roma non circuitavano più moltissimo. Tra l’altro, quattro anni fa, era anche chiuso l’India e la città viveva una fase particolare della sua esistenza che, senza dubbio, giocò a nostro favore. Con l’idea, incentrata sugli under 25, invece, si voleva mettere i ragazzi nella condizione di sperimentarsi su una cosa che veniva messa effettivamente nelle loro mani.
Come in molti già sanno, a San Sepolcro, con I Visionari, lavoro già ad un progetto che vede un gruppo di spettatori scegliere un pezzo della programmazione del festival. Facendo una cosa del genere con degli under 25 ho pensato che ci si potesse spingere anche oltre. Cosi ho pensato che, invece di limitarsi a far scegliere loro gli spettacoli, sarebbe stato interessante dare ai ragazzi tutte le chiavi della macchina, di tutto il processo che porta alla creazione di un evento. Questo era Dominio Pubblico nella sua prima formula. Ricordo che, il primo anno, con la programmazione di durata annuale a cavallo tra i due spazi, abbiamo portato a Roma soggetti che non venivano da cinque o sei anni. Adesso sono convinto del fatto che, sia a causa della nuova direzione del Teatro di Roma sia per la nascita di nuovi spazi e sia per il fatto che l’Argot e l’Orologio si sono presi la funzione che originariamente era della programmazione, di quel pezzo del progetto non ci sia più bisogno in realtà.
La formazione e lo sviluppo del pubblico è oggi al centro delle politiche culturali europee. Cosa distingue il festival under 25 di Dominio Pubblico dalle tante iniziative basate sul concetto di spettatore attivo?
Non credo che bisogna fare eccessiva retorica su questo tema del ruolo attivo dello spettatore. Riconosco sia strano che a dirlo sia proprio io, tra i primi a portare nel nostro Paese questo tema, ad immaginare la possibilità di un ribaltamento di prospettiva che si verifica quando si pensa un progetto dai suoi destinatari prima ancora che dalle esigenze dell’organizzazione o degli artisti.
Io credo fortemente nell’idea che il teatro sia una costruzione sociale. Occorre, dunque, che recuperi questo ruolo. Può essere fatto molto di più affinché il teatro incida nella vita sociale del nostro tempo più di quanto non accada adesso. Penso che il teatro possa recuperare la sua funzione sociale solo attraverso dei processi in cui il pubblico non è considerato come un vaso da riempire, ma come un soggetto pensante, sensibile, capace di avere una visione delle cose, un proprio punto di vista. Questo processo che porta al rafforzamento della fiducia e delle competenze del pubblico, tra l’altro, non deve avvenire in maniere cattedratica, ma grazie ad uno sporcarsi le mani insieme. È questo elemento dello sporcarsi le mani che riconosco come la caratteristica più specifica dei progetti che mi interessano, di cui anche Dominio Pubblico è un esempio.
Inizialmente, Dominio Pubblico era il progetto principale e il festival l’iniziativa secondaria. È cambiato qualcosa nel tempo?
Si, lo schema al momento è totalmente invertito. Comunque, a dire la verità, non sono del tutto convinto che fosse secondario il progetto del festival. Diciamo che, al momento della sua nascita, non avevamo ancora fotografato alla perfezione il potenziale di quell’evento finale realizzato dai ragazzi. È vero, senz’altro, che il progetto è nato con una forte enfasi sulla parte della programmazione per varie motivazioni: la questione dell’identità dell’Orologio da ridefinire, la sfida nata con Tiziano, la quale intendeva provare il fatto che se si fosse lavorato su una programmazione forte si sarebbe potuto intercettare sia spettatori paganti che potessero, quindi, costituire una piccola economia sia finanziamenti pubblici che potessero comprendere il valore di quello che si stava facendo. Tuttavia, devo ammettere, che non avrei mai dedicato energie al progetto se non ci fosse stata la parte degli under 25. Per me è sempre stato chiarissimo, come per tutti noi, che quel pezzo li era il potenziale più originale del progetto. Avevamo bisogno, semplicemente, di tempo per capirlo, testarlo. Non sapevamo che tipo di risposta ci sarebbe stata o che tipo di materiale sarebbe arrivato dai giovani artisti, di che qualità questo fosse stato.
Con la prima edizione del festival abbiamo capito, ad esempio, che occorreva cambiare strategia per il lancio del bando, allo scopo di aumentare la qualità del materiale e dare ai ragazzi la possibilità di selezionare all’interno di un corpus di materiali più interessanti le opere da programmare. Sono stati necessari questi esperimenti per capire il reale potenziale del progetto. Quello che si è andato a verificare non è un ribaltamento, ma semmai un consolidamento. Quel pezzo del progetto, destinato agli under 25, ha trovato col tempo la propria pienezza. Ritengo, inoltre, che il concept sia molto netto, chiaro, leggibile e che abbia dei margini di crescita ancora molto forti. Con qualche economia in più per potenziare il risultato può solo crescere. Riguardo l’altra parte del progetto, quella della programmazione, penso invece che, al momento della sua nascita, questa provasse a rispondere ad un’esigenza dei luoghi che oggi appare superata e tentasse di risolvere una necessità della città che, passata la difficile fase storica che ha attraversato, ora può dirsi finalmente passata.
Come è evoluta la risposta delle istituzioni al festival?
Il contesto romano e laziale è davvero un contesto delirante, partiamo da questo assunto. Conosco molto bene il contesto toscano per il fatto che ho un progetto li, quello umbro e molti altri a causa del fatto che, all’interno di C.Re.S.Co, mi sono occupato per tre anni di coordinare il tavolo dei finanziamenti. Dunque, qualche idea a proposito ho avuto modo di farmela. Devo dire che la situazione del Lazio è una delle più folli d’Italia. È folle perché i tempi di pagamento sono stati per anni in super ritardo e se adesso hanno leggermente recuperato, si è comunque molto indietro. I tempi di deliberazione, cioè quando tu sai quando il contributo ti viene concesso e in che entità, sono ancora più imbarazzanti. Nello stato attuale delle cose si è ben lontani dal permettere a chi lavora in questo settore di essere nelle condizioni di fare realmente una programmazione. Non si può fare una programmazione con dei risultati che escono ad ottobre. Un altro esempio della follia del sistema viene dal bando del Comune di Roma che, quest’anno, prevede di finanziare tutti gli eventi dopo il 30 giugno e quindi escludere chiunque faccia un’attività di festival prima del 29 giugno. Questo che senso ha? Si crea, cosi, una conseguente stupidissima inflazione dell’offerta nella seconda parte dell’anno, tanto è vero che a settembre si accavalleranno decide e decine di festival tutti insieme. Anche tanti festival storicamente collocati ad aprile o maggio saranno spostati verso la fine dell’anno. Dominio Pubblico, il festival finale dei ragazzi, ha subito proprio questa cosa. Non abbiamo avuto il contributo del Comune di Roma perché l’evento ha luogo prima della fine di giugno. Non abbiamo neanche presentato la domanda, non aveva alcun senso.
Un’altra cosa folle è che non si finanzia nulla che non sia un evento, non vengono concessi contributi a qualcosa come la strutturazione durante l’anno di un progetto. Non esiste più la programmazione di Dominio Pubblico perché, oltre al fatto che, come ho già spiegato, di quella parte del progetto non c’è più bisogno, il Comune e la Regione finanziano solo l’eventismo dei festival e difficilmente una programmazione distribuita durante tutto l’anno. Nonostante tutto ciò premesso, occorre riconoscere il fatto che Dominio Pubblico, per essere un progetto abbastanza giovane, ha subito ottenuto un’attenzione positiva da parte degli enti pubblici di una città affollata di proposte come Roma. Sicuramente abbiamo fatto un buon lavoro nel raccontare le specificità del progetto e, senza alcun dubbio, c’è stata una disponibilità da parte degli enti pubblici nel voler capire cosa effettivamente si stata muovendo.
Quali crede che siano i punti di forza e gli argomenti del progetto sui quali maggiormente investire per coinvolgere partner, istituzioni e per fare in modo che il festival diventi una realtà ancora più grande?
Secondo me, sono i temi dell’accessibilità. Dominio Pubblico è un progetto che favorisce l’abbattimento della percezione del non è per me perché questa cosa io non la so fare, non la posso capire, non so come si fa. L’altro tema è quello della partecipazione, una tematica molto forte nel dibattito sociale di questi tempi, non solo nell’ambito delle performing arts e della cultura, ma in senso generale. Si pensi alle esperienze politiche di partecipazione democratica per cui i cittadini possono scegliere, ad esempio, come fare la statua di un giardino oppure, in ambito agricolo, agli orti solidali. Il terzo tema è difficile da condensare in una sola parola, ha a che fare con il rispetto dei ruoli. Credo che il punto forte del progetto stia nel fatto che ci sia un lavoro vero, e soprattutto non episodico, che viene richiesto a delle persone e in particolare a degli under 25. Siamo in un’epoca in cui tutti possono mettersi a fare i giudici di qualcosa. Occorre, invece, recuperare il rispetto per chi ha fatto un atto artistico e, quindi, dobbiamo imparare a metterci di fronte a quell’atto artistico con il tempo e il rispetto che quel lavoro richiede. I ragazzi si guadagnano il proprio ruolo facendo un lavoro concreto, vero, di attenzione, di sensibilità e di sguardo aperto verso tutto ciò che gli artisti propongono. Non mi interessa il potere agli spettatori per il potere. Cosa vuol dire questo? Che tutti possono improvvisarsi a far qualcosa senza competenze. Io credo nel lavoro, nel fatto che le persone si prendano un impegno e lo portino a termine con la serietà che merita. L’impianto del progetto under 25 è tale per cui i ragazzi, in maniera responsabile, abbiano la possibilità di capire di stare a prendersi un impegno serio. A me interessa formare persone che riescano a comprendere che dietro l’atto artistico ci sia tutto un processo che occorre rispettare. È dal rispetto che nasce l’amore per le cose.
Intervista a Tiziano Panici. Il direttore artistico:
Si sono già concluse tre edizioni del festival. Dal primo anno all’ultimo è stata riscontrata una crescita in termini di partecipazione da parte del pubblico all’iniziativa?
Il terzo anno, indubbiamente, è stato l’anno più forte a proposito, nel quale è stata registrata una notevole crescita di pubblico in percentuale. Sono stati programmati trenta eventi in quattro spazi: l’Orologio ha investito una sala di cento posti, l’Argot una sala da sessanta posti e l’India una in grado di contenere fino a duecento posti. Tre giorni sono stati programmati all’India e due giorni tra l’Orologio e l’Argot. Quasi tutte le serata sono state sold out, quindi facendo una media sommaria siamo arrivati a coinvolgere più di duemila spettatori. Anche il secondo anno ha goduto di una buona partecipazione. É stato il primo anno quello più debole da questo punto di vista, anche se c’erano i musei di mezzo, spazi molto attraversati e per di più ad accesso gratuito, per cui è difficile fare calcoli veramente precisi.
Va considerato, inoltre, anche l’audience development, secondo me fondamentale, che passa attraverso la formazione dei ragazzi come spettatori. Ogni anno, la call pubblica ha raccolto almeno cinquanta ragazzi, questo vuol dire che, in tre anni, siamo arrivati a parlare con una comunità di centocinquanta, duecento ragazzi all’incirca. Quasi tutti hanno seguito la parte legata alla visione degli spettacoli e dopo aver vissuto l’esperienza del festival molti sono rimasti anche spettatori fedeli. Si è andata, dunque, a creare una piccola comunità di spettatori che parlano lo stesso linguaggio e che sanno a che tipo di programmazione voglio assistere e vanno a ricercarla all’interno di Roma. Se prima di Dominio Pubblico non conoscevano alcuni spazi teatrali come Carrozzerie n.o.t. o eventi come il Romaeuropa Festival, ora seguono con molto interesse anche tutte le varie attività culturali del territorio, consapevoli di poter sfruttare la loro giovane età per accedere a prezzi vantaggiosi. Sommando questa comunità di nuovi giovani spettatori a tutte le persone che sono state coinvolte nel progetto di Dominio Pubblico, anche indirettamente, arriviamo a contare un totale di quasi trecento nuovi spettatori.
In queste tre edizioni, quanti progetti artistici hanno avuto la possibilità di entrare a far parte dell’offerta artistica del festival?
Abbiamo avuto sempre una media di un centinaio di proposte l’anno, divise tra le varie discipline artistiche: musica, teatro, arti visive, danza. Quest’ultima disciplina, a cui teniamo molto, risulta sempre essere la più debole. È per questo che nel progetto regionale abbiamo anche inserito una formazione di danza contemporanea come Cie Twain, la quale collaborerà con Dominio Pubblico per incrementare la ricerca di spettacoli, della fascia d’età richiesta, che possano essere interessanti.
Al festival, poi, arrivano una media di trenta progetti artistici, programmati ogni anno tra le varie discipline. Il terzo anno sono stati scelti sette spettacoli di teatro sui quaranta circa che ne erano arrivati, cinque opere d’arte visiva sulle venti che erano state mandate, uno spettacolo di danza su sette, sette spettacoli musicali su venti e altri sette audiovisivi sulle venticinque proposte dei giovani registi che avevano risposto al bando.
Alla direzione artistica under 25 spetta il compito di selezionare i giovani artisti che rappresenteranno, con le loro opere e performance, l’offerta artistica complessiva del festival. Quali linee di indirizzo consiglia ai ragazzi di seguire per guidarli nella selezione?
Il compito della selezione degli artisti è la prima grande responsabilità di fronte la quale si trova il gruppo. I ragazzi arrivano a questo momento dopo un percorso di visione che è fondamentale per il fatto che riuscire a formare un senso dell’estetica, acquisire un certo linguaggio e un certo tipo di sensibilità non è facile, ma è una cosa necessaria. Il percorso di visione è funzionale proprio a questo, a sviluppare quella sensibilità. È un’attività che accompagna i ragazzi e non deve essere abbandonata se è loro l’intenzione fare questo lavoro. Il teatro va visto e va vissuto. Di solito, durante la selezione, va tutto molto bene, ma credo sia anche molto importante che ci si pongano determinate difficoltà, che si consideri, ad esempio, il fatto che il gusto non corrisponda sempre al gusto personale. Vanno considerate, inoltre, tutte le questioni che derivano dalla necessità di programmare in più spazi. Un conto è programmare all’interno dell’Argot o dell’Orologio, spazi off che hanno determinate caratteristiche, un contro è programmare in una sala come quella dell’India, con esigenze e caratteristiche completamente diverse. È importante, quindi, saper discernere i vari livelli di spettacolo e, entrando nel merito delle cose, arrivare ad una scelta sia considerando le qualità artistiche del progetto sia la natura produttiva di quest’ultimo, altrettanto fondamentale.
Il festival rappresenta un trampolino di lancio per molti giovani artisti under 25. A quanti ragazzi la partecipazione a Dominio Pubblico ha aperto le porte di altre opportunità?
Il festiva ha avuto un adesione artistica molto forte già dal primo anno. Sono stati programmati molti spettacoli interessanti. Alcuni artisti della prima edizione, dopo l’esperienza di Dominio Pubblico, hanno continuato a collaborare con noi, anche al di fuori del festival, come Giovanni di Giandomenico, pianista e compositore giovanissimo che poi ha prodotto alcuni lavori con l’Argot, ha partecipato al Kilowatt Festival ed altre manifestazioni suonando spesso in contesti di piazza, comunque molto aperti. Ha, inoltre, composto le musiche per uno spettacolo di Luca Ricci e iniziato a lavorare con me ad un progetto su Le città invisibili di Calvino. Tra gli spettacoli teatrali che hanno ottenuto un maggior successo dopo l’esperienza di Dominio Pubblico possiamo poi parlare di Diario di una casalinga serba di Ksenija Martinovic che è volato a New York ed è stato preso in produzione dallo stabile CSS di Udine, un’istituzione molto importante, e Albania casa mia di Aleksandros Memetaj, uno spettacolo che, dopo il festival, è esploso, iniziando ad essere selezionato in grandi programmazione, come quella del Franco Parenti di Milano, e vincendo il bando 20 30 e il Premio Museo Cervi – Teatro per la Memoria 2016.
Il festival under 25 comporta, ogni anno, la gestione di un gruppo composito di giovani e giovanissimi. Che tipo di sfida rappresenta per lei la gestione di un progetto con questo genere di caratteristiche in termini di fattore umano?
Sicuramente non è una cosa facile. È difficile stare dietro ad un gruppo soprattutto molto esteso di persone. Ti insegna che non si può lavorare da soli. In quanto responsabile di un gruppo sono responsabile di tante cose, anche del fatto, per esempio, di non essere sempre amato. Ho un ruolo difficile, quello di dire cosa non va e cosa va fatto in un altro modo. Non sono un genitore, una figura paterna nei confronti dei ragazzi e neanche un maestro, sono solo una persona che già vive di questo mestiere quindi le mie indicazioni devono aiutare e servire a rendere più funzionali e precisi gli strumenti dei ragazzi. Come direttore artistico del progetto, invece, devo saper mantenere una visione orizzontale e aperta su tutto il processo, se mi focalizzassi solo sulla comunicazione o solo sulla promozione non sarei di alcun aiuto. Tuttavia, aldilà della difficoltà, è anche molto stimolante lavorare al progetto. È un’esperienza che ha accresciuto le nostre, le mie capacità personali. In questi anni mi ha dato la possibilità di imparare ad usare diversi linguaggi e di imparare a modificare il mio linguaggio a seconda delle occasioni. Se parlassi con i ragazzi come un vecchio professore probabilmente non riuscirei a raggiungere risultati. Il nostro è un lavoro che, alla base, si compone di rapporti. Questa è una caratteristica propria del lavoro a teatro, il quale si costruisce attraverso l’incontro e il dialogo. Se questo non c’è non si può avere la possibilità di arrivare a costruire qualcosa insieme.
“Dominio Pubblico – la città agli under 25” è un modello unico in Italia?
Attualmente si. In questo momento, visto che chiaramente sia l’Europa sia l’Italia ci chiedono di investire sui giovani, stanno nascendo in diversi Paesi europei e italiani dei progetti che hanno sicuramente delle forti analogie con Dominio. Alcuni esempi in Italia sono la Consulta under 25 del festival Trasparenze di Modena, la giuria under 30 del Teatro Sociale Gualtieri, i festival di cittadinanza coinvolta non necessariamente under 25 e il festival 20 30 di Bologna. In nessuno di questi casi vediamo un festival interamente gestito e organizzato da ragazzi di questa età, quindi si, Dominio Pubblico è il primo, l’unico in Italia.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti per garantirti la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. These cookies ensure basic functionalities and security features of the website, anonymously.
Cookie
Durata
Descrizione
cookielawinfo-checkbox-analytics
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Analytics".
cookielawinfo-checkbox-functional
11 months
The cookie is set by GDPR cookie consent to record the user consent for the cookies in the category "Functional".
cookielawinfo-checkbox-necessary
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookies is used to store the user consent for the cookies in the category "Necessary".
cookielawinfo-checkbox-others
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Other.
cookielawinfo-checkbox-performance
11 months
This cookie is set by GDPR Cookie Consent plugin. The cookie is used to store the user consent for the cookies in the category "Performance".
viewed_cookie_policy
The cookie is set by the GDPR Cookie Consent plugin and is used to store whether or not user has consented to the use of cookies. It does not store any personal data.
Functional cookies help to perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collect feedbacks, and other third-party features.
Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.
Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.
Advertisement cookies are used to provide visitors with relevant ads and marketing campaigns. These cookies track visitors across websites and collect information to provide customized ads.