È l’evento estivo che ha celebrato la danza contemporanea a Roma, valorizzando le produzioni più interessanti. Giunto alla sua quarta edizione, anche quest’anno è arrivato puntuale come una brezza di innovazione e di cambiamento. Stiamo parlando di Fuori Programma, il Festival Internazionale con la lungimirante direzione artistica di Valentina Marini, alla quale è stata conferita la carica sociale di presidente dell’AIDAP (Associazione Italiana Danza Attività di Produzione) per il triennio 2019-2021.
Alcuni dati numerici descrivono meglio la dimensione delle novità della programmazione. Due sono i teatri di Roma che si alterneranno, dal 27 giugno al 7 settembre, in una staffetta simbolica. Il Teatro Biblioteca Quarticciolo ha dato l’avvio e concluderà il 6 e il 7 settembre la kermesse. Un punto di riferimento di aggregazione sociale, non solo logistico, per gli spettatori e gli artisti che si sono esibiti fino all’8 luglio. Il Teatro India, invece, ha ospitato nella sua sede i quattro spettacoli in calendario dal 10 al 27 luglio. Tre sono state le performance in site specific; le peculiarità dei luoghi open space hanno fornito uno scenario unico alle emozioni condivise. Piazza del Quarticciolo e Parco Alessandrino sono gli spazi urbani dove sono stati realizzati e presentati al pubblico Derivazione n.5 di Salvo Lombardo, il 27 giugno, e Variation n.1 di e con Camilla Monga, Pieradolfo Ciulli e Filippo Vignato,l’8 luglio. In un contesto più intimo e circoscritto, quello dei moduli abitativi dell’area del Quarticciolo, il Festival si concluderà il 6 e il 7 settembre con Anima di Emanuele Soavi.
Dieci le compagnie e gli artisti che hanno caratterizzato l’edizione 2019 di Fuori Programma. Quattro le nazionalità presenti “on stage”: Italia, Germania, Francia, Spagna. Paesi che hanno una tradizione importante e che sono proiettati verso il futuro, nella costante evoluzione coreografica dei codici linguistici della danza. Un luogo di formazione e ricerca il Daf, Dance Art Faculty, con i suoi locali che hanno ospitato il 31 luglio la restituzione al pubblico del lavoro di creazione affidato ad Emanuel Gat. Un progetto laboratoriale denominato Summer Intensive. Cinque giorni durante i quali una selezione di professionisti, giovani danzatori in procinto di muovere i loro primi passi e studenti hanno potuto conoscere e sperimentare la metodologia e il lavoro creativo, perfezionati in 25 anni di attività, del coreografo israeliano naturalizzato francese. L’opening di Fuori Programma è stato un momento vissuto in uno spazio pubblico, lontano dalle poltrone di velluto rosso. Con il profumo un po’ retrò di Mamma Roma e della vita di borgata, della città eterna vista dalla periferia. L’anelito di quella poetica neorealista e di quell’immaginario che forse non è cambiato nonostante le trasformazioni del contesto di riferimento e dei suoi abitanti. Là dove si ritrovano quei giovani ragazzi padre che, come cantava Enzo Jannacci, sanno di essere “peccatori per questa società”. E le loro compagne che fanno conversazioni di gruppo, tra donne, mentre i loro bambini sono liberi di scorrazzare in bicicletta. All’interno di ogni quartiere sopravvive, come una maledizione, la condizione sociale per cui quelle persone e quegli abitanti possono essere in balia del destino, ma difficilmente si lasceranno piegare dalle avversità. È così che la danza urbana di Salvo Lombardo, con Derivazione n.5, si è integrata e innestata nel cuore popolare del Quarticciolo trasformandosi in una festa di quartiere. Non poteva esserci un’inaugurazione più significativa e aderente con la realtà, nel segno dell’apertura e della riflessione sul territorio. La visione artistica di Lombardo, aperta al dialogo e alla comprensione, si manifesta spontaneamente attraverso l’azione di recupero di un’identità culturale. La stessa che il Teatro Biblioteca Quarticciolo esercita da anni. Una struttura che è nata dalla trasformazione di un ex mercato di quartiere ed è diventata un polo di ricerca e di aggregazione.
Il primo luglio è andato in scena After the party – A duet for one dancer. Anteprima nazionale e coproduzione tra la Thomas Noone Dance, Sat! Teatre Barcelona e Fuori Programma Festival. Uno spettacolo, il racconto tra un danzatore e il suo alter ego, un pupazzo senza nome, con diverse suggestioni, tracce di poesia e frammenti di storie. Narra l’incontro con Duda Paiva, maestro di teatro di figura ad Amsterdam, e con André Mello, creatore artigiano di marionette. Il tanto atteso ritorno di Noone alla danza, dopo un periodo di inattività, c’è stato. Con una nuova fisicità e con il coraggio di affrontare le sfide poste in essere dalla curiosità umana. Quasi sottotraccia c’era, infine, il tema del viaggio attraverso una serie di residenze effettuate in diversi paesi.
After the party – Thomas Noone
Variation 1 è un piccolo gioiello di composizione istantanea. Creata ad hoc per Fuori Programma Festival, in collaborazione con Bolzano danza, fa parte dello spettacolo Golden Variations. Una performance in site specific che l’8 luglio è iniziata ancora prima che il pubblico raggiungesse il luogo, la destinazione finale. Attraversando in gruppo Il Parco Alessandrino ognuno dei presenti ha conosciuti le sfide e le opportunità di quello spazio urbano. Un’area silvestre che si estende ed è compresa tra via Molfetta, via del Pergolato dell’Alessandrino e via di Tor Tre Teste. Camilla Monga, Pieradolfo Ciulli e Filippo Vignato hanno esplorato le infinite possibilità dei movimenti. Dalle ripetizioni meccaniche alla morbidezza fluida ed espressiva. Hanno interagito con la natura incontaminata e con la musica proveniente da uno strumento apparentemente insolito come il trombone. La sua estensione, i colori e le sfumature sono state analizzate ed approfondite dalla creatività e dall’abilità di Vignato, in quello che è stato un tributo alle storiche Golden Variations Eseguite da Glenn Gould e Steve Paxton.
Il primo degli spettacoli che il 10 luglio è andato in scena presso il teatro India di Roma, Concerto Fisico, è una composizione, una partitura fisica e vocale che racconta la storia di Balletto Civile. Un gruppo, nato nel 2003, fondato da Michela Lucenti, durante una lunga residenza artistica all’interno dell’ex Ospedale Psichiatrico di Udine. Nella performance è contenuta la storia personale della fondatrice e della sua compagnia, mediante ricordi ed emozioni che riaffiorano lasciando emergere anche delle trasformazioni dovute all’azione del tempo.
Erectus compagnia Abbondanza/Bertoni si
La compagnia Abbondanza/Bertoni si è esibita il 21 luglio con Erectus. È il secondo episodio del progetto Poiesis, dopo La morte e la fanciulla/Franz Schubert e prima di Pellease Melisanda/Arnold Schoenberg. Una trilogia compiuta nell’arco di tre anni, dal 2017 al 2019. L’idea che muove l’opera è quella di trasformare musica e corpi in suono da vedere, così come è stato dichiarato da Michele Abbondanza e Antonella Bertoni. Funzionale per questa esplorazione è stato il genere free jazz con le sonorità e le suggestioni di un album storico del 1956 di Charles Mingus: Pithecanthropus erectus. Marco Bissoli, Fabio Caputo, Cristian Cucco, Nicolas Grimaldi Capitello sono i quattro danzatori. Nella totale libertà dei loro corpi nudi e attraverso l’amalgama di percorsi diversi tra di loro, come Ying e Yang hanno mescolato i codici della musica e della danza. Esplorando le diverse forme e sensibilità del maschio del XXI secolo è stata riscoperta la matrice insita in ognuno di noi. Attraverso una serie di immagini e di videoproiezioni l’umanità e la bestialità sono state messe a confronto. Le evoluzioni fisiche e la ricerca dei movimenti hanno svelato l’anima animale in un comune percorso esistenziale fatto di fatica e sudore.
Quella del 24 luglio è stata una serata doppia che ha unito in un simbolico abbraccio la Spagna con l’Italia. Ad aprire è stato Equal Elevations, un progetto realizzato per il Museo Nacional de Arte Reina Sofía di Madrid. Ispirato ad “Equal-Parallel: Guernica-Bengasi” l’opera del 1986 di Richard Serra, scultore minimalista statunitense e videoartista contemporaneo. Il coreografo Marcos Moreau apre gli orizzonti e si affaccia con le sue visioni artistiche su due eventi storici. Il primo è il bombardamento della città basca di Guernica, avvenuto circa ottant’anni fa e che ispirò il celeberrimo quadro di Pablo Picasso. Il 26 aprile 1937, era un lunedì e come sempre era giorno di mercato. Fu il primo bombardamento a tappeto della storia, iniziò alle 16 di pomeriggio e durò circa tre ore. Il secondo è l’attacco aereo americano di Tripoli e Bengasi del 1986 in risposta all’attentato, attribuito a terroristi libici, nella discoteca La Belle Club di Berlino, frequentata da militari statunitensi. Moreau si muove tra un’indagine sullo spazio e le relazioni di similitudine del tempo. I danzatori-statue diventano sculture viventi sperimentando la leggerezza e la gravità.
Future man- Spellbound Contemporary Ballet
Future man, la nuova creazione di Spellbound Contemporary Ballet, volutamente è stata presentata al pubblico di Fuori Programma sotto forma di studio performance, a firma di Mauro Astolfi. Un assaggio, un momento di condivisione con il grande pubblico del Teatro India, prima del completo allestimento tecnico che sarà ultimato in autunno immediatamente dopo il debutto della nuova produzione al Grand Theater de Luxembourg a settembre. Quella che è stata rappresentata è la tipologia di un uomo che vive in sospensione. Il presente per lui è caratterizzato da una forma di controllo ossessivo e di distacco. Il passato viene invece rifiutato o negato, ma è qualcosa che ciclicamente ritorna. Il futuro è un mix di speranze e paura.
Sita Ostheimer ha chiuso i quattro appuntamenti sold out al Teatro India con un dittico, una coppia di creazioni originali, entrambe prime regionali: Us e Two. Potrebbe essere una precisa dichiarazione d’intenti: io e noi, io e tu. Dall’individuo all’interno del gruppo, alla dimensione a due. Il singolo che, in una costante ricerca, divide lo spazio e il tempo in relazione ai suoi simili. E di come, all’interno di una coppia di amici, fratelli o amanti possono compiersi quelle piccole o grandi digressioni del proprio percorso. La coreografa tedesca, danzatrice e assistente di Hofesh Shechter, dal 2015 è concentrata sullo sviluppo di un personale lavoro artistico. Il suo è un processo di ricerca basato sull’interazione tra corpo, mente, spirito ed emozioni. Fondamentali risultano essere l’improvvisazione e il ritmo. È stata per la prima volta in tour in Italia con due tappe, prima a Bolzano Danza, il 25 luglio e subito dopo a Roma il 27.
Redattore editoriale presso diverse testate giornalistiche. Dal 2018 scrive per Theatron 2.0 realizzando articoli, interviste e speciali su teatro e danza contemporanea. Formazione continua e costante nell’ambito della scrittura autoriale ed esperienze di drammaturgia teatrale. Partecipazione a laboratori, corsi, workshop, eventi. Lunga esperienza come docente di scuola Primaria nell’ambito linguistico espressivo con realizzazione di laboratori creativi e teatrali.
Il primo luglio sarà presentato al Teatro Biblioteca Quarticciolo lo spettacolo After the party, nuova creazione di Thomas Noone, nell’ambito del festival Fuori Programma, giunto alla quarta edizione sotto la direzione artistica di Valentina Marini.
Noone inizia a ballare alla Rambert School di Londra. La sua carriera professionale come ballerino inizia con le compagnie olandesi Djazzex, Itzik Galili e Reflex Dance, prima di trasferirsi in Belgio per lavorare con Charleroi Dance. A Barcellona, dove lavora e vive, ha ballato con Rami Levi, con la compagnia Metros e con Gelabert-Azzopardi. Nel 2001 fonda la sua compagnia, Thomas Noone Dance, che ha la sua sede nella città catalana. Dal 2005 è un consulente di danza per la programmazione SAT! Sant Andreu Teatre de Barcelona e ha organizzato sette edizioni del festival DanSAT!
Vorrei iniziare chiedendoti di parlare un po ‘della tua storia personale, delle tue esperienze, delle difficoltà che si sono trasformate in opportunità, dei tuoi sentimenti contrastanti che hai provato come persona e artista.
È piuttosto divertente perché ho la fortuna di lavorare, per definizione, come artista. Sono solo io, Thomas, adoro ballare. La mia famiglia voleva che io facessi l’Accademia, c’era una certa aspettativa. Mi hanno detto “Ok, balla”. Così ho ballato. Ora voglio comunicare con la gente, attraverso la danza, perché trovo che sia importante per me e voglio portare la gente al teatro che è un posto molto importante dove le persone si incontrano. Facendo danza spero che molti possano parlare, pensare, considere, fermare un momento. A volte la Danza e il Teatro sono un po’ come un inganno che ritrae qualcosa che non è reale o che usano cose che non ci sono nella realtà. Questo è il motivo per cui forse faccio questo mio assolo (After the party, ndr) ed è un viaggio molto lungo.Circa le opportunità che ho avuto, sono finito a Barcellona; vivo lì a causa di mia moglie, lei è una ballerina catalana. È molto difficile lavorare e fare arte, suppongo perché i paesi latini e i finanziamenti strutturali non vanno d’accordo. Allo stesso tempo, la natura molto spontanea di Barcellona diventa un’opportunità. È meraviglioso come accadono le cose perché è un posto inalterato. Le difficoltà la rendono una città interessante anche se a volte diventano schiaccianti.
Quali persone hanno dato un contributo importante alla tua azione e alla tua evoluzione artistica?
Ci sono molte persone che mi hanno aiutato, ho avuto un’ottima formazione-training nella danza alla Rambert School of Ballet and Contemporary Dance, nel Regno Unito. Ho iniziato in ritardo, con un corpo insolito, diverso dai canoni. Alla fine sono diventato un danzatore, i miei insegnanti sono stati consapevoli di tutto quello che stavano facendo, di quello che sarei diventato. Come delle icone, i miei coreografi sono stati Jiri Kilian, Mats Ekj, il leggendario Llyod Newson con il teatro fisico. Sono stato attraversato da ogni danzatore e da ogni persona con cui ho lavorato, con cui ho diviso lo spazio, i movimenti, in una costruzione globale. Puoi vedere molte cose solo se hai occhi ben aperti. Molti possono influenzarti, anche quelle cose che pensi non sono buone abbastanza. Mia moglie Nurìa Martinez è stata molto importante per me. Lei è una persona molto calma e non ambiziosa. Ho ricevuto molto da Duda Paiva, un artista brasiliano che danza con i pupazzi; ci siamo conosciuti tanti anni fa. Lo stesso posso dire di André Mello, il creatore dei pupazzi che ha costruito quello che sarà in scena con me. Per un lungo periodo non ho danzato. Sono un coreografo. Da seduto riesco ad avere una buona prospettiva, osservando e curando i lavori che faccio. Ho trascorso tanti anni guardando i danzatori della mia compagnia ed anche questa è stata un’ottima lezione di autocritica. Se sei aperto, le influenze sono tutt’intorno e ti circondano.
Recentemente hai dichiarato che sei tornato a te stesso, riscoprendo l’importanza di essere se stessi. Che cosa hai conservato nel frattempo e che cosa invece hai lasciato andare?
È un processo in corso, ognuno di noi è un unicum. Penso che bisogna riconoscere tutte le parti, tutti gli elementi, ma anche tutte quelle cose che non ci piacciono, che sono inutili, irritanti, superflue. Per cercare di minimizzare il loro rilievo. Forse penso che sto invecchiando ma sono consapevole del fatto che le frustrazioni ti possono spingere e dirigere verso una strada sbagliata. Guardare la realtà, fare quello che si può e farlo al meglio, sapere quando non si possono cambiare le cose… Tutto questo è fondamentale. Ognuno di noi ha fatto delle cose che possono sembrare ridicole, progettando la persona che voleva essere. Le pratiche Yoga o del Buddismo possono dare uno slancio per trovare se stessi. Può essere molto semplice il concetto di accettare, pensare di lavorarci sopra. Farlo nella realtà diventa però qualcosa che è molto duro da mettere in atto. È meraviglioso guardare tutto ciò che emerge nell’essere assurdo, surreale, sciocco. clownesco. Realizza del buon teatro mostrare tutto questo in un modo gentile ed ironico. Tutti noi in fondo siamo delle persone che cercano qualcosa, che falliscono, ma non smettono mai e continuano la loro ricerca.
Torni in scena con After The Party, in anteprima Nazionale al teatro Quarticciolo di Roma. Che cosa significa questa opportunità/sfida in questo preciso momento della tua vita?
È strano. Ho scritto il testo in spagnolo e qui a Roma lo farò in inglese, con i sottotitoli in italiano. Tradurlo dallo spagnolo all’inglese è stato abbastanza difficile perché il pupazzo parlava solo spagnolo. Lo scambio, farlo in inglese, è una cosa buona e sono molto curioso di vedere la reazione del pubblico italiano, di persone diverse da quelle che già hanno visto la performance.Il pupazzo è affascinante, qualcosa di primitivo e universale. Per me non ha un nome, diventa anche una parte del mio corpo. Una volta che entra in scena lui, io scompaio quasi, ma se lo lascio lui muore. Danziamo insieme e lui possiede molta plasticità, ma è una metafora che si rivela solo alla fine, dopo aver assistito all’assolo. Era da tanto tempo che volevo fare qualcosa con i pupazzi, sul tema della fisicità con gli oggetti. Rispetto ad adesso 10 anni fa era un ottimo ballerino. Mi sono chiesto: cosa posso fare per il pubblico ancora? Quello che noi facciamo deve essere interessante, non farò mai niente a livello fisico per cui le persone non possono esclamare Wow, alla fine. Quello che viene fatto deve essere in qualche modo speciale,magico,diverso, interessante, stimolante per renderlo qualcosa di più di tutto questo. In scena ci sarò io, tre o quattro sedie e il pupazzo. Tutto qui. Lui canta molto meglio di me, insieme si possono fare cose che normalmente non sono concesse.Posso anche essere maleducato in un certo senso. All’inizio è molto rude con il pubblico. L’effetto che mi dà è come quello di una droga pericolosa. I pupazzi di Duda Paiva sono tosti. Uno di loro, Portia, un’anziana ballerina di cabaret, ha il suo spettacolo da tanti anni. Adesso ha la sua pagina Facebook con i suoi follower e due gruppi musicali.È strano come il pubblico chiede direttamente a lei di esibirsi, ad un pupazzo che si esibisce anche come attrice negli spettacoli di Duda.
Nelle tue creazioni artistiche sembrano essere fondamentali due elementi, la curiosità umana e la ricerca fatta sulla fisicità, la qualità dei movimenti, l’importanza dei gesti. È così?
Uso i gesti nel mio lavoro. Letteralmente amo il modo in cui le mani o la faccia possono parlare attraverso i gesti. Ho sempre avuto la possibilità di farlo perché mi diverte, è comunicativo ed abbastanza universale. Questo perchè non mi addentro mai nel tipico virtuosismo della danza. Penso che sia un altro livello del virtuosismo, come per le danze indiane o per il flamenco. Si può benissimo fare anche con la Urban Dance. È molto importante danzare con le mani, la faccia, i gesti, la struttura del corpo. Più specificamente intendo i differenti modi, all’interno di ogni frammento di un movimento. Le risposte che arrivano su come noi usiamo il corpo, sono sempre nuove. Ho avvisato di tutto questo nel mio assolo, After The Party, e mi piace così. Anche un piccolo movimento dipende, in qualche modo, da come viene fatto quel movimento ed al suo interno ha significati diversi.
Quanto sono importanti la colonna sonora e il disegno luci per lo sviluppo della storia nel tuo spettacolo?
Il suono è molto importante per la danza, più di quanto ci piaccia ammetterlo. La buona musica può salvare una coreografia. Il modo in cui vengono composte le colonne sonore e le atmosfere create tirano il pubblico dentro lo spettacolo. Quello che vedono, quello che ascoltano è quello che realizzano. Ho la fortuna che in questo senso ci intendiamo alla perfezione con Jim Pinchen, il nostro compositore. Quello di cui c’è bisogno sono tempi e scale diversi; i movimenti modulano anche la musica. La stessa importanza hanno le luci che dividono lo spazio. L’angolo di luce è importante per la visione. Per questo motivo È fondamentale avere ottimi designer di luci e del suono.
Come è la scena artistica spagnola vista con gli occhi di un inglese e qual è la tua personale percezione del mondo in cui viviamo?
Vivo a Barcellona da 22 anni e penso di non essere la persona inglese più qualificata per rispondere. Sono qualcuno che è nel mezzo, non potrò mai essere spagnolo o catalano e non sono più inglese. Mia madre è guyanese, vive in Inghilterra da 60 anni ma non è inglese. C’è una maggiore spontaneità in Spagna rispetto alla Gran Bretagna. Ovunque credo che ci siano degli argomenti culturali che dobbiamo comunque accettare. Io sono Thomas, ci sono alcune cose che mi piacciono e altre meno ma non giudico mai le persone dalla loro nazionalità dal colore della loro pelle o altro ancora. La mia è una famiglia di razza mista.Se iniziamo a giudicare ogni cosa si trasformerà in razzismo.Il mondo è in uno stato di confusione generale adesso. Penso che stiamo vivendo un momento di egoismo terribile, nel peggior senso della parola. Non riesco a capire alcuni leader della politica, mi allarmano e non sono sicuro di cosa posso fare come uomo.Sento che dovrei fare qualcosa e la danza probabilmente non è efficace abbastanza. Noi pensiamo che la situazione generale sia peggiorata ma in realtà tutto è sempre stato bizzarro, siamo soltanto più consapevoli adesso. Forse c’è una maggiore disuguaglianza,se pensiamo a tutte le cose che avrebbero dovuto svilupparsi e invece scivolano via dalle nostre dita: cultura, educazione, salute. Io penso che abbiamo una certa in consapevolezza oppure non vogliamo essere consapevoli di ciò che accade. Certo oggi non è meglio di 30, 40 anni fa. Il genere umano è sempre stato terribile. Che cosa ci trattiene allora, che cosa ci frena? Probabilmente la danza è la cosa meno efficace per cambiare il mondo ma io non voglio soltanto danzare. Quello che voglio è non smettere di pensare.
Redattore editoriale presso diverse testate giornalistiche. Dal 2018 scrive per Theatron 2.0 realizzando articoli, interviste e speciali su teatro e danza contemporanea. Formazione continua e costante nell’ambito della scrittura autoriale ed esperienze di drammaturgia teatrale. Partecipazione a laboratori, corsi, workshop, eventi. Lunga esperienza come docente di scuola Primaria nell’ambito linguistico espressivo con realizzazione di laboratori creativi e teatrali.
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