Appunti per un’Orestea nello Sfascio. Intervista all’autrice Terry Paternoster

Appunti per un’Orestea nello Sfascio. Intervista all’autrice Terry Paternoster

Per la rassegna Spazio del Racconto, dedicata alla drammaturgia contemporanea, dal 15 al 18 Marzo, al Teatro Brancaccino di Roma, va in scena Appunti per un’Orestea Nello Sfascio con Venanzio Amoroso e Patrizia Ciabatta, testo e regia di Terry Paternoster. Chi sono i personaggi? Cosa fanno? Quali sono le loro motivazioni? Chi sarebbe oggi Oreste? Attraverso una riscrittura caustica della tragedia di Eschilo l’autrice Terry Paternoster, capofila del Collettivo teatrale Internoenki Teatro Incivile, ci conduce nelle terre teatrali dove si incontrano  le figure archetipiche del mito con la realtà aberrante della nostra contemporaneità: un esperimento scenico che fonda le sue radici in un terreno critico di speculazione e di sperimentazione artistica per far rivivere la tragedia classica ai giorni nostri.

Terry Paternoster, autrice, regista e attrice teatrale, nasce nel 1979 a Milano. Dopo il Diploma d’Arte Drammatica, si laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo – Teatro e Arti Performative, alla Sapienza di Roma. Qui inizia la sua carriera professionale, occupandosi principalmente di teatro. Lavora con registi italiani e stranieri. Come attrice-autrice- regista, riceve numerosi riconoscimenti: Premio Scenario per Ustica – Napoli Teatro Festival E45 Fringe Festival – Premio RadioRAI Microfono di cristallo – Premio Pivi – Rome Web Awards – Premio Imola per il Teatro, Chiave d’Argento – Premio “In Breve” Teatro Puccini di Firenze, ecc. E’ ideatrice, co-sceneggiatrice e regista della serie “Welcome to Italy”, la prima serie web sui nuovi italiani, tradotta in 8 lingue, pluripremiata in italia e all’estero. È fondatrice e direttore artistico dell’Associazione di promozione sociale per la Ricerca INTERNOENKI (collettivo teatrale indipendente dal 2010).

 

Appunti per un’Orestea nello Sfascio: genesi, temi e sviluppo drammaturgico dell’opera?

Oreste torna a casa dopo un lungo confinamento imposto dalla madre a causa della sua omosessualità marchiata a pelle.
Dopo anni di esilio forzato, Oreste è costretto a rivedere la sua famiglia per via di un terribile e inaspettato evento: la morte di suo padre, scomparso prematuramente in circostanze poco chiare. Ritrova sua madre devastata dal peso dei debiti E dell’usura, e per di più precipitata in un totale sfascio di valori. Scopre che sua madre non  è solo responsabile della morte del padre ma ha anche accettato di nascondere i rifiuti tossici nella cava di famiglia in loschi traffici d’ecomafia.

Dal punto di vista drammaturgico ho seguito delle regole anti-grammaticali cioè sono uscita un po’ dagli schemi teatrali. Ho seguito più una scrittura cinematografica infatti i tempi che propongo in questo spettacolo sono di taglio cinematografico, un montaggio che ricorda quel linguaggio. Anche la scrittura è molto contemporanea, molto pregna di spunti e motivi che ho potuto trasferire agli attori. Loro hanno colto le mie suggestioni e riflessioni e cercato di trasferirle nel loro modo di leggere gli argomenti che stiamo trattando. Tutte le tematiche vengono fuori grazie alla disponibilità che loro hanno messo a favore del progetto e l’hanno fatto con tanto talento ed energia. Hanno dato quel valore aggiunto, hanno messo quello che mancava al testo, cioè il corpo e l’anima.

L’Orestea è in continuità con il lavoro che ho fatto con “M.E.D.E.A. BIG OIL”  in entrambi c’è una figura chiave che ritorna che è la figura della madre. I richiami al classico sono stati studiati fino alla nausea con una precisione puntuale su tutti gli snodi drammaturgici dell’Orestea di Eschilo. attraverso l’operazione di trasferire nella contemporaneità le informazioni dell’archetipo. Ho pensato a una metafora per raccontare l’Orestea che parte dalla riflessione che i giovani oggi sono rimasti senza un futuro. Quindi questo desiderio di vendetta che viene fuori attraverso questo spettacolo. La vendetta di chi è stato privato del proprio futuro a chi è stata tolta l’identità, la possibilità di imprimere un’opinione in questo sistema che ci ha schiacciato brutalmente. Siamo completamenti schiacciati dal debito pubblico. Il peccato originale è il debito pubblico, non è colpa nostra dacché noi abbiamo ereditato questo peccato. Stiamo in un mondo che sta andando allo sfascio, per  questo motivo Appunti per un’Orestea nello Sfascio.

Come si traduce in scena tutto quest’insieme di letture e di significati della nostra contemporaneità ? Come si è inserita la mano registica sul lavoro attoriale?

Questo spettacolo è molto pop, perché ha un linguaggio leggero e fruibile quindi molto popolare pur derivando da una tragedia classica. E’ originale perché parte da un’analisi della società, da una famiglia corrotta fin dal basso, fino ad arrivare a parlare del problema della Madre Terra che viene uccisa dall’uomo attraverso lo sfruttamento ambientale e l’inquinamento. Questo è lo stato d’animo del protagonista, una sensazione di confusione totale. Pasolini ci ha insegnato a dubitare di tutto, ma abbiamo dubitato di tutto e ora non crediamo più nulla.

Da un punto di vista estetico ho cercato di seguire una linea molto minimalista. L’idea di partenza che ho cercato di concretizzare, nonostante varie difficoltà, era di creare una macchina teatrale, la macchina del racconto nella quale tirare fuori la storia che si compone a partire da una struttura che è un omaggio al fatidico monolito di Kubrick in 2001: Odissea nello Spazio ed è anche un rimando alla scala di Caronte, la scala che veniva utilizzata dai Greci in scena, come macchina teatrale, dagli attori per rappresentare la discesa nell’oltretomba.

Quindi c’è solo questa struttura, questa macchina teatrale con cui compongo la storia. Tutto ciò accade intorno a questo fuoco unico, quindi estrema essenzialità e sintesi del segno scenico. Tutto è corredato da segni e simboli, uno spettacolo dove non ci sono tecnicismi e fanatismi estetici. E’ molto semplice, una cosa veramente semplice. Perché l’intento è quello di arrivare dritti allo stomaco del pubblico tramite l’effetto che non è fine a sé stesso ma diventa una metafora del gesto. Ogni gesto entra e esce per una ragione. Non c’è nulla dettato dal caso.

Dal punto di vista attoriale ho cercato di unire vari stili di rappresentazione che vanno a toccare senza fanatismi intellettuali, il cabaret e il teatro scenico, ma anche il teatro sperimentale e quello impegnato degli attori che portano la voce attraverso lo stile veristico della recitazione cinematografica. Non è un minestrone ma è un esigenza dovuta dal fatto che l’ordine cronologico del racconto parte dalla scena finale. Oreste ha già compiuto il fatto, si trova in un ospedale psichiatrico giudiziario e sta ricomponendo il suo vissuto esperienziale prima di compiere un atto tragico. Ho voluto raccontare appoggiandomi a vari stili come nei sogni dove tutto è indefinito e inspiegato, dove scompaiono le parole e non riesci a urlare.

Questo serve per creare l’intrattenimento perché tematiche così complesse sono difficili da trasferire al pubblico. Il mio desiderio è di coinvolgere gli spettatori attraverso questi espedienti del linguaggio variopinto così da catturare l’attenzione dello spettatore e indurlo piano piano a riflettere in una maniera progressiva. Sarà il pubblico stesso a diventare il coro, quando commenterà e continuerà a parlare di questa storia tornando a casa.

 

 

APPUNTI PER

ORESTEA

NELLO SFASCIO

testo e regia di Terry Paternoster
con Venanzio Amoroso e Patrizia Ciabatta
assistenti: Eleonora Cadeddu, Pierfrancesco Rampino
luce: David Barittoni
scenotecnica: Ambramà
produzione: Officine del teatro italiano
in coproduzione con Florian Metateatro Centro di produzione Teatrale
con la partecipazione e il sostegno di Internoenki Teatro Incivile