Il Teatro Quirino Vittorio Gassman di Roma scende in campo per l’emergenza Covid-19. Il teatro si rende promotore di un’iniziativa di solidarietà in favore dello spettacolo dal vivo e con l’aiuto di vari sostenitori, a partire dal 15 maggio per un mese, distribuirà gratuitamente 100 pasti totali al giorno ai lavoratori dello spettacolo che ne facciano richiesta.
La consegna del cestino da asporto avverrà dal lunedì al venerdì dalle 12.30 alle 14.30 all’ingresso del Comedian Cafè in via delle Vergini 5. Sarà necessario prenotarsi telefonicamente ogni giorno, dalle 9 alle 12, al numero 06.83784804 comunicando il cognome e la matricola exEnpals. Non potranno essere ritirati più di due pasti a persona.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Dopo Brecht e Pirandello, Gabriele Lavia si confronta per la terza volta nella sua carriera con Il padre di Strindberg. La nuova produzione della Fondazione Teatro della Toscana diretta e interpretata da uno dei maestri della scena italiana è in prima regionale al Teatro Quirino da martedì 23 gennaio a domenica 4 febbraio. Sul palco al fianco di Lavia Federica Di Martino. La casa, la famiglia, la resa dei conti, motivi simbolici per il drammaturgo svedese, vengono qui portati a un confronto ultimativo, che si impone con la lucidità dell’allucinazione.
“L’azione di quest’opera – afferma Gabriele Lavia – è tutta interiore e stretta nella morsa tragica dell’unità di tempo, luogo e azione nella quale deve essere compiuto il ‘delitto perfetto’: l’omicidio psichico. Il nostro spettacolo precipita l’azione dentro una vertigine di velluto rosso sangue dove il quieto salotto familiare comincia ad ‘affondare’ nel naufragio di ogni certezza. È il naufragio del mondo e della storia. Ma forse la vita non è altro che un naufragio”.
Il Capitano di cavalleria Adolf viene a scontrarsi con la moglie Laura sull’educazione da impartire alla figlia Berta. La consorte non esita a instillare nell’animo dell’uomo un dubbio atroce: la sua stessa paternità. Il lungo calvario mentale di Adolf lo sprofonda in un’angoscia devastante, fino a farlo precipitare, prosegue Lavia, “nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità”.
Una partita inesorabile di dare e avere, dove ogni segno sposta la bilancia di una macchinosa contabilità cosmica. Con Giusi Merli, Gianni De Lellis, Michele Demaria, Anna Chiara Colombo, Ghennadi Gidari, Luca Pedron. Scene di Alessandro Camera, costumi di Andrea Viotti, musiche di Giordano Corapi, luci di Michelangelo Vitullo.
“Scritto con un’ascia, non con la penna”. Cosi August Strindberg definisce Il padre composto in una manciata di mesi nel 1887 che della tragedia, nel senso più autentico del termine, rivendica tutti i paradigmi, mettendo a nudo i nodi irrisolti di un rapporto coniugale inaridito in regole che hanno reso moglie e marito estranei l’una all’altro, rivali, nemici.
Gabriele Lavia dirige e interpreta uno spettacolo che ha la capacità di passare fulmineamente attraverso forme nuove, senza soffermarsi, portato da una passione che guarda oltre la scena, preoccupato di sgombrare lo spazio per una sola risposta, impossibile e sempre latente: il terribile risveglio di un universo di sonnambuli. La nuova produzione della Fondazione Teatro della Toscana è in prima regionale al Teatro Quirino da martedì 23 gennaio a domenica 4 febbraio.
“L’intreccio delPadre – spiega Gabriele Lavia – è semplicissimo. Un marito sospetta che la moglie lo abbia tradito e che la figlia sia figlia di un altro. Marito, moglie, figlia e…l’altro. Un intreccio, diciamolo pure, banale, che nelle mani di Strindberg diventa un ‘abisso’. O, meglio, il precipitare nell’abisso della perdita di ogni ‘certezza ontologica’ dello statuto virile della paternità e l’avvento della condizione di ‘incertezza dell’essere’ dell’uomo che, dunque, deve fare i conti con la cultura, la storia e addirittura, poiché Strindberg scrive una tragedia classica, con il mito”.
“Siamo alla fine dell’Ottocento e, quindi, ci si muove – prosegue Lavia – in un ambito nel quale, ancora, non è possibile scientificamente provare con certezza la ‘paternità certa’ di un uomo. Solo la madre è certa. Il padre non è certo. Così il Capitano. Il Padre, cioè l’uomo del comando, privato di ogni certezza è condannato a soccombere di fronte alla donna che è più forte, perché ha la ‘certezza dell’essere’. La certezza dell’essere contro l’incertezza del non essere. E se l’essere uomo diventa ‘non essere’, diventa proprio come Amleto, follia”.
La vicenda personale alla quale più o meno precisamente può venir ricondotta l’opera è in sostanza il matrimonio di Strindberg con Siri von Essen, da lui conosciuta quando è la baronessa Wrangel. Divorziatasi dal marito, Siri sposa Strindberg nel 1877 e gli dà quattro figli, dei quali tre hanno molta parte nella vita di lui. Ma il matrimonio attira e respinge insieme lo scrittore, e con tale veemenza, che egli dopo la prima avrà altre due mogli, ma resterà sempre inquieto e infelice.
Il periodo in cui scrive Il padre è quello che precede il divorzio da Siri, sancito nel 1891, ma è pure il momento di sue intense e abbastanza sistematiche letture di psicologia, storia, politica, scienze naturali, e in cui si occupa anche di pittura, fotografia e ipnotismo.
Conclude Gabriele Lavia: “È proprio nel precipitare nella follia che il Capitano Adolf riesce ad affondare il suo ‘caso banale’ di sospetto di ‘corna’ nell’abisso della storia dell’uomo, fino al mito di Ercole (salvatore del mondo) e di Onfale (la grande de-virilizzatrice) che si scambiano i vestiti. Cosicché l’uomo diventa donna e la donna diventa uomo. Onfale con l’inganno s’impossessò della clava di Ercole e della sua pelle di leone, simboli della virilità e della forza. Ed Ercole, ingannato, indossò le vesti della bellissima Onfale, simboli della fragilità e dell’obbedienza. Il nostro Capitano, privato del potere economico e interdetto, impazzito e stretto nel vestito dei ‘pazzi’ (la camicia di forza), indosserà simbolicamente lo scialle profumato della moglie in una vertiginosa proiezione del mito”.
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