Il Teatro Palladium alza il sipario della stagione conIn Exitudi Roberto Latini (Premio Ubu 2017 come Miglior Attore), da venerdì 11 a domenica 13 ottobre, per la prima volta a Roma dopo l’anteprima alla Primavera dei Teatri di Castrovillari e il debutto al Teatro Nuovo per Napoli Teatro Festival.
31 anni dopo l’uscita dell’omonimo romanzo di Giovanni Testori, capolavoro feroce e tagliente, l’artista romano raccoglie la sfida e
affronta la furente inventività linguistica del suo protagonista Riboldi Gino,
un tossico in una qualsiasi Milano degli anni Ottanta, che vomita tutto il suo
dolore e la straziante solitudine di una vita consumata in evasione e in
eversione.
La narrazione cede il passo alla forma e si sostanzia su un piano raffinatamente linguistico. Testori come fosse il pusher di una lingua teatrale che si fa linguaggio. Drogato è il testo e le parole, che sfidano il pensiero e la sintassi, come l’Ulisse di Joyce e il Lucky di Beckett. Come agli orli della vita, direbbe Pirandello. Tutto sembra svilupparsi nella sensazione del fondamentale e iniziatico Quem quaeritis del Teatro Sacro Medievale. In mezzo, c’è una nebbia incapace di fermare il tempo e la consolazione.
In Exitu da Giovanni Testori a Roberto Latini
“In Exitu” è come una Pietà. La parabola parabolica di vita vissuta da Riboldi Gino è quella di un povero Cristo tenuto in braccio da Madonne immaginate, respirate, disarticolate, nella fonetica di una dizione sollecitata fino all’imbarazzo tra suono e senso, come fossero le parole a essere infine deposte dalla croce sulle quali Testori le ha inchiodate. Continua dunque l’incontro e lo scambio artistico di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi con Roberto Latini, che da qualche anno collaborano nella realizzazione di spettacoli e progetti come il Teatro Laboratorio della Toscana. Prosegue la storia della Compagnia con Giovanni Testori e il lavoro di ricerca sulle lingue segrete del teatro.
Marcel Proust sostiene che i bei libri sono scritti come in una lingua straniera cosicché, secondo lo scrittore francese, ogni lettore, sotto ogni parola, può mettere il proprio senso o almeno la propria immagine, che spesso è un ‘contro senso’. Anche per l’attore ogni testo è come se fosse scritto in una lingua straniera e il suo compito è tradurre da questa lingua nella propria. Adesso sarà Roberto Latini ad affrontare la furente inventività linguistica di In Exitu e a dare vita alla parola testoriana.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Guardare al futuro e alla formazione dei giovani, coniugando la sperimentazione e la ricerca artistica con lo studio e l’amore per la tradizione: questa è la sfida lanciata dalla stagione 2019/2020 del Teatro Palladium, lo storico teatro dell’Università Roma Tre situato nel cuore di Roma, la Garbatella. Una programmazione che spazia dal teatro alla musica, dalla danza al cinema passando per la formazione, frutto del lavoro della Fondazione Roma Tre Teatro Palladium, del Presidente Luca Aversano, della Vicepresidente Francesca Cantù e dei consiglieri Silvia Carandini, Giuseppe Leonelli e Vito Zagarrio.
Roberto Latini, Francesca Reggiani, Massimo Popolizio, Michele Placido, Greg (Claudio Gregori), Walter Pagliaro, David Riondino, Werner Waas, Elena Bucci, Marcello Panni, sono solo alcuni dei protagonisti della stagione, che dall’11 ottobre al 10 maggio offre oltre 60 appuntamenti – tra cui numerose prime teatrali – in cui si alternano sul palco rappresentazioni classiche e compagnie dai linguaggi contemporanei, musica d’arte e musica elettronica, cinema in pellicola e proiezioni di opere di giovani autori. In linea con la sua vocazione universitaria, il teatro offre inoltre progetti per le scuole, attività di coinvolgimento e rigenerazione del territorio, tirocini formativi e laboratori.
Il Teatro Palladium, nato come teatro della Garbatella, è oggi uno dei grandi teatri di Roma – afferma il Rettore dell’Università Roma Tre Luca Pietromarchi. Una programmazione di alta qualità, l’interrelazione tra le arti, la ricerca e la formazione universitaria, fanno del Palladium un centro di cultura di prestigio, di cui l’Università Roma Tre è orgogliosa. La nuova stagione artistica va in questa direzione: fare del teatro lo spazio privilegiato per un confronto vivace e costruttivo tra le aule universitarie, il mondo della cultura e la città.
Luca Aversano, presidente della Fondazione e docente di Storia della musica dell’Università Roma Tre, sottolinea come la caratteristica specifica del Palladium, derivante dalla sua natura universitaria, sia il fondamentale, vivo e forte rapporto del teatro con gli ambiti della ricerca e della didattica, che offre un valore aggiunto alla formazione degli studenti di Roma Tre nelle professioni dello spettacolo: da sempre poniamo particolare attenzione alle nuove generazioni. Gli studenti non sono solo fruitori di un prodotto, ma partecipano attivamente all’ideazione e alla realizzazione di processi artistici e culturali, all’organizzazione della vita del teatro.
Il Teatro Palladium vuole dunque essere un embrione fertile di cultura per il territorio, uno spazio di condivisione di esperienze e di idee, una realtà capace di aprirsi al futuro e a chi lo abiterà, senza dimenticare il presente e le proprie radici.
TEATRO E DANZA
La programmazione teatrale si apre con un nome prestigioso: Roberto Latini, uno dei più grandi interpreti e registi del teatro contemporaneo. L’artista presenta in prima romana “In exitu”, in scena dall’11 al 13 ottobre. Nello spettacolo Latini dà vita all’omonimo romanzo di Giovanni Testori e affronta la furente inventività linguistica del suo protagonista, un tossico in una qualsiasi Milano degli anni Ottanta, dispiegando il dolore e la solitudine straziante di una vita consumata in evasione e in eversione. Il 17 e 18 ottobre invece la compagnia Teatro Popolare d’Arte porta in scena “La scomparsa delle lucciole”, terza tappa della trilogia “Dopo Salò”, biografia poetica dell’Italia dalla caduta del fascismo alla fine della Prima Repubblica dedicata a Pier Paolo Pasolini. Torna anche quest’anno Flautissimo, storico festival romano giunto alla ventunesima edizione, che apre la sua programmazione teatrale il 7 e l’8 dicembre con “DOC Donne di Origine Controllata” con Francesca Reggiani. Un vero e proprio ‘one-man show al femminile’ nel quale l’attrice offre un divertente manuale di sopravvivenza al caos della vita contemporanea. L’11 dicembreinvece, sempre per Flautissimo, ci sarà la prima assoluta de “Il sogno di Borges”: Massimo Popolizio conduce in un breve e intenso viaggio attraverso alcuni dei più emblematici e intensi racconti di Jorge Luis Borges, accompagnato dal tango rivisitato dal vivo da Javier Girotto.
Dal 13 al 15 dicembre un’altra prima assoluta, quella di “Sancho”, scritto e diretto da Lauro Versari, che vede protagonista Sancho Panza, l’inseparabile scudiero di Don Chisciotte. Il 17 e 18 gennaio va in scena la prima romana di “Un principe”, una produzione della compagniaOcchisulmondo che si ispira all’Amleto di Shakespeare.Al grande drammaturgo inglese riconduce anche “Riccardo 3 – L’avversario” di Francesco Niccolini con Enzo Vetrano e Stefano Randisi, che ne curano la regia, dal 6 al 9 febbraio. Ispirato anche dalla storia dei crimini di Jean-Claude Romand, il protagonista del romanzo “L’avversario” di Emmanuel Carrère, lo spettacolo, ambientato nel presente in un’asettica stanza da ospedale, è un folle avanzare del crudele sovrano verso un’iniezione (forse) letale, tra ricordi e fantasmi, incubi e apparizioni. Dal 14 al 16 febbraio va in scena la prima romana di “La scimmia” di e conGiuliana Musso. Ispirato al racconto “Una Relazione per un’Accademia” di Franz Kafka, la pièce ha come protagonista una scimmia che, catturata dagli uomini, per sopravvivere sceglie di imparare ad agire e ragionare come loro, perdendo sé stessa. Walter Pagliaro cura drammaturgia e regia di “Spettri, un dramma familiare”, in scena in prima romanadal 20 al 23 febbraio. Una versione originale del grande testo ibseniano, dramma manifesto dello scrittore norvegese. Il 12 marzo è la volta di “Inferno Novecento”: nato da un’idea di Fabrizio Sinisi, Sandro Lombardi e DavidRiondino, mette a confronto i maggiori personaggi dell’Inferno dantesco con le grandi icone del Novecento (Lady Diana, Marylin Monroe, Giulio Andreotti, Andy Warhol, Pier Paolo Pasolini…) o con momenti cruciali della sua storia, costruendo una diversa possibilità di lettura. Il 14 e 15 marzo in prima romana lo spettacolo “Prima della pensione ovvero Cospiratori”, una “commedia dall’anima tedesca” con la regia di Elena Buccie Marco Sgrosso, che ne sono anche protagonisti. Vestono infatti i panni di Rudolf e Vera, crudeli devoti al nazismo, ma che il testo di Thomas Bernhard riesce a rendere vicini e comici rivelandone la miseria, l’orrore e l’aridità. Un classico della tragedia greca è lo spettacolo “Troiane”, in scena dal 5 all’8 marzo, con Paolo Bonacelli ed Edoardo Siravo per la regia di Alessandro Machìa. “Kaspar”, in scena il 21 e 22 marzo in prima nazionale, è una rielaborazione di Peter Handke con Lea Barletti e Werner Waas della misteriosa vicenda di Kaspar Hauser, il ragazzo che affermò di essere cresciuto in totale isolamento in una cella scura.
Dal 24 al 29 marzo torna “Il paese fertile”, rassegna organizzata dal gruppo dei docenti di teatro del Dams dell’Università Roma Tre in collaborazione con la Fondazione Roma Tre Teatro Palladium. In questa seconda edizione i performer coinvolti, Fabrizio Crisafulli, Alessandra Cristiani e Marcello Sambati, sono accomunati dall’esperienza condivisa con gli studenti nei laboratori che li hanno visti maestri. Accanto a loro è prevista la partecipazione straordinaria dell’attrice-scrittrice Iben Nagel Rasmussen, punto di riferimento nella storia dell’Odin Teatret, la maestra di teatro che ha contagiato con il suo lungo itinerario artistico e personale generazioni di attori. Il suo ultimo spettacolo, Il libro di Ester, verrà presentato per la prima volta a Roma. Il Foyer del teatro Palladium ospiterà la presentazione/mostra dell’Atlante della fotografia di danza, un progetto di ricerca che coinvolge studenti, laureandi e laureati del Dams di Roma Tre e allievi e collaboratori di Officine Fotografiche.
Un grande ritorno anche quello di “Aprile in danza”, rassegna promossa dalla Fondazione Palladium Roma Tre, curata da Luca Aversano e daSilvia Carandini, giunta ormai alla sua quinta edizione. Si inizia il 3 aprile con “Pezzo Orbitale” del collettivo nomade di performer Balletto Civile: un happening fisico liberamente tratto da “Il libro dell’inquietudine” di Pessoa. Il 7 aprile tocca al gruppo e-MOTION con“FOUR#GENERATION – Trilogia sull’abitare”: un viaggio al femminile nel quale le protagoniste vogliono liberarsi da antichi condizionamenti, reinterpretando e rompendo gli stereotipi che li circondano. Infine il 16 aprile il Balletto di Roma propone “Light On Dance”, che dà l’opportunità a un giovane coreografo di rappresentare il proprio progetto artistico interpretato dai danzatori del Balletto di Roma.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Tra le tante versioni letterarie del mito, quelle di Virgilio nelle Georgiche e di Ovidio nelle Metamorfosi hanno narrato e tramandato, nel corso dei secoli, la dolorosa storia del musicista Orfeo innamorato della bellissima ninfa Euridice. Quando la sua amata morì per il morso di un serpente, il giovane uomo scese agli Inferi, superando prove e ostacoli, pur di raggiungere i due sovrani Ade e Persefone, gli unici che avrebbero potuto restituirgli il suo dolce amore.
Meet Me at Dawn, l’opera dell’autrice britannica Zinnie Harris, si ispira al dramma vissuto da Orfeo, il figlio della musa Calliope e del re Eagro. Non è l’unico riferimento letterario presente nel testo della Harris: è possibile scorgere un riferimento, intravedere nell’ombra il naufrago Ulisse, il quale patì la sorte del naufragio proprio come Robyn e Hellen, le due protagoniste. Due donne, alla ricerca della strada verso casa, che si ritrovano su una riva. Ansimano, cercano di asciugarsi. Una ha i conati e vomita acqua salata, l’altra è in preda all’euforia di una incontenibile scarica di adrenalina in tutto il suo corpo. Si ritrovano smarrite in un tempo e in un luogo indeterminati, una spiaggia sconosciuta che scopriranno non essere ciò che potrebbe inizialmente sembrare.
Il titolo in italiano, Ci vediamo all’alba, è fedele all’originale. È stato possibile farlo diventare un allestimento teatrale con la traduzione di Monica Capuani, la regia di Silvio Peroni, l’interpretazione di Francesca Ciocchetti e Sara Putignano e, infine, la produzione Khora Teatro, in coproduzione con Compagnia Mauri Sturno. Quattro sono state le repliche romane, dal 17 al 20 gennaio, lo spettacolo è stato messo in scena al Teatro Palladium.
Amore e morte, nel mezzo di un naufragio. Terzo ed ultimo riferimento letterario, la storia di Sebastian e Viola ne La dodicesima notte di William Shakespeare, concentrato nella battuta del duca Orsino: “Un viso, una voce, un abito. E due persone! Una macchina d’illusione. Creata dalla natura, che è e non è”.
Ci vediamo all’alba costringe a decelerare, ad essere paziente nello svolgimento della narrazione, ad aspettare. È un gioco in cui l’informazione non arriva subito, non è imminente. Sembra un indovinello posto all’inizio con due semplici domande. “Stai bene? Dove siamo?”. Un misterioso puzzle nello stile di Waiting for Godot. Le regole sono sconosciute nella prima parte. Eppure attraverso quei dialoghi serrati Beckettiani, la relazione tra Robyn e Helen diffonde attenzione. Quella che si manifesta in scena tra loro due, ma anche tra gli spettatori, incollati alle poltrone, e le due interpreti, Francesca Ciocchetti e Sara Putignano.
Ci vediamo all’alba – Meet Me at Dawn
Le cose diventano più chiare successivamente. Robyn è Orfeo, Helen è la sua Euridice. La parte riflessiva contrapposta all’intemperanza. La riunione tra le due, negli sviluppi della drammaturgia, non è del tutto felice: vecchie recriminazioni e rimpianti. Mentre l’inizio dello spettacolo si concentrava su Robyn e Helen che cercavano di capire dove si trovavano e come tornare a casa per cena, Ci vediamo all’alba si sposta successivamente fino ad esplorare una nuova condizione. La distanza sembra espandersi oltre lo spazio e il tempo, contrapponendo il tradimento della morte con il privilegio della sopravvivenza. Le due donne incrociano i loro corpi: due persone avvolte nello stesso cardigan, sedute l’una nelle braccia dell’altra. Possono sembrare così vicine, eppure sono così distanti.
Quando l’amore è lontano e una persona viene a mancare, il dolore si inserisce nello spazio tra le ore e i minuti. E mena duro. Cosa faremmo se ci fosse concesso un giorno in più da passare con una persona amata perduta? La conoscenza della separazione impedirebbe di godere il ricordo di tutto il tempo trascorso insieme? Potrebbe esserci un reciproco accordo o sintonia tra i morti e i vivi?
Quello che propone Ci vediamo all’alba è la ricerca di un senso della psicologia del dolore. La regia di Peroni trasmette il cambio dell’ambientazione tra il reale e l’irreale, senza essere né l’uno né l’altro, creato dalla penna della Harris in quel processo di elaborazione del lutto dove tutte le contraddizioni della morte sembra che coesistano. È difficile dare un senso all’assenza di una persona amata semplicemente perché quel vuoto è imperscrutabile esattamente come l’amore, un eterno enigma che contiene in sé il micro e il macro, l’infinitamente grande e piccolo, la gioia e il dolore.
Redattore editoriale presso diverse testate giornalistiche. Dal 2018 scrive per Theatron 2.0 realizzando articoli, interviste e speciali su teatro e danza contemporanea. Formazione continua e costante nell’ambito della scrittura autoriale ed esperienze di drammaturgia teatrale. Partecipazione a laboratori, corsi, workshop, eventi. Lunga esperienza come docente di scuola Primaria nell’ambito linguistico espressivo con realizzazione di laboratori creativi e teatrali.
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