THEATROPEDIA #7 – Teatro Medievale: la città palcoscenico

THEATROPEDIA #7 – Teatro Medievale: la città palcoscenico

Sdraiato su di un carro, sono in balìa di continui colpi alla schiena, conto le pietre e le buche corrispondenti alle botte che subisco percorrendo una strada del 1530. Dietro al carro, dove io mi sono accomodato, si sentono rumori di buoi al trotto e ruote lignee rotolare e sbattere a intervelli irregolari, sono molti i buoi e le ruote che ci seguono, faccio evidentemente parte d’una vera e propria carovana.

A esservi sincero non so bene cosa trasportino, credo siano dei carri pronti a dar vita, una volta giunti in qualche paese, ad un mercato. Sono strani, hanno sei ruote e su di essi sono stati costruiti dei locali di legno, come se fossero delle piccole case. Mi trovo qui perché ho chiesto di vedere del teatro e qualcuno mi ha fatto accomodare su questo carro misterioso che ha chiamato: pageant. Incuriosito, tento di aprire la tendina che nasconde l’interno del locale posticcio ma proprio mentre mi accingo a scostarla sento un urlo che arresta il lento trotto del bue. Siamo giunti alla meta, una località anglosassone, Coventry. Appena vistoci arrivare la gente si dimena felice e accoglie la carovana con un festoso brusìo. Scendo e noto che tutti i carri si son fermati in fila, uno dietro l’altro. Incomincio a capire che forse quel che sta per avere luogo è qualcosa di più d’un semplice mercato. Ogni carro ha su di sé una sorta di casa dipinta che, subito dopo essere arrivati, alcuni membri del gruppo di viaggio, assestano con molta cura. Che fossero carri allegorici come quelli dei nostri odierni carnevali? Chiedo a un componente cosa sta succedendo, mi risponde che si sta preparando la rappresentazione di un dramma liturgico atteso in città da giorni. È teatro.

Difatti, dopo il dominio della religione cristiana, il teatro romano e quello greco, divenuto sempre più laico, in poche parole, si estinse. La sua sparizione fece sì che l’unica forma di spettacolo concessa e, a quel punto, conosciuta, fosse quella di tipo religioso e le piccole scenette comiche, che pure alcuni attori professionisti, a dispetto del “Teatro di Stato”, mettevano in scena, non avevano la stessa attrazione. Il teatro di tipo religioso, che già esisteva ai tempi degli antichi romani, il teatro che era messo in scena nelle chiese e nelle processioni, divenne, in sostanza, l’unico possibile. È dunque lapalissiano pensare che in quest’epoca, gli unici copioni richiedibili erano quelli che trattavano di eventi religiosi, in particolar modo dei fatti salienti della vita di Cristo (se si eccettuano delle piccole farse del Tardo Medioevo). E non ci stupisce sapere che, ovviamente, il teatro aveva molto seguito soprattutto nei periodi coincidenti alle festività pasquali e a quelle natalizie. All’inizio i drammi religiosi si svolgevano all’interno d’una chiesa, poi gli autori si spinsero ad una trama più complessa e realistica e questo comportava maggiore spazio sia per la messinscena e sia per il pubblico sempre più numeroso e interessato. La soluzione? Trasferire lo spettacolo fuori dalla Chiesa. Era il messaggio che contava: e più lo spettacolo sembrava realistico meglio si raggiungeva lo scopo dello stesso.

Abbandonata la carovana, “m’immergo” nella realtà di quella cittadina. In piazza c’è gente che scalpita: un’allegria diffusa alternata a brusìi di chiacchiere interessate all’evento che di lì a poco sta per iniziare. Ci sono dei cartelli che indicano delle fermate, mi dicono che tra poco in quei punti ci sarà la rappresentazione teatrale e che devo sbrigarmi a trovare la mia stazione da dove assistere a tutto lo spettacolo. In pratica a ogni stazione si ferma un pageant e parte la scena specifica di quel carro-palcoscenico una performance che poi si ripete a ogni stazione, come una vera e propria Via Crucis. Lo spettacolo da queste parti, in questi tempi, si appropria dell’intera cittadina e cambia per un giorno le sue abitudini. È una vera e propria festa aggregativa.

Mentre penso a dove posizionarmi per gustare lo spettacolo arriva già il primo carro, è quello dove io ero disteso poco prima, appena s’arresta si sentono dei tamburi suonare e da un foro di quella sorta di casa dipinta d’un rosso fuoco, detta mansion (appunto), fuoriesce un’enorme vampa, a questo artifizio il pubblico reagisce strabiliato, impaurito e sorpreso, partono delle voci, si bisbiglia, nemmeno poi così a voce bassa, che quello sia l’inferno. Dal piano superiore della casa poi vengono fuori i dannati, che con dei balzi felini si gettono giù in strada, l’effetto è molto avvincente per la verità. Le voci che si sentono dal piano inferiore della mansion, un luogo adibito principalmente a camerino e deposito di scene, sono disumane da disturbare parecchio lo spettatore e rende la scena di terrore ancor più realistica. La storia è di quelle che mettono in guardia dalla paurosa e straziante vita ultraterrena che un cristiano potrebbe avere se nella vita terrena non si comportasse da corretto fedele. E come in tutte le storie, il finale è lieto, l’ultimo carro, infatti (come sempre) rappresenta l’esatto contrario, il paradiso fatto di scene celestiali, nuvole, angeli e cherubini che squillano le trombe: l’auspicabile salvezza dell’uomo.

Nel Tardo Medioevo quindi il Teatro è in stretta relazione con la città. Anche se non in tutti i luoghi le esibizioni erano itineranti, da sfilata. Il carattere processionale dell’evento era presente nel Regno Unito, in Belgio, Olanda e soprattutto in Spagna. In Italia, Francia, Svizzera e Germania, ad esempio, gli spettacoli erano svolti in un unico posto, senza i pageants, con l’utilizzo dimansion stabili. All’inizio si usava prevalentemente il sacrato della chiesa, poi s’incominciò ad adibire a teatro le piazze o diversi siti della città che avessero un’unica attitudine, l’essere spaziosi: un po’ come oggi si fa per sistemare i circhi. Un’altra soluzione molto usata prevedeva, laddove c’erano, l’utilizzo degli antichi teatri greci e romani.

Come sempre è meglio inoltrarsi in una piazza di quegli anni per capirne l’effetto, ergo con circospezione cerco di farmi spazio tra la classica folla di questo tempo. Mi trovo in uno spiazzo di una cittadina francese, sta per andare in scena la storia di una santa, è una trama conosciuta dagli spettatori che già commentano alcune scene, parlano di una scena terribile quando qualcuno con una tenaglia cava dei denti a una povera santa, qualcuno mi suggerisce il titolo: Il martirio di Sant’Apollonia. Quel che vedo inizialmente è un piano inclinato di legno posto a centro scena e pronto, evidentemente, a essere occupato da qualche personaggio della vicenda. Assiepato tra la folla in piedi, sento sopra la mia testa rumori di tavole di legno battute, sono dei passi: mi trovo nella parte inferiore di una mansion. È incredibile faccio parte dell’impianto scenico, sì, sono in pratica avvolto da una serie di mansions a due piani, costruite come delle capanne e disposte su una linea curva. Di queste strutture lignee una parte, quella superiore, è destinata essenzialmente alla recitazione e l’altra, quella inferiore, agli spettatori. Non si riesce a distinguere bene il limite della platea con quella della scena, anche perché alcuni spettatori si sono accomodati in qualche piano superiore.

Intanto comincia lo spettacolo, un attore spiega con un libro in mano e una bacchetta, la disposizione e il significato dellemansion, tutti lo chiamano l’indicatore. Questi sarà sempre presente anche durante la rappresentazione, indica agli attori di scendere quando arriva il loro momento e a volte spiega le azioni più complesse al pubblico. Nella prima mansion, a simboleggiare il Paradiso, ci sono degli angeli, nella seconda dei trombettieri che annunciano l’inizio della vicenda, in seguito da una scaletta che collega il piano superiore della mansionscende l’Imperatore che va ad assistere ad un’esecuzione. Entra così in scena quel piano inclinato: alcuni figuri legano il corpo di una donna, Sant’Apollonia, un altro con un grosso arnese di ferro, simile a delle tenaglie esegue la terrorizzante pantomima del cavadenti. C’è sbigottimento, mi anticipano che alla fine la santa si lancerà nell’ultima mansion che rappresenta l’inferno, laddove, nel piano inferiore, è sistemata ben in vista una grande testa di mostro che caccia fiamme e, nel piano superiore, dei terrificanti diavoli. Fischi, applausi, mugugni di disapprovazione dimostrano che questa congiunzione tra pubblico e attori, questa contiguità tra il recitato e la realtà, funziona per davvero. Il coinvolgimento è totale.

Lo spettacolo del Tardo Medioevo non si vede, si vive. Le scene sono impressionanti tanto da rimanere bene in mente. Si configurano probabilmente anche come un’ottima propaganda religiosa e il teatro resterà per anni asservito alla funzione liturgica, un espediente di grande effetto. Un effetto impresso da Jehan Fouquet nel suo meticoloso disegno. Il Martirio di Sant’Apollonia dell’artista francese, sarà una testimonianza di notevole importanza per lo studio teatrale di quell’epoca spesso misteriosa e arcana. Una fotografia di quel teatro che relegava un intero paese con i suoi abitanti in una nuova dimensione facendo dimenticare il mondo e le sue problematiche, per un giorno, anche il cittadino, si sentiva protagonista.