Valle dell’Aniene, culla d’arte e comunità. L’esperienza di Portraits On Stage – Paesaggi

Valle dell’Aniene, culla d’arte e comunità. L’esperienza di Portraits On Stage – Paesaggi

Evanescenza e imperitura memoria sono i due poli entro cui si originano le esperienze di contatto tra le arti dal vivo e le arti figurative

Il teatro, la musica, la danza, la performance – tralasciando i sistemi di fissazione che nei secoli sono stati scoperti e adottati, e scostandoci dal contesto pandemico odierno in cui sono state prodotte sperimentazioni artistiche con strumenti digitali –, godono e insieme risentono dell’hic et nunc dell’accadimento spettacolare. 

Lo spettacolo dal vivo, con la sua mutabilità dovuta al perpetuo rigenerarsi di forme nell’incontro spettatoriale, può certamente avvalersi di una consegna mnemonica che ne preservi la sopravvivenza nel tempo, ma rimane evanescente poiché non da vita a un prodotto tangibile e fruibile al di fuori del contesto in cui si origina.

Al contrario, le arti figurative tendono a un’opera concreta, in cui il l’azione generatrice dell’autore resiste al passare delle epoche. Ecco perché le arti figurative, pur non prevedendo una relazione presenziale, mantengono intatta la connessione con l’osservatore: anche in assenza dell’artista, posare lo sguardo su un’opera d’arte travalica la dimensione spazio-temporale, annullando distanze storiche e fisiche.

In che modo, dunque, è possibile stabilire una frequentazione dialogica tra le arti dal vivo e le arti figurative? Una soluzione è la co-creazione

Portraits On Stage 2021, organizzato dalla compagnia SettimoCielo con la direzione artistica di Gloria Sapio e Maurizio Repetto, nelle sue due diramazioni progettuali “Arte in cammino” e “Paesaggi” ha costruito la propria proposta artistica insinuandosi in quest’immaginifico intercapedine e lo ha fatto puntando sul coinvolgimento diretto del pubblico.

I laboratori formativi della rassegna Paesaggi, svoltasi dal 28 agosto al 5 settembre ad Arsoli, nel cuore della Valle dell’Aniene, hanno infatti avuto un esito spettacolare, agito con il sostegno degli artisti e delle compagnie ospiti. 

La figura dell’immenso Kandinskij è stata fertilizzante creativo del laboratorio Lettere dalla valle, di Percorsi accidentali, che a partire dai componimenti poetici dell’artista, ha realizzato una narrazione dalle tinte astratte. Il reading Lettere poetiche dalla valle, esito del percorso laboratoriale, ha visto la declamazione di tali versi da parte dei partecipanti, accompagnata dalla proiezione delle celebri opere del Kandinskij.

Pierino in Blues, il laboratorio rivolto a bambine e bambini che mescola musica e pittura, tenuto da L’Arca di Corrado  e Proloco Arsoli, ha contribuito alla realizzazione delle scenografie dello spettacolo omonimo di Nata Teatro, ispirato alla favola musicale Pierino e il lupo di Prokofiev. Un fantasioso viaggio nel mondo animale, tratteggiato da descrizioni sonore folk e blues in grado di raccontare ai più piccoli, in maniera profonda e al contempo giocosa, le difficoltà del presente.

Importante spazio alla poesia e all’arte è stato riservato durante Odissea Workshop, diretto da DiesisTeatrango che ha allietato il pubblico della suggestiva e arroccata Piazzetta Belmonte con Il canto delle Sirene. Lo spettacolo della compagnia toscana è una ricerca tra danza, musica, poesia e teatro sul tema del viaggio, che affonda nell’epica popolare e nell’incontro comunitario, capace di coinvolgere i partecipanti in un toccante momento performativo.

La maestosa Pina Bausch ha ispirato Dipingere nell’aria, percorso laboratoriale a cura di Percorsi Accidentali. Riprendendo la celebre Nelken Line della coreografa tedesca, Walking with Pina ha invaso il Teatro La Fenice di Arsoli con una sfilata gioiosa, lasciando al corpo il compito di dipingere festosi mudra, in segno di rinascita e resistenza.

La commistione artistica della rassegna di SettimoCielo non ha trascurato la musica, regina del raffinato concerto per chitarre Ritratti in musica di DodiciSuoni, duo composto dal M° Alberto Montano e dal M° Federico Briasco, che ha eseguito brani di diverse epoche e diversi stili, componendo un repertorio riarrangiato con sapienza.

L’opera “The Ambassador” di Hans Holbein ha attivato in Andrea Cauduro, giovane e talentuoso musicista e compositore, l’idea di realizzare Niebloh, una performance di improvvisazione musicale, a partire da una partitura appena visibile nel dipinto. In un’atmosfera rarefatta, i componimenti di Cauduro hanno rivitalizzato l’antica opera con moderne sonorità.

La storia della rivoluzionaria fotografa Tina Modotti, è stata l’epicentro della pièce Fino all’ultimo sguardo di Teatri d’imbarco che ha portato in scena dolori e sacrifici di una donna che ha saputo conquistare il proprio ruolo d’artista nel mondo, contro pregiudizi e avversità. Un racconto cantato da Chiara Riondino e narrato da Beatrice Viselli, tratto dal romanzo biografico Tina di Pino Cacucci.

Ultimo spettacolo a chiudere Portraits On Stage2021 – Paesaggi, Non è dato sapere di e con Antonio Sanna. Attore e doppiatore di fama, Sanna si esibisce in un monologo colto, introspettivo, sulla ricerca di paesaggi umani attraverso gli incontri della sua vita, esplorando il senso delle immagini.

Importanti momenti di riflessione sullo stato dell’arte nella Valle dell’Aniene e sulle esperienze artistiche al femminile, sono stati ospitati al Teatro La Fenice di Arsoli, estendendo alla cittadinanza tutta la possibilità di fornire il proprio punto di vista, in uno scambio partecipativo tra artisti e pubblico.

Portraits On Stage 2021
, riconosciuto dal Ministero della Cultura come primo assegnatario in ex aequo tra i Festival Multidisciplinari beneficiari dello stanziamento del FUS – Fondo Unico per lo Spettacolo,  ha saputo valicare l’evanescenza dello spettacolo dal vivo creando, per mezzo della co-creazione, una durevolezza emotiva capace di riverberare nella mente e nel cuore di quanti e quante abbiano attraversato la Valle dell’Aniene in queste giornate dedicate all’arte e alla comunità.

Portraits On Stage 2021 – Paesaggi, porre l’arte sul cammino altrui

Portraits On Stage 2021 – Paesaggi, porre l’arte sul cammino altrui

A un riflettere distratto, la maestosità della Storia è tale da estromettere i grandi personaggi che l’hanno costituita dalla costellazione di piccoli centri abitati che puntellano lo stivale italiano. Con le sue bellezze paesaggistiche e architettoniche, i suoi capolavori artistici, le sue tradizioni popolari, l’Italia non ha solo donato i natali alle illuminate menti che l’hanno resa culla di un inestimabile patrimonio umano e culturale, ma ha inoltre visto i suoi borghi affermarsi quali luoghi d’ispirazione e di ritrovo per artisti e intellettuali. 
Le città tutt’intorno – metropoli nascenti, dai ritmi assennati e dal grigiore ruggente – hanno rappresentato fin dalle epoche passate l’epicentro delle attività industriali e cittadine, raddoppiando, talvolta triplicando, il passaggio di lancette dell’orologio biologico dei suoi abitanti.

Se da un lato le grandi città, con i loro vivaci circoli artistici, hanno determinato l’affermazione nazionale e internazionale dei fautori e delle fautrici del nostro ingente bagaglio culturale, dall’altro ne hanno favorito il ritorno a realtà immacolate, rimaste immutate nella spontaneità del vivere e nel verde brillante dei paesaggi, alla ricerca di rinnovato estro. Sulla strada che conduce a questi disseminati eden, s’incontra un piccolo paesino – che conta oggi 1400 abitanti – d’indiscutibile fascino medievale, incastonato nella Valle dell’Aniene
Luogo del cuore di Luigi Pirandello, da lui stesso ribattezzata “la piccola Parigi“, Arsoli ha accolto e nutrito l’immaginazione di intellettuali e pittori, attratti dall’armonica bellezza delle sue modelle e dei suoi paesaggi. 

Tra le innumerevoli esperienze artistiche originatesi in questo territorio in tempi passati, si annovera l’operare contemporaneo di una compagnia teatrale, Settimo Cielo, insediatasi alcuni anni fa negli spazi del Teatro La Fenice di Arsoli, divenuto uno dei più importanti riferimenti regionali nell’ambito delle residenze artistiche di ricerca. 

Se già nei secoli passati era accentuata  la percezione dei differenti ritmi vitali tra la città moderna e la romantica provincia, la scelta di muovere oggi verso mete dall’arrugginito slancio culturale è segno di una volontà di riqualificazione degna di nota.

Non accontentandosi del grande lavoro di attivazione culturale del territorio condotta nel tempo, Gloria Sapio e Maurizio Repetto, fondatori di Settimo Cielo e direttori artistici del Teatro La Fenice, hanno accettato un’ulteriore sfida avviando, a seguito della pandemia, un festival multidisciplinare. 

Nel 2021 Portraits On Stage – Arte in cammino è giunto alla sua seconda edizione, raccogliendo grande partecipazione in tutti i comuni della Valle, attraverso una programmazione capace di unire la storia pittorica del luogo con le manifestazioni artistiche odierne. Il festival poggia sulle competenze acquisite attraverso la rete nazionale Rete Portraits on Stage che collabora con musei, accademie, istituzioni pubbliche e private. 

Con un approccio itinerante, Portraits on Stage – Arte in cammino ha ospitato, tra giugno e luglio, spettacoli, performance, installazioni, conferenze, tra teatro, danza e musica, collegati dal fil rouge dell’arte, nei Comuni di Licenza, Anticoli Corrado, Marano Equo, Gerano e Subiaco.

Quattordici spettacoli di indubbia qualità sono stati presentati da artisti e compagnie quali Guascone Teatro, Compagnia Stalker Teatro, OperaPrima, Settimo Cielo, Drogheria Rebelot/BIBOteatro, Anonima Teatri/TWAIN CPD, Collettivo ClochArt, Pollution, Ilinx Teatro, Mario Perrotta, L’Arca di Corrado e I nuovi Scalzi. Tramite una call diretta a giovani artisti, sono inoltre stati selezionati progetti meritevoli che hanno animato la rassegna accanto ad altisonanti nomi del teatro italiano, confermando il processo di sostegno messo in campo da Settimo Cielo a favore della creatività emergente.

L’enorme falla relazionale che si è generata con la diffusione dell’epidemia, è stata contrastata dall’azione decisiva di un Festival come Portraits on Stage che ha saputo avvicinare nuove anime e nuovi corpi e rinsaldare l’interesse di quanti fossero già consapevoli della spinta comunitaria che il teatro è in grado di apportare.

Ripercorrere la memoria dei luoghi, per mezzo dell’arte, offrire occasioni di conoscenza e convivialità, significa oggi, in un piccolo borgo come Arsoli e nei comuni circostanti, incidere sulla crescita della cittadinanza tutta, favorendo un indotto culturale ed economico insieme, con ricadute positive per l’intero territorio. La bonarietà dell’operazione ideata e condotta da Gloria Sapio e Maurizio Repetto, trova conferme nel prosieguo di Portraits on Stage – Arte in cammino nella nascente edizione della rassegna Portraits On Stage 2021 – Paesaggi, costola progettuale del Festival, al via nel comune di Arsoli a partire dal 28 agosto. 

L’attivazione territoriale, questa volta, vede un coinvolgimento diretto dei cittadini e delle cittadine di ogni età, invitati a prendere parte ai numerosi laboratori che, insieme a una ricca programmazione, costituiscono il cuore pulsante di PaesaggiDiesis Teatrango, Percorsi accidentali, Nata Teatro, Andrea Cauduro, Dodici Suoni, Teatri d’Imbarco, Pilar Ternera, L’Arca di Corrado, Proloco Arsoli prenderanno la scena tra incontri, spettacoli, reading e concerti.

Un festival da sostenere, per la sua capacità di mettere l’arte in cammino e contestualmente porre l’arte sul cammino altrui

Concedere tempo. La residenza artistica targata Settimo Cielo

Concedere tempo. La residenza artistica targata Settimo Cielo

Settimo Cielo
Gloria Sapio e Maurizio Repetto

In un’epoca in cui il fuggevole incedere della vita fa scivolare il quotidiano in una danza di ritmi battenti, concedere del tempo è un atto generoso. Al Teatro La Fenice di Arsoli, la dilatazione temporale è tutta dedicata agli artisti. Gloria Sapio e Maurizio Repetto, direttori della residenza artistica Settimo Cielo, impegnati da più di vent’anni in progetti artistici, di produzione, programmazione e formazione in campo teatrale, stabilendosi nel cuore della Valle dell’Aniene, hanno decretato la propria mission: destinare energie e risorse alla ricerca e ai processi artistici.

Le numerose attività portate avanti da Settimo Cielo – che comprendono, oltre ai percorsi di residenza, laboratori, spettacoli e attività formative –hanno riunito una comunità di artisti e cittadini, riuscendo a tessere un forte legame con il territorio. Nata come associazione culturale, divenuta residenza artistica e dal 2018 parte, insieme a Twain Centro Produzione Danza, Ondadurto Teatro e Vera Stasi, del Centro di Residenza multidisciplinare del Lazio Periferie Artistiche, Settimo Cielo crede nella contaminazione generazionale, offrendo la propria esperienza ai giovani talenti della scena nazionale.

In tale direzione muove anche la costituzione dell’organico, di cui è entrato a far parte il drammaturgo e regista Giacomo Sette che in questa intervista, insieme a Gloria Sapio e Maurizio Repetto, racconta l’esperienza di Settimo Cielo.

Ragionando su una linea progettuale che parte dalla ricerca sulla storia del costume popolare e i mezzi di comunicazione di massa, per arrivare alla crescita dei luoghi attraverso le pratiche spettacolari, qual è stata l’evoluzione di Settimo Cielo dalla sua costituzione fino al 2015, quando il Teatro La Fenice di Arsoli è diventato una Residenza Artistica Nazionale?

Gloria Sapio: Settimo Cielo nasce da un desiderio di autonomia progettuale mio e di un gruppo artisti. Le proposte ruotavano intorno a un repertorio, un percorso drammaturgico e di ricerca portando avanti da me e Paola Sambo, con cui abbiamo a lungo formato un duo artistico. I nostri spettacoli erano profonde immersioni nella storia del costume, condotte anche attraverso il canto. 

Tutto aveva un profondo legame con la nostra condizione di donne, com’è stato per il nostro primo spettacolo, Un bacio a mezzanotte, costruito attraverso delle lunghissime sedute in emeroteca, con uno studio sulle riviste di fine anni ‘50 e ‘60. L’ultima residenza che abbiamo ospitato quest’anno è stata quella di Giulia Trippetta, con un progetto dal titolo La moglie perfetta che indaga, proprio attraverso gli stessi materiali da noi utilizzati, il problema del femminile. Questo è stato l’inizio di Settimo Cielo, percorso che ho condiviso con Paola Sambo per dieci anni. 

Ho sempre desiderato dedicare uno spazio alla nostra associazione e ciò è avvenuto quando si è presentata l’occasione di Officina Culturale, un progetto promosso dall’ex Assessore alla cultura della Regione Lazio, Giulia Rodano, rivolto a compagnie senza una sede che andavano a radicarsi in un luogo. Alessandro Berdini, direttore di Atcl Lazio, fu molto lungimirante e ci offrì la possibilità di portare avanti il nostro progetto nel territorio in cui ci troviamo oggi, che era già stato attraversato dal circuito. 

Nel frattempo, anche Maurizio Repetto era entrato a far parte dell’associazione come collaboratore e socio ed entrambi ci sentimmo molto stimolati da questa avventura. Anche prima di approdare in questi luoghi, come compagnia abbiamo sempre avuto la volontà di non fermarci allo spettacolo, aprendo ad attività collaterali. Quando siamo arrivati nel territorio della Valle dell’Aniene, abbiamo utilizzato questa peculiarità del gruppo moltiplicando le attività proposte sul territorio.

La fascinazione per il progetto proveniva dall’aver avvertito di poter avere una funzione. Al successivo progetto di Officina Culturale abbiamo stabilito la nostra sede in sette piccoli comuni della Valle dell’Aniene pur non avendo ancora un luogo fisico. Nel 2014, abbiamo iniziato a cercare un luogo che ci potesse accogliere, trovando una sponda nel Sindaco neoeletto di Arsoli, che ci ha affidato il Teatro La Fenice di Arsoli che era stato già oggetto di una ristrutturazione ma mancava di qualsiasi dotazione tecnica.

Atcl è stata da subito al nostro fianco per aiutarci a organizzare una programmazione. Da officina culturale siamo diventati quindi una Residenza Artistica e dal 2018 siamo parte di Periferie ArtisticheCentro di Residenza multidisciplinare del Lazio insieme ai partners TWAIN Centro Produzione Danza, Ondadurto Teatro e Vera Stasi.

Il radicamento nei luoghi che ospitano la residenza emerge dalle attività multidisciplinari che proponete, ed è, tra i vai obiettivi, finalizzato alla diffusione della cultura dello spettacolo dal vivo in zone decentrate. Qual è il vostro legame con il territorio e con la comunità e in quali azioni si sostanzia questa relazione?

Maurizio Repetto: Il territorio così come il teatro, la letteratura, la lingua è qualcosa di vivo che muta nel tempo. Da quando siamo giunti qui fino ad oggi sono cambiate tante cose, anche il nostro rapporto con il territorio si è modificato. Prima del nostro arrivo nella Valle dell’Aniene non c’era un teatro attivo che offrisse una proposta culturale organica di spettacolo dal vivo. 

Abbiamo fin da subito trovato una comunità molto disponibile e anche molto interessante, che ci ha dato modo di venire a contatto con un mondo rurale, che i più anziani amavano raccontarci e che mano a mano è andato dissolvendosi, ma da cui abbiamo tratto molta ispirazione. Non abbiamo aperto il nostro teatro qui proponendo la nostra idea di programmazione, abbiamo piuttosto coinvolto la comunità nella costruzione di spettacoli che parlavano di loro.

Ciò ha fatto sì che, intorno a Settimo Cielo, si creasse a sua volta una comunità di persone interessate sempre di più al discorso dello spettacolo, della costruzione della scrittura, della regia, della memoria. Questa nostra attività ha formato uno zoccolo duro di spettatori che poi si è riversato nel sistema del Teatro di Arsoli e per cui andare a teatro è diventata una consuetudine. 

Di questo, hanno beneficiato anche le residenze poichè queste persone che prendevano parte in maniera trasversale ai percorsi laboratoriali e alle proposte artistiche di Settimo Cielo hanno manifestato grande curiosità per il processo di creazione, potendo interloquire direttamente con gli artisti. Peraltro, fin da subito abbiamo proposto al nostro pubblico spettacoli di artisti di grande valore ma molto spesso sconosciuti al pubblico vasto, e devo dire che la nostra proposta ha vinto. Questo per dire che gli spettatori si abituano alla qualità se gli viene offerta. 

Rispetto al progetto di Residenza Artistica, La Fenice di Arsoli è un luogo che, fedele all’attività di scouting di giovani talenti, ospita e supporta il processo artistico di artisti e compagnie. Che valore ha, oggi, e ancor di più in un momento di affanno per il settore dello spettacolo, investire sulla ricerca?

Gloria Sapio: Crediamo molto nelle contaminazioni tra generi e linguaggi ma crediamo soprattutto nella contaminazione tra generazioni. Abbiamo aperto le nostre attività e le nostre progettualità anche agli under 30, incrementandone la presenza anche in virtù della partecipazione ai bandi. Questa operazione assume per noi un valore rilevante sia perché ci permette di conoscere giovani artisti e sostenerli, sia perché pensiamo che quando si incontrano più generazioni, senza prevaricazione da parte di chi ha maggior esperienza, possano prodursi dei risultati inaspettati.

Maurizio Repetto: L’esperienza del centro di residenza, che ovviamente ha ampliato le possibilità di accoglienza, ci ha anche consentito di specializzarci: eravamo soliti ospitare anche la danza contemporanea, pur non avendo uno spazio del tutto conforme tecnicamente alle necessità, ma che adattavamo in modo che i danzatori potessero usufruirne al meglio. 

Oggi, godendo del sostegno dei nostri partner, possiamo offrire agli artisti la residenza che meglio si confà alla tipologia di intervento artistico e, nel caso della danza ad esempio, Twain è il maggiore riferimento. Per quanto riguarda Settimo Cielo, oltre a portare avanti i generi teatrali e le ricerche artistiche che ci sono più vicine, lasciamo sempre aperto uno spiraglio, ospitando anche il teatro di figura, la musica, figurando quindi tra le poche residenze in Italia che consentono un percorso di ricerca multidisciplinare. 

Giacomo Sette: Sono entrato in contatto con Settimo Cielo attraverso una residenza durante la quale fui ospitato come dramaturg. La prima cosa che mi colpì fu la cura che Gloria e Maurizio dimostrarono di avere nei confronti del mio percorso artistico, mettendo a disposizione, anche da un punto di vista tecnico, tutto ciò di cui avessi bisogno. Dal 2018 il rapporto è diventato sempre più profondo. Venni richiamato per scrivere e dirigere un testo, via via me ne sono stati proposti altri, avviando il processo di inserimento nell’organico di Settimo Cielo.

Venivo trattato come drammaturgo e regista, quindi esattamente per ciò che volevo essere, una cosa che dovrebbe essere normale ma che non accade molto spesso. Solitamente si investe sui giovani convincendoli del fatto che il loro sia un percorso che, prevedendo una crescita, può comprendere delle battute d’arresto. Poi, al primo errore intercorso si tende a scartarli. Gloria e Maurizio, invece, hanno una visione molto più prospettica e questo mi ha davvero conquistato.

Il rapporto intergenerazionale è molto importante, soprattutto in un’età delicata come la mia, quella dei 30 anni, perché consente di confrontarsi con un mestiere, con una conoscenza completamente diversa dalla propria e con un’esperienza decisamente maggiore

Soffermandoci ancora sulle residenze, facendo un bilancio di questa prima triennalità che volge al termine, quali ulteriori azioni ritenete necessarie per lo sviluppo del comparto relativo alle residenze artistiche?

Gloria Sapio: Uno dei problemi principali è quello del consolidamento dell’esperienza progettuale, che corre sempre il rischio di essere parcellizzata. Quindi certamente è necessaria una maggiore garanzia di continuità.

Maurizio Repetto: Il secondo tema riguarda il garantire risorse economiche utili a portare avanti una residenza artistica che, oltre a un sostegno tecnico, assicura vitto, alloggio, tutoraggio e sostegno alla produzione. Il costo totale per ogni singola residenza diventa considerevole. Necessaria sarebbe inoltre un’azione del Ministero volta a inserire i giovani che affrontano il percorso di residenza nei circuiti di distribuzione, dando loro modo di mostrare gli esiti del proprio lavoro. Ad esempio, i teatri che sono predisposti a ospitare progetti relativi alla nuova drammaturgia, dovrebbero interloquire maggiormente con i centri di residenza.

Abbiamo aperto un dialogo con Romaeuropa Festival che ha inserito in programmazione Fabiana Iacozzilli che aveva precedentemente portato avanti una residenza artistica da noi con lo spettacolo La classe, arrivato addirittura a essere candidato al Premio Ubu. In conclusione direi che occorrono più risorse, un maggior coordinamento e una garanzia di solidità per i progetti.

Nel nostro sistema teatrale odierno (considerata o meno la pandemia), qual è secondo voi il ruolo di una residenza artistica e qual è, in tal senso, la vostra mission?

Gloria Sapio: La residenza artistica deve certamente impegnarsi in un’opera di scouting, dando sostegno agli artisti giovani senza però dimenticare gli over 35 che molto spesso, avendo meno possibilità, tendono all’abbandono della professione. Anche questo è un fenomeno che va assolutamente arginato. Fondamentale è poi il rapporto col territorio, che quasi sempre nel caso delle residenze è un territorio periferico che resta fuori dai circuiti ufficiali. 

Questo consente all’artista un incontro con un pubblico genuino, non costituito solo da addetti ai lavori, che riesce a restituire un feedback senza remore. Il bacino di pubblico che si è creato intorno a Settimo Cielo è una delle grandi fascinazioni che ha la nostra residenza, muovendosi su un doppio arricchimento: per gli artisti e per il territorio che cresce acculturandosi. 

Maurizio Repetto: Le residenze artistiche hanno anche la possibilità di dare grande valore al tempo. Avere individuato nelle zone periferiche, negli spazi extraurbani o nella provincia le sedi ideali per le residenze non è una scelta casuale: l’isolamento cui si sottopongono gli artisti è preziosissimo proprio perché riduce al minimo le distrazioni. Essere in una bolla temporale in cui potersi dedicare completamente alla creazione, al proprio progetto è veramente impagabile.

Giacomo Sette: Oggi più che mai c’è bisogno di un’esperienza del genere. In un momento storico come quello che stiamo vivendo, la mission di una residenza diventa anche quella di individuare artisti meritevoli e “salvarli”.  L’esperienza che Gloria e Maurizio mettono al servizio degli artisti, consente anche di creare un centro di ricerca veramente strutturato che permetta a molti talenti di non perdersi.

Si tratta di focalizzare delle forze artistiche che spesso non hanno le spalle abbastanza coperte per farcela e che invece possono nascondere dei tesori. Questa è una caratteristica molto esclusiva di Settimo Cielo e della residenza artistica del Teatro La Fenice di Arsoli, che va sostenuta stimolata, potenziata e perseguita. 

Il teatro che cura l’oblio. Intervista ad Alessandro Sesti

Il teatro che cura l’oblio. Intervista ad Alessandro Sesti

Alessandro Sesti
Alessandro Sesti – Ph Stefano Preda

Quando il dolore è forte al punto da non poter essere affrontato, spesso, si ricorre all’oblio. Eppure la dimenticanza è un fendete a doppia lama: curativa; distruttiva, talvolta. E se voltare lo sguardo aiuta a proseguire il cammino, mantenere vivo il ricordo nel cuore dei più consente di estirpare il male alla radice. Il teatro, in questo, può svolgere una funzione importante. Per il suo potere catartico, tanto caro agli antenati ellenici, per la sua capacità di parlare a molti. 

Il dolore, anche quello più intimo e individuale, può essere una goccia dispersa in un mare di sofferenza collettiva. La nostra penisola è immersa in queste acque da troppo tempo, funestata com’è dall’affare mafioso. L’oblio, allora, non può più essere accettato, perché voltare lo sguardo significa indebolire la grande rivoluzione che tanti eroi moderni, inciampati nel tranello malavitoso, portano avanti per rinvigorire la battaglia per il bene comune.

L’operazione artistica di Alessandro Sesti, drammaturgo, performer e direttore artistico del Festival Strabismi, persegue quest’intento: ricordare che la mafia è intorno a noi, dentro di noi. Anche quando non è tangibile. 

Prima con Ionica, spettacolo incentrato sulla vicenda di Andrea Dominijanni, la cui testimonianza ha consentito l’arresto di otto capi cosca, poi con Luca 4,24, spettacolo vincitore del premio della critica “Dante Cappelletti” nel 2019, dedicato alla storia del più giovane testimone di giustizia italiano, Sesti si addentra in queste vite stravolte, maneggiandole con delicatezza, per mantenere accese le luci sulla lotta alla mafia. 

Ospite in residenza di Periferie Artistiche, continua la propria ricerca su Luca 4,24, i cui esiti saranno presentati in una prova aperta il 23 agosto al Teatro La Fenice di Arsoli. In questa intervista Sesti racconta il proprio approccio drammaturgico e i progetti futuri, riflettendo sul teatro che sarà. O che dovrebbe essere.

Nel mese di agosto Periferie Artistiche ti ha ospitato in residenza al Teatro La Fenice di Arsoli, dove hai lavorato allo spettacolo Luca 4,24. La mafia è un tema ricorrente nelle tue esperienze teatrali degli ultimi anni, cosa ti ha spinto a farne il perno della tua creazione drammaturgica?

Faccio una correzione: non sono la mafia o l’illegalità il perno della mia creazione, ma è l’urgenza, la necessità. In questo momento della mia vita ho bisogno di raccontare le storie di eroi contemporanei e rimanere aderente alla realtà. Ho urgenza di utilizzare il teatro come veicolo per sensibilizzare e far sapere, quanto più possibile, che alcune dinamiche mafiose non sono lontane o chiuse nel mondo artificioso delle fiction tv, ma sono intorno a noi. O, peggio ancora, dentro di noi.

Lentamente mi sto spostando da questo focus. Sto raccogliendo materiale per dei nuovi progetti che mi vedranno collaborare con vari artisti. Si spazia dalla performance sonora che sto costruendo insieme a Nicola “Fumo” Frattegiani intorno al tema dell’alzheimer, a un progetto sull’Umbria e, più in generale, su quella parte di storia popolare che rischia di andare perduta. Infine, il prossimo anno andrò in scena con uno dei miei artisti preferiti.

Condannare la mafia ogni giorno, con ogni mezzo disponibile, senza dimenticare il suo potere mortale nei periodi di apparente inattività, significa lottare per il bene comune. In questo, il teatro può giocare un ruolo importante di denuncia e di sensibilizzazione. Quanto la tua operazione artistica vuole perseguire questo obiettivo mantenendo vivo il dibattito intorno alla lotta alla mafia?

Per quel che mi riguarda, ho sempre avuto una repulsione per le persone che si lamentano delle meccaniche della società, di ciò che le circonda, senza però far nulla per provare a cambiarlo. Credo che in ogni mestiere, ad ogni livello, si possa fare qualcosa, nel proprio piccolo, per importare una rivoluzione umana e migliorare ciò che è intorno a noi. Ecco perché racconto queste storie: ho l’opportunità di  far aprire occhi e cuore di chi mi ascolta.

I miei lavori, a partire già da Fortuna, sono stati spesso ospitati nelle scuole ed è li che sono avvenute le reazioni più belle. In quei momenti, ho capito che le nuove generazioni reagiscono esattamente come le vecchie, bisogna solo premere i tasti giusti. Diciamo che, piuttosto che sederci a osservare e giudicare, preferiamo portare un messaggio e vedere dei risultati, sperando che qualcosa, un giorno, possa davvero cambiare.

Alessandro Sesti
Alessandro Sesti – Ph Valeria Pierini

Come Luca 4,24, anche Ionica si occupa della vicenda di un testimone di giustizia, Andrea Dominijanni, la cui testimonianza ha consentito l’arresto di otto capi cosca. Per creare la drammaturgia di Ionica hai vissuto sotto scorta di massimo livello. Cosa ha significato per te calarti in una realtà così dolorosa e in che modo hai lavorato sull’aspetto più intimo di queste vite stravolte dall’affare mafioso?

Per raccontarti cosa ho vissuto quei giorni, non credo basterebbe questa intervista. Posso però dirti che oltre ai fatti raccontati nello spettacolo, ce ne sono altrettanti che ho lasciato fuori e che raramente condivido. Sono momenti preziosi che non voglio mettere in piazza. Vivere in quella situazione è qualcosa di inimmaginabile e pensare che Andrea e la sua famiglia vivono così ogni giorno, fa comprendere la fortuna che abbiamo e quanto diamo per scontate certe cose.

Ed è proprio qui che si è fermato il fuoco del mio racconto: sugli affetti di Andrea e su tutto ciò che c’era prima e ora non c’è più; sulla normalità divenuta ormai un tenue miraggio; sul pranzo della domenica rimasto sacro e immutato perché, alla domenica, Andrea non esce mai di casa, ma resta con la sua famiglia, intorno a un tavolo, come molti di noi.

Sarebbe stato inutile raccontare a fondo eventi così terribili da sembrare irreali, avrei forse creato una distanza col pubblico anziché prenderlo per mano. Il dramma sta nel raccontare le cose così come sono, se aggiungessi alcuni racconti efferati, crudi o storie di violenza si tratterebbe quasi di pornografia. Occorre nascondere le sfaccettature più nere, se non sono condivisibili per l’ascoltatore. 

Faccio un esempio molto semplice: se raccontassi aneddoti cruenti, omicidi, magari riguardanti la faida dei boschi, non si potrebbe mai creare una connessione con chi ascolta. Se parlassi di solitudine dovuta alla violenza minacciata dalla mafia, parlerei solo di quella solitudine e non di quella che possiamo conoscere tutti.

Immagina, però, che qualcosa possa negarti il contatto con i tuoi cari, o ti faccia avere la sensazione che qualcuno possa non arrivare al pranzo della domenica. Probabilmente avremo più possibilità di vivere un’emozione perché il pranzo della domenica, avvolti dai parenti, l’abbiamo fatto tutti almeno una volta nella vita. Una faida ndranghetista, lo dubito fortemente. 

Una piccola storia a margine voglio lasciartela. Prima ho detto che Andrea la domenica non esce mai di casa. Bene, devi sapere che lui, cristiano praticante, andava a messa ogni domenica. Da quando vive sotto scorta ha deciso di andare solo alla messa del sabato pomeriggio e rimanere tutto il giorno in casa. Perché?

«E come perché? I ragazzi – la scorta – devono stare con la famiglia la domenica. Come tutti». Mi rispose.

Continuando a dedicarti al progetto di Luca 4,24, spettacolo vincitore nel 2019 del Premio della giuria critica “Dante Cappelletti”, quali aspetti del processo artistico intendi sviluppare durante la permanenza ad Arsoli?

Luca 4,24 è stato realizzato in collaborazione con 2MaD Collective, con la regia di Debora Renzi che cura anche le coreografie di Mattia Maiotti, il danzatore che è in scena con me. Durante la residenza abbiamo deciso di concentrarci principalmente sul rapporto fisico sulla scena tra me e Mattia. A questo dovremo legare le musiche originali realizzate dai Grandi insegne il grande allibratore, la band che lavora in sinergia con noi a questo progetto. Il tutto, coadiuvati sempre dal nostro fonico e guida spirituale, Nicola “Fumo” Frattegiani. Seguirà poi un momento in cui saremo raggiunti dal nostro tecnico Marco Andreoli e, da lì, inizieremo a ragionare su altri aspetti come il disegno luci.

Nel frattempo, tutto è sempre in balìa di cambiamenti e nuovi frammenti di testo. Questo, proprio grazie a Luca il testimone di giustizia. Ogni volta che lo sento al telefono ha sempre in serbo un pensiero, una parola, un racconto che ti lasciano con il sorriso e gli occhi lucidi. Quel ragazzo è un sole nelle nostre vite e rinnova sempre l’energia con cui approcciamo al lavoro. Anzi, per dirla con parole sue «Io sono solo un seme e voi siete la mia acqua». 

Periferie artistiche crede nella possibilità di creare economie intorno alla ricerca e al processo creativo. Una scommessa coraggiosa portata avanti in un tempo in cui molti, invece, si trovano, per scelta o necessità, a insistere sulla produzione. In qualità di artista e di direttore artistico, in quale misura ritieni che la ricerca possa essere il giusto punto di partenza per ripensare il nostro affannato sistema teatrale?

Ho grande fiducia nelle persone, un po’ meno nei sistemi che queste hanno creato. Una realtà come quella del Centro di Residenza Settimo Cielo di Arsoli dovrebbe essere un esempio, per l’umanità che offre. Gloria, Maurizio, Rossella e Giacomo sono un esempio di bellezza. Sono stati loro a cercare me per il lavoro che facevo e non il contrario, cosa di per sé già assai rara. Non solo, non hanno mai perso contatto nei mesi in cui progettavamo questa residenza.

È curioso che si chieda sempre a noi artisti quale possa essere il modo per ripensare il nostro sistema teatrale. Mi dirai che sono anche un direttore artistico. Touché. Ma prendiamola così. Strabismi Festival non è altro che il festival in cui vorrei andare tutti gli anni, perché è fatto di persone che hanno la cura di farti star bene. È un luogo dove non si promette niente e non ci si riempie la bocca di parole, non si mette la critica al centro della questione, ma gli artisti. È un incontro tra artisti e pubblico. Portiamo avanti progetti basati sugli spettatori, sui giovani, fino a quelli delle scuole elementari, perché si, saranno loro il pubblico di domani. Con difficoltà, ma ce la facciamo.

Ora, non sto qui a dire che noi siamo bravi e gli altri no. Sono due anni che Kilowatt Festival ci ospita e per me, loro sono sempre un esempio da tener ben presente. Un teatro sano è possibile. Ne sono certo. Basta uscire dalle dinamiche delle e-mail e farsi due chiacchiere in più al telefono, perché sembra incredibile ma se ci si parla, poi ci si capisce pure. Credo che sarebbe bellissimo vedere nelle programmazioni di teatri e festival, almeno a cadenza biennale, un rinnovo totale del cartellone o perché no, delle produzioni. Magari i Teatri Stabili diventerebbero incubatori di nuovi talenti e non luoghi stupendi dove pellicce con esseri umani al seguito vanno a vedere dal vivo il volto noto della televisione. 

Immagina se diventasse un obbligo, forse creeremmo una variabile in più nella distribuzione e non avremmo quelle programmazioni fossilizzate da decenni solo per necessità ministeriali e simili.