Angels in America. Nonostante tutto, ancora vita

Angels in America. Nonostante tutto, ancora vita

Inevitabilmente figlio del suo tempo, eppure del tutto contemporaneo. Forse è per questo che – quasi dieci anni dopo – la compagnia del Teatro dell’Elfo ha scelto di riportare in scena Angels in America, inanellando ancora settimane di tutto esaurito, anche quando lo spettatore è invitato a una maratona che non arriva poi così lontana dalle 10 ore. Guardati dagli anni venti del Duemila, gli anni Ottanta durante i quali la messa in scena di questo lavoro è valsa il Pulitzer all’autore Tony Kushner, sono – anche simbolicamente – parte di un altro millennio. L’AIDS non è più una condanna a morte certa, la caduta di una scure d’angoscia fatta di figure velate d’aloni viola. Le medicine che il giovane Prior, uno dei protagonisti dello spettacolo, ottiene per il rotto della cuffia garantiscono oggi una vita di fatto normale (anche se per il mondo tratteggiato non si potrebbe usare aggettivo più ingiusto), tanto che oggi la consapevolezza sulla prevenzione sta – lo raccontano i dati – calando anche nella Milano “vicina all’Europa”. 

Ai giovani che hanno affollato la sala dell’Elfo ci sarebbe stato probabilmente bisogno di spiegare del tutto cos’era il Maccartismo di cui Roy Cohn è alfiere e braccio armato, e non è difficile immaginare che tutti gli spettatori siano andati a scartabellare in rete (sentendosi dentro a una serie tv) per scoprire chi fossero i Rosenberg, uccisi dalle arringhe di Cohn con il marchio d’infamia di traditori e comunisti, che è costato la carriera e spesso la vita ad artisti e comuni cittadini lungo gli anni cinquanta.
Non solo: pochi dei membri della comunità LGBT milanese, che si è inevitabilmente data convegno in Corso Buenos Aires, ricordavano per esperienza certi parchi e certi incontri notturni rubati e senza cerimonie, che qualcuno dei più esperti nella storia del movimento rimanda al battuage di cui raccontava qualche amico più grande e che è stato, per decenni e sicuramente fino al momento rappresentato, il solo modo di trovare qualche momento d’amore (e di sesso) per gli omosessuali sulle due sponde dell’Atlantico. Sebbene tutto questo possa, ad alcuni, apparire lontano, è proprio osservandolo che può accadere che ci si accorga di quanto in realtà non lo sia. 

Di quanto quello di Roy Cohn sia, anche oggi, il volto del potere. Di chi “ce l’ha fatta” e quando si scopre a sua volta malato non ha bisogno di scegliere di nascondere – pur facendolo – ciò che semplicemente non è. Perché, spiega con una chiarezza lancinante: “Le etichette servono solo a capire quale posizione occupa nella gerarchia sociale, nella catena alimentare, chi appartiene a quella categoria. Gli omosessuali non hanno potere. Io ho potere.” 

E se pure alcuni dei protagonisti di questa “fantasia gay” si riconoscono invece con una libertà quasi sorprendente nel viversi. Così è per il giovane Prior, un Angelo Di Genio impeccabile e mai sopra le righe che impersona il giovane protagonista, risolto e innamorato, sereno nel vivere una vita piena e del tutto “fuori dall’armadio”, fino a che non viene investito dalla diagnosi dell’AIDS, e soprattutto per un esilarante Alessandro Lussiana, Belize infermiere ed ex fidanzato di Prior: la rappresentazione perfetta della “queen” di cui oggi ci si sta forse dimenticando la forza autenticamente dirompente.  È davvero così lontana la paura di chi, come il Joe di Giusto Cucchiarini, cerca ancora le parole per descriversi a se stesso, schiacciato dalla fede ma più ancora da una società che ci vuole irregimentati in matrimoni banali e zuccherosi, non importa se sostenuti da vagonate di psicofarmaci? In un tempo che vuole affermarsi – almeno in Italia, almeno nella “civilissima Milano” – pienamente libero e inclusivo, è davvero parte del passato chi, come Joe, assistente di Cohn, mormone e impeccabile agli occhi esterni, passa la vita a lottare contro se stesso e il proprio orientamento, ripetendosi che “basta che la mia condotta sia come so che deve essere”?

E soprattutto quanto non è lontana l’incapacità di convivere col dolore, la paura e l’angoscia, che l’appartenenza a una minoranza acuisce ma che in realtà non conosce distinzioni di genere, quando si parla di sentimenti che barcollano. Quanti, quotidianamente, mendicano la comprensione di una resa a chi chiede presenza mentre prova a sopravvivere somigliando a se stesso? Allora forse il Louis, di Umberto Petranca, il fidanzato di Prior, che invece ancora preferisce il basso profilo, e di fronte alla diagnosi dell’uomo che lo ama fugge e si costruisce un’altra vita con Joe, fatta di rassicurate segretezza e assenza d’impegno, diventa difficile da condannare per molti, e per molti altri l’ennesimo ripetersi di una storia già vissuta.
Ciò che sorprende –  soprattutto oggi – e spaventa sono però gli angeli del titolo, portatori eterei e distruttivi di un nuovo giudizio universale. In un’atmosfera lisergica e surreale che, pur mantenendo delle note di cupezza in costante sottotraccia, deve molto all’estetica camp che il movimento LGBT riconosce da sempre come cifra, si consuma il girotondo festoso e drammatico e insieme sopra il quale “dio è già scappato dove non si sa, il buon dio se n’è andato chi sa quando ritornerà”, avrebbe cantato De Andrè. Un dio che gli angeli vogliono richiamare al suo posto, per dare luogo a un ordine necessario che ha però scelto i rifiutati, gli omosessuali, i derelitti come suoi portavoce, e che invece gli uomini (siano essi protestanti, ebrei, mormoni) sentono il bisogno finalmente di allontanare da sé. Un dio che porta un messaggio inquietante, che parla all’oggi con ancora più urgenza. Che attraverso i suoi messaggeri grida l’imperativo a non mischiarsi, a non contaminarsi: parole rivolte a un mondo, quello nuovo che ormai ha superato il limite del millennio, che dall’incontro, dalla migrazione, dalla mescolanza, è condizionato e – più ancora – è costituito e fondato.

Ci vuole allora uno spettacolo-mondo come questo, e una compagnia di attori di prima grandezza perfettamente centrati, per gettare ancora uno sguardo in avanti e fare i conti con chi siamo stati, chi siamo diventati nel tempo trascorso e a che punto siamo nel cammino verso ciò che diventeremo. Non solo ma anche come parte di una minoranza, una scheggia di quell’altro che tutti siamo per qualcuno, che si porta dietro la “peste che gli si è voluta attribuire, i suoi fantasmi e le sue speranze, e nonostante tutto, “ancora vita.

“Strategie fatali” di Mazzarelli/Musella in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano

“Strategie fatali” di Mazzarelli/Musella in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano

È il Teatro, inteso sia come ambiente fisico che come ultimo possibile luogo di indagine metafisica, il grande tema di questo spettacolo. Ecco quindi tre storie che si intrecciano: sette attori, ovvero Marco Foschi, Fabio Monti, Paolo Mazzarelli, Lino Musella, Laura Graziosi, Astrid Casali, Giulia Salvarani, interpretano sedici personaggi, per un’unica multiforme indagine.

La compagnia MusellaMazzarelli, dopo il successo de La società (vincitore del Premio della Critica 2014) arricchisce qui il suo gioco teatrale e, usando Shakespeare e Baudrillard come chiavi, apre le porte a un numero crescente di compagni di scena, ma tiene fede alla sua cifra stilistica che si muove sul confine sottile fra comico e tragico. Un confine in cui la vita e il teatro si toccano e, insieme, prendono aria, fuoco, luce.

La Compagnia MusellaMazzarelli nasce nel 2009 dall’incontro tra Lino Musella (premio Le Maschere del Teatro come miglior attore emergente 2014 e premio Hystrio ANCT 2015) e Paolo Mazzarelli (premio speciale Scenario 2001). Tra il 2009 e il 2011 realizzano Due cani, Figlidiunbruttodio (vincitore del premio Inbox 2010) e Crack machine, tutti lavori basati su testi originali, ideati, scritti, diretti e interpretati a due. Negli ultimi anni Marche Teatro ha prodotto La società, spettacolo vincitore del Premio della Critica 2014.

MAGGIORI INFO 

SALA FASSBINDER | 3 – 13 MAGGIO 2018
MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:30
STRATEGIE FATALI
testo e regia di Paolo Mazzarelli e Lino Musella
scritto e diretto da Lino Musella e Paolo Mazzarelli
assistente alla regia Dario Iubatti
costumi Stefania Cempini
sound design e musiche originali Luca Canciello
con Marco Foschi, Annibale Pavone, Paolo Mazzarelli, Lino Musella, Laura Graziosi, Astrid Casali, Giulia Salvarani
produzione MARCHE TEATRO in collaborazione con Compagnia MusellaMazzarelli
Teatro senza Barriere: un progetto per rendere accessibile il teatro a spettatori non udenti e non vedenti

Teatro senza Barriere: un progetto per rendere accessibile il teatro a spettatori non udenti e non vedenti

“Teatro senza Barriere” è il nuovo progetto ideato da A.I.A.C.E Milano, con lo scopo di rendere accessibile il teatro anche a spettatori non udenti e non vedenti nella stessa sala con persone normodotate.

L’iniziativa, grazie all’esperienza maturata con la conosciuta e consolidata rassegna cinematografica “Cinema senza Barriere”, ideata nel 2005 da A.I.A.C.E Milano per la direzione di Eva Schwarzwald e Romano Fattorossi, offre una nuova espansione al concetto di accessibilità culturale.

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La nuova iniziativa porterà l’audiodescrizione per i non vedenti e i sovratitoli per sordi a teatro, così da permettere a persone con disabilità della vista e dell’udito di accedere allo spettacolo, apprezzando maggiormente le azioni sceniche, immaginando la scenografia, l’aspetto fisico dei personaggi, i costumi e le espressioni, tutti elementi che aiutano a godere appieno dello spettacolo. Il progetto si dividerà in tre momenti: un incontro informativo sul tema (che si è svolto il 12 marzo, al Teatro Elfo Puccini); un workshop tenuto da esperti, per imparare ad audio descrivere e sovratitolare gli spettacoli teatrali e un momento finale rappresentato dalla messa in scena, anche per spettatori non udenti e non vedenti, dello spettacolo Otello al Teatro Elfo Puccini il 19 e 20 Maggio.

“Obiettivo dell’iniziativa – dicono gli organizzatori – è, analogamente a quando avviene in occasione delle proiezioni cinematografiche per disabili sensoriali, affermare il diritto alla cultura per tutti, rendendo accessibili anche spettacoli teatrali e, ci si augura, opere, performances di danza, quale ulteriore occasione di integrazione nei luoghi culturali cittadini. Il workshop, diretto ad un gruppo ristretto di persone, servirà a formare nuove figure professionali, audiodescrittori e sovratitolatori per il teatro”.

 

Teatro Elfo Puccini, Otello, 19 e 20 maggio 2018 :

L’approdo della prima annualità del progetto, sostenuto da Fondazione Cariplo, sarà lo spettacolo Otello, per la regia di Elio De Capitani e Lisa Ferlazzo Natoli dove, per la prima volta a Milano, saranno attivi l’audiodescrizione e il sovratitolaggio per sordi. In scena Elio De Capitani (Otello), Federico Vanni (Iago), Emilia Scarpati Fanetti (Desdemona), Cristina Crippa (Emilia), Angelo Di Genio (Cassio), Alessandro Averone (Roderigo/Buffone), Carolina Cametti (Bianca), Gabriele Calindri (Brabanzio/Graziano), Massimo Somaglino (Doge/Montano), Michele Costabile (Ufficiale/Lodovico).

Comune funzionerà?

Un software dedicato legge i file precedentemente realizzati per la rappresentazione teatrale in oggetto. Personale specializzato utilizza il software per il ‘lancio’ in sala dei sovratitoli per sordi e delle audiodescrizioni. I non vedenti ricevono una cuffia a raggi infrarossi che diffonde un commento audio. I non udenti leggono i sovratitoli contenenti, oltre ai dialoghi, anche indicazioni su rumori, musiche, suoni, provenienza della voce.