Over – Emergenze teatrali al Teatro Argot. Intervista a Tiziano Panici

Over – Emergenze teatrali al Teatro Argot. Intervista a Tiziano Panici

Se le speranze di un sistema economico più equo e rispettoso dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici sembrano ormai tramontate e se le lotte per un sistema politico che sappia creare le condizioni necessarie per rilanciare un settore in perenne crisi, andando a valorizzare le relazioni umane attraverso l’arte e la cultura piuttosto che distruggere l’umanità degli artisti che cercano di opporsi a questo status quo, sembrano essere sempre più lontane, qualcosa a Roma, più precisamente al Teatro Argot Studio, si muove.

Visioni illuminate che portano a percorsi che, a loro volta, liberano creatività e desideri comunardi di rigenerazione socio-culturale di un gruppo di giovani, che, rilanciando il protagonismo cittadino, hanno cercato di rivoluzionare un sistema antropofago e disumanizzante qual è quello dello Spettacolo dal vivo in Italia. Un gruppo di bell* e ribell* che, da anni anima l’amorfa Roma attraverso l’organizzazione di Dominio Pubblico, Festival under 25, è riuscito anche a riversare tutto il proprio entusiasmo nelle numerose attività proposte nel teatro trasteverino di Via Natale del Grande.

L’ultima, in ordine temporale, è #OVER – Emergenze teatrali. Rassegna di giovani talenti + 25, kermesse teatrale dedicata alle nuove generazioni artistiche del panorama romano e nazionale, che tesaurizza le forti connessioni del network creato con cura da diversi anni fra diverse realtà che lavorano nel settore: compagnie, festival, operatori e pubblico, i quali diventano protagonisti di un’esperienza di cambiamento necessaria quanto vitale. Un’operazione guidata dal direttore artistico Tiziano Panici, con cui, in questa sede, continuiamo a dialogare circa le destinazioni possibili di questo folle volo.

#OVER - Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

#OVER – Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

La rassegna #OVER – Emergenze teatrali. Rassegna di giovani talenti + 25 presenta come slogan: “L’artista è una specie rara da proteggere”. Come nasce la rassegna e quali sono gli obiettivi prefissati?

Negli ultimi anni abbiamo dedicato molte energie e attenzione alle giovanissime generazioni attraverso il progetto Dominio Pubblico. Nel 2015, in collaborazione con Teatro dell’Orologio e Kilowatt, Argot programmava Dominio Pubblico Officine, riuscendo anche a garantire un premio di produzione a progetti in via di sviluppo. Poi con la chiusura dell’Orologio il progetto Dominio Pubblico si è progressivamente trasferito al Teatro India e oggi è un evento unico nel suo genere dedicato a progetti di artisti con meno di 25 anni. Come Argot ci siamo di nuovo posti il problema di come però deve essere affrontata la crescita e lo sviluppo delle giovani compagnie una volta che sono “emerse”. Crediamo che oggi il compito di una casa di Produzione come Argot sia di fungere da incubatore per nuove realtà che hanno il bisogno di crescere e diventare adulte. Spazi come il nostro devono poter incoraggiare e tutelare questa crescita mettendo a disposizione quello che è nelle nostre possibilità: offrire spazi di residenza, visibilità e accompagnamento produttivo.

Tanti nomi di compagnie “giovani” ma con alle spalle debutti e repliche in festival e teatri importanti: quali sono stati i parametri artistici perseguiti nella selezione degli spettacoli?

Ancora una volta è stato importante il connubio con Dominio Pubblico che ci ha permesso di venire in contatto con moltissime realtà ancora poco conosciute ma con grande potenziale. È il caso di Alessandro Blasioli, attivissimo autore e interprete che è stato ospite nel Festival per ben due edizioni e che da quest’anno inizia a collaborare con Argot Produzioni, dopo essere stato notato e premiato in contesti nazionali come il Festival della Resistenza del Museo Cervi o Direction Under 30 del Teatro Sociale di Gualtieri, realtà con cui collaboriamo attivamente ormai da tre anni.

A Gualtieri abbiamo conosciuto anche Anonima Sette e la sensibilissima drammaturgia di Giacomo Sette. Abbiamo poi amplificato le relazioni con il Matuta Teatro di Sezze, alla cui rassegna Pollini ci siamo legati fin dalla prima edizione. Ma lo stesso Argot in questi anni è rimasto spazio aperto che si è fatto attraversare da compagnie contemporanee più affermate, come quella di Licia Lanera che ha iniziato a produrre giovani scommesse tra cui Danilo Giuva.

Tra i protagonisti di OVER anche Valerio Peroni e Alice Occhiali, nuova generazione cresciuta sotto l’ala dell’Odin Teatret, che gira il mondo proprio come le ragazze di Unterwasser che, con il loro OUT, sono approdate lo scorso autunno al REF dopo centinaia di date internazionali. Non manca la ricerca sulla drammaturgia, da sempre cara a casa Argot: la freschissima scrittura di Paolo Tommaso Tambasco e quella di Sandra Lucentini a servizio della cura scenica di Lucrezia Coletti. Ad aprire le danze di OVER, il 2 maggio, sarà un progetto che proviene da una delle fucine più interessanti del panorama nazionale: il NEST di Napoli. Lo spettacolo, ospitato in residenza in questi giorni all’Argot, è firmato da Adriano Pantaleo e Giovanni Spezzano.

#OVER - Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

#OVER – Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

Se volessimo scattare un’istantanea della situazione teatrale romana e nazionale attuale, cosa emergerebbe dall’analisi delle nuove generazioni teatrali? Quali sono le ricerche artistiche e quali le specifiche sperimentali rispetto ai movimenti delle generazioni precedenti?

Mi sembra che nel suo piccolo OVER abbia proprio questa ambizione: cercare attraverso queste nove realtà artistiche di scattare una fotografia, sicuramente parziale ma molto eterogenea, di una nuova generazione teatrale e non solo. Se osserviamo il lavoro di questi artisti troviamo dei percorsi e delle ricerche davvero uniche e per nulla ripetitive. Sono opere diverse nel linguaggio, nella scrittura, nella ricerca visiva e sonora. Ma, allo stesso tempo, se guardiamo il quadro generale, questi giovani artisti sono tutti legati da un filo sottile che li tiene insieme: una rete di rapporti e di sostegno che da più parti d’Italia si è impegnata a garantire supporto alle nuove voci della scena.

Mi sembra che rispetto alle generazioni precedenti oggi ci sia anche un gruppo di programmatori che sta cercando di rinnovare l’impegno nei confronti della ricerca e della sperimentazione contemporanea, atteggiamento che forse si era un po’ perduto e che si mantiene solo con il grandissimo sforzo di mettersi insieme.

La rassegna #OVER – Emergenze teatrali sembra essere un momento di collegamento fra la stagione artistica del Teatro Argot Studio e la prossima edizione di Dominio Pubblico che si terrà a Giugno: c’è un filo rosso che attraversa queste esperienze?

Ho sottolineato la forza di questa congiunzione fin dall’inizio. Posso solo aggiungere che, in merito a quanto appena detto, Dominio Pubblico vorrebbe diventare sempre di più un connettore di esperienze di scouting e di programmazione per giovani generazioni, ma per crescere, diventare adulti e poter vivere del proprio lavoro ci devono essere realtà come Argot Produzioni, attente e sensibili al rinnovamento e pronte a prendere in custodia progetti che hanno bisogno di cura per riuscire a circuitare e diventare progetti sostenibili.

#OVER - Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

#OVER – Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

Ci sarà una futura collaborazione che permetta in futuro l’inserimento delle compagnie all’interno della programmazione stagionale di Teatro Argot Studio?

OVER è uno dei progetti che Argot Produzioni ha inserito quest’anno nelle sue sfide per il futuro e sicuramente avrà una seconda edizione che è già in via di sviluppo. Quest’anno con i nuovi bandi SIAE abbiamo partecipato nella categoria per le residenze pensando a una fase due del progetto. Immaginiamo le prossime stagioni di Argot Studio sempre meno focalizzate sulla programmazione e l’ospitalità di compagnie e sempre più incentrate su un’idea di spazio produttivo dove si scelgono progetti da testare e far crescere. Ci auguriamo anche di riuscire a rafforzare la dimensione distributiva di questi lavori perché al momento è il vero anello debole di tutta la produzione italiana, quindi deve necessariamente essere adeguata all’enorme capacità creativa degli artisti nostrani, altrimenti destinati a non avere uno sbocco.

Ok, Boomer. Al Teatro India l’Open day di Dominio Pubblico

Ok, Boomer. Al Teatro India l’Open day di Dominio Pubblico

Ok boomer

Ok, Boomer è il grido della Generazione Z contro i figli del Boom Economico. Non una chiusura al dialogo e al confronto ma una presa di posizione. Under 25 Ribellati! Vieni a Teatro con Dominio Pubblico.

Il progetto di formazione del pubblico e orientamento professionale Dominio Pubblico è di nuovo attivo ed è giunto alla sua ottava edizione. DOMINIO PUBBLICO è un’associazione culturale con base a Roma, che si occupa di creare strategie culturali e progetti di audience development e di cittadinanza attiva rivolta a ragazzi Under 25. L’Associazione nasce dal know-how e dalla collaborazione tra due realtà indipendenti e attive a Roma nella promozione delle arti contemporanee da più di trent’anni: il Teatro dell’Orologio e il Teatro Argot Studio. Il progetto è stato poi sostenuto dalle più importanti istituzioni del territorio quali il Mibact, Comune di Roma – Municipi di Roma – Regione Lazio – Circuito Regionale ATCL ed è anche promotore della nascita della rete RisoИanze! Network per la diffusione e tutela del Teatro Under 30. 

La rinnovata collaborazione con il Teatro di Roma – Teatro Nazionale ci permette di presentare l’offerta di un abbonamento ai principali spettacoli della stagione, adatto per studenti Under 25, anche se alcune date o titoli presenti nell’offerta potrebbero variare a causa dell’emergenza sanitaria Covid – 19 ancora in atto.  Al percorso di visione, guidato dall’organizzazione Dominio Pubblico ed altri esperti del settore, si aggiungono molte attività partecipate che daranno la possibilità ai ragazzi di avvicinarsi al mondo dello spettacolo e delle arti performative, venendo in contatto diretto con i protagonisti della nostra scena nazionale ed internazionale. 

Un unicum del progetto è sicuramente il Festival “Dominio Pubblico – La città agli Under 25” che si propone di essere il più significativo evento italiano focalizzato sulla creatività under 25 nell’ambito delle arti sceniche performative multidiscipinari attraverso un percorso formativo e inclusivo grazie al quale i ragazzi saranno in grado di curare ogni aspetto organizzativo, logistico, amministrativo, promozionale dell’evento.

Non meno importante è un’altra missione del progetto: far interagire i giovani partecipanti con i diversi territori urbani di riferimento. Il progetto MA®T è finalizzato appunto a produrre un’azione contemporanea di performance urbaneproduzione artistica urbana e un laboratorio sulle giovani generazioni attento alle tematiche della formazione e del lavoro comunitario.

Nel corso di 7 anni di attività, il progetto ha formato diverse generazioni di spettatori Under 25, alcuni di essi hanno continuato a essere attivi nel campo della creazione di eventi culturali. Oggi il progetto può contare su una comunità di oltre 700 ragazzi formatasi attraverso il processo di formazione e coinvolgimento attivo.

Giovedì 22 Ottobre alle ore 17:00, presso la Sala A del Teatro India si svolgerà l’OPEN DAY di presentazione del progetto presenziato dai responsabili del progetto e dai ragazzi che hanno preso parte al progetto nelle precedenti edizioni. Un’occasione per entrare da subito nel vivo di Dominio Pubblico e conoscerlo attraverso la voce di chi lo ha vissuto.

Nel rispetto del contenimento dell’emergenza sanitaria, è richiesta la presenza già dalle 16:30 per completare le procedure anti Covid-19. Inoltre, sarà possibile accedere all’evento soltanto previa registrazione accedendo a questo link:

Dominio Pubblico – La città agli Under 25

Siamo alla ricerca di Under 25 che entrino a far parte della squadra. A questi giovani verrà data la possibilità di cimentarsi in un’operazione davvero stimolante e viva, entrando in contatto diretto con il terreno fertile e sempre incandescente dello spettacolo dal vivo e del management degli eventi culturali.

Febbraio d’ossessioni e dipendenze. La gelosia, l’amore e gli istinti da Shakespeare agli anni ‘70

Febbraio d’ossessioni e dipendenze. La gelosia, l’amore e gli istinti da Shakespeare agli anni ‘70

Con un salto indietro nel passato, raccontando le storie di re, regine e cortigiani, i destini segnati dagli oracoli del dio Apollo, le stragi degli anni di piombo, le cellule terroristiche, i rapimenti di persona, lo sfondo nero dell’omicidio di Pasolini, si possono descrivere e interpretare il presente e l’attualità. Altrimenti si può rimanere tra le storie dei giorni nostri, in mezzo alle inquietudini di ragazzi quasi adulti.

M.C. Escher

M.C. Escher

Da sempre l’uomo si è chiesto il senso di un eterno fluire, di una cronologia che potrebbe sembrare un insieme casuale di eventi, tra i decenni e i secoli. È uno studio continuo, una lezione: tutto ha un inizio e una fine. Questo vale per le cose, le persone, gli animali. La vita inizia e termina, il resto è solo transitorio. José Mujica scrisse che: “La vita è questo, un minuto e se ne va. Abbiamo a disposizione l’eternità per non essere e solo un minuto per essere”.

Un concetto simile lo aveva espresso William Shakespeare, molto tempo prima dell’ex Presidente dell’Uruguay, nel celebre monologo di Amleto. Il racconto d’inverno di Shakespeare, andato in scena al Teatro India dal 7 al 10 febbraio, con la Compagnia dei Giovani del Teatro dell’Umbria, è una delle sue opere più complesse dal punto di vista narrativo, fa parte delle cosiddette “Romances”.

Scritta intorno al 1610, debuttò il 15 maggio 1611 al Lobe Theatre di Londra. Rappresenta l’ultima fase della produzione shakespeariana insieme a Pericle, Cimbellino e La Tempesta. Gli studiosi del Bardo ascrivono The winter’s tale – Il racconto d’inverno a un “tardo romanticismo” ma forse l’uomo, non il celebre drammaturgo di Stratford-upon-Avon, era sofferente. Shakespeare aveva pianto la morte del figlio Hamnet, avvenuta a soli 11 anni e questo è difficile non sentirlo vibrare ancora oggi.

Andrea Baracco ha curato l’allestimento, insieme a Maria Teresa Berardelli, e ha firmato la regia dell’opera che egli stesso definisce come una “favola nera” che inizia con “C’era una volta un uomo che abitava vicino a un cimitero”.

La storia ha per protagonista Leonte, re di Sicilia, grande amico del re di Boemia Polissene. Due fratelli, senza legame di sangue, definiti “agnelli gemelli”. Un’ossessione cieca, la gelosia, li dividerà per sempre. Sospettando una relazione tra l’amico e la moglie, la regina Ermione, Leonte distruggerà tutto ciò che ha di più caro. Perderà la moglie, vittima di un ingiusto processo e a nulla servirà il coraggioso appello della dama Paulina. La sposa innocente morirà in prigione, dopo aver partorito la loro figlia Perdita, la quale, ritenuta dal padre sovrano come il frutto di un adulterio, verrà scacciata, abbandonata nei boschi.

Morirà Mamilio, il figlio maschio, l’erede. La bambina si salverà e si innamorerà di Florizel, figlio di Polissene. L’epilogo avverrà in Sicilia tra melodramma e magia. Ermione, conservata come statua viene riportata in vita da Paulina, custode della sua memoria, si ricongiungerà con la figlia e il marito. Il peso dello spettacolo si regge su un gruppo coeso di attori: Mariasofia Alleva, Luisa Borini, Edoardo Chiabolotti, Jacopo Costantini, Carlo Dalla Costa, Giorgia Filippucci, Silvio Impegnoso, Daphne Morelli, Ludovico Röhl.

IL RACCONTO D’INVERNO di William Shakespeare, regia di Andrea Baracco

IL RACCONTO D’INVERNO di William Shakespeare, regia di Andrea Baracco

12 baci sono lunghi come 12 mesi, un anno immaginato e vissuto tra il 1974 e il 1975

Il tempo e gli eventi possono usurare gli affetti, le passioni, le relazioni. In un gorgo di sentimenti non sempre limpidi. È sempre possibile redimersi, rimediare ai propri errori, alla brutalità, anche quando non c’è rimedio? C’erano due fratelli, il loro legame era di sangue in questo caso. Vivevano in provincia, a Napoli, città che un tempo fu la capitale del Regno delle Due Sicilie. Erano gli anni ’70, periodo di disordini, di conflitti sociali e politici. Il 14 novembre 1974, il Corriere della sera pubblicava l’editoriale con il titolo “Che cos’è questo golpe?”. Un forte j’accuse, scritto da Pier Paolo Pasolini quel testo convergerà in Scritti corsari, pubblicato successivamente nel 1975

12 baci sulla bocca è lo spettacolo scritto da Mario Gelardi, con la regia di Giuseppe Miale di Mauro. È il secondo appuntamento, dopo “Gli Onesti Della Banda”, che il Teatro di Roma ha riservato alla Compagnia NEST di Napoli al Teatro India. Massimo (Andrea Vellotti) sta per prendere in sposa l’unica donna che ha avuto nella sua vita. Dovrebbe essere felice, invece sembra non esserci conforto al suo malessere interiore. Suo fratello Antonio (Stefano Meglio) è un uomo che sa stare in quel mondo, con un ruolo a metà tra il giustiziere e il criminale, un picchiatore fascista.

Tra i due fratelli si inserisce Emilio (Francesco Di Leva). Un giovane lavapiatti con l’obiettivo di essere promosso in sala, in quel ristorante a conduzione familiare, e il sogno di andare a vivere a Londra. La sua “colpa”, se così potrebbe definirsi, è di aver fatto emergere una passione latente, quella di Massimo nei suoi confronti. La loro è inizialmente un’attrazione fisica, una lotta erotica.

Successivamente inizia a diventare qualcosa di diverso, che è intrinsecamente eversivo, un atto rivoluzionario contro l’ordine eterosessuale e patriarcale. Andrà punito con la stessa condanna barbara che verrà emessa contro Pasolini. Un atto di verità il sentimento di Emilio, cancellato con il suo sangue, perché nessuno osi turbare gli equilibri di una società. E di due fratelli maschi che hanno fin dalla nascita il vincolo precostituito alla riproduzione della specie. L’amore può avere una forte connotazione politica quando implica il coraggio di una scelta, tra sapere e tacere, essere e non essere. L’emancipazione dalla sottomissione e dalla dipendenza.

E quel sangue deve essere mostrato ed esibito. È una traccia di memoria, una prova del delitto e di un candore che è andato perso. Di un silenzio che è complice e carnefice. C’è il dramma in 12 baci sulla bocca, passa attraverso la violenza, così come avviene nella fabbrica shakespeariana. C’è il senso della tragedia dell’animo umano, in una battuta finale di 12 baci sulla bocca: “Tutti tenimm’ dint’ nu mariuolo, nu fetente” (Teniamo tutti una carogna, un fetente dentro).

12 baci sulla bocca

12 baci sulla bocca

L’Operazione – lo spettacolo da vedere per forza!

C’è un gruppo, anzi, un collettivo di quattro attori di oggi. È come se vivessero e si ispirassero agli anni ’70. Quello scantinato dove provano e si confrontano, quello spazio sotterraneo è come se fosse una bolla spazio-temporale. Uno di loro è l’autore del testo che porteranno in scena e che ha come protagonisti una cellula di terroristi negli anni di piombo, ma c’è un’altra storia che si sviluppa parallelamente.

In scena fino al 3 marzo allo Spazio Diamante di Roma, lo spettacolo L’Operazione è stato scritto da Rosario Lisma ( potete ascoltare qui l’intervista radiofonica a Clusteradio ) il quale lo interpreta con Fabrizio Lombardo, Andrea Narsi, Alessio Piazza e con la partecipazione di Gianni Quillico. La produzione è a cura del Teatro Franco Parenti, con la collaborazione di Jacovacci e Busacca.

Parla di quel lavoro che gli uomini non nobilitano, soprattutto quando le tutele vengono a mancare. Racconta di quanta incertezza ci sia in un paese come l’Italia, dove “si è giovani finché non si svolta”. Anche fino ai quarant’anni. “E se non si è svoltato, si passa dall’essere giovani all’essere falliti”, come recitano i protagonisti in scena. Intrappolati nella morsa di un precariato permanente, in un sistema che non è fondato sulla meritocrazia. Dove gli attori dipendono dal giudizio di un critico teatrale che può determinare, con il suo potere, la felicità o l’oblio, la buona o la cattiva sorte. Una figura quella di Mezzasala che viene continuamente evocata e ricercata in modo ossessivo dai quattro personaggi-attori.

La riflessione contenuta tra i quadri de L’Operazione è un approfondimento, un’analisi, senza la presunzione dell’assolutezza, sulla tendenza a ricercare nuove forme espressive. Una corsa a volte audace, a volte sregolata. Sperimentare e reinventare l’arte rischia di trasformarsi così in un’ossessione. E tra una frenesia e l’altra, una celebre citazione di Eduardo De Filippo: “Chi cerca lo stile trova la morte, chi cerca la vita trova lo stile”, finisce nei dialoghi dei quattro protagonisti.

Alla fine della storia cercheranno di trasformarsi in brigatisti, nel disperato tentativo di recuperare un po’ di dignità, ma il loro atto finale durerà il tempo di un’improvvisazione teatrale. C’è bisogno di tanto carattere, non solo di studio dei personaggi, sembra che suggerisca questo Rosario Lisma, come autore del testo e come regista, affinché possa essere messo in atto fino in fondo un progetto sovvertitore dell’ordine delle cose. L’Operazione parla molto di questi nostri tempi in cui l’assuefazione è forte al punto che tutto sembra iniziare e finire nello stesso momento, come una storia di Instagram.

L'Operazione di Rosario Lisma

L’Operazione di Rosario Lisma

“Posso lasciare il mio spazzolino da te?”

È ancora la vita, con le sue difficoltà e con le sue due metà di tragedia e commedia che ispira l’ultima proposta teatrale che abbiamo inserito nel nostro piccolo racconto di febbraio. Il suo titolo è un riflesso di una quotidianità, mediante una semplice domanda che contiene una richiesta sottintesa. Di quelle che una ragazza qualunque può rivolgere al suo fidanzato: “Posso lasciare il mio spazzolino da te?”. In altri termini significa: possiamo dare una svolta al nostro rapporto?

Massimo Odierna è l’autore del testo Posso lasciare il mio spazzolino da te? e il regista dello spettacolo che dal 18 al 20 febbraio è andato in scena al Teatro de’ Servi di Roma e al Nuovo Teatro Sanità di Napoli, dal 23 al 24 febbraio. Il cast che ha interpretato quella che viene definita come una “black comedy” è costituito da Martina Galletta, Luca Mascolo, Alessandro Meringolo e Luca Pastore.

Tre ragazzi sono i protagonisti: “Lei”, una ragazza in cerca della giusta occasione come attrice che costringe “Lui” , il suo fidanzato un po’ succube, a giocare alle storie inventate da “Lei”. C’è anche “L’amico” cinico, il coinquilino che abusa di alcool e sostanze di vario genere. Storie di insoddisfazione, di frustrazione e di inquietudine. C’è, infine, una quarta presenza, la figura inquietante dello speziale. Il medico della peste, con il becco di uccello e un lungo pastrano nero, appare e svanisce di tanto in tanto. Quella maschera è come un segnale di pericolo che quando si accende indica un’istanza nascosta.

Bisogna correre il rischio, osare, è il messaggio che ci lascia Massimo Odierna. È necessario continuare a raccontare, a condividere le storie, i nostri sogni.

Posso lasciare il mio spazzolino da te?

Posso lasciare il mio spazzolino da te?

E allora ecco che tutta l’eternità che spendiamo per “non essere” davanti a un breve, intenso minuto di “essere” comporta la scelta tra vivere da morti o morire da vivi. Raymond Chandler ne “Il grande sonno” si chiede:

“Che importa dove si giace quando si è morti? In fondo a uno stagno melmoso o in un mausoleo di marmo alla sommità di una collina? (…) Si dorme il grande sonno senza preoccuparsi di essere morti male, di essere caduti nel letame”.