Una commedia tutta da ridere, piena di atrocità e strani rapporti, di amore e interesse, finzione e travestimento. Sulla scia della consolidata tradizione dell’epoca del Bardo, l’allestimento diretto da Andrea Chiodi assegna l’interpretazione dei vari personaggi ad un cast tutto maschile.
Una bella scommessa che Chiodi, regista talentuoso e di solida formazione, non ancora quarantenne, ha affrontato insieme ad un eccellente gruppo di otto attori.
Un ensemble di primi attori formato da Tindaro Granata, pluripremiato per Invidiatemi come io ho invidiato voi (Premio MariangelaMelato 2013 come Miglior attore emergente; Premio Fersen alla regia; Premio Franco Enriquez alla Drammaturgia per l’impegno civile) e per Geppetto e Geppetto (Premio Ubu 2016 per la Migliore novità/progetto drammaturgico; Premio Hystrio Twister 2017 come Miglior spettacolo dell’anno; Premio Franco Enriquez come Miglior spettacolo di impegno civile e sociale), oltre che vincitore del Premio Internazionale Orgoglio Siciliano nel Mondo; Angelo Di Genio (Premio Ubu 2011 come Miglior attore under 30 per TheHistory Boys; Premio nazionale della critica ANCT 2016 per Geppetto e Geppetto; Premio Mariangela Melato 2016 per il percorso artistico); Christian La Rosa (Premio nazionale della Critica ANCT 2017 come Miglior attore e Premio Ubu come miglior attore under 35 per Pinocchio e Pinocchio diretto da Antonio Latella); Igor Horvat e Massimiliano Zampetti. Completano il cast tre giovani interpreti freschi di diploma: Ugo Fiore e Walter Rizzuto della Scuola del Piccolo Teatro di Milano e Rocco Schira della Scuola Dimitri di Verscio.
Lo spettacolo ha debuttato il 19 dicembre 2017 alla Sala Teatro LAC di Lugano.
La bisbetica domata – o addomesticata come si tradurrebbe alla lettera – è una delle prime commedie di Shakespeare, la più contorta forse, la più discussa. Una commedia che suo malgrado ci fa ridere perché piena di atrocità e di strani rapporti, dove l’amore non è solo amore ma interesse, dove la finzione è uno dei primi ingredienti già dopo due p
agine di testo, insomma una sfida complessa che ci ha portato a scegliere il gioco elisabettiano del travestimento, perché in fondo i rapporti sono così falsati, così poco naturali che solo una stranezza quasi animalesca poteva rendere bene l’idea di cuori “selvatici”, appunto da addomesticare.
Ma siamo certi che sia solo il cuore di Caterina, la bisbetica, a dover essere domato? Non è forse la società con i suoi stereotipi a vedere nel diverso una stranezza da ricondurre alla normalità? Non è forse vero, come già sapevano bene gli antichi greci, che per salvarsi è necessario un passaggio dalla sofferenza? Non accade proprio questo a Caterina? E allora l’amore di Caterina per Petruccio non sarà forse un vero amore? Queste le domande che ci siamo posti, e mi è sembrato interessante poter analizzare tutto questo sottotesto presente all’interno di un perfetto ritmo da commedia come solo Shakespeare sa fare. (Dalle note di regia)
Al Teatro Carcano di Milano da mercoledì 7 a domenica 18 febbraio 2018
LA BISBETICA DOMATA
di William Shakespeare
Adattamento e traduzione Angela Demattè
Regia Andrea Chiodi
Con (in ordine alfabetico) Angelo Di Genio, Ugo Fiore, Tindaro Granata, Igor Horvat, Christian La Rosa, Walter Rizzuto, Rocco Schira, Massimiliano Zampetti
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Al Teatro Carcano di Milano, in scena fino a domenica 3 dicembre 2017, “Il viaggio di Enea” per la regia di Emanuela Giordano con gli attori Fausto RUSSO ALESI, Roberta CARONIA, Carlo RAGONE, Riccardo TORDONI, Simone BORRELLI, Emmanuel DABONE, Antoinette KAPINGA MINGU, Valentina MINZONI e Kabir TAVANI.
Coprodotto dal Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano e dal Teatro di Roma, Il viaggio di Enea ha debuttato ad aprile 2017 al Teatro Giuseppe Verdi di Pordenone, proseguendo le recite al Teatro Argentina di Roma. A ricoprire il ruolo di Enea uno dei massimi talenti della scena italiana, il pluripremiato Fausto Russo Alesi (Premio Associazione Critici di Teatro, Premio Ubu 2002 come miglior attore giovane; Premio “Annibale Ruccello”, Premio “Olimpico”; Premio “Vittorio Gassman” 2005 per il miglior giovane talento; Premio “Persefone d’oro” 2009; Premio Ubu 2012 come migliore attore non protagonista in Santa Giovanna dei Macelli di Brecht ; Premio Landieri 2014 per la sua unica e originale rivisitazione di Natale in casa Cupiello di Eduardo).
IL VIAGGIO DI ENEA è il racconto poetico delle migrazioni. Migrazioni per le guerre, per la fame, per la ricerca del benessere intravisto da lontano. È una storia familiare, quella di Olivier Kemeid, e una riscrittura moderna, ma comunque fedele del classico di Virgilio, in cui l’autore proietta le vicende di suo padre e della sua famiglia, emigrata dall’Egitto al Canada con mille peregrinazioni e molteplici difficoltà alla perenne ricerca di un mondo migliore, attraverso personaggi e luoghi del mito di Enea.
Olivier Kemeid ha riconosciuto nel racconto di Virgilio la storia di suo padre, che è la storia dell’uomo, in fuga dai disastri dell’esistenza. Dal latino, al francese, all’Italiano odierno il mito compie il suo viaggio di ritorno offrendo nuove riflessioni. L’Enea di Virgilio supera le insidie del viaggio grazie alla divina materna benevolenza. L’Enea di Kemeid, che pure si rifà in tutto e per tutto al racconto virgiliano, non ha santi in paradiso ed è per questo più spaventato, più stanco e meno pio. Per una volta, l’esodo biblico che cambierà il volto dell’Europa viene raccontato da chi è costretto a partire, con un ironico capovolgimento dei ruoli in cui i neri sono al posto dei bianchi e viceversa. Non c’è enfasi, non c’è retorica e nemmeno vittimismo. C’è, in primo piano, solo la necessità di sopravvivere. Enea è un giovane uomo che vive un continuo conflitto di coscienza: pensare a se o pensare anche agli altri? Sopravvivere in clandestinità o rischiare per ritrovare dignità e rispetto di se stesso? Il figlio di Enea, Ascanio, divenuto grande, riordina frammenti di ricordi così come gli sono stati raccontati dal padre. Ne ricostruisce il viaggio, i rapporti, gli amori, i dubbi, l’approdo che al momento è solo una speranza.
Quello di Emanuela Giordano è un teatro che si costruisce in scena, con i corpi e le intelligenze vive degli attori. Questo testo è quindi ancora una trama aperta, la traccia di un viaggio che si può compiere solo con attori capaci di mettersi completamente in gioco. La regista inserisce nel testo di Kemeid segni tangibili dell’Eneide di Virgilio, cercando e traducendo con asciuttezza quei versi che con più aderenza si fondono in questa moderna riscrittura. Ogni scena è così cadenzata da evocazioni dell’opera originale, rendendo più evidente il nesso tra il mito e la contemporaneità.
Non analizzare la “correlazione oggettiva” con il presente, non approfondirla, sarebbe un’omissione. Il confronto con il mito diventa così anche strumento per cogliere temi essenziali del vivere contemporaneo, che la Giordano decide di affrontare prima di tutto con gli attori coinvolti nella messa in scena, attori che dovranno fare i conti con loro stessi, senza filtri.
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