L’Elogio della Follia ai tempi dello Star System. Intervista al regista Tiziano Panici

L’Elogio della Follia ai tempi dello Star System. Intervista al regista Tiziano Panici

Scritto e interpretato da Aleksandros Memetaj, con le coreografie e i movimenti scenici del danzatore e attore Yoris Petrillo e le musiche di Giovanni Di Giandomenico, lo spettacolo Elogio della Follia – #ilikedopamina, diretto dal regista Tiziano Panici, ricostruisce un ritratto distopico della società di oggi, dove il fenomeno dei social media, della visualizzazione spasmodica e dello Star-System assumono rilevanza fondamentale tale da dividere il mondo in due classi: classe A e classe C.

Liberamente ispirata all’omonimo saggio di Erasmo da Rotterdam e fortemente legata alle intuizioni di George Orwell, l’opera indaga le complesse dinamiche socio-culturali causate dalla rivoluzione digitale, interrogandosi su come l’utilizzo dei social media abbia influenzato la vita e i comportamenti degli individui fino a diventare una vera e propria sindrome di inizio millennio. Un fenomeno in rapida espansione, in termini di persone coinvolte e di effetti indotti, così invasivo e persistente da determinare una progressiva trasformazione antropologica e biologica dell’essere umano.

Infatti, come dimostrano numerosi studi sulle neuroscienze applicati alla comunicazione digitale, la ricezione di un feedback positivo sui social media comporterebbe una scarica nell’organismo di dopamina, il neurotrasmettitore alla base dei fenomeni di dipendenza. Dal punto di vista neurologico, l’assuefazione dai social network funziona quindi esattamente come qualsiasi dipendenza da droga. In questo senso, anche i protagonisti dello spettacolo, asserviti al volere di una nuova Dea  Follia, sono costretti a esibirsi per milioni di occhi e a visualizzare video dall’interno di stanze circondate da telecamere, per piacere o per disperazione.

Questo progetto nasce con la profonda esigenza di portare avanti una ricerca artistica che vede coinvolti quattro autori under 35 che si esprimono artisticamente attraverso linguaggi e strumenti differenti.Ora la ricerca è finita e il risultato è una storia contemporanea, distopica, dalle tinte oscure che fa emergere l’inquietudine di una nuova generazione di uomini dal futuro incerto, che però hanno un’estrema esigenza di esprimersi e di chiedersi: chi sono io?

Così scrive in una nota Tiziano Panici, regista e direttore artistico di Teatro Argot Studio che abbiamo intervistato al fine di tracciare la parabola di creazione artistica dell’opera.

 

Genesi produttiva dell’opera

La difficoltà principale delle messinscena contemporanea riguarda il tema dell’estetica, cioè delle scelte registiche che si possono fare anche in base al contesto produttivo. Perché faccio questa premessa?

Il progetto “Elogio della Follia” è figlio di un percorso di sperimentazione, produzione e di residenze avviato con Argot Produzioni in collaborazione con Twain, due anni fa ormai. Le residenze artistiche sono ancora un oggetto particolare, che inizia a essere adesso frequentato in Italia; all’Estero già è frequentato da molto tempo. C’è una grande diatriba rispetto alle residenze, cioè se queste rappresentino una forma di processo produttivo o no. A mio modesto avviso lo sono, e sono anche necessarie alla maggior parte delle compagnie che si formano in maniera indipendente.

Il primo progetto di sperimentazione sonora e visiva, Le Città Invisibili, è stato fatto con il sostegno produttivo da parte di Argot e Cie Twain.La scelta di fare un percorso di residenza è stata nostra e quindi abbiamo dovuto provvedere a far in modo che i costi di residenza fossero sempre coperti e garantiti mentre le due produzioni hanno provveduto a fare in modo che non rimanessimo mai scoperti e che l’ufficio di produzione seguisse i nostri spostamenti garantendoci sempre l’appoggio logistico e amministrativo delle due strutture. In scena, lo spettacolo vedeva me, Yoris Petrillo e Giovanni Giandomenico che poi ha composto le musiche di Elogio della Follia. Più o meno la squadra di oggi era la stessa.

È stato un progetto che abbiamo portato in tutta Italia attraverso le residenze ma che, paradossalmente, non è mai diventato uno spettacolo. Abbiamo fatto quasi dieci tappe di residenza, rimodulato il progetto, smontato, presentato in contesti diversissimi: dai Musei Capitolini al Campidoglio di Roma a Gorizia, in un festival multimediale internazionale ma non l’ho mai fatto debuttare in sala, tranne al Festival di Attraversamenti Multipli, a cui dovevano seguire alcune repliche al Teatro Argot. Queste repliche non ci sono mai state perché da regista non accettavo il fatto che avevo bisogno di alcune condizioni tecniche minime per andare in scena, e di fatto non c’erano i soldi per poterle garantire.

Quel progetto, terminato all’interno del percorso di residenza, è stato un progetto di sperimentazione. Da lì abbiamo incrociato la strada di Aleksandros Memetaj, autore e attore del monologo “Albania Casa Mia” prodotto da Argot, che ha avuto la fortuna di fare più di 100 repliche. Mi ha proposto diversi soggetti che aveva in mente tra cui quello dell’Elogio che ha solleticato subito la mia curiosità. Così l’ho proposto a Yoris Petrillo, compagno importante di questo percorso. Lui stesso mi ha chiesto di unire il nostro percorso con un testo di Aleksandros.

Così nasce un secondo progetto di residenza, monitorato da Twain ed Argot Produzioni che hanno messo a disposizione i loro spazi per farci provare e allestire ma anche per garantirci di poter riuscire a portare nuovamente in giro un progetto che stavolta sarebbe diventato uno spettacolo. Così Elogio della Follia diventa un percorso di ricerca, durato un anno. Ci siamo dati il primo appuntamento a Trasparenze, eravamo solo io e Aleksandros. È stato messo il primo semino del testo, nato dall’idea di voler evocare la Dea Follia sulla Terra ben seicento anni dopo che l’aveva immaginata ed evocata Erasmo da Rotterdam. A seguire abbiamo fatto altre residenze presso Arcene, in provincia di Bergamo nella residenza “Qui e Ora”, a Matera al centro IAC e anche a Kilowatt con le residenze annuali, Teatro Argot, il Supercinema di Tuscania e il Centro Danza di Ladispoli, questi ultimi due centri gestiti da Twain. Sono sei appuntamenti sparsi lungo tutto il 2017 che ci hanno portato fino al debutto dello spettacolo di oggi.

Queste precisazioni sono necessarie per spiegare che Argot e Twain, due enti di produzione che fanno benissimo il loro lavoro e di cui tra l’altro io e Yoris siamo anche in parte responsabili in quanto figli d’arte – Yoris Petrillo è il figlio di Loredana Parrella, direttrice di Twain e io di Maurizio Panici, direttore di Argot – hanno cercato di sostenere come potevano il nostro progetto di ricerca, scommettendo con noi sulla sperimentazione di un percorso di residenza e avendo dovuto negli anni modificare molto il loro percorso di enti di produzione, tutelando in primis gli altri artisti, autori, coreografi e registi che vengono ogni anno scelti e sostenuti da queste strutture.

Ho cercato di creare uno spettacolo che potesse entrare in una station wagon e che avesse un fortissimo impatto di ricerca soprattutto sonora e quindi evocativa. Abbiamo creato un vero progetto di architettura sonora che è stato triangolato da me, Giovanni di Giandomenico e Cristian Bocchi, sound designer, che ha curato tutta la parte più strutturale.

L’architettura sonora è invisibile e immersiva però ha le stesse difficoltà tecniche di un’architettura reale. L’uso dei software e dei microfoni, lo sviluppo di un’ambientazione sonora e la produzione delle musiche richiedono la stessa lavorazione di un impianto scenografico con la differenza che al contrario di una scenografia sono trasportabili ovunque. Questo facilita moltissimo.

L’altra scelta riguarda il disegno luci. Questo spettacolo rappresenta la ventesima regia che firmo in dieci anni di produzione teatrale. Ormai amo anche farmi da solo i disegni luce e li faccio diventare parte essenziale dello spettacolo. Tutte queste condizioni mi hanno permesso di lavorare sulla strutturazione di un testo e sul lavoro d’attore che doveva reggere botta anche senza nessun tipo di elemento esterno apparentemente scenografico che potesse sostenerlo. Questo significa che se riesci a evocare la fantascienza e a immaginarla, la puoi fare anche senza avere un apparato scenografico che ovviamente ti comporta dei costi di trasporto molto elevati. Molto spesso i registi e gli artisti si affidano completamente a strutture esterne che garantiscono il loro lavoro, ma la maggior parte degli indipendenti non riesce a portare gli spettacoli fuori di casa perché non considera tutti questi aspetti fondamentali per confrontarsi con il mercato dello spettacolo.

Creazione artistica in sinergia

In scena ci sono quattro autori. Quando parlo di lavoro autoriale mi riferisco alla scrittura di Aleksandros , anche interprete dello spettacolo, parlo del lavoro coreografico di Yoris Petrillo, anche lui interprete, della partitura musicale di Giovanni di Giandomenico e parlo di me, regista e interprete che applica una scrittura di scena scegliendo determinati segni per poter raccontare la storia.

Questo vuol dire che in questo percorso siamo tutti creatori e complici di ciò che abbiamo scritto, poi ognuno di noi ha sviluppato, a seconda delle sue funzioni, la propria specificità artistica. Portandomi fuori con lo sguardo anche se la mia voce è presente nello spettacolo, l’indirizzo che ho dato alla scrittura di Aleksandros per i personaggi fa riferimento a un mondo immaginato diviso in classi così come ha scritto Orwell in 1984 dove parla di tre classi sociali: i bassi, i medi e gli alti che non fanno altro che tentare di salire di grado. Gli unici che rimangono fregati sono i bassi, ovvero i classe C.

La nostra storia racconta questa dinamica a partire dall’idea drammaturgica di Aleksandros che descrive come funziona la società di oggi: ci sono i classe A, cioè i leader, i classe C, i follower, che cercano di emulare risultando dei “falliti” e poi ci sono i medi, i classe B, che qualcuno si sarà chiesto, guardando lo spettacolo, chi siano. Questi ultimi sono coloro che stanno a guardare. In questo senso, la nostra è una società completamente voyeuristica, quindi, chi non ha una parte attiva in questo gioco è quello che in qualche modo si beve tutto quello che poi viene prodotto. L’unica cosa veramente molto cambiata dai tempi di Orwell è che grazie a internet, oggi, il gioco delle classi può essere ribaltato: il leader può diventare da un giorno all’altra un perdente e viceversa.

Questo è il motivo per cui la caratterizzazione dei personaggi doveva raccontare questa possibilità di scambio e quindi immettere gli attori in entrambe le categorie dell’essere umano.

Le tematiche distopiche trattate nell’opera

Avendo la fortuna e l’esperienza di Dominio Pubblico, ho visto tanto teatro giovane in questi ultimi sei anni. Tante proposte e tanta voglia di raccontare il mondo che ci sta intorno. Il primo compito del teatro è di riuscire a leggere la realtà e mostrarla agli altri attraverso la finzione. Quello che noto è che molti di questi giovani artisti che hanno attraversato Dominio Pubblico stanno lavorando su temi simili: It’s app to you dei Bahamut o Aplod dei Fartagnan Teatro, ospiti della nostra ultima edizione, programmati per Outis – Nuove Trame d’Autore.Esempi eccellenti di spettacoli incentrati su tematiche simili alla nostra, trattate scenicamente in maniera differente.

Entrambi sono vere e proprie science fiction. Il nostro spettacolo ha voluto mantenere una forte radice con la letteratura a partire dal rapporto fra Erasmo e Tommaso Moro. Nonostante nel nostro lavoro ci siano sotto certe sfumature inquietanti e distorte verso il baratro, il pubblico si diverte molto: va bene farsi delle domande ma bisogna essere consapevoli di essere figli del nostro tempo. Per me fare uno spettacolo del genere è un atto di denuncia, ma non credo che sia tutto negativo nella tecnologia e nel mondo che ci stiamo costruendo intorno.

Gli uomini tendono sempre ad abusare di ciò che piace loro: la distopia si utilizza per far vedere quali sono i rischi di una degenerazione. Quando passi da una società sociale in cui i problemi venivano discussi in piazza a una società social dove la piazza è sul web, è chiaro che cambia il modo di stare al mondo, di comportarsi e di relazionarsi agli altri. Questo non vuol dire che è per forza il male, però sicuramente bisogna fare attenzione. Il nostro teatro voleva fare questa denuncia mettendo insieme la leggerezza del ridicolo alla serietà dell’inquietudine umana, precipitate nella scrittura di Aleksandros che ha conservato tutta la gamma di colori per raccontare questa storia.

C’ERA UNA VOLTA – A VR experience di ONDADURTO TEATRO

C’ERA UNA VOLTA – A VR experience di ONDADURTO TEATRO

Una delle prime esperienze prodotte in Italia di Virtual Reality Theatre (teatro in realtà virtuale) che unisce i linguaggi del Teatro Fisico e del Circo Contemporaneo a quelli del Digitale: C’ERA UNA VOLTA / a VR experience arriva ad Argot Studio, dal 2 al 5 dicembre, all’interno di Cortocircuito programma 2021/22

Lo spettatore sarà coinvolto in prima persona nella scena attraverso l’utilizzo di visori per la realtà virtuale, che gli permetteranno di vivere un’esperienza immersiva e ricca di suggestioni sensoriali. In C’ERA UNA VOLTA / a VR experience saremo trasportati in mondi diversi e incredibili, dove la realtà incontra la fantasia, assieme a personaggi che ci racconteranno le loro storie in un intreccio di suggestioni, colori e suoni.

Il progetto si basa sull’evoluzione e la trasformazione di uno spettacolo in qualcosa di unico e sorprendente: benvenute e benvenuti nell’era dello show fisico digitale, un mondo fantastico, surreale e sorprendente. Una produzione che affonda le sue radici in uno spettacolo programmato in platee internazionali, che ha coinvolto pubblici diversificati e ha dialogato con grandi e piccoli. Una immersione VR in 3D a 360 gradi: un progetto sorprendente in cui lo spettatore si trova al centro, totalmente circondato in un’esperienza con grandi macchinari ed effetti spettacolari, per uno show VR dal grande impatto emotivo.

Lo show è molto più di una storia su principesse ed eroi. L’immaginario fiabesco, cristallizzato in versioni edulcorate, si scompagina al punto che i confini tra Bene e Male diventano assai labili. Storie, leggende e favole della grande tradizione, da Lewis Carroll ai Fratelli Grimm, da Johann Karl August Musäus a Hans Christian Andersen, sono reinterpretate in chiave noir e con un gusto “agrodolce”. È possibile che Cappuccetto Rosso abbia un lato oscuro? E perché una Strega o una Matrigna non può avere un lato buono, dolce o forse malinconico?

C’ERA UNA VOLTA / a VR experience è una rivista colorata e incantevole, un’opera multimediale con grandi scenografie e macchinari in movimento, giochi d’acqua e contaminazioni tecnologiche, per un’esperienza suggestiva. Uno spettacolo che mescola le antiche tradizioni legate al mondo delle favole e le spoglia della loro essenza zuccherina per un’esperienza tecnologica altamente digitale, in cui realtà live e realtà virtuale si confondono e si mescolano.

Per l’accesso all’Argot Studio è obbligatorio il possesso delle certificazioni verdi Covid-19 (Green Pass), comprovanti l’inoculamento almeno della prima dose vaccinale Sars-CoV-2 o la guarigione dall’infezione da Sars-CoV-2 (validità 6 mesi) o l’effettuazione di un test molecolare o antigenico rapido con risultato negativo al virus Sars-CoV-2 (con validità 48 ore).

Per partecipare alle attività culturali di Argot Studio è necessario effettuare il tesseramento gratuito su http://www.teatroargotstudio.com/tesseramento o presso il botteghino prima dello spettacolo.

Tutte le info su: www.teatroargotstudio.com

Home Sweet Home – Stagione 2017/2018 Teatro Argot Studio

Home Sweet Home – Stagione 2017/2018 Teatro Argot Studio

Storytelling Theatron 2.0

     Stagione Teatrale Home Sweet Home del Teatro Argot Studio

 

C’è un luogo di culto a Roma che per l’indefesso zelo e la preziosa attività dei suoi animatori è diventato negli anni – ormai più di trenta –  una vera e propria fucina di spettacoli memorabili e di talenti artistici che hanno lasciato il segno nella storia del teatro romano e nazionale proponendo al proprio pubblico nuovi stili e linguaggi estetici: il Teatro Argot per quest’anno presenta la stagione teatrale Home Sweet Home di cui Theatron 2.0 seguirà gli spettacoli in programmazione producendo anticipazioni, articoli d’approfondimento e interviste al fine di creare uno storytelling che racconti i percorsi scenici dei lavori e degli artisti ospitati nello storico spazio di Trastevere.

 

#FocusOn: Al Teatro Argot Studio si apre la rassegna DPBLACKMIRROR – Intervista a Chiara Preziosa

Come diretta conseguenza dell’esperienza virtuosa di Dominio Pubblico, che ogni anno vede coinvolti decine di ragazzi e di ragazze nell’organizzazione di un Festival interamente dedicato a realtà artistiche under 25, si è sviluppato quest’anno al Teatro Argot Studio il progetto DPBLACKMIRROR(CONTINUA A LEGGERE)

#AnticipAzione: Al Teatro Argot Studio va in scena “Rosmersholm – Il gioco della confessione”

All’interno della rassegna DPBLACKMIRROR presso il Teatro Argot Studio, dal 24 al 29 Ottobre, la Compagnia teatrale I Guitti presenta Rosmersholm – Il gioco della confessione di Henrik Ibsen,  riduzione a cura di Massimo Castri con Federica Fracassi, vincitrice del “Premio Ubu” nel 2011 e Luca Micheletti, attore e regista dello spettacolo…(CONTINUA A LEGGERE)

#Incontri: Il Cappuccio d’osso della Luna al Teatro Argot – Intervista video a Cristina Cirilli

Nella prima intervista video abbiamo parlato con l’autrice e attrice Cristina Cirilli delineando la parabola creativa, dalla scrittura fino alla messinscena, de “Il Cappuccio d’osso della Luna”, al Teatro Argot dal 7 al 26 Novembre… (VEDI IL VIDEO)

DRAMMATURGIA: “Echoes” di Lorenzo De Liberato – Intervista video

In uno scenario distopico dove una bomba nucleare ha distrutto un’intera parte di mondo provocando migliaia di vittime, due uomini, Echo, autore della strage e De Bois, in apparenza un semplice giornalista, si trovano uno di fronte all’altro, chiusi un bunker, per parlare delle ragioni che hanno determinato l’efferato eccidio… (VEDI IL VIDEO)

#AnticipAzione: “Tutti i miei cari” al Teatro Argot Studio. Vita e poesie di Anne Sexton

Dal 23 al 28 Gennaio, al Teatro Argot Studio, andrà in scena “Tutti i miei cari” di Francesca Zanni, con la regia di Francesco Zecca e interpretato da Crescenza Guarnieri, all’interno della stagione Home Sweet Home.
Una donna in scena, su un tappeto di rose. O forse è una tomba…(CONTINUA A LEGGERE)

#Incontri: Black’s Tales Tour al Teatro Argot Studio – Intervista a Licia Lanera

Arriva da mondi lontani e oscuri come i ricordi dei racconti delle favole che da bimbi a volte ci incantavano, altre volte invece ci terrorizzavano. Andrà in scena al Teatro Argot Studio di Roma dal 2 al 4 Febbraio: Black’s Tales Tour, spettacolo in cui cinque fiabe classiche – la Sirenetta, Scarpette rosse, Biancaneve, La Regina delle Nevi e Cenerentola – (CONTINUA A LEGGERE) 

#Incontri: Ifigenia in Cardiff al Teatro Argot. Intervista al regista Valter Malosti

Nel cuore di Trastevere, presso il Teatro Argot Studio di Roma, continuano gli imperdibili appuntamenti teatrali di DPBLACKMIRROR, rassegna a cura degli under 25 di Dominio Pubblico inserita nella stagione Home Sweet Home. Dal 21 al 25 Febbraio sbarca sulla scena capitolina Ifigenia in Cardiff con l’attrice e performer Roberta Caronia e con la regia di Valter Malosti. (CONTINUA A LEGGERE)

#AnticipAzione: Urania d’Agosto di Lucia Calamaro al Teatro Argot Studio

Una donna matura scocciata, seccata, asociale, accanita lettrice notturna di Urania e fanatica della vita e delle opere degli astronauti, durante un isolatissimo agosto in città, soffre di un’estrema crisi di alienazione e comincia a confondere le cose. Poco a poco il suo spazio interiore, fratturato dall’insonnia, trasformerà lo spazio esteriore in spazio siderale. (CONTINUA A LEGGERE)

#Incontri: Aleksandros Memetaj torna al Teatro Argot dopo la tournée a New York con Albania Casa Mia

Torna a casa, Alexandros Memetaj, dal 16 al 18 Marzo, con il monologo autobiografico Albania casa mia, regia di Giampiero Rappa per la stagione teatrale Home Sweet Home. A due anni dal debutto, dopo aver attraverso tutta Italia e aver fatto tappa oltreoceano a New York, selezionato dal Festival In Scena!, l’autore/attore italo-albanese ritrova al Teatro Argot Studio…(CONTINUA A LEGGERE)

#AnticipAzione: Focus Danza d’Autore dal 27 al 29 marzo al Teatro Argot Studio

Focus Danza nasce dalla collaborazione tra Twain e Teatro Argot Studio, nella volontà di riportare la danza in un teatro storico del contemporaneo. Le tre serate del Focus saranno caratterizzate da lavori la cui ricerca si basa sulle potenzialità di diversi linguaggi, per dar vita a creazioni che divengono manifesto di un mondo fatto di interiorità e pensiero, di ispirazioni che nascono dal corpo e di visioni che diventano forma. (CONTINUA A LEGGERE)

#Incontri: “Il Cappuccio d’osso della Luna” al Teatro Argot – Intervista video a Cristina Cirilli

#Incontri: “Il Cappuccio d’osso della Luna” al Teatro Argot – Intervista video a Cristina Cirilli

Il Teatro Argot Studio presenta dal 7 al 26 Novembre lo spettacolo “Il Cappuccio d’osso della Luna” scritto da Cristina Cirilli, regia di Maurizio Panici con Cristina Cirilli, Ermanno De Biagi, Mirella Mazzeranghi e Ludovica Apollonj Ghetti. Nella prima intervista video abbiamo parlato con l’autrice e attrice Cristina Cirilli delineando la parabola creativa, dalla scrittura fino alla messinscena, de “Il Cappuccio d’osso della Luna”.

 

 

Il Cappuccio d’osso della Luna

di Cristina Cirilli
regia Maurizio Panici
con Cristina Cirilli, Ermanno De Biagi, Mirella Mazzeranghi e Ludovica Apollonj Ghetti
scenografia Francesco Ghisu
costumi Anna Coluccia
light designer Giuseppe Filipponio
musiche Ermanno De Biagi
aiuto regia Maria Stella Taccone

Over – Emergenze teatrali al Teatro Argot. Intervista a Tiziano Panici

Over – Emergenze teatrali al Teatro Argot. Intervista a Tiziano Panici

Se le speranze di un sistema economico più equo e rispettoso dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici sembrano ormai tramontate e se le lotte per un sistema politico che sappia creare le condizioni necessarie per rilanciare un settore in perenne crisi, andando a valorizzare le relazioni umane attraverso l’arte e la cultura piuttosto che distruggere l’umanità degli artisti che cercano di opporsi a questo status quo, sembrano essere sempre più lontane, qualcosa a Roma, più precisamente al Teatro Argot Studio, si muove.

Visioni illuminate che portano a percorsi che, a loro volta, liberano creatività e desideri comunardi di rigenerazione socio-culturale di un gruppo di giovani, che, rilanciando il protagonismo cittadino, hanno cercato di rivoluzionare un sistema antropofago e disumanizzante qual è quello dello Spettacolo dal vivo in Italia. Un gruppo di bell* e ribell* che, da anni anima l’amorfa Roma attraverso l’organizzazione di Dominio Pubblico, Festival under 25, è riuscito anche a riversare tutto il proprio entusiasmo nelle numerose attività proposte nel teatro trasteverino di Via Natale del Grande.

L’ultima, in ordine temporale, è #OVER – Emergenze teatrali. Rassegna di giovani talenti + 25, kermesse teatrale dedicata alle nuove generazioni artistiche del panorama romano e nazionale, che tesaurizza le forti connessioni del network creato con cura da diversi anni fra diverse realtà che lavorano nel settore: compagnie, festival, operatori e pubblico, i quali diventano protagonisti di un’esperienza di cambiamento necessaria quanto vitale. Un’operazione guidata dal direttore artistico Tiziano Panici, con cui, in questa sede, continuiamo a dialogare circa le destinazioni possibili di questo folle volo.

#OVER - Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

#OVER – Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

La rassegna #OVER – Emergenze teatrali. Rassegna di giovani talenti + 25 presenta come slogan: “L’artista è una specie rara da proteggere”. Come nasce la rassegna e quali sono gli obiettivi prefissati?

Negli ultimi anni abbiamo dedicato molte energie e attenzione alle giovanissime generazioni attraverso il progetto Dominio Pubblico. Nel 2015, in collaborazione con Teatro dell’Orologio e Kilowatt, Argot programmava Dominio Pubblico Officine, riuscendo anche a garantire un premio di produzione a progetti in via di sviluppo. Poi con la chiusura dell’Orologio il progetto Dominio Pubblico si è progressivamente trasferito al Teatro India e oggi è un evento unico nel suo genere dedicato a progetti di artisti con meno di 25 anni. Come Argot ci siamo di nuovo posti il problema di come però deve essere affrontata la crescita e lo sviluppo delle giovani compagnie una volta che sono “emerse”. Crediamo che oggi il compito di una casa di Produzione come Argot sia di fungere da incubatore per nuove realtà che hanno il bisogno di crescere e diventare adulte. Spazi come il nostro devono poter incoraggiare e tutelare questa crescita mettendo a disposizione quello che è nelle nostre possibilità: offrire spazi di residenza, visibilità e accompagnamento produttivo.

Tanti nomi di compagnie “giovani” ma con alle spalle debutti e repliche in festival e teatri importanti: quali sono stati i parametri artistici perseguiti nella selezione degli spettacoli?

Ancora una volta è stato importante il connubio con Dominio Pubblico che ci ha permesso di venire in contatto con moltissime realtà ancora poco conosciute ma con grande potenziale. È il caso di Alessandro Blasioli, attivissimo autore e interprete che è stato ospite nel Festival per ben due edizioni e che da quest’anno inizia a collaborare con Argot Produzioni, dopo essere stato notato e premiato in contesti nazionali come il Festival della Resistenza del Museo Cervi o Direction Under 30 del Teatro Sociale di Gualtieri, realtà con cui collaboriamo attivamente ormai da tre anni.

A Gualtieri abbiamo conosciuto anche Anonima Sette e la sensibilissima drammaturgia di Giacomo Sette. Abbiamo poi amplificato le relazioni con il Matuta Teatro di Sezze, alla cui rassegna Pollini ci siamo legati fin dalla prima edizione. Ma lo stesso Argot in questi anni è rimasto spazio aperto che si è fatto attraversare da compagnie contemporanee più affermate, come quella di Licia Lanera che ha iniziato a produrre giovani scommesse tra cui Danilo Giuva.

Tra i protagonisti di OVER anche Valerio Peroni e Alice Occhiali, nuova generazione cresciuta sotto l’ala dell’Odin Teatret, che gira il mondo proprio come le ragazze di Unterwasser che, con il loro OUT, sono approdate lo scorso autunno al REF dopo centinaia di date internazionali. Non manca la ricerca sulla drammaturgia, da sempre cara a casa Argot: la freschissima scrittura di Paolo Tommaso Tambasco e quella di Sandra Lucentini a servizio della cura scenica di Lucrezia Coletti. Ad aprire le danze di OVER, il 2 maggio, sarà un progetto che proviene da una delle fucine più interessanti del panorama nazionale: il NEST di Napoli. Lo spettacolo, ospitato in residenza in questi giorni all’Argot, è firmato da Adriano Pantaleo e Giovanni Spezzano.

#OVER - Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

#OVER – Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

Se volessimo scattare un’istantanea della situazione teatrale romana e nazionale attuale, cosa emergerebbe dall’analisi delle nuove generazioni teatrali? Quali sono le ricerche artistiche e quali le specifiche sperimentali rispetto ai movimenti delle generazioni precedenti?

Mi sembra che nel suo piccolo OVER abbia proprio questa ambizione: cercare attraverso queste nove realtà artistiche di scattare una fotografia, sicuramente parziale ma molto eterogenea, di una nuova generazione teatrale e non solo. Se osserviamo il lavoro di questi artisti troviamo dei percorsi e delle ricerche davvero uniche e per nulla ripetitive. Sono opere diverse nel linguaggio, nella scrittura, nella ricerca visiva e sonora. Ma, allo stesso tempo, se guardiamo il quadro generale, questi giovani artisti sono tutti legati da un filo sottile che li tiene insieme: una rete di rapporti e di sostegno che da più parti d’Italia si è impegnata a garantire supporto alle nuove voci della scena.

Mi sembra che rispetto alle generazioni precedenti oggi ci sia anche un gruppo di programmatori che sta cercando di rinnovare l’impegno nei confronti della ricerca e della sperimentazione contemporanea, atteggiamento che forse si era un po’ perduto e che si mantiene solo con il grandissimo sforzo di mettersi insieme.

La rassegna #OVER – Emergenze teatrali sembra essere un momento di collegamento fra la stagione artistica del Teatro Argot Studio e la prossima edizione di Dominio Pubblico che si terrà a Giugno: c’è un filo rosso che attraversa queste esperienze?

Ho sottolineato la forza di questa congiunzione fin dall’inizio. Posso solo aggiungere che, in merito a quanto appena detto, Dominio Pubblico vorrebbe diventare sempre di più un connettore di esperienze di scouting e di programmazione per giovani generazioni, ma per crescere, diventare adulti e poter vivere del proprio lavoro ci devono essere realtà come Argot Produzioni, attente e sensibili al rinnovamento e pronte a prendere in custodia progetti che hanno bisogno di cura per riuscire a circuitare e diventare progetti sostenibili.

#OVER - Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

#OVER – Emergenze teatrali ⚠️ rassegna di giovani talenti + 25

Ci sarà una futura collaborazione che permetta in futuro l’inserimento delle compagnie all’interno della programmazione stagionale di Teatro Argot Studio?

OVER è uno dei progetti che Argot Produzioni ha inserito quest’anno nelle sue sfide per il futuro e sicuramente avrà una seconda edizione che è già in via di sviluppo. Quest’anno con i nuovi bandi SIAE abbiamo partecipato nella categoria per le residenze pensando a una fase due del progetto. Immaginiamo le prossime stagioni di Argot Studio sempre meno focalizzate sulla programmazione e l’ospitalità di compagnie e sempre più incentrate su un’idea di spazio produttivo dove si scelgono progetti da testare e far crescere. Ci auguriamo anche di riuscire a rafforzare la dimensione distributiva di questi lavori perché al momento è il vero anello debole di tutta la produzione italiana, quindi deve necessariamente essere adeguata all’enorme capacità creativa degli artisti nostrani, altrimenti destinati a non avere uno sbocco.