Per il tuo bene di Pier Lorenzo Pisano. Dal Premio Riccione-Tondelli al debutto nazionale

Per il tuo bene di Pier Lorenzo Pisano. Dal Premio Riccione-Tondelli al debutto nazionale

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

Per il tuo bene è il testo scritto dal regista e autore Pier Lorenzo Pisano, classe ’91, che ha ricevuto importanti premi di drammaturgia e sceneggiatura, tra cui il Premio Hystrio 2016 e il Premio Solinas 2018, e proprio con Per il tuo bene il 12° Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli”:

«Poteva essere l’ennesima banale pièce sulla famiglia – si legge nella motivazione della giuria – che il teatro contemporaneo sa ormai sfornare in centinaia di esemplari ogni anno. È, invece, un testo maturo con un progetto e una forma ben definiti. L’autore mostra attenzione per le psicologie e per il confronto- scontro tra le generazioni e, soprattutto, rivela un’ottima capacità di toccare temi e interrogativi stringenti attraverso una scrittura semplice e diretta, a tratti quasi spersonalizzata. […] Pier Lorenzo Pisano è riuscito così a individuare una particolare angolazione da cui parlare con sorprendente vitalità di ciò che ormai è divenuto quasi irrappresentabile, il mistero del legame che unisce una madre a un figlio».

Per il tuo bene, di cui Pisano cura anche la regia, dopo il debutto modenese al Teatro delle Passioni, in scena fino al 20 Gennaio, arriverà al Teatro Arena del Sole di Bologna dal 22 gennaio al 3 febbraio e allo Spazio Tondelli il 15 Febbraio. Una produzione di Emilia Romagna Teatro Fondazione, Arca Azzurra Produzioni e Riccione Teatro. Lo spettacolo è stato rappresentato, in traduzione francese, presso il Théâtre Ouvert (Parigi). La versione francese è stata inoltre presentata in apertura del Festival di Avignone 2018, nel programma “Forum des Nouvelles Écritures Dramatiques Européennes”

Un giorno, nasce un bambino.
È puro, intatto: non sa niente.
Poi, incontra i suoi genitori. E comincia ad imparare delle cose.
Magari inizia anche bene, con le poppate e tutto, ma dopo poco, pochissimo, i genitori sbagliano qualcosa. Spengono la luce all’improvviso, mettono la musica a volume troppo alto, insomma fanno un errore. Lui piange. E la valanga comincia a smuoversi.
Uno sbaglio alla volta, gli errori si accumulano. E il bambino continua a imparare.
Impara ad urlare, a buttare il cibo a terra, a dire le parolacce, a picchiare i suoi compagni di classe, a giocare a videopoker, a guidare contromano, e tutto perché, uno dopo l’altro, gli errori si sono accumulati, lo hanno danneggiato: è diventato un adulto, pieno di scelte sbagliate. Ed è pronto per riprodursi.
Questa è la famiglia.

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

Intervista a Pier Lorenzo Pisano

Iter produttivo: dalla vittoria del Premio Tondelli alla coproduzione di ERT

Vincere il premio è stato di per sé un bellissimo traguardo. Per fortuna è stato anche un trampolino, grazie al “sostegno alla produzione” di Riccione Teatro. Alla fine i produttori che mi hanno dato spazio e fiducia, e che ringrazio infinitamente, sono tre: Emilia Romagna Teatro Fondazione, Arca Azzurra Teatro e Riccione Teatro.

ERT è una casa accogliente e intelligente, che lavora moltissimo sul territorio. Mi hanno lasciato libertà creativa totale; ho trovato in Claudio Longhi, e nei suoi collaboratori, interlocutori aperti e appassionati, che si sono innamorati del progetto.

A proposito di lavoro sul territorio, recentemente ERT ha organizzato una serie di incontri legati al Premio Riccione, che si chiamano “Leggere il contemporaneo” con gli allievi attori della scuola dell’ERT che hanno letto i testi finalisti del Premio Tondelli. È qualcosa che non era mai stato fatto prima, e che aiuta a sensibilizzare alla nuova drammaturgia.

Durante le prove, come si è sviluppato il percorso di creazione?

Quando ho scritto “Per il tuo bene” la mia intenzione era che la drammaturgia stesse in piedi da sola, che funzionasse già in lettura. Poche didascalie, non avevo mai pensato a come sarebbe stato visivamente. Quindi mi sono immerso in un lavoro di riscoperta, prima da solo, poi con la scenografa e la costumista. Abbiamo creato qualcosa che secondo me riprende lo spirito del testo.

Lavorare con gli attori è stato molto interessante. Come autore e regista, sei il custode del significato di ogni virgola. Però è anche vero che in teatro le parole sono di chi le dice, ogni sera in carne ed ossa, sulla scena. E’ bello vedere come le cose si possano trasformare. Li ho lasciati liberi di fare proposte e invenzioni, sempre all’interno del testo che è rimasto invariato. I significati e le dinamiche sono state rinegoziate durante le prove, portando ad un arricchimento generale. Poi, dal momento che il periodo di lavoro era tra dicembre e gennaio, la pausa natalizia è stata molto utile perché gli attori potessero riscoprire e studiare consapevolemente come si sta in famiglia, tematica centrale dello spettacolo.

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

Gli attori in scena: un cast giovane ma con grandi potenzialità.

E’ un gruppo molto eterogeneo, anche se sono tutti di formazione teatrale. Non avendo un cast di attori fisso, me li sono andati a scovare in giro per spettacoli. Era una missione difficile perché tre ruoli su cinque sono molto giovani. Alcuni li ho scoperti ai saggi della Silvio D’Amico, altri in spettacoli più strutturati. La ricerca è stata molto ampia, geograficamente e temporalmente. Sono molto contento delle scelte fatte, durante le prove si è creata un’atmosfera molto positiva e propositiva. Si sono tutti appassionati al progetto, dai costruttori delle scene, al direttore di scena, al fonico, ecc, ogni giorno qualcuno mi portava delle piccole proposte da discutere insieme. Abbiamo montato molto rapidamente la struttura dello spettacolo, il lavoro vero è stato sugli attori. Ho voluto anche fare due o tre prove aperte per calibrare il rapporto col pubblico.

 

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

Per il tuo bene Ph. Luca Del Pia

A distanza di tempo dalla prima scrittura, lavorando molto sulle intenzioni del testo, hai colto nuovi significati e prospettive attraverso cui osservare le storie raccontate in “Per il tuo bene”?

Spesso la famiglia è utilizzata come contenitore di storie, perché è un potenziatore di dinamiche: ogni rapporto in famiglia è più forte. In particolare “Per il tuo bene” è una piccola incursione sul significato stesso della famiglia, e su come possano funzionare questo tipo di relazioni così intense e così disastrose.

Una cosa che mi ha colpito molto, rileggendo il testo in vista delle prove, è quanto sia inevitabile, quando parli di nucleo familiare, parlare di società. Ad esempio, c’è il personaggio dello Sconosciuto: un esterno, l’uomo che incontri tutti i giorni per strada, praticamente una comparsa nella vita degli altri. È incredibile come certi discorsi che nel testo sono riferiti alla famiglia, si riflettano sulla contemporaneità. Se leggi adesso il monologo dello Sconosciuto dove dice: “Io non sono famiglia…” pensi subito alla politica recentissima, e a situazioni che non esistevano o erano ancora in potenza al momento della scrittura.

Dopo un brillante periodo di prove, “Per il tuo bene” è pronto per il debutto: cosa ti auguri per questo spettacolo e per il suo pubblico?

Sarei contento se alla fine dello spettacolo uno spettatore chiamasse la madre per chiederle: “Come stai?”.

Per il tuo bene

testo e regia Pier Lorenzo Pisano
scene Giulia Carnevali
luci Vincenzo Bonaffini
costumi Raffaella Toni
musiche originali Mattia Persico
assistente alla regia Camilla Brison

con

Laura Mazzi – Madre/Nonna
Marco Cacciola – Zio/Sconosciuto
Edoardo Sorgente – Figlio
Alessandro Bay Rossi – Fratello
Marina Occhionero – Ragazza
direttore tecnico Robert John Resteghini
direttore di scena Marco Fieni
capo elettricista Vincenzo De Angelis
fonico Pietro Tirella

scene costruite nel Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione

capo costruttore Gioacchino Gramolini

costruttori Marco Fieni (costruzioni in ferro), Sergio Puzzo, Riccardo Betti

scenografa decoratrice Lucia Bramati
grafica AMS LAB
foto di scena Luca Del Pia

Produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Arca Azzurra Produzioni, Riccione Teatro

Testo vincitore del 12° Premio Riccione “Pier Vittorio Tondelli”

Romeo and Juliet. Il Melo – Drama di Teodoro Bonci del Bene. Intervista al regista

Romeo and Juliet. Il Melo – Drama di Teodoro Bonci del Bene. Intervista al regista

Articolo a cura di Mila Di Giulio

Romeo and Juliet
Romeo and Juliet. Melo – Drama – Ph Guido Mencari 

La programmazione al chiuso del Teatro Arena del Sole di Bologna ricomincia all’insegna di un allestimento dicotomico e affascinante: Romeo and Juliet. Melo – Drama di Teodoro Bonci del Bene, produzione ERT Emilia Romagna Teatro, in scena dal 10 al 20 Settembre. Il regista, giovane e dalla formazione insolita (è infatti il primo allievo italiano del Teatro d’Arte di Mosca) porta, nella sua versione della tragedia shakespeariana, uno sguardo attento e critico alla drammaturgia originale, sulla quale innesca la propria visione.

Di fronte a un nuovo allestimento di Romeo e Giulietta una domanda sorge spontanea: cosa si può aggiungere a quella che è forse la più incastonata nell’immaginario comune delle opere shakespeariane? Proprio da questa riflessione parte lo spettacolo: nel prologo iniziale il dilemma viene palesato e allo spettatore viene chiesto apertamente quale sia la ragione di tornare a vedere una storia che si conosce già. La novità più importante del lavoro di Teodoro Bonci del Bene forse è proprio questa: Romeo and Juliet è una messa in scena che ascolta non solo le esigenze del pubblico, ma anche quelle dei suoi protagonisti.

Romeo e Giulietta vengono liberati da una certa fissità iconica, con cui spesso vengono ritratti e investiti di tutte le fragilità violente dell’adolescenza. Il regista plasma i suoi personaggi portandoli nella contemporaneità, senza però privarli della grazia senza tempo del verso shakespeariano e realizzando una spassionata dichiarazione d’amore per l’età adolescenziale e i suoi congeniti chiaroscuri. In un allestimento in cui il focus è sulla tragicità di Giulietta, vengono sollevati drammi nuovi del personaggio, tutti i fantasmi e le paure che rendono giustizia all’eroina tridimensionale plasmata da Shakespeare.

Lo spettacolo viene definito melo-drama: le scelte musicali accompagnano la messa in scena, raccontano le intenzioni dei personaggi. E lo fanno attraverso i suoni scanditi, autentici dei vinili, scelta suggerita al regista dalla sua adolescenza, da una certa estetica anni ’90 che fa parte del suo immaginario, ma che inevitabilmente travolge lo spettatore, indipendentemente dalla sua età anagrafica.

Utilizzando in maniera disinvolta la specificità dei codici espressivi presenti in scena che si intrecciano costantemente senza sovrastarsi, in una messa in scena essenziale, il regista dipinge tre differenti generazioni di adolescenti. In scena Carolina Cangini, Jacopo Trebbi e lo stesso Teodoro Bonci del Bene che in questa intervista racconta Romeo and Juliet. Melo – Drama.

Fra gli aspetti più interessanti dello spettacolo emerge sicuramente la sensazione che la storia sia realmente raccontata dal punto di vista di due adolescenti e che, al tempo stesso, la sua realizzazione risulti accattivante per un pubblico di giovanissimi. Come si arriva a raccontare gli adolescenti attraverso i loro occhi?

Nel momento in cui ho deciso di lavorare su Romeo e Giulietta la scelta è caduta su questo testo proprio perché mette a tema l’adolescenza e alcuni traumi e conflitti tipici di questa fase della vita. Ho subito chiesto al teatro di mettermi in contatto con una classe, volevo che fosse una classe e non dei ragazzi singoli, perché non mi sarebbe corretto parlare di loro senza interpellarli.

Sentivo il bisogno di guardarli meglio e fare un percorso con loro. Loro sono depositari di una serie di codici ed informazioni che a noi sono oscure, inaccessibili, sono dei geroglifici. All’interno dello spettacolo ci sono tutta una serie di cose che la classe del Liceo Galvani di Bologna, ha fatto con me ed è entrata nello spettacolo, sto parlando di alcune battute dello spettacolo, quando gli adolescenti vedono che noi parliamo di loro con cognizione di causa, non perchè ho voluto dare una semplice soddisfazione agli alunni.

Parlando dell’utilizzo dei mezzi tecnologici, c’è una sorta di antitesi/connubio tra digitale e analogico. Cosa racconta questa scelta?

È nato tutto in maniera nebulosa, è andato definendosi progressivamente, ma tutti gli elementi in scena erano presenti già dal primo momento di ideazione, perché l’antitesi è in qualche modo la cifra di questo lavoro. Il giradischi appartiene alla mia adolescenza, è legato allo stereotipo di dj depositato nella mia memoria, mentre l’elemento digitale appartiene alla generazione di adolescenti di adesso.

Per quanto riguarda gli attori in scena: quanto c’è di autoriale nel loro lavoro in questo spettacolo?

Gli attori di questo spettacolo sono persone con cui lavoro da molto tempo, quindi ho cercato di immedesimarmi nel loro modo di pensare. In questo lavoro non c’è improvvisazione, ogni singola posizione sul palco è scandita da un piccolo pezzo di scotch sul palco che indica, in quella scena, dove deve stare l’alluce del piede destro in modo da dover dare un certo tipo di tre quarti del viso. Un lavoro maniacale che non lascia spazio all’improvvisazione.

A proposito dell’operazione sul testo con Gerardo Guccini, come si è strutturata questa collaborazione?

Gerardo mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto leggere molto, mi ha fatto comprendere non solo in maniera teorica, ma anche pratica come Shakespeare sia arrivato a Romeo e Giulietta, ovvero attraverso una stratificazione di testi e scritture che partiva da molto prima. Queste letture, a tratti quasi spiacevoli, hanno permesso di guardare i personaggi di Romeo e Giulietta da altre angolazioni e di smitizzare la faccenda, di riportare tutto su un piano più concreto, mettendo in risalto come l’operazione di Shakespeare sia prima di tutto di carattere poetico.

Si parla della lingua, del verso, della bellezza della lirica amorosa messa in bocca a degli adolescenti che si sposano di nascosto. Dove invece le fonti precedenti a Shakespeare partono dicendo che Romeo e Giulietta hanno avuto una giusta morte “perché si sono abbandonati a passioni basse e lascive, aiutati dai malevoli consigli di adulti intriganti” la storia è la stessa, il giudizio cambia. Allora mettere in bocca a dei ragazzini, che vanno contro la famiglia, delle parole meravigliose mi ha permesso di capire che il verso doveva essere esaltato e che c’era la possibilità di riportare tutto su un piano molto concreto.

La presenza sul palco del regista è quella di un personaggio un po’ ibrido, un po’ Romeo, un po’ burattinaio degli eventi. È una scelta che è arrivata subito o in corso di lavorazione dello spettacolo?

Non volevo nascondere il backstage, anzi avrei voluto ancora più “tecnica” sul palco. C’è questa dimensione di un dentro e di un fuori, la tecnica non può che essere tutta vista, io sono innamorato del dietro le quinte e secondo me il backstage è un momento molto affascinante, anche per il pubblico giovane di cui sopra, sicuramente uno dei riferimenti che io spero di vedere a teatro.

Viviamo in un tempo molto voyeuristico, dunque la dimensione di poter spiare qualcuno mentre realizza davvero qualcosa nella mia idea avrebbe potuto agganciare il pubblico e creare un elemento di interesse. Volevo mettere in primo piano assoluto Giulietta, perchè in tutti i Romeo e Giulietta, Romeo prevale sempre e fa sempre un po’ di più una bella figura.

Riguardo alla tua formazione al Teatro d’Arte di Mosca, cosa ti porti dietro dell’esperienza russa e cosa la scena contemporanea italiana può rubare alla Russia e viceversa?

Quello che mi porto in prova sono delle cose che affiorano alla memoria in un modo difficile da definire, alcune suggestioni semplici, accanto a riflessioni poco traducibili e spiegabili: ad esempio, un certo tipo di atteggiamento da assumere nel momento in cui un personaggio dà una notizia, la capacità di aspettare che il compagno di scena interiorizzi la notizia, la reazione non deve essere intenzionale, ma deve scaturire dall’ascolto. L’importanza di non essere in contatto con la tua idea del personaggio e dell’opera e l’idea che l’attore non è un vettore che ritorna a sé stesso ma che tutti i vettori colleghino le persone sul palco e poi il palco e la platea.

La scena italiana può rubare alla Russia il lavoro sull’energia, per cui la scena contemporanea ha sempre vinto sul teatro tradizionale. Le grandi avanguardie del novecento, sono portatrici di un’energia, di un motore interno che scalda il pubblico, ho avuto modo di lavorare in accademia quasi esclusivamente sull’energia, in un ambiente in cui le note a fine spettacolo non riguardano appunti tecnici, ma la capacità di instaurare un dialogo energetico con il pubblico, e questo è ciò che spero di riuscire a portare sul palco.