“AHIA!”, la fiaba della vita raccontata ai bambini. Intervista a Damiano Nirchio

“AHIA!”, la fiaba della vita raccontata ai bambini. Intervista a Damiano Nirchio

Ahia! di Damiano Nirchio

Ahia! di Damiano Nirchio

Lassù (o laggiù), in quel luogo dove le anime si preparano a nascere per la prima o per l’ennesima volta, c’è un problema: una piccola anima proprio non ne vuole sapere di venire al mondo. L’Ufficio Nascite e il Signor Direttore le hanno provate tutte per convincerla, ma niente: tanto che, a forza di rimandare, è diventata… vecchia! Eppure tutti gli altri fanno la fila e si danno dei gran spintoni pur di vedere com’è fatta la Vita…

Comincia così “AHIA!”,  spettacolo della compagnia Senza Piume Teatro​ di Damiano Nirchio e Anna Maria De Giorgio, presentato  con grandissimo successo dal festival “Maggio all’Infanzia” 2016 e vincitore del Eolo Award 2017 (migliore drammaturgia di teatro per ragazzi, migliore interpretazione e miglior spettacolo dell’anno).

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Lo spettacolo è scritto e diretto da Damiano Nirchio e nasce dalla sua esperienza come operatore sociale, attività che lo vede impegnato parallelamente a quella teatrale. In particolare, l’idea di raccontare la vicenda di un’anima che ha la possibilità di rimandare la propria nascita per la paura di affrontare le piccole e grandi difficoltà della vita è nata nel corso di una serie di laboratori con persone che avevano attraversato eventi difficili e alle quali era stato chiesto di riscrivere fiabescamente la propria esperienza con un lieto fine. Una forma di elaborazione creativa che si è trasformata, sul palcoscenico, in uno spettacolo che è un inno alla gioia della vita

Abbiamo intervistato l’autore e regista Damiano Nirchio:

Che uno spettacolo che ha l’etichetta di “teatro per ragazzi” trovi posto nella rassegna del Comune di Bari tra gli spettacoli programmati in serale è una bella conquista, no?

Sì, è una bella conquista e non è la prima volta, in realtà: in giro per l’Italia, questo spettacolo ha incontrato qualche direzione artistica che ha osato la programmazione nella stagione per gli adulti. C’è un dibattito, a livello italiano e non solo, rispetto all’etichettatura degli spettacoli, che certamente è utile dal punto di vista di chi organizza i finanziamenti per destinare determinate risorse a un certo tipo di ricerca piuttosto che a un altro. Ma da tempo si tenta di togliere al “teatro ragazzi” questa etichetta di teatro di serie B, di mero intrattenimento per i più piccoli, che si porta dietro. La cura, l’attenzione che ormai da decenni si prova a dare al teatro per ragazzi prevede addirittura un surplus di delicatezza e di grande competenza da parte di chi lo fa e lo porta in giro. È uno degli spazi del teatro italiano dove spesso ci sono le sperimentazioni più interessanti, fatte con maggiore libertà. Soprattutto perché sono sperimentazioni di linguaggi e contenuti che, dovendo avvicinarsi alle giovani generazioni, diventano, di fatto, occasioni di teatro democratico, un teatro che permette a tutti, proprio a tutti di avvicinarsi al teatro, indipendentemente dall’età, dal livello culturale, dall’estrazione sociale, dal titolo di studio, dall’abitudine di andare a teatro… Quindi, citando Leo de Berardinis, il “teatro ragazzi” è un’occasione per fare teatro popolare ma di ricerca.

Ahia! parla di un’anima che non vuole nascere per paura dei dolori della vita e in Senza Piume, spettacolo che portate in scena da 10 anni, viene affrontato un tema delicato come la pazzia. Come impostate il dialogo con i bambini? Questo teatro per tutti può parlare di tutto?

Il teatro nasce per essere per tutti e per parlare di tutto, per condividere i temi più scottanti dello stare al mondo e dell’essere comunità o dell’essere città o semplicemente dell’esistere. Dunque mi fido del fatto che lo strumento ha già in sé gli anticorpi per sfuggire al fallimento. Tutto sta nel fare una ricerca onesta e sincera. Tento di non lasciarmi mai spaventare dal fatto che ci siano dei temi o dei linguaggi tabù per i più piccoli. Spesso si ha un eccesso di protezione nei loro confronti, dimenticandosi che invece gli stimoli a cui sono quotidianamente sottoposti sono spesso più vuoti e più deleteri di alcuni temi forti che hanno la sola colpa di toccare nel profondo sia i piccoli che i grandi. Dunque mi fido del fatto che ci siano delle cose che sono esperienza dell’essere umano a quattro anni come a cent’anni e che quindi piccoli e grandi possano sedersi insieme a teatro e condividere, attraverso il pretesto del teatro, un’esperienza. Molto spesso in famiglia, a scuola, in classe, nelle associazioni, nelle comunità non si sa da dove cominciare per affrontare alcuni temi, perché non si hanno gli strumenti, non si hanno le parole. Credo che il teatro oggi debba svolgere anche questa funzione:regalare le parole e gli strumenti per poter, anche fuori dal teatro, stare insieme su determinati aspetti del vivere.

Ahia! di Damiano Nirchio

Ahia! di Damiano Nirchio

A proposito della funzione del teatro, quale ruolo hanno nella tua vita artistica i laboratori teatrali che conduci e che hai condotto?

Ho la fortuna, un po’ per caso e un po’ per vocazione, di non condurre soltanto i classici laboratori di formazione al teatro. Parallelamente al teatro, anche per prossimità familiare – perché mia madre ha sempre svolto questo mestiere – mi è capitato di incappare da subito nel mondo del sociale, per cui le cose sono sempre andate di pari passo. Per me il teatro e l’attività di formazione teatrale sono sempre stati rivolti alle fasce più fragili, più delicate della popolazione e a quanti quotidianamente vi si interfacciano. I laboratori sono sempre occasione di incontro e di confronto con coloro in cui il nervo della vita è un po’ più scoperto. Senza Piume nasce dall’incontro con chi ha sofferto o soffre di una malattia mentale. Ahia! nasce dall’incontro con le donne vittime di violenza presso il Centro Antiviolenza del Comune di Bari e da un lavoro di scrittura creativa autobiografica e di lettura ad alta voce fatto con loro. Una di queste belle signore un giorno mi ha detto: «Se avessi saputo che nella vita dovevano capitarmi tutti questi “Ahia!”, probabilmente avrei scelto di non nascere». Allora mi sono immaginato questo luogo dove tutti sono in attesa di nascere e in cui magari davvero, se trapelasse la notizia che dall’altra parte esiste il dolore, qualcuno potrebbe pensare che sta bene lì dov’è. Ho immaginato questa situazione e un’anima che, a furia di rinunciare, è diventata anziana. Il nascere è sempre confinante col morire e la gioia col dolore: ho voluto raccontare questo strano cortocircuito che viviamo quotidianamente e che pare sia facilmente comprensibile dai piccoli come dai grandi, come questa tounée di due anni ci conferma.

Vuoi raccontare ai lettori di Theatron perché la vostra compagnia si chiama Senza Piume?

Per uno di questi incontri bellissimi e fortuiti. Per due anni avevamo condotto un laboratorio in una comunità per il recupero del disagio psichico. Due anni in cui, insieme a un gruppo di malati di mente, c’eravamo divertiti a giocare col teatro e con la storia di Don Chisciotte.

Arriva il giorno del debutto e, come spesso accade, complice tutta la variegata gamma di emozioni che la vita e la malattia possono dare, il nostro Don Chisciotte decide di non andare in scena. Proviamo a convincerlo in tutti i modi – sempre pronti, comunque, a rispettare la sua volontà – e quando gli chiediamo di spiegarci perché, dopo tanto lavoro, non vuole più andare in scena lui ci pensa un attimo e con grande lucidità ci dice: «Perché mi sento come uno che ha sempre voluto volare, ma sa che è nato senza piume».

Di fronte ad una sintesi così precisa e saggia cosa ribattere? Ci guardiamo in faccia, restiamo seduti fuori dal Teatro Traetta, a Bitonto, a guardare le persone che ci passano accanto e l’unica cosa che sono in grado di dirgli è: «Nicola, ma sai che è esattamente la maniera in cui mi sento anch’io, da sempre? Lo sai che probabilmente è la maniera in cui si sente tutta la gente che ci sta passando davanti in questo momento? Probabilmente è proprio quel tipo di condizione che dobbiamo raccontare e che, attraverso il teatro, possiamo raccontare. Non vivi una condizione isolata.»

Nicola si alza in piedi e dice: «Andiamo in scena!»