Dal 6 al 15 ottobre ritorna a Roma District Dance Festival, progetto dedicato alla danza contemporanea, ideato e organizzato dalla compagnia Atacama di Patrizia Cavola e Ivan Truol. Per questa seconda edizione, oltre 10 eventi, tra spettacoli ospitati dal Teatro Furio Camillo, spazio multidisciplinare nel quartiere Tuscolano e laboratori presso la Scatola dell’Arte di San Lorenzo, punto di riferimento per giovani danzatori, attori, professionisti, amatori, dove si svolgono corsi di formazione, perfezionamento, laboratori di ricerca e workshop con maestri internazionali, residenze creative, aperture al pubblico, performance ed esiti dei laboratori.
Il progetto vuole proporre esperienze nel campo della danza in differenti quartieri della città di Roma con l’idea di costruire una rete artistica di spazi e collaborazioni locali. L’incontro tra mondi e luoghi differenti potrà generare nuove modalità creative, pratiche artistiche e scambi tra la comunità e gli artisti contemporanei. Gli spettacoli e i laboratori previsti sono accomunati dalla volontà di approfondire il linguaggio del movimento nella sue varie sfaccettature, dall’esperienza pratica al confronto su tematiche contemporanee fino all’utilizzo delle nuove tecnologie. La programmazione di District Dance Festival presenterà spettacoli di diverse compagnie italiane e internazionali e opere inedite di autrici e autori contemporanei testimoniando la volontà di offrire nuovi sguardi e linguaggi al pubblico romano.
Il festival prenderà il via il 6 ottobre alle 21:00 presso il Teatro Furio Camillo con Nest di ResExtensa Dance Company, regia e drammaturgia di Elisa Barucchieri, con Moreno Guadalupi e Fabiana Mangialardi. Un labirinto di voci, di relazioni, di commistioni e alchimie – narrazioni in danza che si incontrano, incastrano, scontrano, accompagnano, riportando le domande al corpo, al movimento, all’incastro con l’altro. Segue Riti di Passaggio, di Mandala Dance Company, concept, coreografia e regia di Paola Sorressa: la produzione, dedicata a Lucien Bruchon, si ispira alla sacralità di tutti quei momenti che segnano il passaggio alle diverse fasi esistenziali o scandiscono l’evoluzione stessa dell’individuo in questa Vita terrena fino al passaggio a nuove dimensioni.
Il 7 ottobre, presso La Scatola dell’Arte, dalle 16 alle 17:30, il laboratorio gratuito per danzatori, attori, amatori e studenti universitari delle discipline dello spettacolo dal vivo a cura di Salvatore Romania, coreografo della Compagnia Megakles ballet – Petranuradanza. Romania propone un linguaggio coreografico versatile ed originale in cui il corpo è “testo” e nello stesso corpo è egualmente anche il “contesto”, da esplorare attraverso musicalità e dinamismo corporeo.
Dalle ore 21, al Teatro Furio Camillo, una serate dedicata all’interazione con il pubblico grazie alla creazione di Claudio Prati e Ariella Vidach/ Ariella Vidach – AiEP che presentano VIRTUAL Touch&Trail: una performance di danza virtuale con due danzatrici collegate da remoto e una in presenza sulla scena davanti al pubblico, dotate di visori VR, collocate in città diverse e visualizzate su grande schermo. Alla fine gli spettatori avranno la possibilità di interagire con un danzatore/avatar da remoto indossando i visori e sperimentando in prima persona una danza di contatto in forma virtuale, vivendo un’esperienza immersiva. Chiuderà la giornata BRING ME YOUR DRESS di Simona Lisi, artista multidisciplinare, ideatrice di una creazione sui generis che invita il pubblico a portare in teatro vestiti da donare per un’ultima danza sul palcoscenico. Una produzione Associazione Ventottozerosei in collaborazione con Inteatro Festival / Associazione Culturale Atacama Onlus.
La Compagnia Megakles – Petranuradanza in scena l’8 ottobre alle ore 21:00 con Get up, una esortazione a risollevarsi e cercare di liberarsi dalle sabbie mobili in cui si è intrappolati, una ricerca di quei flussi impercettibili che attraversano il mondo e che investono l’essere umano nella sua interezza. Coreografie di Salvatore Romania e Laura Odierna con Francesco Bax, Caterina Lanzafame e Konstyantyn Hryhor’yev.
A seguire la compagnia ART GARAGE diretta da Emma Cianchi con SILENCE – Music of Life: un continuo cercarsi e sorreggersi fatto d’intrecci vorticosi e dinamiche crescenti, un flusso di danza elegante e potente, ma allo stesso tempo dolce e raffinato, dà vita al suono. I performer e i sound designer si fondono e diventano parte di un unico processo creativo in bilico tra live-performance e installazione.
Si continuerà dal 10 ottobre dalle ore 10 alle 13 con il laboratorio gratuito POESIA E VERITÀ DEL CORPO, a cura di Patrizia Cavola e Ivan Truol che indaga e propone esperienze su molti temi fondamentali per la crescita personale: Consapevolezza, Presenza, Ascolto, Attenzione, Qualità della Concentrazione, Contatto e Lavoro di Relazione con l’altro, Sincerità. Con la collaborazione della cattedra di Storia della danza dell’Università La Sapienza di Roma.
Il 13 ottobre al Teatro Furio Camillo alle 21 la Compagnia Motus sarà ospite del Festival con lo spettacolo IMMEMORI (Elogio del ricordo), coreografie di Simona Cieri/drammaturgia e regia di Rosanna Cieri. La memoria aggrega, è il collante che unisce generazioni, la memoria è la base della storia e del civismo. Spesso la memoria cambia forma, muta la sua pelle, si plasma e la coreografia riesce a coglierne la qualità attraverso la sua scrittura. A seguire, dalla Spagna, la compagnia LARUMBE DANZA con IN_SIDE, opera nata nel 2020 dal desiderio di Lucía Montes e Mado Dallery di indagare e creare, a partire da una profonda indagine fisica, basata sulle influenze di entrambe le coreografe e sul loro legame. Si concentra sulla fisicità dei corpi, una dualità in costante tensione all’interno di un’atmosfera singolare.
La giornata del 14 ottobre sarà dedicata al pubblico dei bambini e delle famiglie con il laboratorio gratuito per bambini ESPLOR–AZIONI a cura di Valeria Loprieno dalle 17 alle 18, preparatorio a una visione più consapevole e approfondita dello spettacolo in scena alle 18:30 CAPPUCCETTO ROSSO, c’era una volta il lupo e la fanciulladi Compagnia ATACAMA.
I coreografi Patrizia Cavola e Ivan Truol, partendo dalla fiaba, esplorano il contrasto tra il mondo luminoso e sicuro del villaggio e quello oscuro e insidioso della foresta. Andare nel bosco come metafora del percorso che ogni individuo deve affrontare per crescere, lasciando la sicurezza dell’infanzia per divenire adulto.
Gli ultimi appuntamenti di District Dance Festival sono previsti il 15 ottobre dalle ore 21.00 con due spettacoli: BENVENUT* di Camilla Perugini e Antonio Taurino che mettonoin scena alcuni degli stereotipi che si legano da sempre e troppo spesso al genere maschile e femminile, in una chiave ironica e bizzarra, quasi a sottolinearne l’assurdità. Una coproduzione Associazione culturale Atacama onlus, Gruppo e-Motion; e SCHERZETTO di BorderlineDanza, regia e coreografia di Claudio Malangone, in cui i 3 uomini/personaggi – Pan, Dioniso e Satiro – in un goliardico intreccio tra alleanze, rivalità ed espedienti mostrano aspetti della vita quale pretesto per mettere in scena alcune dinamiche sociali, ampliando e sfumando il concetto di confine tra i generi.
District Dance Festival 2023 è realizzato in collaborazione con La Scatola dell’Arte ETS, con la cattedra di Storia della danza dell’Università La Sapienza di Roma e con l’Associazione l’Archimandrita.
La Compagnia Atacama nasce nel 1997 fondata da Patrizia Cavola, coreografa e danzatrice, e da Ivàn Truol, coreografo, danzatore, attore. Da ottobre 2009 la compagnia ha residenza artistica presso La Scatola dell’Arte di Roma, centro di formazione e produzione, di cui sono essi stessi gestori e direttori artistici. Atacama è sostenuta e riconosciuta dal MIC Ministero della Cultura. L’Associazione Culturale, che negli anni ha ricevuto contributi anche dalla Regione Lazio, dal Comune di Roma, dall’Imaie, persegue il fine di promuovere la conoscenza della danza contemporanea e delle arti performative attraverso la produzione di spettacoli dal vivo, l’organizzazione di festival e rassegne e la creazione di progetti di formazione e perfezionamento professionale.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Torna dal 19 giugno al 7 luglio Fuori Programma, il festival internazionale di danza contemporaneadella Capitale con la direzione artistica di Valentina Marini, giunto alla sua VIII edizione. Prodotto da E.D.A, sostenuto dal Ministero della Cultura e con il contributo dell’Ambasciata di Israele in Italia e realizzato in collaborazione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale,Teatro Biblioteca Quarticciolo e Direzione Musei Statali della città di Roma, tre settimane di spettacoli, incontri con gli autori, residenze, workshop e progetti speciali fra il Teatro India, Castel Sant’Angelo, il Teatro Biblioteca Quarticciolo e il Parco Tor Tre Teste.
Da Jacopo Godani che apre le cerimonie al progetto speciale site specific di Silvia Gribaudi che chiude il festival; dalla folta presenza di produzioni israeliane con le creazioni di Ophir Kunesch, Lior Tavori, Olivia Court Mesa e Andrea Costanzo Martini agli sguardi di coreografi e danzatori provenienti da diverse parti del mondo come l’australiano di base in Francia Thomas Alfred Bradley, Elìas Aguirre e il collettivo Qabalum dalla Spagna e l’artista di origini bulgare Krassen Krastev che arriva al Festival con una produzione svizzera. E poi gli italiani Francesco Marilungo, Salvo Lombardo, mk e Daniele Ninarello con una creazione che coinvolge la pluripremiata indie-rocker Cristina Donà e il Premio Tenco Saverio Lanza, l’italo-giapponese Masako Matsushita.
Artisti nazionali e internazionali, autori dalla solida carriera e le nuove scoperte del panorama coreutico sono dunque le voci plurali che danno corpo e senso al tema e titolo di questa edizione 2023: Unisono. A più voci.
Un titolo che trova la propria forza nella melodia finale come risultato di una pluralità di differenze. “Ecco allora che al termine ‘unisono’, aggiungiamo ‘a più voci’ una pluralità che supera di gran lunga la somma delle parti e trova nella radicalità del singolo la forza del totale. Non dunque suoni di uguale altezza a formare una melodia, ma un intreccio di timbri diversi a formare un cammino comune, anche al costo di tradire un’armonia” come afferma la direttrice artistica Valentina Marini, che aggiunge: “del resto la voce, prima ancora fenomeno acustico è un evento corporeo. Metaforicamente ‘prendere voce’ si traduce con il prendere posizione, boicottare il silenziamento. Prenderla collettivamente significa per noi far vibrare l’ecosistema che ci accoglie e di cui siamo cellule.”
La pluralità di voci è quella di artisti che lavorano su formati eterogenei e linguaggi differenti per disegnare una mappa mobile della danza contemporanea; è quella dei luoghi attraversati da un festival che promuove la creazione di progetti outdoor per riabitare in modo immersivo ambienti inconsueti, per coinvolgere diversi contesti urbani di Roma facendoli (ri)scoprire alla cittadinanza, in un processo dinamico di mobilità tra luoghi e punti di vista diversi. Ma la pluralità di voci è anche quella dei diversi progetti in programma oltre agli spettacoli, come i percorsi di scrittura giornalistica o i workshop pensati per decolonizzare l’immaginario della danza e per sperimentare la materia vibrante della vocalità; e, infine, quella del sistema di alleanze con altre istituzioni culturali che ogni anno il festival mette in campo per rendere più sostenibile la progettazione e abbattere le logiche competitive fra le varie realtà.
PROGRAMMA
La programmazione degli spettacoli della VIII edizione del festival Fuori Programma prende il via il 20 giugno con uno dei più importanti autori italiani in ambito internazionale, già al fianco di un artista del calibro di William Forsythe, il coreografo e danzatore Jacopo Godani che presenta in Prima Nazionale all’Arena del Teatro India Symptoms of Development, la sua nuova produzione per la Dresden Frankfurt Dance Company. Lo spettacolo, con un forte taglio umoristico-satirico, mette in scena una sorta di laboratorio scientifico in cui analizzare le origini e le connessioni di ogni movimento ed esplorare le potenzialità del corpo. La stessa Arena del Teatro India ospita il giorno seguente 21 giugno uno dei protagonisti della nuova scena coreutica, DanieleNinarello, che, insieme all’artista visivo, autore e produttore musicale nonché Premio Tenco Saverio Lanza, e a Cristina Donà, punto di riferimento della scena rock indipendente e del nuovo cantautorato, presenta al pubblico del festival L’Universo nella testa: un progetto che, attraverso la commistione di linguaggi performativi, indaga la forza di gravita della danza e il continuo oscillare fra l’infinito cosmico e l’essere umano, in perfetto equilibrio fra registro intimo e emotività catartica del rock.
Programma doppio invece quello del 22 giugno: la sala A del Teatro India ospita Breathing Room di Salvo Lombardo, una performance che, dalla sua nascita, si rinnova di volta in volta attraverso l’invito rivolto a un artista diverso e che per Fuori Programma prevede il coinvolgimento di Marta Ciappina. Al centro di Breathing Room c’è il respiro come atto poetico, scintilla da cui nasce una performance determinata in tempo reale, senza prove, né anteprime, né repliche. Attraverso il respiro, i due artisti trasformano l’ambiente in perimetro relazionale, spazio di complicità in cui scardinare i principi di autorità e di potere individuale che sottendono il sistema produttivo dell’arte e, al tempo stesso, attivare l’attitudine all’ascolto e alla cura reciproca. Sull’orizzonte relazionale si muove anche Mood Shifters, coreografia firmata da Andrea Costanzo Martini in scena all’Arena, prima delle tante produzioni israeliane ospitate al Festival: partendo dal concetto di mimica emotiva, strumento attraverso cui scopriamo l’altro da noi, i tre performer in scena intraprendo un viaggio alla ricerca dell’intimità, dell’amore e, soprattutto, del riconoscimento.
Le produzioni targate Israele danno forma anche al programma del 23 giugno con le due performance consecutive all’Arena del Teatro India. Si parte con una Prima Assoluta, Arba, restituzione della residenza a Fuori Programma del coreografo emergente Ophir Kunesch, in collaborazione con il Suzanne Dellal Center di Tel Aviv; si prosegue con Mars di Lior Tavori, coreografo e direttore artistico della Lior Tavori Dance Company, una coreografia intima per quattro danzatori che vuole riflettere sul tema della mascolinità sulle note di artisti iconici come i Queen, Carsten Nicolai e molti altri.
Il 30 giugno Fuori Programma si sposta al Teatro Biblioteca Quarticciolo per la restituzione della seconda residenza prevista dal Festival. Si tratta di Stuporosa, performance di Francesco Marilungo, artista di Körper, che ispirata dal pensiero di Ernesto De Martino, porta avanti una ricerca sul pianto rituale, sulla figura della lamentatrice e sull’importanza del rito funebre per dare senso alla morte.
Imperdibile il programma del 2 luglio quando il Festival, grazie alla collaborazione con la Direzione Musei Statali della Città di Roma, abiterà e attraverserà i meravigliosi spazi del Mausoleo di Adriano, noto ai più come Castel Sant’Angelo, dove per tutto il pomeriggio fino alla sera si avvicenderanno le creazioni dell’artista multidisciplinare australiano Thomas Alfred Bradley e di mk, il gruppo guidato dal Leone d’Argento alla Biennale Danza Michele Di Stefano. Characters di Bradley è una serie di quattro performance site specific, presentate in Prima Assoluta, che, utilizzando la pratica giapponese del Butoh, si concentrano sulla relazione fra corpo del performer, costume, spazio e immaginario. Da un punto panoramico di Castel Sant’Angelo si affaccerà il pubblico pronto a fare esperienza di Veduta >Roma di mk – anche questa una Prima Nazionale –, un vero e proprio teorema sul paesaggio, costruito con una forte impronta cinematografica per ridisegnarne la prospettiva dello scenario urbano, trasformando la realtà in un luogo dalle coordinate immaginarie, che galleggia tra il presente e il possibile. Grazie anche alla traccia sonora che il pubblico ascolterà in cuffia per connettere idealmente spazi lontani e spazi vicini, la creazione di mk dimostra come la danza possa essere letteralmente un punto di vista sul mondo.
Tutto il secondo blocco di Fuori Programma 2023, dal 3 al 7 luglio, investe poi il Parco Tor Tre Teste nella periferia sud-est della Capitale. Il 3 luglio l’artista italo-giapponese Masako Matsushita presenta Vibes#3, un pezzo che è parte del più ampio progetto Vibes, performance audio-coreografica che permette ai partecipanti di incontrarsi e condividere attimi di danza nello spazio pubblico, muniti di cuffie e di un’applicazione per smartphone. Subito dopo al Parco le vibrazioni aumenteranno fino a esplodere con I carry, you hold, performance in Prima Nazionale di contact improvisation dalla notevole forza espressiva firmata dalla coreografa cileno-israeliana Olivia Court Mesa. Il giorno seguente, 4 luglio, il Parco ospita ancora due creazioni, due produzioni spagnole: si tratta di La medida que nos ha de dividir, in Prima Nazionale, una partitura coreografica incentrata sull’affetto, lo scorrere del tempo e le pulsioni umane ad opera del collettivo Qabalum; e di Pez Esfingedel coreografo e artista visivo Elìas Aguirre, un lavoro di ricerca sul microcosmo sottomarino, sui dettagli che passano inosservati, sugli spazi che apparentemente rimangono immobili, come metafora dell’inconscio e della natura più profonda dell’essere umano.
Il 6 e 7 luglio, sempre al Parco Tor Tre Teste, il festival tocca uno dei suoi momenti più alti con la coreografa e danzatrice pluripremiata e osannata dalla critica Silvia Gribaudi, autrice di un progetto speciale site specific appositamente realizzato per Fuori Programma 2023. Ospitata in residenza nei dieci giorni precedenti, Silvia Gribaudi va al cuore del tema di questa ottava edizione con Unison, un lavoro che nasce da alcune domande precise: come creare un unisono?come dare voce alla libertà del corpo? come creare un movimento collettivo senza imporre strutture gerarchiche ma azionicoreografiche in cui la persona si senta libera? Il risultato è un dispositivo performativo che genera un’azione corale, dando voce e spazio all’identità della persona in relazione all’io collettivo. A completare il quadro, negli stessi due giorni, in programma anche On /Opus III dell’artista di origini bulgare Krassen Krastev, una coreografia in Prima Nazionale che è una vera e propria ipnotica scultura umana: fra il movimento perpetuo dei Dervisci Rotanti e una reinterpretazione della pole dance, tre corpi sospesi in aria sfidano la gravità e invitano il pubblico a prendersi una pausa contemplativa per riflettere sul mondo, lasciando fluttuare la mente e il corpo in uno stato estatico.
A completare il quadro del festival – oltre alle residenze artistiche – il laboratorio Le classique c’est chic a cura di Anna Basti, l’atelier coreografico di Irene Russolillo dal titolo Materia continua, il workshop di visione e scrittura giornalistica Lo sguardo performativo a cura di Teatro e Critica, l’incontro/tavola rotonda Arti performative e culture del contemporaneo / Co-progettazione e programmazione in Retee il ciclo di Esplorazioni Urbane nei luoghi limitrofi a quelli che ospitano gli spettacoli, in collaborazione con le associazioni del territorio e, infine, la tappa di selezione del Premio Prospettiva Danza Teatro.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Sabato 20 maggio – in Via Prenestina 284c/286 a Roma, ore 17:30 – avrà luogo l’inaugurazione di Ebask_LAB, Centro di Formazione e Produzione Artistica, uno spazio dato in gestione all’Associazione di Promozione Sociale Teatro Ebasko nella prima periferia di Roma.
Il locale è in convenzione con il V municipio del Comune di Roma e al suo interno si svolgeranno numerose attività culturali: corsi di teatro, canto, musica, pittura, artigianato, coro, danza e videomaking.
Lo spazio intende essere un polo culturale e artistico per la produzione e la formazione, focus centrali della progettualità di Teatro Ebasko attiva su Bologna, Roma e Melissa (in provincia di Crotone), un vero e proprio “teatro a geografia diffusa” sul territorio nazionale.
«Aprire uno spazio culturale a Roma ci ha spaventato fin dall’inizio – dichiara Simone Bevilacqua, direttore artistico di Teatro Ebasko – Eravamo in 8 persone quando siamo tornati nella Capitale, ma la pandemia e la crisi economica a seguito della pandemia ci hanno decimati. Dopo quasi 2 anni di ristrutturazione dello spazio, dato in concessione dal V municipio del Comune di Roma, stiamo finalmente avviando le attività che avevamo immaginato. Intendiamo questo spazio come un luogo trasversale e attraversabile. Un centro in grado di coinvolgere gli artisti emergenti nell’ambiente indipendente del quadrante est di Roma e al tempo stesso in grado di entrare in relazione con le dinamiche di produzione e formazione del paese».
Teatro Ebasko vuole dunque sviluppare un dialogo con le realtà culturali e artistiche già presenti nel territorio per avviare scambi e realizzare progetti in maniera condivisa e virtuosa. Vi saranno corsi di teatro per tutte le età, laboratori d’arte, seminari di formazione, eventi artistici e/o di studio, convegni, congressi, spettacoli e performance, prove di artisti, residenze creative di gruppi e compagnie, progetti internazionali, tirocini di formazione, workshop creativi e uno spazio di coworking/sala studio per studiosi, studenti e liberi professionisti del mondo artistico.
L’evento inaugurale sarà caratterizzato da mostre ed esposizioni a cui si alterneranno una presentazione della compagnia, dello spazio e dei corsi che inizieranno a partire dal prossimo autunno. A seguire un buffet gratuito e una serata ricca di performance, spettacoli e interventi artistici.
Per ulteriori informazioni: 351 28194196
TEATRO EBASKO
Teatro Ebasko è un gruppo di ricerca teatrale nato a Bologna nel 2015. Sceglie il suo nome dal greco antico ἡβάσκω un verbo che ha radice etimologica nel nome della dea Ebe e significa prendere forza, divenire giovani. Il gruppo intende questo verbo secondo l’accezione di rinnovamento continuo, come il moto delle onde rappresentato nel logo della compagnia. Attraverso la sperimentazione di differenti linguaggi artistici, il gruppo investiga le funzionalità del corpo e della voce in scena. All’interno di questa sperimentazione c’è il lavoro di teatro in strada che accoglie miti e storie antiche e le trasforma in drammaturgie urbane. Già da prima della fondazione ufficiale (dal 2013) conduce laboratori, corsi e workshop per persone di ogni età e genere.
Ha in repertorio tre spettacoli di sala (teatro indoor): Mèlisse, Fragalà e 2050: una favola distopica; due spettacoli di strada (teatro outdoor): Cosmos e Circe. Dal 2020 il gruppo organizza RaMe • Festival Internazionale di Teatro e Arti Performative a Melissa (KR). Negli anni ha gestito rassegne artistiche, progetti culturali e d’inclusione sociale, vincendo bandi e call di festival nazionali ed internazionali. Il gruppo si costituisce in Associazione di Promozione Sociale nel febbraio del 2016, adeguando lo statuto al registro nazionale degli enti del terzo settore nel 2022.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
L’associazione culturale Monkey Mood nasce a Roma nel 2014 per creare e promuovere azioni artistiche e poetiche. Tra le proposte formative presentate dalla Monkey Mood l’ultima è LSD Legge Sesso Delitto. Progetto di de-formazione teatrale, realizzatoin collaborazione con CENDIC Centro di Drammaturgia Nazionale, Fahrenheit 451 Teatro. Una squadra di registi, drammaturghi e trainers vocali e fisici impegnerà gli allievi in un percorso a scelta di 3, 6 o 9 mesi orientato alla produzione di una trilogia.
Il percorso di formazione, nato dalla necessità di riflettere la visione deformante della contemporaneità in cui viviamo, è strutturato in tre “sentieri” di tre mesi ciascuno. Nei primi 2 mesi di ogni trimestre il drammaturgo, affiancato dal lavoro dei trainers, svilupperà con gli allievi un testo inedito seguendo le suggestioni dell’Orestea di Eschilo che sarà il fil-rouge da cui emergeranno i temi Legge Sesso Delitto. Il lavoro prenderà forma e si svilupperà sui temi, sulle trame e sui personaggi che affioreranno dalla creazione del testo. Dal terzo mese di ogni trimestre il lavoro passerà nelle mani del regista che, per 5 settimane, lavorerà coi ragazzi alla messa in scena.
In questa intervista, David Gallarello, presidente e direttore artistico della Monkey Mood, mette a punto il manifesto artistico e poetico di LSD riflettendo sull’importanza di porre ladrammaturgia al centro dell’esperienza pedagogica.
• Innanzitutto, David, ti vorrei chiedere quale esigenza ti ha spinto all’elaborazione del progetto LSD?
Più che un’esigenza è stata la necessità di una riflessione critica sulla contemporaneità.
• Ci puoi spiegare cosa intendi per contemporaneità?
Intendo l’epoca del tecno capitalismo, del neo liberismo o di come lo si voglia definire. Un’ epoca che sembra irriducibile ad ogni rappresentazione. Il mondo, nella sua incessante metamorfosi, oltre che impazzito, risulta indecifrabile. Non disponendo più delle “grandi narrazioni”, cioè degli strumenti su cui basare una critica radicale, qualunque possibilità di cambiamento, di dissenso o di alternativa appare impossibile.
• Cosa intendi per grandi narrazioni?
Mi riferisco alle ideologie, secondo la definizione che ne ha dato Lyotard, il filosofo teorico del postmoderno. Con la fine appunto delle grandi narrazioni, i sistemi che avevano contribuito a creare la modernità, si pensi all’illuminismo, all’idealismo e al marxismo, lasciano un vuoto, ipso facto occupato dall’unica ideologia oggi dominante: l’ideologia del Mercato e del Capitale.
• Con questo vuoi dire che non ci sono alternative a questo sistema?
E’ un dato di fatto. Il mondo è uniformato da un’unica visione e non c’è all’orizzonte nulla che le si possa contrapporre. Questa insuperabilità comporta, da una parte, un adattamento alla realtà, che è di un conformismo sconcertante, dall’altra, una forma di disincanto altrettanto aberrante. Le nuove generazioni non sono più accese da passioni utopiche o da sogni emancipativi. Sono piuttosto narcotizzate dal mercato e ripiegate su se stesse. I desideri illimitati sono le false libertà che garantiscono la circolazione delle merci ad infinitum. Si può desiderare tutto tranne che cambiare la realtà. L’impotenza del cambiamento genera dunque passioni tristi. Nessuna passione durevole che possa condividersi. Solo passioni momentanee, movimenti destinati ad esaurirsi in un breve giro di vite. Nessun dissenso sembra resistere all’ “immane potenza del negativo”. Ogni tentativo comunitario di agire alternativamente, viene subito messo a tacere, oppure inglobato e rimesso in circolazione come merce. L’esperienza dell’occupazione del Teatro Valle è da questo punto di vista esemplare.
• Un artista come dovrebbe reagire di fronte ad uno scenario tanto desolante?
Io credo che l’arte in generale e il teatro nello specifico abbia oggi una grande possibilità. Nonostante tutto appaia paralizzato da un immobilismo assoluto, qualcosa sotterraneamente, come sempre, si muove, e l’artista ha il compito di intercettare questo movimento e portarlo alla luce.
• In che modo?
Non ci sono ricette o soluzioni facili. Io almeno non ne ho. Posso solo esprimere un punto di vista da un osservatorio del tutto marginale e periferico. Io credo, e il nostro piccolo progetto ne è testimone, che il teatro debba urgentemente tornare alle sue origini, cioè al suo essere politico. E per fare questo deve rientrare innanzitutto nei suoi limiti.
• Puoi spiegarci meglio questo ultimo passaggio?
Il teatro, come ogni forma artistica, si è adeguato perfettamente al modello ideologico dominante, si è cioè posto sul terreno dell’illimitatezza, dello sconfinamento, e della nuda vita, uscendo cioè dal suo specifico e perdendo qualunque centralità. La teoria della performance, per citare un esempio, è, per quanto possa risultare stridente, l’espressione compiuta di tale adeguamento. Quando Schechner, uno dei suoi teorici più illustri, sostiene che una manifestazione per la rivendicazione di diritti civili, corrisponde molto di più alla natura performativa di quanto non faccia una finzione drammaturgica all’interno di uno spazio teatrale, sta operando esattamente in questa direzione. Sta cioè dissolvendo i limiti del teatro. Questa dissoluzione non risponde, a mio avviso, come poteva sembrare 40 anni fa, ad un istanza rivoluzionaria bensì alla spinta capitalista che traduce nell’illimitatezza ogni azione umana salvo poi reificarla nel mercato. Ed è quello che è avvenuto con il 68. La liberalizzazione dei costumi e la distruzione dei valori borghesi si è tradotta nella illimitatezza dei desideri e nella loro libera circolazioni nel flusso inarrestabile delle merci.
• Tornando al vostro progetto, quanto la scelta di porre la drammaturgia al centro di questa esperienza è in linea con quello che tu stai affermando?
Lo è in modo radicale. Porre al centro di un progetto pedagogico la drammaturgia, e nello specifico l’Orestea di Eschilo, è una dichiarazione di intenti tutt’altro che neutra. E’ esattamente quello che intendo quando sostengo che il teatro debba tornare entro i suoi limiti. Il testo, cioè la drammaturgia, che non si traduce esclusivamente in scrittura di scena,o nella performance della nuda vita, ha questo gravoso compito. Il testo deve tornare ad essere un centro di ordinamento spirituale, intorno al quale i vari ruoli del teatro possano ricollocarsi. Per questo è necessario che la figura dell’autore torni ad essere protagonista. Si deve ricomporre un filo che è stato spezzato. La fonte a cui, a mio modesto parere, i drammaturghi oggi dovrebbero guardare, oltre ai greci, e ovviamente a Shakespeare, è la drammaturgia moderna nata sulla scia dell’idealismo tedesco, per culminare con l’opera di Brecht. Da noi figure come Pasolini, o lo stesso Gramsci, come teorico della cultura della prassi e del “potere di scissione”, dovrebbero essere prese come modelli. Il che non significa un acritico tornare indietro, una reazione. Tutt’altro. Se si vuole costruire una coscienza critica, una forma cioè di resistenza etica e una proposta creativa per una visone alternativa non si può prescindere dall’avere alle spalle una base solida su cui poggiare il proprio dissenso.
• La scelta della drammaturgia e della grecità sono dunque alla base del vostro percorso pedagogico.
Esattamente. I greci ci aiutano a ricomporre il filo spezzato, in primis perché sono i maestri del limite e della misura, del peras e del metron, inoltre perché ci indicano la via del teatro come luogo comunitario di critica all’illimitatezza, all’ubris, che minaccia la società col rischio della sua stessa distruzione. La tragedia e la commedia greca è la straordinaria opera umana in cui è in atto la lotta tra il limite e la tracotanza. Una dialettica che si fonda innanzitutto su un terreno sociale e politico. Inoltre, il ritorno ai greci ha una forte valenza antropologica. Secondo Aristotele l’uomo è zoon politikon, animale politico e sociale, cioè di natura socievole e comunitaria. Questa visione è l’opposto dell’immagine attuale che descrive l’uomo come una macchina desiderante, un individuo sradicato, apolide, precario, liquido, un consumatore svuotato di qualunque sostanza etica e spirituale. Il lento ritorno ad un teatro politico e ad una visione sensata dell’uomo è dunque il presupposto forte su cui poggia il nostro progetto.
Una moderna epicità, una riscoperta dei classici che rivelano una dirompente contemporaneità, che ci parlano di oggi e ci spiegano il presente, un coro di echi, voci e suoni dal passato per raccontare il presente lungo il percorso della celebre via Appia: questo è il senso della prima edizione di “Appia nel Mito”, rassegna che dal 18 giugno al 30 luglio abiterà e popolerà la Chiesa di S.Nicola a Roma e Villa Sciarra e Villa Torlonia a Frascati con 13 spettacoli, di cui 5 debutti assoluti, e circa 30 artisti, tra danza e teatro. Il progetto nato dall’idea di Alessandro Machìa e Fabrizio Federici della compagnia teatrale Zerkalo, con il contributo della Regione Lazio, si pone l’obiettivo di riconnettere teatro e pubblico, artisti e comunità, dopo questo periodo di isolamento. Un incontro che è un prendersi cura, delle persone e dei luoghi, che rimette al centro i luoghi simbolo della via Appia, li abita, li riattiva, li pensa ma come soggetti vivi, frammenti di una narrazione mitica che continua potente fino ai nostri giorni.
«Abbiamo voluto intitolare questa prima stagione “RICORDARE IL PRESENTE”- annota il direttore artistico Alessandro Machìa. “ Questo ossimoro che contiene apparentemente un’impossibilità, una contraddizione, ci è sembrato risolvesse in sé non soltanto quella propria del mito, della tragedia antica e della nostra realtà – come capisce Shakespeare quando fa dire alle streghe del Macbeth “Il bello è il brutto e il brutto è il bello”; ovvero l’ambiguità, la duplicità della verità che il mito racconta, che è e non è. “RICORDARE IL PRESENTE” significa anche far emergere quella linea invisibile che connette il mito al nostro presente: al di sotto dei nostri progetti di razionalità, delle “magnifiche sorti e progressive”, agisce ancora potente il mito. E ci parla. Ci parla oggi. E dunque ricordare il presente è ricordare il mito nel presente, interrogarlo come facevano Omero e Esiodo, che chiedevano la parola alle Muse per comprendere il proprio tempo e l’enigma che siamo. In questi nostri tempi bui, in cui il pensiero sembra aver ceduto il passo al tifo e alla falsa contrapposizione delle opinioni dove tutto si annulla, abbiamo bisogno di parole autentiche, di parole che vengono da lontano, dal Mito. E di ascoltarle insieme, come comunità. Queste parole le chiediamo agli artisti presenti in questa prima edizione: se l’uomo, come dice Heidegger, è il parlante e il mortale perché ha la facoltà del linguaggio e fa esperienza personale della morte, l’artista è doppiamente mortale e parlante perché può giocare la morte, nel teatro nella danza, reinventa la parola, ce la restituisce. E la parola dell’artista è sempre parola autentica.
Dedichiamo, inoltre, la prima edizione di APPIA NEL MITO alla memoria di un attore straordinario scomparso da poco, uno dei più grandi che abbiamo avuto e forse non sufficientemente omaggiato; col quale ho avuto l’onore di lavorare, di percorrere un piccolo tratto di strada al suo fianco: PAOLO GRAZIOSI. Paolo era un attore immenso, asciutto, modernissimo, generoso, che da attore straordinario conosceva bene quella ambiguità della parola che il mito ci porta ancora oggi. Vogliamo dunque dedicare questo festival a lui».
Seguendo il fil rouge “RICORDARE IL PRESENTE”, la rassegna si snoda in un percorso di spettacoli site-specific che hanno al centro il Mito: una via nel mito che dal passato giunge fino a noi, attraverso il nostro di rappresentarci nel tempo e nella storia. Una anàbasi, una risalita da due anni drammatici che parte dall’origine della nostra civiltà: il mito, la classicità, il tragico; per come ci parlano oggi, nella nostra società complessa, attraverso le riscritture e le diverse modalità di rielaborazione nel teatro e nella danza. APPIA NEL MITO è anche un ritorno all’origine della nostra civiltà con un nuovo modo di guardare all’antico e alla tragedia per come ci parlano oggi, attraverso le diverse modalità di rielaborazione del teatro e della danza.
Grandi artisti e giovani compagnie si alterneranno per un mese e mezzo di programmazione, dal 18 giugno al 30 luglio, in diverse location immerse nella Storia e nel verde, tra Roma ( Chiesa S. Nicola) e Frascati (Villa Torlonia), con spettacoli di teatro e danza, reading, laboratori gratuiti di teatro, danza e giocoleria. Tra gli artisti presenti: Massimo Popolizio, Vinicio Marchioni, Daniele Salvo, Viola Graziosi, Andrea Tidona, Melania Giglio e Roberta Caronia.
Si inizia il 18 giugno alla Chiesa di San Nicola con CLITENNESTRA di Luciano Violante interpretata da Viola Graziosi, la quale intesse un viaggio dal mito alla contemporaneità sorretta da un fraseggio tragico che scolpisce le parole sulla declinazione di una storia di un esilio perpetuo post mortem, e con IFIGENIA IN CARDIFF (19 giugno) di Gary Owen con Roberta Caronia e la regia di Valter Malosti, un delirio monologante denso di lucidità che si rivela a poco a poco, ribaltando gli equilibri del senso comune e scardinando moralismi e perbenismi vari.
Si continua il 24 giugno con EDIPO… SEH! con Andrea Tidona e la regia di Carla Cassola, uno scherzo intelligente e raffinato per “raccontare” con leggerezza una delle più grandi tragedie della storia del teatro, e il 29 giugno con la danza di Aurelio Gatti, che traspone una sua versione del mito di DAPHNE.
Seguirà il 30 giugno CIRCE. Le origini con Alessandra Fallucchi e la regia di Manuela Favilla a delineare il ritratto di una figura ambivalente: crudele ma anche pietosa, ostile ma anche amica. Circe è Donna, Ninfa, Maga, Amante ma anche Moglie, racchiude le molte potenzialità del femminile, mentre il 1 luglio Melania Giglio e Daniele Salvo indagano la figura di Saffo, una delle poetesse più famose del mondo antico, con INNO AD AFRODITE- Serata per Saffo, in prima nazionale.
Grande attesa per Vinicio Marchioni e il suo IN VINO VERITAS, il 2 luglio a Villa Torlonia (Frascati), un meraviglioso itinerario nella letteratura, nella musica e nell’umanità che si è sviluppata intorno al culto del vino e a tutto quello che il vino rappresenta: incontro, amicizia, andare oltre i limiti del concesso, creazione, disperazione e gioia di vivere; da Dioniso a Charles Bukowski, passando da Hemingway all’opera lirica, da Omero ad Alda Merini; mentre Giuseppe Pestillo il 10 luglio darà corpo e voce a ONISIO FURIOSO, diretto da Luca Mazzone, il quale affronta il tema della modernità del mito e lo fa costruendo un personaggio che si muove a un ritmo sul crinale tra la poesia e l’epopea, tra la parola tragica e la quotidianità.
Venerdì 15 luglio (Frascati) sarà la volta della nuovissima produzione PASOLINI. UNA STORIA ROMANA di e con Massimo Popolizio che intreccia il racconto biografico di Pasolini, dal suo arrivo nella città eterna nei primi anni cinquanta fino alla sua tragica morte nel 1975, con i più celebri testi dell’autore, accompagnato dalle melodie eseguite dal vivo di Giovanna Famulari.
A seguire sabato 23 luglio appuntamento con LE DONNE DI SAMO di Menandro, rito teatrale in maschera che conserva tutto il suo fascino, diretto da Roberto Zorzut, e il 24 luglio con MOSTELLARIA, una delle commedie più divertenti e significative di Plauto, con la regia di Vincenzo Zingaro.
Il 26 luglio Ludovic Party tratteggia le coreografie di PROMETHEUS, uno spettacolo tra danza e video mapping. Il mito di Prometeo da sempre ha affascinato donne uomini, pensatori ed artisti di ogni secolo e di ogni disciplina, e questo probabilmente perché ha simboleggiato nel tempo la lotta delle forze amiche del progresso umano, e delle civiltà contro ogni forma di potere.
Chiude la rassegna il 30 luglio (Villa Torlonia), IFIGENIA IN AULIDE con Andrea Tidona tra i protagonisti e la regia di Alessandro Machìa, che offre una visione del tutto nuova dell’ultima tragedia di Euripide trasfigurandola in dramma borghese.
Parallelamente agli spettacoli prenderanno vita una serie di laboratori come quello di giocoleria a cura di Leonardo Angelini il 18 e 19 giugno, uno dei responsabili del settore circo e clowneria in Italia, che presenterà e racconterà la giocoleria come una tecnica a disposizione di tutti, per giocare e per migliorare il proprio benessere psicofisico, e quello su “La pedagogia dell’espressione per tutti” condotto da Gilberto Scaramuzzo il 29 e 30 giugno. Il lavoro prevede la presentazione teorica e la sperimentazione pratica degli elementi fondamentali della Pedagogia dell’Espressione e una applicazione di questi principi nell’ambito della relazione educativa, in qualunque contesto questa si trovi a essere sviluppata.
Una introduzione al Teatro della relazione e al Metodo Mimico di Orazio Costa Giovangigli, così come sono stati sviluppati dall’attività di ricerca del MimesisLab – il Laboratorio di Pedagogia dell’Espressione del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università Roma Tre.Le attività della classe sono strutturate in maniera tale da poter essere fruite da ciascuno dei partecipanti in maniera organica al proprio livello di preparazione.
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