La quinta edizione del Festival Fuori Programma: la rinascita “fuori” dal palco

La quinta edizione del Festival Fuori Programma: la rinascita “fuori” dal palco

«Se cerchi l’inferno, chiedi agli artisti» la voce ferma è quella di Roberto Zappalà che racconta, si muove, osserva da uno dei quattro angoli della pedana centrale, essenziale e bianca, all’interno dell’Arena che sorge a pochi passi dal Gazometro di Roma.

Fuori Programma
Lava Bubbles -Compagnia Zappalà Danza. Ph Piero Tauro

«Se non trovi gli artisti sei già all’inferno». Zappalà è il coreografo e il direttore artistico della omonima compagnia di danza, fondata nel 1989 a Catania. La città che con la sua Piana circonda il vulcano Etna, insieme con i monti Nebrodi e il Mar Ionio. 

A lui l’onore di inaugurare la quinta edizione di Fuori Programma, il Festival internazionale di Danza Contemporanea, prodotto da European Dance Alliance/Valentina Marini Management con il contributo di Roma Capitale, in collaborazione con il Teatro di RomaTeatro Nazionale, Teatro Biblioteca Quarticciolo e V Municipio. Il debutto è avvenuto il 28 luglio, al Teatro india di Roma, nell’ora che volge al tramonto, con lo spettacolo Lava Bubbles

Zappalà rievoca le suggestioni di un’eruzione magmatica che può essere interpretata come un fenomeno naturale, un mistero antico, un viaggio simbolico all’interno di tanti sguardi. Occhi che accolgono le contaminazioni, i contenuti.

I pensieri rapidi, impalpabili come le bolle. Sfere fragili che si dissolvono, come cenere e lapilli, così è  la vita degli uomini. Un soffio che, in una frazione di tempo, riproduce la quotidianità e poi finisce. La vita, la morte sono rispettivamente la ripetizione o la cessazione di quel respiro. Un anelito che incorpora il materiale e l’immateriale, nell’evoluzione di ogni storia, di ogni corpo. 

Due percussionisti al centro della scena creano una rete sonora, suonando live per tutta la durata dello spettacolo, diventando parte integrante della performance. Uno alla volta, le danzatrici e i danzatori entrano nello spazio scenico, provenienti da direzioni diverse, rispettando la sacralità del luogo. Ognuno di loro sembra ripetere il rituale nipponico di accedere e camminare a piedi nudi sulla superficie di un tempio, di una casa o di un tatami. 

Nove performer, protagonisti con i loro corpi differenti per struttura, morfologia e caratteristiche cromatiche. Sono Maud de la Purification, Filippo Domini, Marco Mantovani, Sonia Mingo, Adriano Popolo Rubbio, Fernando Roldan Ferrer, Valeria Zampardi, Joel Walsham ed Erik Zarcon. Il linguaggio scenico, i codici della danza, il lavoro sul corpo sono elementi di indagine, come un trattato di antropologia sociale. Persone che entrano in relazione tra di loro, con i luoghi, e diventano contenitore e contenuto.

La coreografia di Lava Bubbles  è concepita in funzione di uno sguardo circolare, il movimento dei danzatori non asseconda un punto di vista frontale. Il moltiplicarsi degli sguardi possibili è la logica e la forza dello spettacolo. La visuale sconfinata favorisce un incremento delle possibilità drammaturgiche. Le unioni, le rotture, i conflitti del genere umano. Le oscillazioni e l’imponderabilità della vita.

L’imprevisto è la parola chiave che caratterizza la seconda serata di Fuori Programma. Il secondo appuntamento, affidato alla scrittura coreografica di Fabrizio Favale, si trasforma in una inedita e originale versione solista di “Lute”. 

Fuori Programma
“Lute” – Daniele Bianco. Ph Piero Tauro

La creazione per due danzatori de Le Supplici, per improvvisi motivi di salute di Vincenzo Cappuccio, diventa il solo act di Daniele Bianco. A lui l’onore e l’onere di proporre al pubblico di Fuori Programma la geometria delle sequenze coreografiche, un po’ di quel sogno scintillante, di quelle storie fantastiche che caratterizzano la drammaturgia, l’estetica e la visione artistica di Fabrizio Favale.

Forse l’immagine più bella che rimarrà impressa nella memoria degli spettatori sono le simmetrie tra cielo e terra, la corrispondenza tra il volo dei gabbiani nel cielo e le traiettorie disegnate a terra, sulla superficie della pedana, da Daniele Bianco.

Chiude la terza serata del Festival Last Space, opera concepita e coreografata da Marco Di Nardo per Frantics Dance Company. Arriva a Roma da Berlino, con la sua crew  composta da Juan Tirado, Carlos Aller e, per la musica dal vivo, da Andrea Buttafuoco-Molotoy. L’obiettivo è quello di incorporare urban dance, tecniche di improvvisazione e danza contemporanea. 

Un macro progetto strutturato come una trilogia. Il primo capitolo, Last, ha debuttato nel 2017 nell’ambito del Festival berlinese Tanztage che si è svolto negli spazi del teatro indipendente Sophiensaele. Last Space,  il secondo capitolo, è stato creato a Chania, la città gioiello dell’isola di Creta, in Grecia, in collaborazione con il Chania Dance Festival.

Dalla versione indoor è nata una variante open space che ha vinto il secondo premio all’International Coreographic Competition di Hannover, svoltosi dall’1 al 6 giugno 2020. La transizione dal chiuso dei teatri agli spazi esterni ha determinato l’adattamento della performance allo stile della strada e dell’ambiente urbano. 

Fuori Programma
Last Space – Frantics Dance Company. Ph Piero Tauro

A Fuori Programma, lo spazio scenico è centrale e, in assenza di pedana o di un palcoscenico, la performance assume il carattere di un’esperienza vissuta in comune. Proprio perché il piano di riferimento è lo stesso, così come il livello di coinvolgimento emotivo. Last Space è sudore, polvere, materia, movimenti sincronici nello spazio, suoni elettronici, emozioni, empatia.

Aggregando sonorità e movimenti si realizza la fusione alchemica tra musica e danza. Per ogni battito al minuto, un impulso del corpo. Onde sonore, passi di danza, intere sequenze si propagano nello spazio dell’Arena. La dinamica delle azioni dei performer investe la situazione calma, statica degli spettatori.

Marco Di Nardo, Juan Tirado e Carlos Aller spingono al massimo l’intensità del momento, la percezione soggettiva del tempo. Raggiungono il climax spezzando la monotonia della ripetizione. Sfiniti, con i vestiti logori e macchiati dagli sforzi della fatica, ma sorridenti e visibilmente soddisfatti. Conclude la prima parte del Festival, il live set Musique d’ameublement, la musica elettronica di Andrea Buttafuoco incontra il violoncello di Carmine Iuvone e la tromba di Domenico Rizzuto.

A Valentina Marini, direttrice artistica di Fuori Programma, abbiamo rivolto una breve intervista che conclude il racconto sul Festival.

C’è una riflessione che vuoi condividere come ricordo conclusivo della tre giorni?

Sicuramente un senso di grande pienezza, di appagamento e soddisfazione. Il fatto di aver organizzato le attività all’esterno ha dato un altro colore al Festival, grazie anche al tempo favorevole e alla bellissima location. Il sostegno del pubblico è stato determinante. La cosa che mi ha colpito è proprio l’ondata di spettatori, una “gentile bassa marea.

Un’onda di persone, piacevolmente affascinate, che si sono lasciate coinvolgere,con una partecipazione veramente spontanea. L’ambiente all’aperto favorisce una condivisione di piacere in una dimensione di naturalezza. Quello che rimane alla fine, a livello di sensazioni, contrasta e bilancia in positivo tutti gli sforzi immensi fatti prima, durante la preparazione del Festival.

Due poli opposti: l’ipotesi di rimandare di un anno la quinta edizione del Festival, a causa dell’emergenza sanitaria, e la gioia del miracolo, l’inaspettata opportunità. Come hai affrontato tutto questo?

Io sono stata sicuramente una tra quelli che non hanno sostenuto la ripartenza per come è stata normata e gestita. Le restrizioni erano e sono tante e tali da rendere quasi impossibile lo svolgimento delle normali attività. I sentimenti sono stati molteplici e contrastanti, a ciò si sono aggiunti i ritardi nelle conferme, da parte degli enti pubblici, circa la loro eventuale partecipazione a copertura della manifestazione.

Tutto ciò si è tradotto in stress, fatica, incertezza. Abbiamo riformulato i programmi due volte perché tutto quello che avevamo immaginato e pensato, non era realizzabile per motivi differenti. Questo ha generato spesso un senso di frustrazione.

Tra l’impossibilità iniziale, lo sblocco parziale delle attività e il “via libera”, c’è stato un disagio profondo e una piccolissima percentuale di grande soddisfazione dovuta alla gioia di condividere con gli artisti alcuni momenti particolari e, soprattutto, quella ondata di partecipazione di un pubblico che ha sempre più voglia  di ritornare a fruire di attività culturali. Abbiamo lavorato in una condizione di affanno, con una sovrapposizione di problematiche, di contraddizioni di fare e disfare che in misura  proporzionale prevalgono per quantità e durata temporale.

Tre serate, tre idee di danza, tre coreografi con i loro danzatori. Quale pensiero ha guidato la programmazione?  C’è una suggestione che ha stimolato la linea di questa edizione, una convergenza di pensieri e persone?

Ci sono sempre delle convergenze. Il primo disegno del Festival è stato cestinato per questioni legate alla mobilità internazionale o al contatto sulla scena. Riscrivere un programma non è facile perché bisogna tener conto  di questioni come il budget, il distanziamento, la territorialità che quest’anno è stato uno dei criteri di valutazione più dirompenti. Non si poteva immaginare di far muovere artisti o gruppi da molto lontano.

Il ventaglio di scelte era limitato a una serie di proposte che rispondevano maggiormente ai requisiti. In più si è aggiunta quest’anno, la necessità di immaginare la programmazione all’esterno. Originariamente il Festival aveva luogo negli spazi al chiuso. Questa dimensione all’aperto del Teatro India, non era qualcosa che avevo previsto e per come la vedo io la programmazione è legata ai luoghi che vengono attraversati. Se cambia lo spazio, cambiano anche le suggestioni e l’immaginario dello spettacolo in quel luogo.

Il fil rouge è stato ribaltare completamente l’idea di programmazione che avevo ipotizzato inizialmente, lavorando in una sorta di fusione con l’ambiente naturale, in una dimensione di prevalente naturalezza. Da qui la decisione di lavorare al tramonto con una programmazione che fosse meno artificiale possibile dal punto di vista dei supporti esterni. Una grandissima pedana, spoglia, dove i corpi dei danzatori potessero fondersi con l’esterno e dove la luce naturale fosse giustificata dalla drammaturgia. Questo è stato per me il criterio di scelta, soprattutto per armonizzare gli spettacoli con l’ambiente circostante.

Cosa è possibile anticipare della seconda parte del Festival?

La seconda parte sosterrà ancor di più il tema della dimensione all’aperto e della fusione con l’ambiente esterno, naturale. Diversamente dalla sezione di luglio dove è stata prevalente la fissità, l’immobilità all’interno dell’Arena del Teatro India, in autunno attraverseremo in diverse direzioni e in diverse aree, il parco Alessandrino e il quartiere Quarticciolo.

Sarà un contesto diverso e itinerante, anche in questo caso in fasce orarie che sono colorate e abbellite dal tramonto. Saranno dei percorsi artistici, un altro modo di vedere lo spettacolo dal vivo. Sono dei formati che rispettano i parametri organizzativi e che valorizzeranno il territorio e le periferie. Si lavorerà senza il palcoscenico, sfruttando i set naturali.

Panopticon, 12 danze sorvegliate speciali. Il nuovo progetto

Panopticon, 12 danze sorvegliate speciali. Il nuovo progetto

«Alla luce del disastro umano, sociale ed economico che abbiamo vissuto nell’ultimo periodo, gli effetti negativi sugli eventi artistici non si sono fatti attendere, presto tutti ci siamo accorti che anche il mondo delle arti performative avrebbe subito pesanti conseguenze. Il compito dell’arte quando ci riesce continua ad essere quello di individuare prima degli altri alcuni passaggi dell’attualità, anticipandone i rimedi. Anche noi costretti a rimediare ad alcuni meccanismi ad oggi insostenibili per la nostra struttura Scenario Pubblico Centro Nazionale di Produzione della Danza a Catania, abbiamo deciso di riformulare la proposta culturale che avevamo già pianificato per il 2020/21, e la stessa spostarla al 2021/2022». Queste le parole del direttore artistico Roberto Zappalà, con cui viene presentato il progetto Panopticon NanoFestival, 12 danze sorvegliate speciali.

Una stagione “diversa per necessità ma anche per resistenza sociale”. Roberto Zappalà, da molti considerato “filosofo” della coreografia italiana, affonda a piene mani nel compito più profondo dell’arte dall’antichità: essere “rimedio” per l’attualità. 

La Stagione 2020/21 di Scenario Pubblico, nell’idea del coreografo catanese, pensata e realizzata insieme al visual designer Maurizio Leonardi, è una miscela di esperienze agite, arte concettuale e fisica e necessità del presente. Il meccanismo scenico Panopticon NanoFestival, 12 danze sorvegliate speciali vuole ribaltare la percezione della “solitudine, del controllo, della protezione dell’individuo”.

Panoptes, gigante della mitologia greca, che possedeva un centinaio di occhi e ritenuto quindi un guardiano perfetto, dà il nome al carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham. Non solo dunque un modo per ovviare alle restrizioni imposte dalle norme di sicurezza Covid19. Panopticon di Roberto Zappalà è già opera ancora prima che vi entri la danza e rappresenta, in un certo senso, la sofferenza delle arti performative, in quanto è esso stesso una forzatura scenica. 

Panopticon NanoFestival, 12 danze sorvegliate speciali

In un drammatico momento storico nel quale gli individui si sono distanziati, separati e isolati Panopticon assolve ad una funzione sociale di riavvicinamento perché il pubblico entra ed è parte dell’opera d’arte. Una forma di riavvicinamento “a piccoli passi”. La struttura è un poligono con numero variabile di lati, realizzato con materiale in parte trasparente. Gli spettacoli andranno in scena dal 6 al 22 novembre per 3 fine settimana, sono previsti più turni a serata e un numero limitato di spettatori con sanificazione della struttura nell’intervallo tra i vari turni e rispetto delle distanze di sicurezza. Un’introduzione al progetto sarà curata da  diversi intellettuali che si alterneranno nelle serate.

Un format che da un lato vuole tutelare Scenario Pubblico dando continuità all’attività sul territorio che lo ha identificato come luogo della danza nei suoi 20 anni di attività e, dall’altro, permettere di presentare alla città una proposta che coniuga l’esigenza della presenza con l’urgenza della ricerca creativa e anche concettuale.

«Il progetto – prosegue Zappalà nelle note artistiche – parte dalla volontà di replicare ed emancipare il concept che curiamo da 5 anni a ScenarioFarm, all’interno del celebre Favara Cultural Park a Favara, città nell’agrigentino, che prende il nome appunto di NanoFestival. Lo riproponiamo in questo caso sulla scena con alcuni accorgimenti non solo di carattere relazionale – a Favara era realizzato con impostazione one by one, artista/spettatore – ma anche storico-comportamentale. Vuole essere una riflessione non obbligatoriamente pensata in funzione del Covid-19 ma che ne prende spunto per una più profonda analisi sulla condizione dell’individuo messo a dura prova e sempre morbosamente controllato.

L’accostamento con il Panopticon di Jeremy Bentham è molto semplice: il nostro progetto esalta la dimensione della segregazione/prigione così come del distanziamento/isolamento sociale oltre che del voyeurismo. Un atteggiamento che oggi è fin troppo comune non solo come condotta verso le pratiche sessuali, ma è anche troppo facilmente sdoganato in semplici situazioni sociali dove la morbosità dello sguardo nascosto è diventata una pratica fin troppo abituale. 

Nel nostro proposito l’osservatore non controlla chi lo circonda come nel caso del progetto originale di Bentham, dove la progettazione delle carceri prevedeva che un unico sorvegliante controllasse tutti i soggetti di un’istituzione carceraria senza che gli stessi ne fossero consapevoli.  Saranno gli spettatori stessi che controlleranno il performer, isolati sia da lui che l’uno dall’altro, alludendo in tal modo anche all’ “Anopticon” di Umberto Eco che in quanto opposto del Panopticon, deresponsabilizza il sorvegliante ponendo la domanda: chi sorveglia i sorveglianti?

Il nostro obiettivo punta a creare un corto circuito tra sorveglianti e sorvegliati ma vuole anche rendere l’architettura scenica autonoma e protagonista di tutte le 12 danze che verranno presentate durante il festival». 

Gli spettacoli già programmati per la stagione 20/21 sono rimandati alla prossima 2021/22 e, protagonisti di Panopticon NanoFestival, 12 danze sorvegliate speciali, saranno alcuni dei danzatori delle compagnie già coinvolte ma con progetti pensati appositamente per lo spazio di Panopticon. Assoli e duetti con danzatori provenienti da: Balletto Civile, Spellbound Dance Company, CCNR/Yuval Pick (fr), Petranura Danza, Abbondanza/Bertoni, steptext dance project (de), Moritz Ostruschnjak/Daniela Bendini (de/i), Samir Calixto (br/nl), T.H.E Dance Company (SGP).  Compagnia Zappalà Danza sarà presente con alcuni dei suoi danzatori.

La Stagione di Scenario Pubblico prevede inoltre alcune residenze, tra le quali quella di Chiara Frigo e di Samir Calixto, quest’ultimo per la realizzazione della sua nuova creazione dal titolo SEEKERSOLO in coproduzione con la struttura olandese Korzo. Inoltre viene riprogrammato il festival FIC saltato questa primavera a maggio 2021. 

I 30 anni di attività della Compagnia Zappalà Danza, tra grandi numeri e riconoscimenti nazionali e internazionali

I 30 anni di attività della Compagnia Zappalà Danza, tra grandi numeri e riconoscimenti nazionali e internazionali

La Compagnia Zappalà Danza compie trent’anni di attività: 1990 – 2020. Fondata da Roberto Zappalà, è oggi considerata dalla critica europea una delle più interessanti realtà della danza contemporanea italiana.

La carnalità, l’autenticità e il desiderio di sviscerare i comportamenti dell’uomo sono il tratto distintivo del linguaggio della Compagnia, frutto del lavoro del coreografo-fondatore e della sinergia prolifica con Nello Calabrò, drammaturgo che negli anni ha rappresentato un pilastro nell’evoluzione di questo percorso progettuale.

“Trent’anni meravigliosi sono trascorsi – racconta Zappalà – le soddisfazioni sono state tante, le difficoltà non sono mancate, ma i danzatori e lo staff che mi hanno accompagnato in questo percorso hanno permesso che tutto questo accadesse tenendo sempre molto alta la qualità delle proposte”.

Il linguaggio peculiare della Compagnia, portatrice del pensiero artistico di Roberto Zappalà, è stato raccontato in questi trent’anni in oltre 80 creazioni, molte delle quali realizzate con musiche dal vivo, di differente tipologia: da quelle intimistiche, pensate per pochi interpreti, alle elaborazioni in spazi non convenzionali, a quelle che hanno coinvolto l’intero ensemble della Compagnia. Produzioni che hanno travalicato i confini nazionali e raggiunto i palcoscenici di grandi teatri e teatri d’opera, e preso parte a festival internazionali di ben 36 Paesi nel mondo e 133 città. Un rigoroso lavoro sul linguaggio, denominato MoDem, è stato costruito nel tempo e rappresenta la nota caratteristica delle creazioni. “Un linguaggio che – come racconta lo stesso Zappalà – ogni anno per 4 e 8 mesi è seguito da 50 danzatori provenienti da tutto il mondo, ma non contenti, da qualche anno abbiamo formato una giovane compagnia, la CZD2 che ci dà sempre più soddisfazioni”.

Soddisfazioni, dunque, sono state raccolte in questi 30 anni che riguardano non solo strettamente l’attività della Compagnia Zappalà Danza, ma più in generale il contributo che quest’ultima ha restituito alla città di Catania. “In questi anni – prosegue Zappalà – siamo anche riusciti a costruire una meraviglioso spazio performativo Scenario Pubblico, che in 18 anni ha ospitato ben 120 artisti e compagnie internazionali”. La sede di via Teatro Massimo, residenza della Compagnia, rappresenta un vanto culturale essa stessa per la città, non solo perché ha consentito alla compagnia di radicarsi nel suo territorio di naturale appartenenza, ma anche per il riconoscimento ottenuto nel 2015 dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali di Centro Nazionale di Produzione della Danza, l’unico da Firenze in giù e che pone la Sicilia accanto a regioni d’eccellenza. Una Città che, tuttavia, sembra non essersi ancora accorta dell’importanza di essere sede di una realtà come quella di Scenario Pubblico/Compagnia Zappalà Danza. “Il 2020 – è il commento amareggiato di Zappalà – si annuncia come uno degli anni più prolifici sia per nuove creazioni che per rappresentazioni, in tutto questo forse una solo nota stonata, non aver avuto sinora accanto alla nostra struttura una Città che si accorgesse di noi, delle nostre potenzialità e con quale forza siamo stati e continuiamo ad essere promotori di Catania nel Mondo”.

Nessuna grande manifestazione è prevista per la celebrazione dei 30 anni di attività della Compagnia che, simbolicamente, vedrà un piccolo momento inaugurale durante lo Speciale Tre Centri di Produzione, due serate in cui Scenario Pubblico ospiterà altri due centri nazionali di produzione della danza: Aterballetto e Dancehauspiù e le loro rispettive Compagnie, che si terranno sabato 30 novembre e domenica 1 dicembre presso gli spazi di via Teatro Massimo.

“L’augurio in questa ricorrenza – conclude Roberto Zappalà – è che in futuro l’Amministrazione della Città possa seguire con maggiore attenzione le realtà artistiche, con la consapevolezza che l’Arte con le proprie specificità può essere strumento prezioso per raccontare, emancipare ed in alcuni casi aiutare ad educare la società”.

About Scenario Pubblico:
Scenario Pubblico avvia le sue attività nel 2002. Situato nei pressi del centro storico di Catania ha in Roberto Zappalà l’ideatore e promotore del suo recupero. Una struttura dei primi del 900 acquistata grazie all’intervento di privati e ristrutturata con fondi europei, pensata per la danza contemporanea, raro esempio in Italia di centro coreografico europeo e diventato presto punto di riferimento per la danza nel Sud Italia. Nel 2015 il MIBACT riconosce Scenario Pubblico con la Compagnia Zappalà Danza quale uno dei 4 Centri Nazionali di Produzione della Danza. La struttura si articola in uno spazio per le performance da 150 posti con un grande palco ottimamente attrezzato, due ampie sale prove, un bar/ristorante, uffici, un archivio video e una foresteria. Il focus principale è posto sulla danza contemporanea e al suo interno si sviluppano attività di produzione, programmazione, ospitalità, formazione e divulgazione.

Scenario Pubblico compie 18 anni e presenta Maturità, la Stagione Scenario Danza 19/20

Scenario Pubblico compie 18 anni e presenta Maturità, la Stagione Scenario Danza 19/20

Il Centro Nazionale di Produzione della Danza Scenario Pubblico quest’anno compie 18 anni di attività. Un ingresso nell’età artistica adulta che si accompagna ad un altro anniversario speciale: da dicembre scatta il 30esimo anno dal debutto della Compagnia Zappalà Danza. Un anno all’insegna della maturità artistica, una “Maturità” che dà il nome alla nuova stagione di Scenario Danza 2019/20, nonché il file rouge che legherà gli spettacoli in abbonamento. Da settembre a maggio infatti i protagonisti degli spettacoli in abbonamento saranno artisti e compagnie affermati nel panorama della danza contemporanea italiano e internazionale. Non è un caso se ad inaugurare la stagione il 21 settembre 2019 sarà proprio la Compagnia Zappalà Danza, con lo spettacolo Instrument Jam del coreografo e padrone di casa Roberto Zappalà. Spettacolo che dopo aver raccolto successi in tutto il mondo approda di nuovo a Catania in una nuova veste musicale, con Puccio Castrogiovanni ai marranzani, Arnaldo Vacca ai tamburi e Salvo Farruggio all’hang.

Dopo l’avvio a settembre con Instrument Jam della Compagnia Zappalà Danza la stagione prosegue con lo spettacolo Zero di Humanhood, compagnia britannica gestita da Rudi Cole e Julia Robert, autori di audaci coreografie che prendono ispirazione da una varietà di discipline combinando efficacemente scienza, spirito e creatività. A seguire in programma e[ma, uno spettacolo “che è scultura vivente” e che nasce dalla collaborazione tra l’artista tedesco Wolf Ka e Maria Donata D’Urso, danzatrice-coreografa catanese d’origine ma trapiantata a Parigi. Quindi a grande richiesta torna Helge Letonja con la sua compagnia di Brema steptext dance project e Out of joint, spettacolo che nasce dalla collaborazione del coreografo austriaco con l’artista sudafricano Gregory Maqoma. Il sestetto di interpreti di diversa etnia combina le sequenze coreografiche in modo indipendente con il risultato di un emozionante spettacolo di estetica multilingue.

La stagione entrerà nel vivo a fine novembre, con un evento speciale, volto a festeggiare il 30esimo anno dalla nascita della Compagnia Zappalà Danza, lo Speciale Centri di Produzione. Insieme alla compagnia di casa che debutterà con x3, tributo di Roberto Zappalà al grande compositore J.S.Bach, protagonisti sulla scena anche altri due Centri Nazionali di Produzione della Danza, DANCEHAUSpiù con la coreografia di Matteo Bittante I wandered lonely as a cloud per tre interpreti, e Aterballetto/Fondazione Nazionale della Danza con O di Philippe Kratz, creazione vincitrice del primo premio al 32° Concorso Coreografico di Hannover. In occasione del 30esimo anno sarà anche presentata il nuovo merchandising della Compagnia Zappalà Danza. Aterballetto con il suo responsabile progetti speciali Arturo Cannistrà sarà anche promotore di un evento che vedrà protagoniste le scuole di danza del territorio che aderiranno al progetto Space, in programma dall’11 al 14 novembre con restituzione finale aperta al pubblico il 14 novembre.
Il quarto Centro Nazionale di Produzione della Danza Compagnia Virgilio Sieni sarà invece ospite a gennaio e dopo 15 anni torna sul palco di Scenario Pubblico con il riallestimento dell’acclamata creazione del coreografo fiorentino La natura delle cose, tratto dal poema filosofico-enciclopedico di Lucrezio “De rerum natura”.
A fine gennaio sarà la volta dello slovacco Milan Tomášik, coreografo associato aScenario Pubblico. Con la sua compagnia di cinque elementi proporrà lo spettacolo Fight bright, dove il ritmo risultante dalla tensione muscolare del corpo dei danzatori viene combinato con contenuti psicologici e con sfumature di colore ed emotive.
Chiude il ciclo di spettacoli in abbonamento il giovane e travolgente Collettivo Cinetico di Ferrara, con lo spettacolo Sylphidarium (Maria Taglioni on the ground). Il palcoscenico diventa una passerella in cui le silfidi si susseguono “sfilando” su un ritmo irresistibile sulle percussioni live di Flavio Tanzi.

Fuori abbonamento gli appuntamenti con la CZD2 giovane compagnia zappalà danza, ensemble fortemente voluto da Roberto Zappalà con l’obiettivo di sostenere e promuovere la giovane coreografia europea e i giovani danzatori selezionati dal percorso MoDem PRO e provenienti da tutto il mondo. Dopo le date di settembre in tour con Kairos di Amos Ben-Tal e Untitled della coppia Daniela Bendini/Moritz Ostruschnjak a Pesaro per l’Hangart Festival, e la prima assoluta di Etre di Maud de la Purification a Milano per il Festival MilanOltre, la giovane compagnia zappalà danza lavorerà con il coreografo associatoManfredi Perego alla ripresa di Primitiva e al nuovo progetto Urban Woods, che sarà modulato in una versione in urbana in ottobre con i Dance Attack e in una versione pensata per il palcoscenico che debutterà in prima assoluta il 16 novembre 2019 aScenario Pubblico. Altri due debutti attendono la giovane compagnia zappalà danza nel corso della stagione, a febbraio 2020 Bulletproof nuova creazione di Ilenia Romano sul tema del bullismo, adatta anche a ragazzi e alle scolastiche, e una creazione dal repertorio di Roberto Zappalà che debutterà nel marzo 2020.
Continuano ad avere un peso importante nella stagione le attività correlate come le Open Door che offrono al pubblico la possibilità di partecipare ai processi creativi delle performance e conoscere più da vicino artisti e compagnie, così come i laboratori di danza e gli incontri intorno al tavolo della domenica sera. 

Anche questa stagione di Scenario Danza 2019/20 vedrà centrali le preziose collaborazioni con Farm Cultural Park, Viagrande Studios, FCE Metropolitana di Catania e Università degli Studi di Catania, Coorpi e Cro.me. Un altro partner di lunga data, l’AME Associazione Musicale Etnea, coprodurrà la serata Muddica After Seeds, dove i 30 danzatori del percorso MoDem PRO, selezionati in tutta Europa, si cimenteranno in una sequenza di brevi creazioni realizzate dagli stessi danzatori con il coordinamento artistico di Enrico Musmeci -responsabile del MoDem PRO e della CZD” – e la collaborazione di lumi, band electronic/classical/ambient di Catania che curerà le musiche dal vivo.

Chiuderà la stagione ScenarioDanza 19/20 la seconda edizione del FIC FEST (maggio 2020), contenitore di residenze e performance di giovani autori europei, una settimana intensa che farà vivere la città e che vedrà gli artisti convivere negli spazi di ScenarioPubblico e condividere riflessioni, esperienze creative e momenti ricreativi. Numerosi gli artisti ospiti, tra questi: Fattoria Vittadini, Marcat Dance/Mario Bermudez Gil, Cie E7KA/Eva Klimackova, Andrea Gallo Rosso, Salvo Lombardo, Marta Bellu, Gioia Maria Morisco e Claudia Rossi Valli, Michal Mualem e molti altri. E poi esposizioni, incontri, installazioni, The Risico Screening in collaborazione con Coorpi e Cro.me, e party finale.

La danza, più che essere compresa ci permette di osservare e indagare territori immaginari che con le parole è difficile esplorare. Essa non comunica una sola strada, un solo pensiero o un solo significato ma dà al pubblico la possibilità di costruire la propria storia con le proprie immagini, e realizzare viaggi impossibili nelle proprie emozioni. La danza è il corpo che alla musica manca e che in sé contiene storie. Essa comunica emozioni e apre in modo smisurato e magico l’immaginario di un pubblico che vuole continuare a sognare. – Roberto Zappalà


La Giara di Roberto Zappalà dal 12 al 22 giugno al Teatro Regio di Torino

La Giara di Roberto Zappalà dal 12 al 22 giugno al Teatro Regio di Torino

Il nuovo progetto di Roberto Zappalà e della sua Compagnia porta in scena in prima assoluta dal 12 al 22 giugno, sul palcoscenico del Teatro Regio di Torino, La Giara, creazione in atto unico liberamente ispirata all’omonima novella di Luigi Pirandello. Lo spettacolo che vede protagonisti undici interpreti maschili, su partitura musicale di Alfredo Casella, suonata dal vivo da orchestra e tenore del Teatro Regio di Torino. Lo spettacolo è parte di una serata a due titoli infatti viene eseguite insieme alla Cavalleria Rusticana per la regia di Gabriele Lavia. La Giara è una produzione di Scenario Pubblico CZD – Centro Nazionale di Produzione della Danza in collaborazione con il Teatro Regio di Torino.

La Giara che Pirandello scrisse nel 1906 (pubblicata nel 1909 sul Corriere della Sera) e dalla quale successivamente nel 1916 trasse un atto unico, nasce in qualche modo con intenzioni d’avanguardia. Il balletto infatti è una commedia coreografica in un atto commissionata a Casella da Rolf de Maré per i suoi Ballets Suédois, una compagnia dalle scelte musicali e artistiche innovative. A partire da Pirandello Roberto Zappalà realizza un pezzo di danza dove le atmosfere e i temi vengono filtrati come sempre alla luce della propria sensibilità contemporanea.

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