“Ritorno a casa”. Benedetta De Falco racconta il progetto Fiuminarso

“Ritorno a casa”. Benedetta De Falco racconta il progetto Fiuminarso

La delocalizzazione dei processi culturali che attanaglia il Sud Italia, unitamente alla mancanza di possibilità lavorative, accresce sempre più i flussi migratori che, da decenni, contribuiscono alla desertificazione del mezzogiorno. Lasciare la propria terra d’origine non sempre rappresenta una scelta volontaria: al Sud, ancora troppo spesso, la costruzione di un futuro stabile coincide con il viaggio verso una nuova destinazione. C’è chi, però, questa rotta vuole invertirla, tentando di fare di quel patrimonio inestimabile che è il territorio, materiale sorgivo per un auspicato “ritorno a casa”. 

Fiuminarso
Castello dell’Arso

Fiuminarso è un comitato fondato da un gruppo di Under 35 con la volontà di rigenerare l’impresa sociale, avviando un iter partecipato con la comunità della costa jonica calabrese. Dal 5 al 9 agosto, Fiuminarso darà vita a Ritrovarsi una rassegna dedicata all’arte e alla cultura nel comune di Mandatoriccio, presso il Castello dell’Arso, luogo d’interesse storico rimasto a lungo abbandonato e finalmente restituito alla comunità. 

In questa intervista, Benedetta De Falco, tra i fondatori del comitato, racconta il progetto Fiuminarso.

Come è nato il progetto Fiuminarso? Da quali esigenze si origina? 

Fiuminarso nasce dall’esigenza di ribaltare le logiche di potere vigenti, cristallizzate nella necessità di molti di trasferirsi al Nord per cercare opportunità di lavoro e, di conseguenza, costruirsi un futuro migliore. Il nostro progetto vuole provare a dare una visione diversa del vivere al Sud, ricordato più dai magazine turistici che da esempi virtuosi di imprese culturali degne di nota. Anche qui si è in grado di formulare proposte necessarie per lo sviluppo del territorio senza doverle subire da modelli altri. Più che alternativa, Fiuminarso è una proposta imprescindibile per il rilancio del territorio.

Fiuminarso si origina anche dall’idea che esercitare il potere della Bellezza, incarnato nel Castello da cui inizia la nostra avventura, aiuti la mente a immaginare possibilità scevre da cinismi e colme di oggettività: le persone, intese come capitale sociale, e la ricchezza paesaggistica del territorio rappresentano il vero potere economico. Se queste due dimensioni non si incontrano, la logica migratoria non potrà mai essere invertita. Curare il paesaggio, riconoscere i suoi colori significa creare legame e affezione verso i luoghi, significa creare un sentimento che diventa una forza capace di opporsi al consumismo territoriale, in cui si passano i confini ma non si attraversano veramente i luoghi. 

Fiuminarso propone una rivalutazione del territorio, in particolare quello di Mandatoriccio, comune calabrese, in cui è stata promossa e ottenuta la riapertura del Castello dell’Arso, luogo d’interesse storico e culturale, rimasto abbandonato per molti anni. Come si strutturerà la settimana di celebrazioni dedicata a questa importante conquista per la comunità tutta? 

Riapriremo ufficialmente le porte del Castello grazie al lavoro del comitato e della famiglia che ne detiene la proprietà che ha accelerato la ristrutturazione, affinché questo evento prendesse vita. Le giornate saranno scandite da un seminario teatrale dedicato a frammenti di Shakespeare, un laboratorio di Danza Popolare, proiezioni cinematografiche all’aperto, corsi di architettura e design mirati a costruire un’installazione che restituisca senso alla storia del Castello.

Ciò che ha guidato le scelte artistiche è il tema del Ritrovarsi: ritrovarsi dopo tanto tempo, insieme, in un luogo in disuso da anni; ritrovarsi tra la comunità locale ed extra-locale per nutrire la speranza che la magia di un luogo possa svelarsi esercitando la sua presenza. A seguito di ogni proiezione vi sarà la possibilità di esibirsi liberamente, tramite jam session musicali. La commistione di queste venature che irrorano il tema del Ritrovarsi, rappresentano soprattutto un punto di incontro tra sinergie private, pubbliche e istituzionali. 

Uno dei vostri obiettivi è catalizzare l’attenzione sulla necessità di creare opportunità lavorative in luoghi che, solitamente coincidenti con il Sud Italia, non offrono ai giovani condizioni favorevoli per restare nelle proprie terre d’origine. Attraverso quali azioni Fiuminarso vuole avviare questo processo di “ritorno a casa”? 

Abbiamo iniziato a dialogare con le amministrazioni locali, con le imprese storiche del territorio. Noi vorremmo essere dei traduttori, ci piacerebbe porci come degli intermediari tra le esigenze locali accomunate da un contesto culturalmente stantio e di opportunità lavorative limitate, non solo per carenza di offerta ma anche di immaginario. Le eterogenee provenienze dei fondatori del Comitato, facilitano il confronto di best practices con altre regioni d’Italia come la Puglia, la Sicilia e la Lombardia.

Mi sembra esagerato pensare che invertiremo i flussi migratori poiché la Politica resta il grande scoglio da superare. La nostra azione principale è esserci poiché, in un secolo come il nostro, fatto di manie di protagonismo, spesso si dimentica quanto sia importante ascoltarsi, più che affermarsi. In questo senso, essere presenti in un Castello di tale prestigio significa riappropriarsi di uno spazio di potere, inteso come poter fare, ribaltando degli immaginari attraverso servizi di formazione, tavole rotonde e favorendo l’utenza del progetto che rappresenta in media la fascia Under 35. 

Conoscere le esigenze del territorio è il perno intorno al quale ruota questo progetto. In che modo verrà condotta la sperimentazione comunitaria che proponete?

L’evento “Ritrovarsi”, che si terrà dal 5 al 9 agosto, è un esperimento. Non abbiamo voluto assecondare la solita logica Top Down per cui persone estranee al territorio vengono a tenere corsi e poi vanno via. Abbiamo voluto unire enti culturali e maestranze locali e sovralocali che guideranno i laboratori perché crediamo nell’arte dell’incontro più che nel progetto meramente teorico.

Auspichiamo che la sperimentazione comunitaria avvenga tramite agenti spontanei: aprire i cancelli del castello, offrire servizi di formazione, invitare personalità di grande valore con cui elaborare nuovi strumenti e formulare le giuste domande per trovare idonee risposte sulle potenzialità del territorio. In questo modo, la cultura ritornerà alla sua funzione originaria: non solo legata alla fruizione ma alla scoperta viva e al riconoscimento di un luogo.