Delirio Creativo, rito d’improvvisazione collettiva nel cuore di Napoli
Nel cuore di Napoli, nel mezzo del cammin della città, c’è una lunga e dritta via che delimita l’antica Partenope da un luogo alieno. Siamo in Via Foria al numero 93, dove un caos di vite erranti si riunisce in un rito d’improvvisazione collettiva: Il Delirio Creativo, un’intuizione artistica e sociale di Raffaele Bruno.
Un luogo – un teatro – in cui non v’è l’attore, non v’è lo spettatore; chi vi partecipa porta in dote solo il proprio vissuto, le proprie ambizioni, la propria essenza per allenarla alla vita ch’egli vuole per davvero. Il Delirio Creativo si configura come una vera e propria palestra dell’anima che stimola, in primis, a mettere in scena la propria essenza a se stessi. Sorprendendosi di essere belli, intelligenti e, perché no, anche positivamente stupidi. È il momento in cui ognuno decide di amarsi e di rispettarsi, inducendosi al passo che va oltre la vita ordinaria e che porta a quella straordinaria. Per questo sembra proprio che, una volta finito il rito d’improvvisazione, ognuno torni a casa lasciando la propria anima lì in costruzione, per poi ritrovarla nel rito successivo. Invero è un “non luogo” (come dice, la co-conduttrice Federica Palo nell’intervista) che ha insito in sé innumerevoli possibilità di altri e nuovi mondi. Uno spazio vuoto in cui si lavora, forse inconsapevolmente, alla rottura (n.d.a.) dello status sociale, delle convenzioni; creando quel dramma sociale di Turneriana memoria che fu la base del rito e del conseguente teatro. Qui ogni attimo o gesto, estrinsecato attraverso l’improvvisazione dell’arte performativa, è primordiale ed eterno. Chi da anni vi partecipa, potrebbe testimoniarvi che in quel luogo “strano” e fuori dal comune, si è magnificamente confortati. Perché è baluardo dell’oltre, del possibile ed anche se non vi saprà spiegare bene cosa sia, vi dirà che esso è necessariamente essenziale. In fondo non è proprio questo quello che diceva Ionesco a proposito del teatro? Un’attività che non serve a niente ma che è assolutamente necessaria.
Il Delirio Creativo è uno dei motivi per cui oggi si ha ancora bisogno del teatro, un’attività che insegna a cercare la bellezza nelle pieghe più cupe di ogni vita. Non a caso il rito collettivo d’improvvisazione, punto cardine del Delirio, da anni è proposto nelle carceri, nelle cliniche psichiatriche, nelle strade periferiche e nelle scuole; dove il delirio che si trova in certi personaggi, più che in altri, viene filtrato dalla creatività che lo rende comprensibile, catartico, affascinante e didattico.
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“Sono tredici anni che vediamo il volo di fantastiche farfalle che giungono al Delirio Creativo credendosi bruchi”, afferma Raffaele Bruno. Una trasmutazione questa che la si può percepire ed osservare assistendo ad uno dei riti che, una volta al mese, avviene al civico 93 di via Foria; oppure nelle tante iniziative organizzate dallo stesso Bruno coadiuvato da Federica Palo ed i partecipanti del Delirio. Luoghi dove la bellezza è spesso offuscata dall’indifferenza politica e sociale. Chi provar non vuole a sorprendersi e sorprendere? C’è qualcuno che davvero si riconosce allo specchio e può dire: io sono…?! Siamo tutti stati generati e ad un certo punto bisogna pur conoscersi e magari perché no ricrearsi. Questo “non luogo” da quinta parete, quest’isola felice e vagabonda in un mare d’incomprensione umana, è un intimo auspicio che il mondo, spesso nel caos più totale, possa divenire un luogo più comprensibile e godibile in un moto perpetuo da delirio creativo.