La nona edizione di Quelli che la Danza: ripartire da un ricordo

La nona edizione di Quelli che la Danza: ripartire da un ricordo

Articolo a cura di Martina Ferrante

Dopo un anno di fermo causato dalla pandemia, la rassegna Quelli che la Danza giunge alla sua nona edizione, vetrina della danza contemporanea d’autore promossa dal Ministero della Cultura e dal Teatro Pubblico Campano, diretto da Alfredo Balsamo. Il Circuito Campano della Danza, successivamente mutato in CDTM (Circuito Danza Teatro Musica), grazie anche al direttore Mario Crasto De Stefano, dà la possibilità, nell’ambito nazionale della danza, a coreografi, compagnie e autori emergenti, di partecipare a festival di danza e balletto creando spesso situazioni di multidisciplinarietà, al fine di sostenere e promuovere l’arte e lo spettacolo campano all’interno dei propri confini e in diverse regioni italiane. 

Quelli che la danza

A causa delle restrizioni nazionali entrate in vigore durante il periodo di pandemia, molti teatri e diverse compagnie hanno fronteggiato momenti di crisi economica dovuti alla cancellazione o alla sospensione di cartelloni già da tempo programmati. Tuttavia, le nuove tecnologie e i media digitali, sempre più in evoluzione, hanno dato la possibilità di mantenere viva, seppur in maniera limitata, la comunicazione tra artista e spettatore. Inoltre, avere a disposizione spazi all’aperto e un enorme patrimonio artistico e culturale consente di inscenare eventi in cornici suggestive. 

È proprio il caso della rassegna Quelli che la danza che quest’anno ha potuto usufruire del cortile interno del Maschio Angioino di Napoli per tre serate all’insegna della nuova danza d’autore. Il 16 luglio è stata la volta di un prologo dedicato al ricordo di Ismael Ivo, ballerino, coreografo, artista avvicinatosi alla danza sin da bambino, scomparso a soli 66 anni nell’aprile di quest’anno vittima del Covid-19. 

Un successivo spazio è stato riservato all’ARB DANCE COMPANY con RE BORN coreografie di Martina Fasano. Una videoinstallazione colma di interviste, frammenti di lezioni, spettacoli e momenti di riflessione sulla carriera del coreografo è stata preceduta dall’intervento del direttore del CDTM e dalla speciale testimonianza di Marcel Kaskeline, stage designer, partner creativo e di vita di Ismael Ivo. 

Marcel Kaskeline ha raccontato come l’Italia, in particolare Napoli, Roma e Venezia, sia stata per il coreografo una seconda casa. Dopo esser stato scelto dall’Alvin Ailey Dance School a New York come ballerino «na rua do Brasil», ha iniziato una tournée che ne ha segnato la consacrazione prima a Berlino, sua homeplace, e successivamente a Vienna, fino a giungere alla Biennale di Venezia quando Carolyn Carlson lo invitò per esibirsi con un Solo che lo portò, l’anno successivo, a diventare direttore della sezione danza della Biennale stessa. Dall’incontro con De Stefano nasce il sodalizio con la città di Paestum, in cui organizzò un laboratorio di 30 giorni e durante il quale diede il via alle audizioni per quello che diventerà il corpo di ballo della reinterpretazione e rielaborazione del balletto Le Sacre du Printemps (balletto creato per la compagnia dei Balletti Russi di Sergej djagilev nel 1913, coreografia originale di Vaslav Nijinskij, musiche di Igor Stravinskij, scene e costumi di Nikolaj Roerich), avente per scenografia i Templi di Paestum. 

Kaskeline ha concluso il suo intervento affermando che l’eredità di Ismael – più di 100 coreografie, innumerevoli centri di danza fondati – non sono l’unica ricchezza che il coreografo ha lasciato ai posteri: resteranno nella storia il percorso della sua vita, lo spirito, l’energia con cui, da un paesino del Brasile, è partito per affrontare grandi viaggi. È stato l’unico danzatore/coreografo afro-brasiliano ad ottenere in poco tempo la fama, tanto da diventare punto di riferimento, un’ispirazione e un esempio da imitare. 

La videoinstallazione dedicata al coreografo è stata l’occasione, attraverso le sue parole e frammenti di sue coreografie, di conoscere e comprendere la sua visione artistica. Ismael ha definito il corpo del danzatore “un’orchestra sinfonica”, in quanto è necessario suonare tutti gli strumenti nello stesso momento affinché si possa originare una vera danza. 
Per tutta la sua carriera ha sperimentato e ricercato un movimento che potesse distinguersi da quelli precedentemente codificati.

È sempre partito dallo studio della conoscenza di se stesso e del proprio corpo, fino a capire se l’originalità potesse mutare in innovazione, diventando a tutti gli effetti un creatore. Per Ivo non era importante portare in scena la sola cornice, il corpo allenato, per un fine estetico o per una strana forma di competizione, il danzatore deve altresì avere un grado di conoscenza del proprio corpo e una preparazione tecnica per affrontare ore di spettacolo, ma a questo deve aggiungere gentilezza, umanità, conoscenza di sé e del mondo che lo circonda in quel preciso istante. Ogni rappresentazione è differente da quella precedente, è sempre in trasformazione; la scenografia, il corpo, l’atmosfera, lo spazio, la musica, il pubblico devono essere sempre in connessione per creare qualcosa di nuovo, per esprimere diverse sensazioni. Per far sì che questo accada è necessario che coreografo e danzatore siano in stretta relazione, viaggino insieme, e raccontino fino all’ultimo movimento quello che hanno da dire. 

A rendere omaggio all’artista due sue fidate danzatrici e storiche assistenti, Valentina D’Apuzzo Schisa ed Elisabetta Violante, entrambe campane, che con la messa in scena di frammenti di due sue coreografie hanno fatto rivivere agli spettatori un momento emozionante. La prima si è esibita in un Solo tratto dallo spettacolo BLACK/OUT che debuttò a Vienna per la prima volta nel 2016, la seconda in un Solo, estratto dello spettacolo OXYGEN, che Ismael Ivo coreografò per lei . 

La seconda parte della serata ha visto protagonisti giovani danzatori diretti e coreografati da Martina Fasano, che hanno affrontato il tema della rinascita – da qui il titolo RE-BORN – di un pittore tra i ricordi, la solitudine e il desiderio di riscatto. Una pièce incentrata sulla messa in scena di un racconto attraverso lo studio del floor-work, del contact e delle tecniche di improvvisazione.