“Tàlia si è addormentata” – in scena l’ultimo lavoro della Compagnia Polispapin

“Tàlia si è addormentata” – in scena l’ultimo lavoro della Compagnia Polispapin

Dal 6 al 9 Aprile al Teatro Trastevere di Roma andrà in scena Tàlia si è addormentata con Cinzia Antifona, Valentina Greco e Francesca Pica – regia di Francesco Petti. Produzione  Compagnia Polispapin – Teatro Ygramul

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Per noi il regista Francesco Petti ha rilasciato un’ intervista:

Ciao Francesco, parlaci in breve del tuo percorso artistico e della realtà Polispapin.

Mi sono diplomato il secolo scorso all’Accademia d’Arte Drammatica della Calabria, e poi ho continuato ad approfondire la materia teatro incontrando molti altri Maestri. Ma il mio percorso nasce dalla musica. È con lei che ho avuto i primi approcci al teatro, e ancora continuo a mettere insieme le due cose. Ci ho messo un po’ prima di decidere definitivamente di fare l’attore e il regista. Ho fatto molta gavetta anche come tecnico, per esempio. La compagnia PolisPapin invece nasce dall’incontro di tre attrici avvenuto durante un lavoro. Tra di loro è scoccata una scintilla sia umana che artistica che le ha portate a formare un gruppo. Per il loro primo spettacolo mi hanno chiamato per curare la regia di un testo che avevano scelto. Così è nato Indubitabili Celesti Segnali, con il quale abbiamo vinto il Premio del Pubblico al Roma Fringe Festival 2015. Nel frattempo hanno prodotto altri lavori e poi ci siamo ritrovati per Talia si è addormentata.

Il prossimo lavoro ti vede regista di Tàlia si è addormentata. Siamo curiosi di sapere come ti sei avvicinato al testo originario del Basile: la Bella Addormentata nel Bosco, dal titolo Sole, Luna e Tàlia e in che maniera hai delineato la tua regia.

Basile, per un campano come me, è un autore dal quale non puoi prescindere. La sua ricerca sul folklore e sulla lingua napoletana è talmente ricca che prima o poi ti arriva addosso. Quindi già l’avevo incontrato e usato in laboratori scolastici. Quando abbiamo deciso di fare un secondo lavoro insieme, loro hanno espresso il desiderio di lavorare sulla fiaba. Inoltre ci piaceva insistere su alcuni aspetti un po’ noir presenti nel nostro precedente spettacolo. A quel punto, Basile ci è saltato agli occhi immediatamente. In particolare Sole, Luna e Tàlia, forse perché la sua struttura è più semplice di quella di altri racconti presenti nel Cunto de li cunti, forse perché di base la storia, che è quella della Bella Addormentata, è già nota, anche se è poco nota la versione basiliana. A quel punto ci siamo immersi nel testo e ci abbiamo trovato un’incredibile ricchezza di simboli, significati, rimandi che abbiamo voluto portare alla luce. In sostanza si tratta di una favola sul passaggio di una donna dall’infanzia all’età adulta e sul suo incontro con il sesso e con l’amore, mentre un’altra donna si confronta con il tempo che passa e con la morte. La regia è nata poco alla volta, un po’ dal lavoro sul campo insieme alle attrici, un po’ da mie riflessioni e immagini che hanno cominciato a delinearsi nella mia testa. Poi, in realtà, quando ti occupi anche della scrittura, tutto procede in qualche modo anche insieme. Mi interessava parlare del tempo, dell’amore, della morte. Tutto è scaturito da lì. E teatralmente mi interessava lavorare sulla gestualità, sulla commistione di generi, su figure curiose e non quotidiane che però avessero un’umanità. Il lavoro con le attrici si è basato soprattutto su questa ricerca. Così sono nate anche le figure delle Sorelle del Tempo che reggono le fila di tutta la trama.

Come il testo originario, sicuramente idoneo più per un reading che per un’operazione teatrale, ha acquisito dimensione performativa?

Un reading ha bisogno solo voci, noi avevamo a disposizione dei corpi. Il passaggio alle figure che si muovono in uno spazio è stato naturale. Il limite, se di limite si può parlare, delle fiabe, e quindi anche di quelle di Basile, è che i protagonisti sono un po’ bidimensionali. Per dirla con Propp, sono funzioni, non personaggi. Una volta presa la strada del tentativo di far uscire fuori e rivelare quello che per noi era il significato intrinseco della fiaba, il passo seguente era quello di dare profondità a questi ruoli, a queste funzioni, renderli tridimensionali, uomini e donne veri con i loro sentimenti, i loro problemi, il loro modo di affrontarli, e provare a renderli universali.

Un Basile che sicuramente ti riporta in altre dimensioni, in altri suoni e a contatto con figure surreali. In che maniera le attrici si sono avvicinate alla costruzione del loro personaggio e che percorso di ricerca avete seguito?

Il bello di questo lavoro è che le tre attrici fanno, nel corso dello spettacolo, tutti e tre i ruoli principali, oltre che altri secondari. Quindi anche il cosiddetto lavoro sul personaggio è stato il frutto di un lavoro collettivo, di un approccio in cui ognuna ha messo qualcosa di suo in un personaggio che poi le altre hanno assunto su di sé. I ruoli sono quindi in un certo senso molto stereotipati, in maniera che il pubblico possa sempre riconoscerli, ma poi comunque cambiano a seconda di chi lo interpreta in quel momento. Da questo punto di vista siamo dovuti partire per forza dagli atteggiamenti fisici, dalla gestualità, dal trovare per ognuno di loro dei tic che fossero rivelatori di caratteristiche caratteriali e che potessero essere riportate da ognuna delle attrici.

In che maniera, scenograficamente parlando, si cercherà di ricreare un’ambientazione tipica del gothic novel ?

Ci piaceva l’idea di fare uno spettacolo che fosse in qualche modo gotico, nel senso del gusto per il mistero, per l’horror. Sulla scena c’è una sorta di sorta di monolite, una torre meccanica, che è un po’ il luogo del Tempo e delle Storie, che può richiamare alla mente i racconti del terrore. I costumi sono in realtà oggetti in stile steampunk, realizzati anch’essi dal nostro scenografo Domenico Latronico, che riportano anche loro ad una atmosfera gotica. Solo per fare un esempio, la Regina ha uno scettro che in realtà è un artiglio insanguinato.

Dove e quando andrà in scena? E perché dovremmo vedere questo spettacolo?

Siamo in scena dal 6 al 9 aprile al Teatro Trastevere. Perché vederlo, non sono io che lo dovrei dire, ma il primo spettatore che viene. Se fossi io quello spettatore direi di andarlo a vedere perché è una grande giostra in cui ci si rispecchia e ci si perde. E perché le attrici sono brave.

SCAr/tTI PRIVATI – indagine sulla nascita di uno spettacolo – è un libretto fotografico di Dario Vegliante da un’idea di Francesco Petti che verrà presentato alla prima di “Tàlia si è addormentata”. Il fotografo, ha seguito alcune fasi della lavorazione dello spettacolo per poi farne un altro racconto, per immagini, fatto di ciò che lo spettatore non vede e di ciò che il percorso lavorativo necessariamente scarta.