#AccaddeOggi: Il 10 dicembre 1997 Dario Fo ritira a Stoccolma il Premio Nobel per la letteratura
Il 10 dicembre 1997 il drammaturgo e attore Dario Fo (Sangiano 1926 – Milano 2016) ritira a Stoccolma dalle mani del re Gustavo di Svezia il Premio Nobel per la letteratura, assegnatogli con la seguente motivazione Il 9 ottobre del 1997: “Perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”.
Tra le centinaia di opere e scritti che Dario Fo ci lascia, “Mistero buffo” viene considerata come il suo capolavoro. Presentata nel 1969 come “giullarata popolare”, Mistero buffo è un insieme di monologhi che riprendono e descrivono alcuni episodi ad argomento biblico, ispirati ad alcuni brani tratti dai vangeli apocrifi o dai racconti popolari sulla vita di Gesù. L’opra è suddivisa in 8 episodi, che sono: Resurrezione di Lazzaro, Bonifacio VIII, La fame dello Zanni, Storia di San Benedetto da Norcia, Grammelot di Scapino, Grammelot dell’avvocato inglese, Maria alla Croce, Il miracolo delle nozze di Cana. Mistero buffo può liberamente definirsi come opera capostipite di un genere teatrale moderno, con quella narrazione e quello stile che venne in seguito ripreso da altri autori come Paolini, Baliani, Pesce e molti altri appartenenti al teatro contemporaneo.Una fusione di sacro e profano, una parodia, una giullarata che in Italia venne poco apprezzata ma che all’estero gli conferì il Premio Nobel per la Letteratura.
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“Alla premiazione”, ricorda Fo in un racconto, “seguì la rituale cena al Municipio, alle 19 in punto. I Nobel erano seduti nella grande tavolata centrale con 99 coperti. A me avevano assegnato un posto accanto alla principessa Cristina, sorella del re, appassionata di archeologia, con la quale mi fu facile trovare un feeling. Alla mia sinistra, la principessa Vittoria, che i media dicevano colpita da anoressia; in verità mi sembrava tutt’altro che inappetente… si era gettata con voracità sulle portate, tanto che le offrii la metà del mio risotto e lei lo accettò. Finita la cena, i Nobel erano invitati a brindare con il re e la regina, uno alla volta, mentre gli altri commensali si davano alle danze in un apposito grande salone. Franca ed io pensavamo che fosse un saluto e via. Con nostra sorpresa invece, tanto il re che la regina ci trattennero, vollero sapere del nostro lavoro e dell’Italia, accennando perfino alla situazione politica di quel tempo. Il dialogo durò più del previsto. Lasciandoci, ci ripromettemmo di vederci ancora. Quindi ci ritirammo in disparte attendendo, come vuole il rituale, che tutti i Nobel e le loro consorti ultimassero l’incontro, giacché allontanarsi non si poteva e oltretutto le uscite erano bloccate dal servizio di sicurezza.” La serata, racconta ancora Fo, si concluse con il secco richiamo all’ordine della moglie: “Come arriviamo a casa, ti ammollo un sonnifero che ti farà dormire per almeno un paio di giorni. Cammina, che la festa è finalmente terminata.”
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