TITOLO TESI > Approccio Psicofisiologico al Teatro dell’Oppresso ISTITUTO > Università di Roma La Sapienza – Corso di laurea triennale in Arti e Scienze dello Spettacolo AUTRICE > Alessia Pivotto
INTRODUZIONE DELL’AUTRICE
Il Teatro dell’Oppresso è un metodo estetico di analisi e comprensione della realtà sociale e politica, fondato da Augusto Boal e ispirato alle teorie pedagogiche di Paulo Freire. L’originalità del metodo teatrale di Boal consiste nella finalità trasformativa di rappresentazioni teatrali concepite come prova generale del cambiamento possibile di realtà sociali oppressive, attraverso la creazione di azioni sociali concrete e continuative da trasporre dal teatro alla vita sociale.
Nell’intento di comprendere il rapporto tra la struttura di personalità dell’attore e la capacità di assumere altre personalità diverse dalla sua, corrispondenti alle identità dei personaggi attraverso il processo di identificazione dell’attore con il personaggio, la dimensione dell’identità è stata individuata nelle sue componenti immaginative, espressive, posturali, emozionali, sulla base del modello pedagogico e psicofisiologico elaborato da Vezio Ruggieri.
Tale modello è fondato su un ampio dibattito scientifico, psicologico e fisiologico. esposto nei volumi Mente, corpo e malattia, L’identità in psicologia e teatro, rivisitando gli studi fisiologici classici di Anochin, le teorie classiche delle emozioni di James e Lange, gli studi sull’immaginazione sull’anatomia classica e sull’estetica, sulla dinamica fisiologica e psicologica delle posture, sulla struttura dell’Io che è tema centrale di analisi nel volume Struttura dell’Io tra soggettività e fisiologia corporea, è stato possibile teorizzare un approccio scientifico di psicofisiologia dell’attore e di educazione estetica.
Dall’analisi delle posture, degli atteggiamenti posturali caratteristici di ogni individuo, determinati dalla differente modalità di distribuzione delle tensioni muscolari e dal vissuto esperienziale di ognuno, è possibile comprendere come le posture possano essere lette come tratti di personalità e come un’auto-percezione unificata delle tensioni muscolari, generando a loro volta l’auto-percezione integrata del proprio corpo come unica realtà esperienziale. L’unità del corpo è la base dell’unità dell’Io e un Io coeso è alla base dell’impalcatura psicofisica integrata dell’identità dell’individuo, che a sua volta consente al soggetto di assumere l’identità del personaggio.
Nelle esperienze teatrali boeliane di Teatro-immagine e nell’applicazione delle tecniche dei flics dans la tête, per la costruzione di rappresentazioni teatrali centrate sul disvelamento dell’oppressione interiorizzata dai personaggi e in maniera analoga dagli attori, è importante considerare eventi corporei potenziali e intenzionali, non fenomenologicamente evidenti ma individuabili dal conduttore del processo di creazione nel caso in cui il modello psicofisiologico di Ruggieri diventi la base del lavoro attoriale nel teatro dell’oppresso.
L’oppressione in questi casi è rintracciabile nell’espressività corporea, in quanto manifestazione di rappresentazioni immaginative oppressive o meglio dell’oppressore, che possono non sono essere svelate ma su cui si deve poter intervenire concretamente, con esercizi che consentano di risalire all’immagine interiorizzata agendo sul sistema tonico posturale ad essa connesso. Alla base di una serena gestione dei conflitti e in questo caso del conflitto tra oppresso e oppressore, c’è sempre la percezione del proprio corpo come unità integrata, struttura-processo unificata e coordinata dall’Io.
Il metodo teatrale di Boal e le teorie psicofisiologiche sulla recitazione di Ruggieri, convergono sulla necessità estetica e sociale di una pedagogia teatrale che educhi ogni cittadino-artista alla creazione consapevole, di contesti rappresentazionali ri-creativi condizioni sociali, ambientali, situazionali, legate al reale vissuto di oppressione delle persone che partecipano all’esperienza teatrale con volontà e desiderio trasformativo, evidenziando come lo sguardo rivolto alle persone che reprimono, allo stato di disuguaglianza che reprime, non debba essere della persona ma del personaggio.
Nel teatro l’immaginazione e l’espressività corporea interagiscono per creare un contesto di esperienza reale e illusorio allo stesso tempo, un’esperienza teatrale generata dall’attore nell’interazione comunicativa ed estetica con lo spettatore. Lo spazio estetico del teatro consente di sperimentare e verificare la veridicità delle rappresentazioni di base del soggetto e crearne delle altre facendo esperienza di vissuti diversi dal proprio, vivendo ruoli diversi, indossando maschere sociali non abituali, abitando il luogo della non quotidianità.
L’applicazione del modello psicofisiologico pedagogico teatrale di Ruggieri è stata ipotizzata come base scientifica del lavoro teatrale di teatro dell’oppresso di Augusto Boal, nell’ottica di un solidale arricchimento teorico-esperienziale del lavoro di creazione, coerente con i principi etici ed estetici fondanti il teatro dell’oppresso e pedagogici di Paulo Freire a cui Boal fa chiaro riferimento.
Alessia Pivotto, laureata all’Università di Roma Sapienza in Arti e Scienze dello Spettacolo, ha effettuato il tirocinio presso la medesima con il laboratorio di Approccio Psicofisico all’Identificazione del Prof. Vezio Ruggieri e il laboratorio teatrale integrato Teatro e Carcere, a cura di FACT- Fort Apache Cinema Teatro. Si forma come danzatrice presso l’Accademia Arte Balletto di Campobasso e IALS (istituto addestramento lavoratori dello spettacolo). Ha partecipato al progetto di messa in scena “IX Sinfonia di Beethoven” a cura di A.E.P.C.I.S (Ass. Europ. Psicofisiologi Clinici per l’Integrazione Sociale ).
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Dal 2009 PartecipArte, compagnia di Teatro dell’Oppresso, lavora sul territorio nazionale e internazionale per promuovere attraverso le arti performative, con particolare attenzione al teatro, il cambiamento sociale e politico. La compagnia si avvale della competenza di Olivier Malcor, filosofo e artista, Claudia Signoretti, specialista delle convenzioni internazionali, Rosa Martino, psicologa e Lorenzo Macchi, specializzato nell’ambito della pedagogia e dell’istruzione.
Lo scorso 17 novembre, a SpinOff, centro abitativo e culturale di rilievo nella città di Roma, ha avuto luogo Forum Theater: l’immagine del cambiamento giornata di formazione promossa da PartecipArte e diretta da Hosni Almoukhlis, poeta e fondatore del Centro di Teatro dell’ Oppresso di Casablanca.
Il Metodo TdO
Il Teatro dell’Oppresso TdO è un metodo teatrale ispirato alla Pedagogia degli Oppressi di Paulo Freire, a cui il regista Augusto Boal attinge per sviluppare una forma radicale di attivismo artistico nel Brasile degli anni Sessanta del Novecento. Il Teatro dell’Oppresso ha come obiettivo l’identificazione e il superamento di situazioni di oppressione per mezzo dell’intelligentia collettiva. Le tecniche utilizzate (Teatro-Immagine, Teatro-Giornale, Teatro-Forum, Teatro-Invisibile, Teatro-Legislativo) nascono come risposta a una necessità obiettiva.
L’esperienza estetica costituisce il nesso tra la costruzione di mondi possibili e l’attuabilità di prospettive alternative e trasgressive nel contesto reale, attraverso azioni sociali concrete e continuative. Il teatro come metafora dell’esistenza si rifà al concetto di metaxis platonica, alla tensione tra una rete di polarità che struttura la condizione umana. Nello specifico della prassi scenica, consente la simultanea appartenenza a due autonome realtà al fine di sperimentare con efficacia la prova del cambiamento.
«Il desiderio permette l’utopia, la necessità esige strategia»
Nel 1973 in Perù, sulla spinta della proposta pedagogica di Paulo Freire, la necessità di alfabetizzare parte della popolazione del paese si concretizza nella proposta di un Programa de Alfabetizacao Integral – ALFIN. Il programma prevede il superamento della condizione di incomunicabilità attraverso forme e linguaggi espressivi che includono la pratica teatrale intesa come «espressione artistica che si costituisce e si dispiega in un fare politico». È in questo contesto che Augusto Boal inizia a sviluppare il Teatro-Immagine che, a partire dalla rappresentazione dell’immagine corporea, individuale e collettiva, indaga il senso e la funzione di micro azioni, verificandone l’efficacia comunicativa.
L’immagine assume una determinata forma-postura in relazione al vissuto esperienziale dell’individuo e si pone come veicolo di trasmissione di idee, emozioni, conflitti. Un linguaggio senza frontiere, condiviso dai componenti del gruppo e, simbolicamente, dalla società. Attraverso un lavoro di traduzione e decodifica, il Teatro-Immagine facilita la comunicazione creando un ponte tra il linguaggio corporeo e linguistico. Focalizza l’attenzione sulla componente corporea della struttura linguistica.
Creazione estetica dell’immagine
Il regista Hosni Almokhlis dirige l’ensamble di artisti e operatori culturali che hanno preso parte alla formazione, riportando subito l’attenzione sul valore pedagogico di giochi ed esercizi che sono la base della metodologia teatrale del TdO. I giochi consentono di instaurare un clima di fiducia e gioiosa collaborazione, coniugando disciplina e libertà. Il lavoro svolto in sala nega il principio di supremazia e subordinazione, si struttura in modo non gerarchico. A partire dalla consapevolezza di essere presenti a se stessi e agli altri, in un determinato luogo, per un fine specifico, ci muoviamo esplorando lo spazio. Il contatto visuale con l’altro determina l’occupazione di spazi altri, sincronizzando ritmicamente il movimento.
Il problema individuale di mantenersi in relazione costante con altre persone è suscettibile delle conseguenze di scelte altrui da cui siamo dinamicamente influenzati. Individuare il ritmo del gruppo è fondamentale per organizzare gli esercizi successivi che coinvolgeranno il corpo in relazione all’immagine corporea. Dalla parola significante, creo una postura-scultura esplicativa. Dall’immagine, riconosco e analizzo il significato. Il modo in cui introiettiamo e rappresentiamo un concetto, mette in luce meccanismi inibitori e stereotipi socialmente determinati che categorizzano la percezione.
A partire dalla tecnica del Teatro Immagine, Hosni Almoukhlis ha guidato l’equipe del TdO di Roma in direzione della creazione di un Teatro Forum. Nel forum, la rappresentazione scenica di un problema reale, con attori che vivono il problema stesso, mira alla ricerca di alternative per trasformare la realtà. Il processo trasformativo si attua nello spazio del dialogo tra partecipanti dell’evento teatrale. Lo scambio propositivo di visioni presuppone il superamento della quarta parete, un attraversamento di natura fisica e simbolica. Si scardina la convenzione teatrale che colloca attore e spettatore nel rispettivo ruolo di produttore e fruitore. Il dialogo diretto tra scena e platea è sollecitato dalla figura del Kuringa (facilitatore), il cui obiettivo è «stimolare la partecipazione impegnata per l’emancipazione».
La prova del cambiamento
Fondamentale è l’individuazione di un sistema di oppressione che a partire dalla percezione del conflitto da parte del singolo, si espande al macro contesto e alla macro struttura che lo determina. L’oppressione viene immaginata e collocata nella situazione sociale concreta di pertinenza, in cui solitamente ha luogo. Gli attori scelgono il personaggio con cui identificarsi, che agisce in quanto maschera (oppressore – oppresso/a – alleato dell’oppressore – alleato dell’oppresso/a – neutro) in riferimento al tema. L’elemento fisso della rappresentazione teatrale è “la maschera”, il ruolo che i vari personaggi assumono; l’elemento mobile è il personaggio stesso in relazione al contesto.
La tecnica dell’improvvisazione strutturata, che utilizza il proprio codice implicito in relazione al bagaglio esperienziale di ognuno, consente un’immediata restituzione dell’evento. Si agisce con chiarezza, l’ambiguità disincentiva una cosciente presa di posizione e ostacola la tempestività di un possibile intervento. Nella messa in scena, l’immagine iniziale proposta dagli artisti-spettatori è soggetta a modifiche da parte del pubblico-attore che interviene attivamente cambiando l’immagine per conformarla alla propria proposta alternativa.
Viene a crearsi, con il susseguirsi di riflessioni e interventi, un’immagine ideale che sarà l’immagine di riferimento per la trasformazione della realtà. I temi emersi nel corso della formazione (diritto all’abitazione, razzismo ed esclusione, violenza domestica, gerarchie di potere, cyber bullismo) sono stati analizzati e affrontati con rispetto dell’opinione altrui, con moderazione democratica e orizzontalità di sguardi. Come suggerisce Augusto Boal: «Nel trasformare le relazioni sociali e umane in una scena di teatro, ci si trasforma in un cittadino».
Dal sud del Marocco al Nord dell’Italia, l’accordo tra i cittadini del mondo è nel contatto visuale di una stretta di mano. Si fa teatro perché si crede nei valori fondamentali del diritto all’espressione e alla conoscenza. Etica e solidarietà, concetti fondanti e imprescindibili del metodo, realizzano l’integrazione valorizzando la differenza. Sono il fil rouge che ha permesso a una ventina di cittadini con provenienza, età, classe sociale e religione differenti, di incontrarsi e confrontarsi sulla responsabilità dell’agire in teatro e nella vita. Nonostante contesti culturali, storici e politici specifici, è stata tracciata una linea trasversale tra il teatro tradizionale del Marocco e il TdO del Brasile, che rende riconoscibili i principi comuni, pre-espressivi, propri dell’arte della rappresentazione.
Nata a Campobasso il 03/03/1994. Diplomata presso il Liceo Classico M. Pagano di Campobasso nel 2013. Si forma come danzatrice presso l’Accademia Arte Balletto e IALS (istituto addestramento lavoratori dello spettacolo). Dal 2018 segue le attività seminariali di A.E.P.C.I.S (Ass. Europ. Psicofisiologi Clinici per l’Integrazione Sociale ), dedicate all’arte dell’attore e del danzatore, a cura di Vezio Ruggieri. Laureata in Fondamenti di psicologia per l’arte, del corso di laurea in Arti e scienze dello spettacolo, della facoltà di Lettere e Filosofia, presso l’Università di Roma Sapienza nel 2020. Frequenta attualmente il corso di Laurea Magistrale in Scritture e produzioni dello spettacolo e dei media, della facoltà di Lettere e Filosofia, presso l’ Università di Roma Sapienza.
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