Outside! Festival del Fuori Teatro. Intervista a Riccardo Mallus
Quattro giorni di festa, quattro compagnie, nove bar, tre piazze e un grande evento finale al Castello Sforzesco. È iniziata ieri l’edizione pilota di Outside! – Festival del Fuori Teatro, il nuovo format di intrattenimento culturale pronto a valorizzare nuovi talenti e compagnie, portando spettacoli teatrali fuori dagli spazi convenzionali milanesi. Fino a sabato 13 luglio si susseguiranno, ogni sera, quattro spettacoli ad ingresso gratuito che viaggiano in contemporanea tra bar e piazze.
Abbiamo intervistato Riccardo Mallus, regista e consulente artistico di Tournèe da Bar che con I Distratti ha ideato il Festival:
Con Outside Festival vi proponete come obiettivo di “rompere gli schemi tradizionali, uscire fuori dai luoghi istituzionali, per ri-portare la cultura tra gente”. Quale strategia metterete in atto per far germogliare nel tempo i semi di questo breve evento?
Questa è l’edizione zero, la prima che realizziamo, e come tutte le prime edizioni avrà bisogno innanzitutto di un’analisi approfondita di cosa ha funzionato e cosa va modificato. L’obiettivo a lungo termine è che il festival diventi un punto di riferimento per la città e un’occasione per i giovani artisti di trovare un palcoscenico non convenzionale dove mettere alla prova di un pubblico “non necessariamente teatrale” i propri lavori.
In quest’ottica, a mio avviso, diventa fondamentale, dal punto di vista strategico, stringere con gli artisti che vengono programmati dal festival un rapporto di alleanza e collaborazione che li renda veri e propri ambasciatori dell’iniziativa, in modo che attorno ad Outside Festival si crei una comunità allargata composta da spettatori, artisti e promotori, in costante dialogo con le istituzioni cittadine.
Outside è un festival che invade la città e raggiunge il pubblico nei quartieri. Dal momento che il pubblico non deve fare nemmeno lo sforzo di raggiungere il luogo dell’evento teatrale, cosa gli viene richiesto?
Al pubblico viene richiesto di godersi lo spettacolo! Gran parte del lavoro di audience engagement e development di Tournée da Bar si sviluppa abbattendo le barriere culturali, economiche e geografiche di accesso alla fruizione dello spettacolo dal vivo. Il nostro obiettivo è proprio che il pubblico poco avvezzo alle sale teatrali possa ri-scoprire il piacere di vedere uno spettacolo senza necessariamente dover mettere in campo un impegno o, peggio, uno sforzo, per farlo.
In base a quali parametri sono state selezionate le compagnie che si esibiranno nelle quattro giornate del Festival?
In accordo con quanto detto poc’anzi, i parametri che abbiamo utilizzato per selezionare le compagnie Outsider sono semplici: innanzitutto abbiamo scelto spettacoli di qualità, progetti artistici che – ognuno con le proprie specifiche caratteristiche – avessero una matrice teatrale adatta allo scopo del festival e ai luoghi nei quali si svolge, spettacoli davanti ai quali il pubblico potesse godersi una serata di teatro senza andare a teatro. Abbiamo scelto spettacoli diversi fra loro, così da offrire una proposta variegata e molteplice all’eventuale spettatore che volesse vederli tutti.
Volete portare il teatro “dove il teatro non c’è”: qual è il vostro rapporto con lo spazio teatrale, il territorio e la comunità? I vostri spettacoli nascono in funzione di un determinato luogo o vi si adattano? Il pubblico a cui vi rivolgete influenza le vostre scelte artistiche? Pensate che il teatro debba offrire un servizio? Se sì, quale?
A noi lo spazio teatrale piace tantissimo. Con Davide Lorenzo Palla e Tiziano Cannas Aghedu portiamo avanti da anni un bel rapporto di collaborazione con il Teatro Carcano, dove ad Aprile 2020 saremo in scena con Innamorati, prodotti da loro. Amiamo le sale teatrali, amiamo lavorare in teatro e amiamo quando le sale sono piene e gli spettatori felici.
In questi anni, grazie all’azione di audience development di Tournée da Bar, molti nuovi spettatori che prima non frequentavano le sale teatrali hanno iniziato a seguire prima i nostri spettacoli e poi anche spettacoli di altri artisti. Il nostro rapporto con la comunità e il territorio si concentra quindi attorno all’ambizione di avviare un meccanismo virtuoso in cui “fare teatro dove non c’è” possa portare nuovo pubblico anche lì dove il teatro già c’è. Entrando nello specifico della creazione artistica, posso dire che abbiamo sviluppato, nel corso del tempo, pratiche diverse a seconda che lo spettacolo nasca per un contesto teatrale o meno. Lo spazio specificatamente teatrale offre possibilità che uno spazio non teatrale non offre. Benché la matrice artistica rimanga inalterata nel suo profondo, quindi, il processo di creazione segue regole differenti. In merito alle scelte, invece, abbiamo la fortuna di avere un pubblico affezionato che accoglie ben volentieri anche gli azzardi. Quando Davide mi disse che voleva fare Otello come monologo, al bar, mi sembrò un’idea folle, e invece il pubblico reagì benissimo, e adesso Otello è stato replicato nei bar praticamente di tutta Italia e da qualche anno riempie i teatri. Possiamo dire che l’idea folle è risultata vincente e che il nostro pubblico, da allora, è pronto ad accogliere anche Shakespeare al bar, e chi lo sa quale sarà la prossima idea folle. Personalmente ritengo che fare teatro rappresenti di per sé un servizio, ognuno poi può decidere se accettare questo dato di fatto o meno e indirizzare la propria pratica artistica in una direzione o in un’altra, non credo però sia riconducibile ad una definizione singola e inequivocabile quello che potremmo definire “servizio teatrale”. Il teatro si manifesta attraverso diverse anime, rispondendo a diversi bisogni, e il servizio di conseguenza non può che declinarsi a seconda del bisogno al quale risponde.