Festival PerformAzioni: Intervista ad Anna Dora Dorno
Anna Dora Dorno regista, performer e artista visiva e Nicola Pianzola, performer e drammaturgo sono il duo artistico che compone la compagnia Instabili Vaganti. Impegnati dal 2004 in progetti di caratura nazionale e internazionale, volti alla sperimentazione delle possibilità offerte dalle diverse discipline artistiche, Instabili Vaganti conduce una ricerca fluida che fa dell’incontro interculturale e della capacità di trattare temi di attualità attraverso il linguaggio performativo, il proprio fulcro.
Tale visione si ritrova nelle scelte operate dalla compagnia, alla guida della direzione artistica, per la realizzazione del Festival Internazionale sulle arti performative PerformAzioni, che si terrà a Bologna dal 3 all’11 settembre. Il tema di questa nona edizione, realizzata in collaborazione con Mismaonda – “Superare i confini” –, sarà declinato in una ricca proposta di spettacoli, incontri, workshop dal vivo, eventi e performance online. Come racconta Anna Dora Dorno in questa intervista, il contributo di artisti e artiste provenienti da varie nazioni del mondo, darà vita a un dibattito in cui individuare strategie e strumenti comuni per affrontare questo tempo di cambiamento.
Il vostro percorso artistico si fonda sulla contaminazione di stili e linguaggi e sull’attraversamento di luoghi, deputati e non, nei quali intervenite performativamente con finalità sociali. In che modo indagate le urgenze di questi contesti e come riuscite a integrarvi con il tessuto sociale nel quale operate?
In realtà il nostro teatro non nasce con una finalità dichiaratamente sociale. Crediamo fermamente nel fatto che il teatro tutto, se fatto con onestà, dedizione e qualità ha come conseguenza diretta quello di generare un impatto sociale. I nostri lavori si basano sulla contaminazione dei linguaggi: elementi che provengono dalle arti visive, ma anche dall’ambito musicale, multimediale, della danza che ci consentono di creare delle opere originali in grado di comunicare per livelli differenti di percezione.
Questa metodologia, combinata alla volontà e capacità di adattarci a situazioni sociali e culturali di vario tipo e soprattutto a location inconsuete o luoghi non deputati al teatro (luoghi in abbandono, grandi megalopoli, teatri tradizionali, spazi storico-architettonici) ci consente di ricontestualizzare, di volta in volta, i contenuti dei nostri lavori, determinandone un impatto diverso in base al contesto di riferimento. Nel tempo, abbiamo sempre più cercato non solo di rappresentare uno spettacolo, nei luoghi in cui siamo stati, ma di lavorarci per più giorni, di entrare in connessione con il tessuto sociale e la comunità culturale di riferimento, anche coinvolgendo direttamente artisti locali nelle nostre produzioni. Abbiamo affrontato temi come quello delle sparizioni forzate in Messico, per esempio, solo dopo aver lavorato in quel paese per diversi anni coinvolgendo nell’opera danzatori e attori di messicani, non solo nelle tappe all’estero ma anche in Italia.
Per la realizzazione dello spettacolo The Global City, che parla della nostra percezione globale del mondo, abbiamo raccolto molto materiali audiovisivi lavorando nelle più grandi megalopoli del pianeta, materiali che sono poi entrati a far parte dello spettacolo. L’esperienza di questa produzione, per esempio, è stata raccontata nel dettaglio dalla giornalista e critica teatrale Simona Frigerio che presenterà il libro The Global City, edito da Cue Press, il 3 settembre nel nostro Festival PerformAzioni.
Nel corso della vostra attività avete proposto progetti a livello nazionale e internazionale, riuscendo a coniugare l’arte performativa con l’efficacia sociale anche in paesi esteri. In cosa risiede l’universalità del vostro linguaggio?
Credo che l’universalità del nostro linguaggio risieda nella nostra visione globale del mondo e nella compresenza di differenti linguaggi performativi del nostro operare artistico. Abbiamo lavorato in molti paesi del mondo, entrando a far parte di differenti realtà culturali che ci hanno consentito di avere una visione molto ampia del “teatro”. In India, solo per fare un esempio, il teatro non è mai disgiunto dalla danza, non c’è quella separazione che ormai pervade il mondo occidentale, anche se si continua a parlare di multidisciplinareità, una parola che non amiamo particolarmente perché sottolinea una separazione tra le diverse discipline artistiche. Per noi il Teatro deve essere totale e comprendere diversi strumenti di espressione, anche le nuove tecnologie, quando possono arricchire o essere significanti per la narrazione.
Dal 2 settembre prenderà avvio la nuova edizione del Festival PerformAzioni. Il tema di questa edizione, “Superare i confini”, riflette il vostro progetto artistico. Quali sono i confini che ritenete necessario superare? L’arte in questo, che ruolo svolge?
Confini geografici, di stili, di pensiero, tra le arti. Crediamo che in questo momento sia quanto più necessario non sentirsi limitati da qualsiasi tipo di barriera, confine, divisione, che purtroppo la pandemia ha imposto o esasperato. Secondo noi bisogna cercare di accogliere le nuove sfide non avendo paura di sbagliare ma provando a rischiare, credendo nel cambiamento. Il Festival di quest’anno dà il titolo al nostro nuovo progetto, è servito da stimolo alla creazione dello stesso, spingendoci a collaborare a distanza con artisti da ogni parte del mondo: Iran, India, Corea del Sud, Cina, Messico, USA, Turchia.
Per la prima volta abbiamo adottato una nuova metodologia di lavoro confrontandoci attraverso le piattaforme online, dialogando in rete per interagire a distanza e creare contenuti artistici in video. Questo ci ha permesso di avere un’edizione del Festival diversa dalle altre, con opere sia dal vivo che in video, condivisibili attraverso i nostri social network, ma soprattutto di mantenere un approccio internazionale che è sempre stato tra le nostre caratteristiche principali.
Preservando l’internazionalità anche in un momento storico che frena l’incontro, PerformAzioni prevede, oltre a una fitta proposta di eventi dal vivo, alcuni momenti di confronto online con artisti, studiosi e operatori provenienti da diverse parti del mondo. Questa la finalità di Beyond Borders, progetto internazionale di condivisione artistica. Su cosa verterà questo confronto interculturale e qual è il suo fine?
Il fine di questo confronto è stato innanzitutto quello di superare l’isolamento in cui ognuno di noi si è ritrovato a causa delle norme imposte per arginare la pandemia, di continuare a condividere il nostro lavoro con gli artisti che negli anni ci hanno accompagnati nel nostro percorso. Attraverso i contenuti online vogliamo mostrare come anche con pochi mezzi a disposizione, il teatro può continuare a ripensare i propri mezzi d’interazione e utilizzare anche altri strumenti a supporto della creazione. Vogliamo porre l’accento sul processo di lavoro, la riflessione, il confronto interculturale, che non può essere limitato dalla mancanza di opportunità di scambio dal vivo.
Da ogni parte del mondo, noi e gli artisti internazionali che hanno aderito al progetto, abbiamo continuato a confrontarci su temi di attualità ma anche con tematiche più grandi, filosofiche a volte, sul senso del teatro e dell’arte ai giorni nostri e soprattutto abbiamo continuato a creare nuovi modelli di condivisione che possono servire anche da stimolo per chi in questo momento difficile non è riuscito a guardare oltre i confini. A tal proposito abbiamo deciso di mostrare le differenti collaborazioni video nate durante il periodo di lockdown, nell’ambito del nostro progetto Beyond Borders ma anche quelle del progetto Performativ Quarantine di Lalish Theaterlabor, ospiti del Festival, anche se solo virtualmente.
Abbiamo inoltre pensato di realizzare un incontro online in cui continuare a dibattere su questi temi, a livello internazionale, previsto per il 6 settembre alle ore 15:00, al quale sarà possibile partecipare direttamente scrivendoci alla mail promozione@instabilivaganti.com. Ci interessa molto poter condividere differenti modalità artistiche adottate per superare questi nuovi confini che si sono costruiti a causa della pandemia, nel nostro paese ma anche a livello internazionale. L’incontro potrà essere anche semplicemente seguito attraverso i nostri canali social.
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.