Ravenna Teatro ha reagito all’ultima interruzione del pubblico spettacolo destinando i suoi fondi d’emergenza a realtà teatrali nazionali meno tutelate.
“In questo tempo di attesa, ma anche di possibilità, il teatro, come tutte le arti, è stato capace di rispondere a questa crisi in modo responsabile, accettando l’incertezza, adattandosi con malleabilità, trovando nuove forme e risorse in grado di riflettere sulla cultura come bene necessario – spiegano da Ravenna Teatro -. In ogni parte d’Italia si è continuato a pensare, programmare, creare. Per alcuni mesi, con la speranza di ripartire, c’è stato un fiorire di festival e inizi di stagione, dimostrando che lo spettacolo dal vivo, il luogo d’assembramento per eccellenza, sa adattarsi con accortezza a un distanziamento che può e deve essere solo fisico”.
Ravenna Teatro/Teatro delle Albe aveva programmato Ravenna viso-in-aria, una stagione al Teatro Rasi da settembre a dicembre, nella consapevolezza della gravità dell’emergenza in atto. Il DPCM del 25 ottobre ha fermato tutto: si è voluto comunque rispettare l’impegno con le compagnie coinvolte, riconoscendo loro i cachet pattuiti per gli spettacoli annullati.
“Ci si è chiesti – aggiungono -: come reagire ora a questa nuova sospensione? Aprendo il teatro, chiuso al pubblico, agli artisti e alla loro ricerca, quella ricerca che deve avere lo spazio e l’agio per sperimentare percorsi e opere. I teatri in questo momento hanno la potenzialità e la responsabilità di aprirsi a tutte le maestranze che possono prepararsi e allenarsi per quando si tornerà all’incontro con lo spettatore. In una situazione in cui il sistema teatrale, nel riconoscere il momento di difficoltà, mostra le sue discrepanze, Ravenna Teatro condivide la preoccupazione per certe asimmetrie venute alla luce. Anche per questo motivo, e in linea con l’idea che da sempre sorregge il proprio operare, Ravenna Teatro ha pensato di destinare l’intero importo del fondo di emergenza e dei finanziamenti previsti per attività che non ha potuto svolgere (circa 70.000 euro, oltre alle spese che sosterranno per l’apertura degli spazi) ad artisti, attrici, attori, compagnie, collettivi, teatri, con meno tutele del Centro di Produzione Teatrale ravennate. Per settimane si è pensato ad alcune direzioni del fare teatro. Sono stati scelti gruppi di cui si conosceva il lavoro e, compatibilmente con il fondo a disposizione, non si è riusciti a raggiungere tutti quelli che si sarebbe voluto”.
Tra il Teatro Rasi e l’atelier-laboratorio Vulkano a San Bartolo, Ravenna Teatro ospiterà nei prossimi mesi diverse residenze artistiche. Verranno messi a disposizione gli spazi con le strumentazioni tecniche e organizzative a chi spesso spazio non ha, insieme a un contributo che permetterà loro di lavorare in sicurezza. Queste le realtà teatrali coinvolte: Pietro Babina, Alessandro Berti, Collettivo LaCorsa, Roberto Corradino, Valerio Malorni e Simone Amendola, Margherita Ortolani, TeatroinFolle, Emanuele Valenti / KËR Théâtre Mandiaye N’diaye. Il progetto di residenze sarà condiviso con L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino (parte del Centro di Residenza Emilia-Romagna), per aprire un momento di riflessione comune sugli artisti, gli spazi e la creazione.
Ravenna Teatro ha inoltre scelto cinque realtà per un contributo al loro operato, spazi teatrali generanti e necessari: Bottega degli Apocrifi (Manfredonia, FG), Masque Teatro (Forlì), Progetto Demoni / Ultimi Fuochi Teatro (Spongano, LE), Teatro della Contraddizione (Milano), Teatro Coppola – Teatro dei cittadini (Catania)
“In questo periodo di restrizioni e sacrifici, un altro settore su cui è ricaduta l’attenzione di Ravenna Teatro è il mondo dell’infanzia e dell’adolescenza, che sta soffrendo particolarmente gli effetti della pandemia. È stato pensato un sostegno ad alcune realtà che da tempo e con tenacia avvicinano il teatro alle nuove generazioni: Capusutta (Lamezia Terme), IAC – Centro Arti Integrate (Matera), Teatro Laboratorio Isola di Confine (Marsciano), Isola Teatro (Roma)”.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Il Goldoni della commedia dell’arte prima del nuovo teatro riformato, meno conosciuto e poco documentato, riemerge da un manoscritto inedito della commedia ‘Il cavaliere e la dama‘ ritrovato da Riccardo Drusi dell’Università Ca’ Foscari alla Sächsische Landesbibliothek di Dresda.
Si tratta di un manoscritto settecentesco in una redazione diversa da quella stampata e che rispecchia, con ogni probabilità, la forma più vicina al testo inizialmente concepito per la rappresentazione. “Se infatti nelle edizioni a stampa – spiega Drusi, docente di Letteratura italiana nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’ateneo lagunare – l’autore si premura di dichiarare che, rispetto all’originale portato in scena nel 1749, ha proceduto alla sostituzione delle maschere dialettali con altrettanti personaggi che parlano in lingua, la redazione di Dresda vede invece agire Pantalone, Arlecchino, Brighella, ciascuno nell’idioma che gli è più tipico”.
Già per queste varianti, “il manoscritto appare come un tassello molto importante per ricostruire quelle fasi più remote della scrittura goldoniana – sottolinea – che l’autore stesso efficacemente occultò in nome della sua ‘riforma’ teatrale”. La riforma del genere teatrale della commedia da parte di Carlo Goldoni consistette principalmente, nella stesura per intero dei dialoghi (contro la consuetudine del “Teatro dell’Arte” di fornire agli attori canovacci su cui improvvisare le battute) e nella abolizione delle maschere. A queste convinzioni il commediografo approdò tuttavia progressivamente, e dopo aver almeno in parte condiviso le precedenti esperienze di scrittura per le compagnie professioniste.
Ma perché si trova a Dresda? Fino alla caduta del muro di Berlino, questa era stata una Biblioteca di difficile accesso, ma da quando la Germania è stata unificata, molti cataloghi sono stati resi pubblici e agli studiosi si è aperto un mondo di possibili ricerche. Le compagnie dell’epoca partivano in tour nelle capitali europee, tra cui Dresda era luogo privilegiato, e si portavano dietro il manoscritto. Il manoscritto ritrovato, che è inedito, non è firmato ed è datato 1752, vede ancora l’intervento di Pantalone, Arlecchino, Brighella, parlanti ciascuno nell’idioma che gli è più tipico, mentre le edizioni seguenti offrono personaggi alternativi e dalla lingua più letteraria.
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Il Teatro Nicola Vaccaj di Tolentino, realizzato alla fine del XVIII secolo, devastato da un incendio nel 2008, riapre il 10 settembre dopo un restauro durato dieci anni, nel giorno di San Nicola e nel 221esimo anniversario dell’inaugurazione. Le fiamme, partite durante alcuni lavori di consolidamento, distrussero il tetto, il plafone centrale, parte del palcoscenico e la graticcia, danneggiando gravemente platea. Perduti gli affreschi della finta volta dipinta da Luigi Fontana nel 1881, che sono stati ricreati con rispetto rispetto all’originale, e uno dei sipari storici dello stesso Fontana, mentre se ne è salvato un altro di Lucatelli.
L’incendio risparmiò il foyer, i tre ordini di palchi, gli uffici e i camerini. Per restituire il teatro ‘come era e dove era’ è stato necessario un intervento costato 6 milioni di euro, che si è intrecciato a campagne di scavi archeologici, difficoltà burocratiche e il terremoto.
LA STORIA DEL TEATRO VACCAJ:
Originariamente denominato Teatro dell’Aquila (in onore del cardinale Filippo Carandini, sul cui stemma di famiglia compariva un’aquila bicipite), dal 1881 è intitolato al musicista Nicola Vaccaj, nativo della cittadina marchigiana. Il teatro fu progettato nel 1787 da Giuseppe Lucatelli (che ne realizzò anche gli affreschi) ed i lavori per la sua costruzione ultimati nel 1795, ma l’inaugurazione, per via della Campagna d’Italia intrapresa da Napoleone Bonaparte, avvenne soltanto il 10 settembre 1797. Il teatro rimase inattivo dal 1973 al 1985 per un intervento di restauro degli affreschi di Luigi Fontana (risalenti al 1881) e delle scene. Il 29 luglio 2008, durante i lavori di ristrutturazione del tetto, il teatro ha subito un grave incendio, che ha distrutto gran parte dei dipinti del Fontana.
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Quattro prime mondiali e diciotto italiane, 31 progetti artistici portati in scena da oltre 20 paesi europei a Cividale del Friuli. È il ‘Mittelfest 2018’ – in programma dal 5 al 15 luglio – diretto per i prossimi tre anni dal regista teatrale Haris Pasovic, che avrà come tema conduttore i ‘millennials’.
Una kermesse che riunisce diverse forme artistiche, dal teatro alla danza, passando per musica classica e contemporanea fino alle installazioni artistiche e alla cultura popolare. “In Friuli Venezia Giulia si incontrano le grandi civiltà europee: quella tedesca, slava e latina” ha spiegato il presidente di Mittelfest, Federico Rossi. “Partendo dai millennials e dai giovani vorremmo riportare la speranza di una Europa che può rinascere anche con l’arte e la cultura”, ha aggiunto. In scena, accanto ad artisti affermati, si esibiranno anche giovani, porteranno il loro punto di vista come nuove generazioni di migranti, mescolando stili, generi e culture europee diverse.
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Paolo Stratta, fondatore e direttore della Fondazione Cirko Vertigo di Torino, è stato eletto per la quinta volta dall’Assemblea generale della Federazione europea delle scuole di circo professionali (Fedec), a Bruxelles, rappresentante italiano nel consiglio di amministrazione della Federazione (50 membri) che quest’anno ha accolto anche come membro partner l’Associazione Circo contemporaneo Italia (Acci).In carica dal 2005 nel cda, Stratta è il più giovane tra i direttori europei e al tempo stesso l’amministratore più navigato della Fedec (resterà in carica fino al 2021). Nel prossimo mandato, insieme ai colleghi di Montreal, Parigi, Londra e Barcellona, si occuperà del sostegno all’inserimento dei giovani artisti nel mondo del lavoro e dell’ampliamento del network a livello mondiale.
CIRKO VERTIGO
Cirko Vertigo è un centro internazionale di creazione e produzione di spettacoli ed eventi, polo di formazione professionale e ludica nell’ambito delle arti circensi e residenza per giovani artisti. Cirko Vertigo – di cui la lettera « k » del nome richiama la parola greca Kinéma che esprime il movimento – è un progetto nato nel 2002 (inizialmente come Scuola di Nuovo Cirko) da un’idea di Paolo Stratta e sostenuto dalla Città di Grugliasco, dalla Regione Piemonte e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Cirko Vertigo ha oggi sede nel Parco Culturale Le Serre di Grugliasco (Torino) all’interno della Casa del circo contemporaneo, una struttura composta da tre edifici con grandi vetrate che hanno saputo mantenere il concetto di serra creativa, un piccolo chapiteau circolare, utilizzato sia come spazio formativo, sia per ospitare spettacoli e il Teatro Le Serre che ospita per undici mesi all’anno una programmazione multidisciplinare seguita da oltre ventimila spettatori.
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