TESI DI LAUREA: Notazioni linguistiche sul teatro di Enzo Moscato

TESI DI LAUREA: Notazioni linguistiche sul teatro di Enzo Moscato

Moscato

TITOLO TESI > Notazioni linguistiche sulla lingua del teatro di Enzo Moscato con intervista all’autore
ISTITUTO >  Università degli studi di Napoli Federico II – Corso di laurea triennale in Lettere Moderne
AUTORE > Gianluigi Montagnaro

INTRODUZIONE DELL’AUTORE

Viviamo un periodo storico in cui i linguaggi drammaturgici tendono verso l’appiattimento estremo del significante, la cui banalizzazione comporta un impoverimento conseguente del significato. Moscato propone, per leggere la pluridimensionalità contemporanea, un linguaggio altrettanto barocco, capace di fungere da riflesso di quella babele linguistica che è null’altro che il mondo. La tesi analizza il percorso generale delle tre fasi drammaturgiche dell’autore, che si concretizza nel passaggio da un plurilinguismo di ispirazione classica, dove status sociale, educazione e relazione scenica del personaggio influenzano e dominano la lingua, ad un plurilinguismo divoratore di identità, di limiti e di realismi. La lente di ingrandimento, in particolare, è puntata su tre testi: I primi due sono Pièce Noire e Ragazze sole con qualche esperienza, appartenenti alla prima fase poetica. 

‘’La costruzione della trama e dell’intreccio è condotta in maniera praticamente Eduardiana: vi è la rottura di un equilibrio e il conseguente adoperarsi dei personaggi, che tentano di riportare la situazione allo stato iniziale. Lo sviluppo nella trama, inoltre, avviene attraverso una struttura dialogica anch’essa classica; conflitto e meccanismo di azione/reazione logica accompagnano la narrazione verso la risoluzione’’.

Questa struttura drammaturgica impone al plurilinguismo di Moscato il rispetto della connessione tra status e linguaggio. In altre parole, ogni personaggio deve parlare la lingua che il proprio status sociale, la propria educazione e il rapporto emotivo con l’altro riflettono. Il terzo è Partitura: il punto di non ritorno, il nodo che unisce le fasi della scrittura di Moscato.
De-narrazione e de-costruzione, commistione tra generi letterari, tra realtà e immaginazione e fusione di elementi espressivi appartenenti a diverse lingue (Inglese, francese, spagnolo e latino) generano una parola/suono intrisa di misteri ancestrali, metafisica, che figura come flusso magmatico incontrollato, il quale si concede ad una pluralità di letture: quella letterale, quella metafisica, quella analogica e infine temporale. Lo spartito diviene polisemico e i piani di ascolto generati divengono molteplici.

‘’Nel rifiuto dell’ideologia come mezzo totalizzante per possedere il mondo, l’autore riduce la parola a puro suono, o meglio, ad un rumore fra i tanti che produce il deflusso lento, continuo e impietoso dei giorni. La parola, non più utilizzata come segno chiuso, univoco (ossia ridotto al solo valore logico e descrittivo), viene affrancata dalla gabbia del significato tout court’’.

L’ultimo capitolo, invece, analizza i contagi interdisciplinari tra il barocco degradato di Moscato e i linguaggi della nuova scena Trap/rap napoletana e italiana. Questo mondo, infatti, sembra realizzare in piena regola quella Babele descritta da Moscato, dove ogni lingua si mescola alle restanti divenendo significante, suono, rumore in un’epoca dove le distanze si accorciano e i luoghi di vita e incontro divengono metafisici. Le lingue tradizionali restano, ma vengono ripetutamente tradite, arricchite, corrotte, come tra le righe di Partitura. Allo stesso modo il pastiche linguistico sembra essere teso alla ricerca dell’incontro-scontro tra le culture diverse che, in fin dei conti, condividono lo stesso destino.

LEGGI LA TESI DI LAUREA > NOTAZIONI LINGUISTICHE SUL TEATRO DI ENZO MOSCATO

Gianluigi Montagnaro nasce a Vico Equense nel 1996. Studia alla scuola del Teatro di Napoli, diretto da Renato Carpentieri, che gli dà la possibilità di lavorare con Giuseppe Rocca, Michele Monetta, Claudio di Palma, Laura Curino, Enrico Bonavera e lo stesso Carpentieri, sotto la cui direzione partecipa al Napoli Teatro Festival con Pastiche n°0. Si è laureato alla triennale di Lettere Moderne all’Università degli studi di Napoli Federico II, e frequenta tuttora il corso di Filologia Moderna presso la stessa.

Campania Teatro Festival, la 14° edizione dal 12 giugno all’11 luglio 2021

Campania Teatro Festival, la 14° edizione dal 12 giugno all’11 luglio 2021

159 eventi per un mese di programmazione in luoghi all’aperto e in totale sicurezza. 10 sezioni, 70 debutti assoluti e 3 nazionali. Anteprima il 19 marzo con il Maestro Riccardo Muti al teatro Mercadante. A settembre spazio alla sezione Danza e a quella Internazionale con gli spettacoli della regista argentina Marina Otero, del coreografo greco Dimitris Papaioannou e del regista svizzero Cristoph Marthaler.

Campania Teatro Festival

Stesso slogan, nuovo Festival. Stesso slogan, Il teatro rinasce con te, perché a distanza di un anno la vera rinascita del settore teatrale appartiene ancora alla categoria degli annunci e dei buoni propositi. Nuovo Festival perché questa edizione 2021, la quinta diretta da Ruggero Cappuccio, passerà alla storia per essere quella dove il Napoli Teatro Festival diventa il Campania Teatro Festival.

Un modo per anticipare il futuro di una manifestazione che dal 2022 estenderà sempre più la sua azione culturale da Napoli all’intera regione, rendendo organico il legame e l’unitarietà tra i beni paesaggistici e architettonici, ma anche per ribadire e meglio specificare l’impegno concreto della Regione Campania a sostegno di una rassegna multidisciplinare, organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Alessandro Barbano, che sa coniugare la cultura nazionale e internazionale con la bellezza di alcuni dei luoghi più suggestivi e simbolici del territorio campano.

Una ricchezza che viene esaltata, valorizzata e veicolata non solo attraverso il coinvolgimento di tante importanti realtà del panorama teatrale italiano ed estero, ma anche con l’attenzione al talento e alle professionalità di molte produzioni e compagnie che operano da anni in Campania, con un impegno che in alcuni casi non è solo artistico ma anche sociale. Saranno più di 1500 i lavoratori dello spettacolo della nostra Regione che faranno parte del Campania Teatro Festival 2021. Un segnale concreto di sostegno non formale a chi continua a subire quotidianamente sulla sua pelle le dure conseguenze economiche della pandemia in un settore da sempre in difficoltà. In attesa, e con l’auspicio, che lo Stato faccia stabilmente la sua parte, come accade in altri Paesi d’Europa, riconoscendo diritti che al momento sono ancora negati.

Sede principale del Festival, con l’allestimento di ben otto palchi, sarà quest’anno il Real Bosco di Capodimonte, che ospiterà per un mese una vera e propria cittadella teatrale tra Cortile della Reggia, Casino della Regina, Giardino Paesaggistico di Porta Miano, Manifattura della Porcellana, Giardino Paesaggistico Pastorale, Praterie della Capraia, il Giardino dei Principi e lo spazio del Cisternone, dove si terranno gli eventi del DopoFestival. Una scelta dettata da tre motivi, tutti egualmente importanti: la vastità degli spazi, fondamentale per i tempi che ancora viviamo, la felice esperienza della precedente edizione e il rapporto di grande collaborazione con il direttore Sylvain Bellenger.

Gli altri eventi si svolgeranno nel Teatro Grande di Pompei, al Belvedere di San Leucio a Caserta, a Montesarchio (in piazza Umberto I e nel Museo Archeologico del Sannio Caudino), nel Teatro Naturale di Pietrelcina, nell’Anfiteatro di Avella e a Salerno, nel Chiostro del Duomo e all’esterno del teatro Ghirelli. Appuntamenti a Napoli ci saranno anche nell’Archivio di Stato di Napoli, nel Refettorio del Chiostro di San Domenico Maggiore, a Made in Cloister e, sempre a Capodimonte, nella Sala Causa. L’anteprima del 19 marzo con il Maestro Riccardo Muti si terrà al teatro Mercadante, mentre gli spettacoli di settembre andranno in scena in tre diversi teatri cittadini: il Bellini, il Trianon e il Politeama.

Capodimonte, luogo tra i più rappresentativi dell’Epoca Borbonica, sarà anche centrale ne “Il sogno reale. I Borbone di Napoli”, un Progetto Speciale di Ruggero Cappuccio curato da Marco Perillo, che, rispondendo alla mission della Fondazione di promuovere e valorizzare i beni del patrimonio culturale materiale e immateriale della Regione, vuole coinvolgere, attraverso un focus storico e artistico sul secolo del Regno, alcuni dei principali siti borbonici della Campania. Il progetto, oltre a sette storie inedite redatte da narratori e interpretate da sette diversi attori, che andranno in scena nel Giardino dei Principi, prevede anche la pubblicazione di una guida stampata degli stessi siti, a cura dello stesso Marco Perillo, che sarà distribuita gratuitamente al pubblico che seguirà gli spettacoli in programma al Festival.

Il Campania Teatro Festival viaggia nel segno della continuità rispetto al passato, adottando ancora una volta uno schema che ne ha fatto in poco tempo una delle realtà culturali più riconosciute e riconoscibili del nostro Paese, apprezzata sempre di più in ambito internazionale come testimonia la costante e rilevante presenza nella rete Italia Festival e nell’EFA ( European Festival Association). Anche quest’anno sui 38 spettacoli di prosa nazionale saranno 29 i debutti assoluti, ribadendo quell’attenzione alle drammaturgie contemporanee che è ormai uno dei tratti distintivi della manifestazione. L’85% dei testi teatrali rappresentati al Campania Teatro Festival sono di autori viventi.

Confermate le 10 Sezioni (Prosa Italiana, Internazionale, Osservatorio, SportOpera, Danza, Musica, Letteratura, Cinema, Mostre, Progetti Speciali), a riprova di una multidisciplinarità che ha caratterizzato tutte le edizioni dirette da Ruggero Cappuccio e rappresenta la vera e propria anima del Festival. Otto di queste sezioni sono programmate tra giugno e luglio, mentre quelle dedicate alla Danza e agli spettacoli Internazionali sono previste nel mese di settembre.  In particolare, per le Compagnie straniere sono già fissati tre debutti nazionali che hanno date e luoghi definiti: l’8 e il 9 al teatro Bellini di Napoli lo spettacolo della regista argentina Marina Otero, il 16 e il 17 il nuovo lavoro del coreografo greco Dimitris Papaioannou al teatro Politeama di Napoli, mentre il 23 e il 24 andrà in scena al teatro Bellini l’ultima creazione del regista svizzero Cristoph Marthaler, con Graham F. Valentine.

Protagonisti di questa edizione, che si aprirà in anteprima il 19 marzo al teatro Mercadante di Napoli con il concerto dell’Orchestra giovanile “Luigi Cherubini” diretta dal Maestro Riccardo Muti (disponibile gratuitamente dal 26 marzo in streaming su live.napoliteatrofestival.it, cultura.regione.campania.it, ansa.it e ravennafestival.live), saranno, tra gli altri:

Massimo Andrei, Laura Angiulli, Valeria Apicella, Virginia Acqua, Corrado Ardone, Lello Arena, Euridice Axen, Roberto Azzurro, Nadia Baldi, Marco Baliani con I Filarmonici di Busseto, Marianella Bargilli, Consuelo Barillari, Peppe Barra, Mariano Bauduin, Maria Vittoria Bellingeri, Sonia Bergamasco, Giovanni Block, Alessio Boni, Andrea Bonioli, Simona Boo, Simone Borrelli, Luca Brignone, Elena Bucci, Roberto Caccioppoli, Fortunato Calvino, Capone & Bungt Bangt, Pino Carbone, Renato Carpentieri, Benedetto Casillo, Marianna Celia, Alì Chahrour, Daniele Ciprì, Roberto Colella (La Maschera), Paolo Coletta, Marina Confalone, Antonello Cossia, Emilia Costantini, il poeta e drammaturgo Giuseppe Conte, Enzo Curcurù, Laura Curino, Floriana D’Ammora, Roberto D’Avascio, Alessandra D’Elia, Emanuele D’Errico, Elio De Capitani, Rosaria De Cicco, Eduardo De Crescenzo, Concita De Gregorio, Ettore De Lorenzo, Massimo De Matteo, Francesca De Nicolais, il Maestro Roberto De Simone, Roberta Lidia De Stefano, Marco Dell’Acqua, Francesco Di Bella (24 Grana), Pino Di Buduo, Claudio Di Palma, Cristina Donadio, Igor Esposito,  Lalla Esposito, Gina Ferri,  Vincenzo Fiorillo, Flo, Gianluigi Fogacci, Adriana Follieri, Peppe Fonzo, Iaia Forte, Simona Fredella, Francesca Gammella, Mario Gelardi, Lello Giulivo, Gnut, Gianluca Gobbi, Enzo Gragnaniello, Yari Gugliucci, Paolo Iammarrone, Davide Iodice, Antonella Ippolito, Karima, Lamberto Lambertini, Gaetano Liguori, Teresa Ludovico, Claudio Malangone, Maldestro, Valter Malosti, Milena Mancini, Vinicio Marchioni, Milva Marigliano, Christoph Marthaler, Gea Martire, Leopoldo Mastelloni, Juan Olivier Mazzariello, Luciano Melchionna, Peppe Miale, Manuele Morgese , Enzo Moscato, Erica Mou, Massimo Munaro, Barbara Napolitano, Roberto Nobile, Marina Otero, Davide Paciolla, Ginestra Paladino, Alessandro Palladino, Ivo Parlati,  Daniel Pennac, Silvio Perrella, Luca Persico in arte ‘O Zulù (99 Posse), Riccardo Pippa con la Compagnia I Gordi, Alessio Pizzech, Alessandro Preziosi, Francesco Procopio, Carlotta Proietti, il violinista Alessandro Quarta, Raiz (Almamegretta), Danilo Rea, Dario Rea, Stefano Reali, lo psicanalista Massimo Recalcati, Maria Rippa, Stefania Rocca, Francesco Roccasecca, Michele Rossiello, Gabriele Russo, Davide Sacco e Agata Tomšič, Davide Sacco (non è un refuso, ma semplice omonimia), Renato Salvetti, Dario Sansone (Foja), Lara Sansone, Lina Sastri, Irene Scarpato (Suonne d’Ajere), Davide Scognamiglio, James Senese, Peppe Servillo, Marco Sgrosso, Benedetto Sicca, Virgilio Sieni, Giuseppe Sollazzo, Marina Sorrenti, Gianni Spezzano, Gabriella Stazio, Marina Turco, John Turturro, Stefano Valanzuolo, Graham F. Valentine, Patricia Zanco, Roberto Zappalà, Francesco Zecca e Luca Zingaretti.

TESI DI LAUREA: Il mercato dell’arte dal vivo

TESI DI LAUREA: Il mercato dell’arte dal vivo

mercato dell'arte
 OVO Mart Company, Ph – Davide Mancini

TITOLO TESI > Il mercato dell’Arte dal vivo: criticità ed opportunità del danzatore in Italia
ISTITUTO > Università Federico II di Napoli– Corso di laurea triennale in Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali
AUTRICE > Rebecca Curti

INTRODUZIONE DELL’AUTRICE

“Il nostro Paese rappresenta a livello internazionale un’importante fucina di arte e cultura, anche se, nella storia italiana degli ultimi decenni, periodi di grande fioritura artistica si sono alternati a periodi bui, sia dal punto di vista della produzione che della fruizione.”

Queste le parole dell’ex Ministro per i beni e le attività culturali, Giuliano Urbani. Questa tesi si pone l’obiettivo di descrivere il mercato dell’arte dal vivo in Italia e delinearne l’andamento degli ultimi anni, volgendo particolare attenzione al settore del teatro, con le teorie economiche ed i meccanismi di produzione che lo riguardano, ed infine al settore della danza contemporanea italiana.

Oggi il nostro paese è tornato ad essere un importante palcoscenico internazionale, la produzione di spettacolo è aumentata considerevolmente: dal 2013, anno di massima criticità per il settore teatrale, al 2016 gli spettatori del teatro italiano sono aumentati del 2,5%. Sebbene si pensi sia una percentuale molto bassa, il rapporto annuale del 2017 di Symbola e Unioncamere afferma che: “Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo genera 89,9 miliardi di euro, arrivando a muovere nell’insieme il 16,7% del nostro PIL nazionale”.

Questo accade grazie ad un numero consistente di professionisti del settore che produce beni e servizi che vengono acquistati dai consumatori, andando così a costituire quello che oggi viene chiamato il mercato dell’arte. Ebbene, il presente lavoro si pone l’obiettivo di descrivere il mercato dell’arte dal vivo nelle sue potenzialità e criticità. Quest’ultime, in particolare, derivano dal fatto che il mercato dell’arte sostanzialmente nasce e si sviluppa secondo la creatività personale dell’artista, la quale rende complicata l’analisi secondo i consueti modelli economici (Cap. I).

Nel secondo capitolo, grazie a studi teorici e modelli econometrici, ho cercato di delineare (su base di dati empirici ISTAT e SIAE) l’andamento e lo sviluppo del settore teatrale italiano degli ultimi anni, individuandone i periodi di minore e maggiore fruizione. Quando si parla di partecipazione alla vita culturale ed artistica di un territorio, una variabile da tenere in considerazione è sicuramente quella della sensibilità della domanda rispetto al reddito dei cittadini.

Così è nato il focus sul Napoli Teatro Festival Italia. L’evento napoletano costituisce un esempio per quanto riguarda la sensibilità della domanda al prezzo sul territorio. Dall’edizione 2017, con la supervisione della nuova direzione artistica, è stata adottata una politica di prezzo differente rispetto agli anni precedenti che ha fatto registrare quasi un raddoppio delle presenze e degli incassi finali.

Da subito è stato chiaro che il pubblico napoletano non è indifferente agli eventi culturali presenti nel territorio, ma l’adozione di una diversa politica di prezzo dimostra che v’è un’indiscussa difficoltà economica per la partecipazione ad eventi culturali come quello del teatro, che rimane indubbiamente, ancora, un servizio d’élite accessibile a pochi. Con i dovuti accorgimenti ed approfondimenti che lo studio riporta, il Festival sembrerebbe l’impresa che maggiormente riesce a soddisfare la domanda da questo punto di vista.

Il terzo capitolo, entra nello specifico e si occupa di una branca del settore: la danza. Nonostante i successi degli ultimi tempi, il danzatore italiano guarda ancora con sfiducia il suo futuro lavorativo a causa della mancanza di centri e compagnie riconosciute a livello internazionale. È stato formulato e somministrato a 130 danzatori provenienti da tutta Italia un questionario circa le proprie esperienze lavorative e prospettive di vita.

Non solo, a rispondere sono stati anche insegnanti di danza che hanno espresso le proprie perplessità in merito anche alla loro professione. Il risultato è stato che proprio l’insegnamento risulta essere, ancor più dell’attività di danzatore, la vera piaga del settore a causa della mancanza di corsi d’insegnamento non qualificati o riconosciuti a livello nazionale.

Con le conclusioni, si è cercato di lasciare uno spiraglio di luce con l’approvazione della nuova legge sullo spettacolo. Sebbene si attendano ancora i decreti attuativi, la legge presenta anch’essa potenzialità e criticità allo stesso tempo. Il settore del teatro in Italia, oggi, è il settore più confusionario che ci sia ed una legge, per quanto accorpi determinate pratiche, sicuramente restituirà un minimo di equilibrio per porre le basi ad un nuovo Inizio per il teatro italiano.

LEGGI LA TESI DI LAUREA > IL MERCATO DELL’ARTE DAL VIVO: CRITICITÀ ED OPPORTUNITÀ DEL DANZATORE IN ITALIA

Rebecca Curti nasce a Napoli nel 1996. Dopo essersi diplomata come ballerina professionista, si perfeziona nel contemporaneo ed hip-hop, danzando nella compagnia MartGroove con la quale partecipa a concorsi e programmi Sky come Italia’s Got Talent. Per Amnesty International coreografa il flash-mob tenutosi a Napoli in occasione del 50° compleanno dell’associazione. Nel frattempo ha l’opportunità di seguire in qualità di assistente maestri come Mauro Mosconi e Marco Auggiero. Con quest’ultimo collabora tutt’oggi per numerose produzioni ed eventi, tra i quali, Universiade2019 per il quale è stata assistente alle coreografie per la cerimonia di apertura. Collabora con Festival, quali: Napoli Teatro Festival Italia (NA), Oriente Occidente Festival (TN), Dominio Pubblico (RM). Si è laureata in Cultura e Amministrazione dei Beni Culturali all’Università Federico II di Napoli con una tesi in economia dello spettacolo dal vivo ed attualmente è studentessa per il corso magistrale DAMS presso l’Università di Roma La Sapienza.

Una bottega di teatro e umanità. Intervista a Putéca Celidonia

Una bottega di teatro e umanità. Intervista a Putéca Celidonia

Putéca Celidonia è una giovane compagnia napoletana formata da ex-allievi della Scuola del Teatro Stabile di Napoli. La sua identità è composta da interventi di diverso tipo: da un lato l’intensa attività formativa in contesti non facili come il rione Sanità, l’istituto di detenzione giovanile di Nisida e il centro di accoglienza per migranti a Caserta. Dall’altro l’attività scenica della compagnia, con lo spettacolo Dall’altra parte. 2+2=? che ha debuttato al Napoli Teatro Festival e si è aggiudicato il Premio Giovani Realtà del Teatro

Nella nostra conversazione il drammaturgo e regista Emanuele D’Errico e gli attori Clara Bocchino e Dario Rea – a cui si aggiungono nella formazione della compagnia Marialuisa Diletta Bosso, Teresa Raiano, Umberto Salvato mostrano la profonda sincerità che anima il loro lavoro, al punto da scontrarsi con i tempi dettati dai meccanismi produttivi del teatro in Italia. L’urgenza di qualcosa di vero e forte da raccontare, nutrita dal calore delle strade napoletane, sta però ottenendo riconoscimento: Putéca Celidoniaha infatti vinto il premio ANCT, conferito dall’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro

Parlando dei rischi e delle difficoltà che un giovane gruppo si trova ad affrontare, D’Errico ci ha raccontato in modo semplice e potente l’obiettivo che stanno perseguendo: «ognuno di noi ha rinunciato alle attività da scritturato perché lavorare in autonomia ci rende felici».

Parliamo dei vostri laboratori. Che tipo di lavoro fate con i bambini del rione Sanità, con i ragazzi detenuti a Nisida e i migranti dello Sprar? Diversificate l’approccio o i principi sono gli stessi?

Dario Rea: Abbiamo iniziato con i bambini in Sanità in maniera del tutto spontanea. Il fratello di Emanuele, Davide D’Errico, è presidente della Onlus Opportunity che ha preso in gestione questi due locali confiscati alla camorra nel rione Sanità e si è offerta di mettercene a disposizione uno. Con questo rifugio ci siamo chiesti cosa potessimo restituire al quartiere e abbiamo iniziato semplicemente mettendo un cartello sulla porta con scritto “giovedì prossimo laboratorio di teatro per bambini”. 

La settimana dopo si è presentata la prima bambina, poi le iscrizioni sono aumentate sempre di più fino a doverle chiudere. Abbiamo iniziato soprattutto giocando, lavorando sulla coscienza dello spazio e delle proprie emozioni. Abbiamo trattato questi bambini come degli attori, con orari da prove, alla fine dell’anno abbiamo fatto con loro uno spettacolo grazie a Campania dei festival.

Clara Bocchino: Sono tre linguaggi differenti, senz’altro. Quello che utilizziamo con i bambini è molto diverso rispetto a quello che usiamo con i ragazzi e le ragazze a Nisida, dove va a nostro favore il fatto che non siamo troppo distanti di età. Proviamo a entrare nel loro “mood” per portarli nel nostro. È un discorso completamente diverso con i ragazzi dello Sprar di Caserta, considerando che lì la comprensione dell’italiano è limitata, poi con le mascherine non ne parliamo. Ma in quel caso è veramente uno scambio, anche noi stiamo imparando tanto da loro.

Emanuele D’Errico: Affrontiamo un tema scelto da noi in base alla situazione in cui ci troviamo. Le drammaturgie che vengono prodotte come risultato dei laboratori nascono dalla relazione tra noi e chi ci troviamo davanti. Nello spettacolo dei bambini, chiamato Non c’è differenza tra me e il mondo, ci sono tutta una serie di elementi che provengono da cose che i bambini stessi hanno inventato. 

Allo stesso modo, la drammaturgia su cui stiamo lavorando a Nisida si chiama Tappo’ Munno?, che significa “Tutto a posto mondo?”: tappo’ è una locuzione che i ragazzi utilizzano in continuazione. Lo spettacolo parte dal tema da noi proposto della cosmogonia, dopodiché ognuno di loro doveva inventare una storia su come il mondo è nato. Ne sono uscite alcune incredibili, ad esempio secondo una di queste il mondo sarebbe nato da una sfida tra bar nell’universo. Per loro è stata veramente una sorpresa recitare facendo semplicemente quello che fanno tutti i giorni ma mettendolo in forma, così da sublimare la loro quotidianità.

D.R.: Quando si lavora in situazioni come il carcere la tentazione è quella di far diventare tutto uno sfogo, di parlare della condizione in cui queste persone si trovano. Invece il lavoro che abbiamo fatto è stato quello di basarci sull’immaginazione e la fantasia, dando il messaggio per cui distaccandosi dalla propria storia personale si può essere qualsiasi cosa, in modo che potessero raccontarsi per come fossero in quel momento e non per il loro passato. 

Rimanendo sempre a Sanità, le immagini che ho visto del festival ‘A voce d’’o vico sono veramente belle, sembra esserci stato molto coinvolgimento e partecipazione. Ci raccontate di quella esperienza?

E.E.: È stato magico, sono accadute tante cose che non ci aspettavamo. Gli spazi nel quartiere sono minuscoli e ci siamo subito chiesti come potessimo far esibire i bambini. Abbiamo pensato ai balconi, in modo da portare il teatro nelle loro case…non il Netflix del teatro, ma il teatro del vicolo. Tutto questo peraltro prima della pandemia, siamo stati un po’ anticipatori sul simbolo dei balconi. Abbiamo deciso di affiancare ai bambini degli attori ed attrici riconosciuti e anche dei musicisti come Eugenio Bennato.

La cosa più bella è che gli abitanti del quartiere hanno vissuto il festival come se fosse la propria festa. Spontaneamente ci hanno aiutato a pulire la strada, ci hanno portato i dolci, ci hanno detto: «Adesso quando tornano ad esibirsi? Dobbiamo fare una colletta e farli tornare!». Dopo Settembre d’’o vico volevano ottobre d’’o vico, novembre d’’o vico… questo entusiasmo è stata la nostra soddisfazione più grande. Purtroppo quest’anno non siamo riusciti a farlo e ci è dispiaciuto tantissimo, soprattutto per loro.

Un’altra iniziativa che abbiamo fatto a Sanità, insieme alla onlus Opportunity, è stata “Il vicolo della cultura” installando delle piccole librerie a forma di edicole votive, è un book sharing a cielo aperto che finora tutti gli abitanti hanno rispettato, non ci sono stati furti o danneggiamenti. Anche in quel caso per l’inaugurazione abbiamo fatto delle recite dai balconi lungo tutta la via, chiedendo alle persone di entrare nelle loro case. ‘A voce d’’o vico ci ha permesso di guadagnarci la loro fiducia.

D.R.: Tutti gli artisti che hanno partecipato alla manifestazione, circa quattordici per cinque appuntamenti, lo hanno fatto gratuitamente. Eugenio Bennato, Maurizio Capone, Antonella Morea, Maldestro…hanno capito la bellezza di tutto questo, ma volendo riproporlo ci riesce difficile immaginarlo nuovamente senza un supporto economico, purtroppo non semplice da ottenere. Tra i progetti per il futuro ci piacerebbe portare il festival nei quartieri periferici delle altre città d’Italia.

Come vi siete attrezzati per l’emergenza covid? Avete portato avanti le attività?

C.B.: Purtroppo il laboratorio con i bambini abbiamo dovuto interromperlo, gli spazi non ci permettevano di portarlo avanti. Proviamo comunque a mantenere un contatto con loro, per quanto possibile. A Nisida e allo Sprar siamo riusciti ad andare avanti al netto di qualche breve interruzione.

D.R.: Questo periodo di parziale sospensione in realtà è stato per noi molto importante, ci siamo presi questo tempo per riorganizzarci al nostro interno e per discutere tra noi gli obiettivi della compagnia e le modalità per raggiungerli. Abbiamo riflettuto tanto sull’opportunità o meno di portare in scena il nostro spettacolo, Dall’altra parte. 2+2=?, con le restrizioni sul distanziamento.

E.E: Nel caso specifico di questo spettacolo abbiamo sviluppato un’intuizione che avevamo già, infatti la drammaturgia prevedeva tre gemelli nella pancia della mamma legati tra loro da una corda. Il distanziamento ci ha spinto a sperimentare sempre più a fondo cosa si potesse fare legati a questa corda, l’impedimento è diventato un’opportunità, ma in altri casi non lo avremmo portato in scena, non tutti gli spettacoli si possono adattare. Eravamo in stagione al Mercadante con un altro lavoro che è saltato e che è difficile immaginare nei prossimi tempi, perché prevede una scenografia di 2 metri per 2 con cinque attori all’interno.

Nei vostri piani futuri pensate di continuare a tenere insieme l’attività della compagnia e quella laboratoriale?

E.E: Noi immaginiamo la nostra attività divisa in tre parti: produzione, formazione e territorio. Sono tutte e tre strettamente legate, anzi vorremmo arricchire l’una con l’altra. L’anno prossimo lanceremo un corso di scenografia e realizzazione di costumi, sarebbe un sogno se in un bene confiscato alla camorra lavorassero delle persone per realizzare i costumi dei nostri spettacoli. Riusciamo a fare tutte e tre le cose perché per noi una prerogativa fondamentale è darci il tempo necessario

Dall’altra parte. 2+2=? è stato un viaggio di due anni. Abbiamo bisogno di un periodo abbastanza lungo per portare avanti un progetto nel modo giusto, certo poi sarebbe importante che lo spettacolo girasse e fosse visto anche in altre città. Il lavoro a cui ci stiamo dedicando ora necessiterà almeno di un anno e mezzo di preparazione.

Parte da Giorni felici di Beckett ma trasportato in un basso napoletano, con una coppia di anziani rinchiusi in casa. Vorremmo trasformare la sabbia di Beckett in una matassa di filo, anche perché in Sanità tutte le donne cuciono, da qui l’idea di legarlo al laboratorio che partirà. Io ho tradotto Giorni felici in napoletano, poi abbiamo bussato alle porte del quartiere e abbiamo fatto delle interviste che abbiamo inserito nel testo, oltre a una parte libera di scrittura.

D.R: Ci siamo resi conto che la nostra poetica nasce proprio dalla tripartizione delle nostre attività. I lavori partono da una necessità del territorio, diventano laboratori e poi produzioni. Il senso di quello che stiamo facendo è molto più grande di fare uno spettacolo e basta, c’è un mondo dietro e quindi ci prendiamo il tempo per raccontare tutto questo.

Può essere considerato strano che una compagnia giovane, nata da appena due anni, non voglia partecipare ad alcuni bandi ma noi pensiamo sarebbe importante dare vita ad un circuito di distribuzione virtuoso dove la priorità sia quello che si sta raccontando ed è impossibile che tutti i mesi si abbia qualcosa da dire. Per indagare veramente qualcosa c’è bisogno di tempo, che non corrisponde a quello della logica di produzione che c’è in Italia in questo momento.

E.E: È un po’ frustrante lavorare per due anni ad un progetto, vincere un premio, spendere dei soldi di tasca propria e poi non riuscire a distribuirlo. Anche nei teatri nazionali si investe magari mezzo milione per realizzare uno spettacolo che va in scena per due settimane e poi muore lì, abbiamo lavorato come attori in produzioni come queste e viene da chiedersi che senso abbia.

È un problema che stiamo affrontando anche nei vari tavoli di C.Re.S.Co (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea) di cui facciamo parte, naturalmente non possiamo risolverlo noi, nel nostro piccolo proviamo a creare il nostro sistema ma certo la sostenibilità è difficile da ottenere. L’alternativa è tornare a fare gli scritturati ma sarebbe una frustrazione.

C.B: Vorrei che Putéca Celidonia, come anche tutte le altre compagnie del sud, girassero un po’ di più al nord. Quest’estate sono stata ad Urbino a Fai il tuo Teatro, la prima edizione di questo appuntamento bellissimo di formazione per compagnie e operatori. Ho avuto la prova tangibile che in Campania viviamo in un altro mondo rispetto ad alcune regioni. Credo e spero che il nostro lavoro possa spingere ad un cambiamento di questo sistema un po’ incancrenito che c’è qui da noi.

Napoli Teatro Festival Italia. Presentata la tredicesima edizione

Napoli Teatro Festival Italia. Presentata la tredicesima edizione

Il teatro rinasce con te. È un invito a rivivere le emozioni del teatro lo slogan della tredicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, la quarta diretta da Ruggero Cappuccio, realizzata – nonostante l’emergenza sanitaria – con il forte sostegno della Regione Campania e organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival, presieduta da Alessandro Barbano.

Inizialmente fissata per giugno e poi rinviata a causa della pandemia, la manifestazione torna con una ricca programmazione quasi interamente a cielo aperto che si declina tra teatro, danza, letteratura, cinema, video/performance, musica e mostre: 130 eventi, per un calendario di un mese, distribuiti in 19 luoghi tutti all’aperto con una sola eccezione: il Teatro di San CarloPlatee allestite nel rispetto delle distanze di sicurezza, divise tra Napoli e altre città della Campania (Salerno, Solofra, Pietrelcina e Santa Maria Capua Vetere), dove andranno in scena creazioni italiane e coproduzioni a conferma dell’attività produttiva della Fondazione. 

L’edizione 2020 presenta 34 spettacoli di prosa nazionale, di cui 28 prime assolute, consolidando la struttura in sezioni, ormai tratto distintivo della direzione artistica firmata Cappuccio.
Italiana, Osservatorio, Danza, SportOpera, Musica, Letteratura, Cinema, Mostre, Progetti Speciali: il Festival rinnova la sua grande attenzione alla multidisciplinarità in un dialogo che mira a una visione organica e interdisciplinare dell’arte. La sezione Internazionale, che negli anni passati ha portato a Napoli grandi nomi della scena contemporanea, è stata invece riprogrammata a partire dall’autunno e vedrà in scena, tra gli altri, il coreografo greco Dimistris Papaioannu, l’artista belga Jan Fabre, e Ramzi Choukair Sulayman Al-Bassam.

Con l’intento di supportare la ripresa di un settore in grave difficoltà in quest’anno segnato dalla crisi economica indotta dal Covid-19, NTFI conferma l’attenzione e il sostegno a favore di produzioni e compagnie del territorio campano e napoletano, insieme a tante realtà del panorama nazionale.

Tra i protagonisti di questa edizione Silvio Orlando, Vinicio Marchioni, Francesco Montanari e Gianmarco Saurino, Bruno Fornasari, Andrea De Rosa, Luana Rondinelli, Antonio Piccolo, Lino Musella, Federica Rosellini, Ciro Pellegrino, Laura Angiulli, Joele Anastasi, Salvatore Ronga, Lucianna De Falco, Francesco Saponaro, Lara Sansone, Vincenzo Nemolato, Chiara Guidi, Claudio Ascoli, Marcello Cotugno, Ettore De Lorenzo, Massimiliano Gallo, Alessio Boni, Gianni Farina, Sarah Biacchi, Lina Sastri, Franca Abategiovanni, Riccardo Pippa, Corrado Ardone, Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, Federico Tiezzi e Sandro Lombardi, Roberto Rustioni, Enzo Vetrano, Stefano Randisi, Mario Scandale, Arturo Cirillo, Valentina Picello, Francesco Tavassi, Mariangela D’Abbraccio,  Euridice Axen, e le compagnie Anagoor, Carrozzeria Orfeo,  Casa del Contemporaneo, Nuovo Teatro Sanità, e Mutamenti/Teatro Civico 14.  

Per la sezione Musica si avvicenderanno invece Roberto De Simone, Raffaello Converso, Pippo Delbono e Enzo Avitabile, i Foja, Stefano Valanzuolo con Sarah Jane Morris e i Solis String Quartet, Massimiliano Sacchi, Maria Mazzotta, Francesco Di Cristofaro, Valerio Sgarra, Ars Nova, Ciro Riccardi, EbbaneSis, i Folkonauti, Raffaella Ambrosino, Ambrogio Sparagna con Iaia Forte, Giada Colagrande, Roberta Rossi, Ivo Parlati e Nadia Baldi, Renato Salvetti e Antonella Ippolito. Nella sezione Danza si segnala la partecipazione del coreografo francese figlio di minatori di origine italiana Alexandre Roccoli. 

La collaborazione con il Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale si concretizza attraverso la coproduzione di due spettacoli inseriti nella sezione Progetti Speciali del Festival con Mimmo Borrelli, Renato Carpentieri, Claudio Di Palma. Tra gli altri protagonisti della sezione del NTFI, da anni ormai terreno di sperimentazione di nuove pratiche sceniche, Roberto D’Avascio, Carlo Geltrude, Maria Rosaria Omaggio, Marco Dell’Acqua, Alberto Conejero, Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì.  

Nel Real Bosco di Capodimonte e al circolo Canottieri per la sezione SportOpera a cura di Claudio Di Palma, che propone 8 spettacoli di cui 7 in prima assoluta, si alterneranno Mariano Rigillo, Patrizio Oliva, Pino Maddaloni, Fulvio Cauteruccio, Andrea Zorzi, Beatrice Visibelli e Nicola Zavagli, Rosario Giglio, Marina Sorrenti, Chiara Baffi, Rossella Pugliese, Antonio Marfella, Paolo Cresta, Ferdinando Ceriani, Gennaro Ascione, Alfonso Postiglione.

E ancora per la sezione Letteratura, progetto a cura di Silvio Perrella, ospiti Maurizio Bettini, Daniele Ventre, Caterina Pontrandolfo, Alberto Rollo, Mimmo Borrelli, Silvia Bre, Piera Mattei, Claudio Damiani, Vincenzo Frungillo, Igor Esposito, Maria Grazia Calandrone, Sonia Gentili, Enza Silvestrini, Fiorinda Li Vigni, Mariafelicia De Laurentis, Antonio Biasiucci, Alfio Antico. 

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