da Michela Ventre | 29 Gen 2017 | Uncategorized
Cari lettori, mi ero ripromessa che il prossimo articolo sarebbe stato talmente interessante da riuscire nel tentativo di ricevere il Vostro clementissimo perdono. Ma non preoccupatevi, ci sto lavorando! Si, questo vuol dire che l’articolo che state per leggere non vi cambierà la vita.
Però alcune ricerche che sto conducendo per la scuola di specializzazione mi hanno fatto pensare a cosa sia per noi la creatività, e quanto essa sia connessa all‘intelligenza. Vorrei proporvi la mia risposta, magari questa darà il via alle vostre personalissime ricerche a rigaurdo e la prossima volta che trasformerete un tovagliolo in una barchetta, magari, penserete anche a questo articolo.
Prima di cominciare i miei studi la concezione di creatività si limitava alla definizione che leggevo dal vocabolario, ovvero una capacità produttiva della mente, della ragione, o della fantasia in grado di dare vita a qualcosa di nuovo, o rivoluzionare una qualsiasi opera.
Dunque per me i geni creativi erano Leonardo Da Vinci, Jimi Hendrix, William Shakespeare e tanto altri conosciutissimi artisti.
Negli anni ho ampliato questa visione ed ho cominciato ad associare la creatività ad una più ampia sfera di persone, la cui fama non è così mondiale. La creatività è un “dono” a cui tutti noi abbiamo accesso, io credo, semplicemente ognuno di noi ne fa un uso differente, o la sviluppa più tardi, o la applica in piccole cose che “non fanno la storia”. Diventava creativo colui che raccontava una storia con un origami, colui che trasformava un uovo in un pulcino, o un anguria in un fiore, e tutti coloro che mettevano in azione l’immaginazione e con determinazione la facevano diventare reale, per l’appunto, creando qualcosa di unico. La creatività artistica, nello specifico, credo sia quella più palese da notare. Grazie all’espressione della creatività artistica, l’essere umano può plasmare oggetti e dare loro un significato che non avrebbero in natura di per sé. Così l’artista stende colori su una tela o trasforma un blocco di marmo in un «David», allo stesso modo in cui mia zia trasformava una mollica di pane in una rosa.
Studiando neuropsicologia ho scoperto che la creatività nasce dalla capacità associativa dell’emisfero destro di coniugare o trasformare i concetti remoti in idee nuove ed utili. Più o meno la stessa cosa che sta scritta sul vocabolario, ma con parole un po’ più difficili. Però ho scoperto anche che oggi le neuroscienze riescono a mettere in luce la propensione creatrice dell’uomo rendendola molto più che un dono, bensì “l’espressione paradigmatica della nostra natura umana”. Risulta quindi abbastanza facile avvicinare la definizione di creatività a quella di intelligenza. Nonostante i molteplici tentativi di formulazione di una definitiva descrizione dell’intelligenza, riusciamo ad indentificarla senz’altro come l’insieme delle facoltà cognitive ed emotive utili a risolvere problemi non ancora affrontati e quindi nuovi.
A questo punto mi viene da pensare che l’intelligenza, tra le facoltà come la memoria, il linguaggio, l’attenzione, inglobi anche la creatività, in quanto essa contribuisce in svariati modi alla risoluzione di problemi. Grazie alla nostra capacità creativa riusciamo ad osservare le cose da una prospettiva più alta. Come se la nostra mente contemplasse, oltre alle strade tradizionali, un’illimitata lista di eccezioni magari più colorite e meno ortodosse che ci conducono alla meta, regalandoci persino il rischio di divertirci!
da Michela Ventre | 17 Dic 2016 | Uncategorized
Dunque, il blog si chiama Teatral-Mente, e guarda un po’, in questo articolo leggerete di Teatro e di Mente.. tadaaa! Vorrei introdurre una quasi sconosciuta – come definirla? – “attività”, per molti professione, per altri fantascienza, per anni sottoposta ad interrogativi di vario genere.
Sto parlando della Teatroterapia, e in generale delle Arti terapie.
Le ho introdotte così perché almeno la metà delle persone con cui ne ho parlato reagisce in maniera disorientata. Molti dicono: “bello!” fingendo stupore; altri magari sono realmente interessati ma non ne hanno mai sentito parlare, altri semplicemente.. ridono!
In realtà ho voluto “fare la simpatica”, ma forse non tutti conoscono effettivamente di cosa stiamo parlando. E io avrò il piacere di dirvi – e lo scrivo in maiuscolo – che è stato SCIENTIFICAMENTE PROVATO CHE LE ARTI TERAPIE AIUTANO LE PERSONE:
Gli Egizi, alle persone affette da disturbi mentali facevano frequentare concerti e balletti;
I Greci inducevano la catarsi con il teatro e la musica;
La letteratura e la musica per i romani alleviavano la malinconia;
Nel Medioevo curavano tutto con “la magia” – ecco la fantascienza -;
Dal Rinascimento in poi l’artista viene concepito come una figura dotata di particolare sensibilità e l’opera d’arte viene vista come “una sorta di strumento terapeutico che permette l’espressione di una realtà fantastica, che altrimenti l’avrebbe potuto portare alla follia”;
Durante la Rivoluzione Industriale la “terapia morale” applicata nei rifugi di assistenza incoraggiava i pazienti con disturbi mentali a svolgere attività artistiche – Van Gogh passò gran parte della sua vita in uno di questi rifugi ;
Nel XX secolo l’opera artistica è concepita come l’espressione dell’inconscio e come un derivato del processo di sublimazione degli istinti di base (si sente che l’ha scritto Freud);
E OGGI?
Oggi definiamo Arti terapie quelle discipline che utilizzano le arti come gallerie espressive per creare una relazione d’aiuto, che è poi la terapia in se, formando la base del rapporto tra paziente, o gruppo di pazienti, e terapeuta. Questo non deve far pensare ad un approccio orientato esclusivamente o necessariamente alla cura, in quanto si tratta prima di tutto di un percorso attraverso la scoperta o il ritrovamento della propria creatività, che predilige, nella maggior parte dei casi, un tipo di comunicazione non verbale, istintivo, non guidato dalla razionalità ma basato sulle emozioni. Le arti terapie, infatti, sono utilizzate sia in quei contesti cosiddetti “sani” per indurre modificazioni comportamentali o il recupero di abilità, sia in casi patologici per intervenire sull’insorgere di comportamenti antisociali, o prevenirli, e facilitare la risocializzazione.

Esprimersi con le Arti vuol dire comunicare ciò che si ha dentro; vuol dire, dunque, dare voce al disagio delle persone: l’arte ha la capacità di tradurre un disagio, così come un bisogno, o un desiderio, nel linguaggio delle emozioni, un linguaggio universale che utilizza i suoni, il corpo e il movimento, l’immagine e i colori per creare un canale inconscio di comunicazione. Le arti costituiscono il mezzo con il quale qualsiasi uomo, seppure affetto da disturbi psicologici, esprime le proprie emozioni. In questo senso le Arti Terapie sono annoverate tra le Medicine Olistiche, collocazione in un panorama scientifico che consegna a questa metodologia di intervento le finalità di prevenzione, riabilitazione e terapia (anche a carattere psichiatrico).
Le arti terapie conosciute e applicate, praticamente in tutto il mondo, sono la musicoterapia, la danza movimento terapia, arte terapia e teatroterapia.
In una definizione di Rolando Benenzon la musicoterapia “è una disciplina paramedica che usa il suono , la musica ed il movimento per aprire canali di comunicazione che avviino il processo di preparazione o recupero dell’uomo nella società”. Dal punto di vista terapeutico diventa una vera e propria stimolazione multisensoriale, relazionale, emozionale e cognitiva, impiegata in diverse problematiche al fine di ottenere una maggiore integrazione sul piano intrapersonale ed interpersonale, un migliore equilibrio e armonia psico-fisica. Nella sindrome autistica, caratterizzata da isolamento da parte del paziente, il soggetto vive in un mondo fatto di riti, di ossessioni, di fobie, dietro i quali si rifugia trovandosi sempre nello stato di paura patologica. In questo caso il linguaggio sonoro può divenire strumento privilegiato per superare questo isolamento poiché contiene elementi suggestivi e suadenti che penetrano nel subconscio influenzando il corpo e la mente e rompendo così la censura che tratteneva le emozioni e la loro espressione.
Herns Duplan, fondatore del modello Expression Primitive di danzamovimento terapia, introduce una “danza antropologica” definendola “un tema di ricerca di ciò che è dentro di noi, di ciò che ci collega alla nascita; un processo di esplorazione di sé che attraversa 3 momenti: apparire, vivere e scomparire”. La prima applicazione della danzaterapia in ambito riabilitativo, e quindi la scoperta del valore riabilitativo di questa disciplina, si deve a Maria Fux che ha ricercato nella danza il senso personale che può avere per l’uomo come forma creativa ed espressiva, istintiva e necessaria.
L’arte terapia (plastico pittorica) permette, anche in assenza di competenze artistiche mirate, di puntare sulle proprie capacità creative al fine di realizzare interventi volti all’armonizzazione psichica e relazionale, al miglioramento di patologie in ambito psico-fisico (handicap, disturbi del comportamento e dell’apprendimento, psicosi etc..). Dare una forma visiva, concreta a sentimenti ed emozioni tramite il disegno o la scultura, permette di osservarli da fuori e riconoscerli come staccati dal sé, permettendo la ricerca di nuove modalità di relazione tra mondo interno ed esterno.
La dramma teatro terapia, è la più emergente delle arti terapie applicate in contesti sociali e sanitari. Questa metodologia di intervento si è però quasi da subito collocata sulla soglia tra scienza e arte in quanto si rifà sia alle psicoterapie attive, sia alle pratiche teatrali di confine (teatro educativo e sociale), elaborando modelli teorici autonomi ma anche strumenti diagnostici e terapeutici specifici.
Gli assunti base della dramma teatro terapia convergono nell’idea che la persona sia “intrinsecamente drammatica” sin dai primi mesi di vita. I metodi che vengono utilizzati includono il movimento, il mimo, giochi di ruolo, lavoro sulla voce, gioco drammatico, drammaturgia, maschere, miti e storie.
Tutte queste componenti vanno a costruire una disciplina trasversale che ha come obiettivo quello di aiutare la persona in un processo di consapevolezza del sé, della propria identità, dei propri limiti e dei propri confini che siano corporei, sociali o relazionali.
Il teatro, già per definizione, rappresenta il contenitore di emozioni che tramite prove e giochi, lascia la libertà di esprimersi senza il giudizio altrui, di mostrarsi come non ci si mostra in altri contesti, di improvvisare, o di entrare nei panni di qualcun altro, creando un tipo di comunicazione prima con se stessi, poi con gli altri; creare quindi una identità e metterla a disposizione di un gruppo. È prima di ogni cosa divertirsi, ascoltarsi, mettersi in contatto, perdersi, ritrovarsi.
“La Teatroterapia è un percorso attivo di cura e crescita personale basato sulla messa in scena dei propri vissuti, all’interno di un gruppo, con il supporto di alcuni principi di presenza scenica derivati dall’arte dell’attore. Essa implica l’educazione alla sensorialità e alla percezione del proprio movimento corporeo e del suono vocale; agisce attraverso l’interpretazione di personaggi principalmente improvvisati, ma implica un minuzioso training pre-espressivo, indispensabile alla creazione dell’altro da sé che rende possibile e consapevole la presa di coscienza dei processi inconsci.” (Federazione Italiana Teatroterapia)
Non indugerei oltre sul contenuto di questa citazione, che ho riportato dal sito della “Federazione Italiana Teatroterapia”, ma sul fatto che esista una Federazione Italiana di Teatroterapeuti! Vuol dire che esistono persone che fanno terapia col teatro! Professional-mente!
Non è fantascienza..Il teatro aiuta! Vera-mente.