Vivaldiana della Spellbound Contemporary Ballet. Intervista al coreografo Mauro Astolfi

Vivaldiana della Spellbound Contemporary Ballet. Intervista al coreografo Mauro Astolfi

Da venerdì 20 a domenica 22 dicembre il Teatro Carcano di Milano ospita Vivaldiana, il nuovo spettacolo di Spellbound Contemporary Ballet, che pone al centro l’idea di lavorare ad una parziale rielaborazione dell’universo di Vivaldi integrandolo con alcune caratteristiche della sua personalità di ribelle fuori dagli schemi. Da questa suggestione è partito il coreografo Mauro Astolfi per tradurre in movimento alcune creazioni di Vivaldi e raccontarne il talento e la capacità di reinventare, nella sua epoca, la musica barocca.

Musicista immerso in un contesto dominato dalla razionalità, Vivaldi si è distinto per la piena consapevolezza di andare oltre i limiti del proprio tempo e la noncuranza a muoversi contro corrente: in questo consiste la sua genialità. Da qui l’idea di Astolfi di rielaborare la sua architettura musicale cercando di restituire alla sua opera caratteristiche di unicità.

Lo spettacolo ha inaugurato nel 2019 la stagione del Grand Theater de Luxemburgcoproduttore del progetto Vivaldi Variations, serata a due parti e due firme. Mauro Astolfi e il lussemburghese Jean-Guillaume Weis si immergono nel lavoro e nella vita del musicista per mettere in scena i rispettivi pensieri ed emozioni e i diversi approcci dei due artisti, creando rispettivamente a Vivaldiana e Seasons, coreografie eseguite entrambe da una sola compagnia di danza, lo Spellbound Contemporary Ballet e dalla musica registrata dell’Orchestre de Chambre du Luxembourg.

In Vivaldi Variations e nello specifico per la creazione di Vivaldiana, come avviene la traduzione del discorso musicale in danza visibile? Quali sono gli elementi che ci consentono di individuare un’identità strutturale tra danza e musica?

In realtà non si tratta di traduzione, ma di verificare delle affinità, di interpretare delle atmosfere e percepire delle vibrazioni, farle proprie. L’identità strutturale, per quanto riguarda il mio modo di sentire la danza, è sempre frutto di un processo alchemico tra una serie di ingredienti che cambia ogni volta. Se proprio vogliamo tentare una definizione, direi che l’armonia tra la musica e il movimento e quello che potrebbe rappresentare la definizione di “identità strutturale“.

L’architettura visiva del disegno coreografico organizza la percezione dello spettatore? Stimola, coerentemente con l’intenzione del compositore barocco, l’autentico coinvolgimento dello spettatore?

Non credo che si possa parlare di autentico coinvolgimento dello spettatore, piuttosto un processo che può avvenire quando lo spettatore entra in risonanza con qualcosa che sta vedendo, sentendo. Le architetture visive, una definizione che mi piace leggere, non sono studiate per ottenere un effetto all’esterno, ma per tradurre qualcosa, che in questo caso, proviene da mie percezioni interne.

In che modo è stato rielaborato e integrato in una visione complessiva, il vissuto soggettivo dell’autore e l’esperienza estetica delle sue composizioni?

Il processo è stato molto semplice in realtà. Non ho dovuto rielaborare un’estetica, non ho dovuto cercare di far convivere i due mondi, la musica come movimento produce delle vibrazioni e quella di Vivaldi e ricca di impulsi. Se cercassi di razionalizzare attraverso delle analisi, sono sicuro che non riuscirei a muovere neanche un dito in sala prove. Gli impulsi, le vibrazioni, il magnetismo e le composizioni musicali di Vivaldi hanno suggerito i movimenti e la struttura dello spettacolo.

È possibile individuare poetica e missione della SpellBound Contemporary Ballet, nella convergenza di un sapere artistico e imprenditoriale che sia rappresentativo della contemporaneità?

Una delle missioni è proprio quella di farsi che la poetica continui a rimanere uno dei pilastri sul quale poggiare il desiderio e la volontà di continuare a creare per questa compagnia. Mi piace immaginare l’aspetto imprenditoriale come la preparazione di una grande cucina, dove vengono predisposti gli attrezzi, il forno dove verranno assemblati gli ingredienti e poi cucinati per presentarli al meglio. 
Per quanto riguarda la definizione di contemporaneità, non credo che si possa fare nulla di attuale che non sia contemporaneo, anche se si trattasse di cose antiche. Ma non vorrei uscire fuori tema. Io e Valentina Marini condividiamo questo progetto alla inesorabile, inevitabile luce della contemporaneità. La trovo difficilmente definibile e non vorrei relegarla solo ai più importanti fattori di cronaca.

L’universalità del linguaggio espressivo corporeo, la sua polivalenza e precisione semantica, può favorire l’incontro tra culture e acuire la percezione del valore della diversità come ricchezza? 

Assolutamente sì. Non credo esista niente di più efficace della danza da questo punto di vista, ma soprattutto la comprensione della diversità, che poi credo che sia lo step necessario per poterla accettare ed elaborare. La ricchezza non sta nella diversità in quanto tale se questa diversità non viene conosciuta, respirata, digerita. Altrimenti rischia di diventare un altro bellissimo espediente dialettico per farsi benvolere quando si parla con gli intellettuali della danza. L’incontro con culture diverse e la più grande delle ricchezze per come la vedo io, ma anche in questo caso bisogna mettersi nelle condizioni di conoscere veramente questa cultura, altrimenti si rischia che una semplice infarinatura di questo o di quello venga spacciato per incontri tra culture diverse. La danza, stimola una capacità che risiede nel profondo di ogni uomo che per fortuna supera tutto questo oceano di definizioni e accede alle cose più importanti e ad una conoscenza più concreta senza bisogno di leggere nulla, senza bisogno che nulla venga spiegato.