La sfida di Atir sotto la prima stella della sera

La sfida di Atir sotto la prima stella della sera

L’estate di questo difficile 2020 comincia, poco alla volta, ad allentare la morsa. Queste settimane stanno inevitabilmente rievocando, in chi ha dovuto rinunciarvi a malincuore, l’urgenza di tornare a respirare in perimetri più larghi di poche centinaia di metri. E di ritrovare l’arte, la cultura che l’emergenza ha ridotto, nelle parole delle istituzioni, a nient’altro che intrattenimento. E che, pure in questa veste, non perderebbe di dignità.

Quanto sia avvertito questo bisogno, però, è un interrogativo che tutto il sistema culturale italiano deve porsi. Quando sono state toccate con mano la paura e il dolore, ci si sente ancora parte di un mondo che ha bisogno degli artisti, che non può farne a meno?
Chiunque decida di andare in scena, all’indomani del lockdown, sta ponendo questa domanda. Agli altri e a sé stesso. E in questo interrogativo c’è già una sfida, forse la più difficile in assoluto: la propria ricerca di senso.

Atir
La prima stella della sera – Parco della Chiesa Rossa

Ma cosa succede se, in questa situazione già difficile, si sceglie di raddoppiare la posta in gioco? È quello che ha fatto Atir, che davanti al proverbiale bivio, ha scelto, ancora una volta, la strada meno battuta. Senza sede da diversi anni, non è bastata neanche una pandemia globale a far deviare o a rallentare il lavoro decennale della compagnia nella periferia sud di Milano. Non c’è un teatro? Ci si sposta nel Parco della Chiesa Rossa, a poche centinaia di metri dalla piana della storica sede.

È qui che, con le disposizioni sanitarie accuratamente rispettate, tra misurazioni della temperatura, biglietti acquistati e obliterati digitalmente e attento distanziamento, è andata in scena nel mese di luglio, per 22 serate, la vera, grande scommessa che si è scelto di chiamare La prima stella della sera.

In un tempo in cui i teatri che sono riusciti a riaprire cercano di ottimizzare le limitazioni con nomi di richiamo e operazioni suggestive, la compagnia di Serena Sinigallia e socie sceglie la via più rischiosa di tutte: il buio. Senza scenografia, su un piccolo palco che deve farsi bastare poco più dell’illuminazione naturale, davanti alla limitata platea posta nel verde, si accende, ogni sera, una “prima stella” a sorpresa.

Accanto allo spettacolo per bambini di Mila Boeri e David Remondini, Amici per la pelle, una co-produzione Atir/Teatro del Buratto, gli altri 21 sono tutti appuntamenti al buio. Lella Costa, Cristina Crippa, Nadia Del Frate, Mattia Fabris, Matilde Facheris, Paolo Faroni, Manuel Ferreira, Lorenzo Piccolo, Stefano Orlandi, Rita Pelusio, Maria Pilar Pérez Aspa, Fausto Russo Alesi con Fausto Malcovati, Annig Raimondi e Genni D’Aquino, Arianna Scommegna, Chiara Stoppa, Antonello Taurino Giulia Viana, Debora Villa, Sandra Zoccolan, Debora Zuin. I nomi sono importanti, eppure nessuno sa quali occhi incontrerà.

Perché quello che conta è essere «spettacolo vivente con un pubblico vivente» come ama dire Lella Costa, andata in scena nell’assolata, incipiente sera dell’11 luglio. Lei, al primo “chi è di scena” dopo quattro mesi da leonesse in gabbia, di aria che manca, di respiro consueto di attesa, mestiere ed emozione strozzati in gola. Emozioni, come quelle a cui dà corpo rivestendo con grazia e magnetismo l’acuta intelligenza delle parole che Natalia Aspesi da anni offre a chi, sul Venerdì di «La Repubblica», le affida le proprie Questioni di cuore.

Ne emerge un dialogo vivido e denso, che allo spettatore lascia anche un prezioso insegnamento di postura etica. Accompagnata dalla voce di Ornella Vanoni, a Costa basta qualche coloritura regionale per immergere lo spettatore dentro aspre porzioni di sé stesso. Le confidenze offerte a chi non ci è intimo vantano l’impudicizia sufficiente a dire cose di cui dalla platea si sorride o persino si prova a ridere sguaiatamente. Ma che, in fin dei conti, dicono di noi. Donne e uomini. Amori, solitudini, ma anche goffaggini e crudeltà quotidiane più o meno sottili.

Segreti svelati in lettere che sono esattamente ciò che è l’intero progetto, e per questo lo esemplificano perfettamente: incontri tra le persone. Ecco il motivo della sfida di Atir: ciò che conta, come ripete Serena Sinigallia a margine di tutte le repliche, non è chi, ma cosa. Non l’artista come individuo, ma il momento stesso dell’essere insieme. E anche, la reciproca scoperta, il volo senza rete, il tuffo senza salvagente, tanto per chi sta sul palco quanto per chi sta sotto.

Una scelta rischiosa che è, rivendica Sinigallia “un gesto politico” a cui quasi tutto il teatro milanese si è sentito chiamato. Non c’è soltanto tutta la compagnia di Atir, molti degli artisti della rassegna si fanno portatori di altre bandiere: Teatro dell’Elfo, Teatro della Cooperativa, MTM, Almarosè, Nina’s Drag Queen ed Eco di Fondo. L’obiettivo, anche in questo caso, è fare squadra. Compiere insieme una scelta eccezionale, speculare all’eccezionalità del momento.

Costretti a una rassegna di monologhi, farsi voce sola perché si senta la risposta a quella che i promotori lamentano come «la gravissima omissione di cultura e istruzione» che la pandemia ha portato e sta portando con sé.
Una voce che si unisce a quella del pubblico perché, in tutte le repliche, si inanellano sold out che sono la dimostrazione plastica del bisogno di chi fruisce.

La notevole ed entusiastica reazione delle persone, mentre ci si interroga su quello che il teatro di domani sarà o potrà essere, la decodifica con lucidità ancora Sinigallia. Per tanti il teatro e la cultura sono «un ottimo investimento, cura dell’anima e della persona». Una responsabilità che il teatro stesso è chiamato a non eludere, cercando nuove parole per incontrarsi.

Come aveva bisogno di fare la piccola protagonista de Il buio oltre la siepe di Harper Lee, portata in scena da Arianna Scommegna che, con grande eleganza, scivola tra commozione e leggerezza per raccontare dell’opprimente afa emotiva di una realtà di provincia, dove il silenzio oltre il muro è abitato da un fantasma umano e le gentilezze si pagano in legna. Storie che restituiscono l’urgenza del teatro, nelle parole di un padre che insegna ai suoi figli a difendere un uomo.

Ricercare un nuovo senso di comunità passa anche attraverso un nuovo cammino per sé. Come fa la commovente Colombeta ne La Piazza del Diamante di Merce Rodoreda, incarnata da Maria Pilar Perez Aspa, che porta in scena lo spettacolo scenograficamente più compiuto in una prova attorialmente maiuscola. Basta un tavolo e una sporta di poco – dolente – cibo, per far deflagrare la forza di una donna schiacciata da doveri e fatica, che negli occhi degli altri prende l’esistenza stessa di quei colombi a cui è legata, la sua sussistenza ma che, attraverso i propri, trova la forza di immaginare e poi scegliere un altro futuro.

Immaginare, come ha saputo fare Atir, per poi condividere. Aprire uno spazio di empatia – come fa Paolo Faroni col suo Un’ora di niente giocando con ruoli, aspettative e consuetudini per spingerci a guardare oltre, a vedere le persone. Che hanno fame di comunità, di appartenenza. O, come detto, per utilizzare il termine nel significato caro a un milanese illustre come Giorgio Gaber, di libertà. Nel senso di partecipazione.

Ed è proprio la partecipazione la chiave che, nello svolgersi delle serate, ha trasformato la piana Fabio Chiesa in un’opera d’arte partecipata della scenografa Maria Spazzi, in cui tutti, a fine spettacolo, sono invitati a lasciare la propria firma. Il segno della propria scelta di esserci, nell’eco del suono – o delle onde – che si propagano quando, al centro, si lascia cadere una goccia di bellezza o di coraggio. O, per dar luce alle altre, si accende una stella.

Premio Hystrio 2017: ecco i vincitori!

Premio Hystrio 2017: ecco i vincitori!

Giunto alla 27^ edizione, il Premio Hystrio si conferma uno dei più prestigiosi riconoscimenti teatrali per la scena italiana e, in attesa delle tre giornate di festa in programma a Milano al Teatro Elfo Puccini il 10, 11 e 12 giugno 2017, la giuria, composta dai collaboratori, dai redattori e dal direttore della rivista Hystrio, Claudia Cannella, ha decretato i nomi dei professionisti dello spettacolo che quest’anno riceveranno il Premio, articolato come di consueto in differenti categorie.

PREMIO HYSTRIO ALLA REGIA A ROMEO CASTELLUCCI

Con la Socìetas Raffaello Sanzio ha creato un nuovo immaginario teatrale e un’estetica che ha segnato il gusto e la memoria di migliaia di spettatori attraverso un percorso immersivo in particolare nei mondi della tragedia greca e shakespeariana. Dal 2006 segue un percorso individuale che conferma la caratura internazionale del suo talento artistico: nel 2007 il Festival di Avignone lo nomina artista associato e, per l’edizione 2008, nel cortile d’onore del Palazzo dei Papi, mette in scena la trilogia Inferno, Purgatorio, Paradiso ispirata alla Commedia di Dante. Nel 2011 è guest artist al Tokyo Festival dove realizza The Phenomenon called I. Nel 2013 è invitato dalla Schaubühne di Berlino a produrre Hyperion di Hölderlin. La sua ultima opera, Democracy in America, ispirata ad Alexis de Tocqueville, è in tour in tutta Europa e farà tappa anche al prestigioso Festival d’Automne di Parigi.

PREMIO HYSTRIO ALL’INTERPRETAZIONE A ROBERTO HERLITZKA

Torinese, di padre cecoslovacco e madre italiana, ha studiato a Roma diplomandosi all’Accademia di Arte Drammatica Silvio D’Amico con Orazio Costa. L’amalgama culturale da cui proviene si ritrova anche nel suo ricco percorso artistico che spazia dal Teatro al Cinema, dalla TV al doppiaggio, facendone uno dei volti più noti e amati della scena italiana. In teatro ha lavorato, oltre che con Orazio Costa, con Ronconi, Squarzina, Lavia, Missiroli, Cappuccio, Calenda e molti altri, attraversando un repertorio che va dai classici alla drammaturgia contemporanea. Al cinema, accanto al felice sodalizio con Lina Wertmuller, è stato diretto, tra gli altri, da Bellocchio, Sorrentino, Faenza, mentre in TV è stato tra i protagonisti di numerosi sceneggiati e serie televisive e nel 2016 ha interpretato il ruolo di Indro Montanelli in un docu-film prodotto da Sky Arte.

Giuliana MussoPREMIO HYSTRIO ALLA DRAMMATURGIA A GIULIANA MUSSO

Vicentina d’origine e udinese d’adozione. Attrice, ricercatrice, autrice. Dal 2008 la sua “casa” artistica è La Corte Ospitale di Rubiera. Nei primi anni ’90 frequenta i cabaret (Zelig, Milano) e i piccoli palcoscenici. Si diploma nel 1997 presso la Civica scuola d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano. Dal ’97 al 2001 è attrice in diverse produzioni di prosa contemporanea e di Commedia dell’Arte. Dal 2001 si dedica esclusivamente a progetti di teatro d’Indagine e scrive tutti i testi che porta in scena. Si è fatta conoscere in tutta Italia e anche in Francia (al Théâtre de la Ville di Parigi) con “Nati in casa”, un monologo sulla nascita di ieri e di oggi, ospitato nel 2004 nella trasmissione Rai Report, e pubblicato da L’Unità nella collana di dvd “Teatro in-civile” (2005) a cura di Rossella Battisti. Da qui ha preso il via un’indagine sui temi della sessualità (“Sexmachine”), della morte (“Tanti saluti”), sull’educazione religiosa (“La fabbrica dei preti”), sull’economia al femminile (“Wonder Woman”) e sulla guerra contemporanea (“Mio Eroe”).

PREMIO HYSTRIO-ALTRE MUSE A MARIA SPAZZI

Milanese, dopo il diploma in scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, dal 1996 lavora come scenografa firmando l’allestimento di spettacoli di prosa con diverse realtà teatrali fra cui Piccolo Teatro di Milano (2015, 2012, 2009, 2007), Teatro Stabile di Torino (2015, 2002), del Friuli Venezia Giulia (2016, 2011), della Toscana (2015) e di Sardegna (2010). Nel 1996 è tra i fondatori della compagnia teatrale ATIR, per la quale firma le scenografie degli spettacoli diretti da Serena Sinigaglia nei maggiori teatri italiani ed esteri. E’ direttore creativo per l’immagine del Teatro Ringhiera, gestito dal 2007 dalla compagnia Atir, per il quale crea e promuove il progetto di arte partecipata La Piana (2015). Progetta l’allestimento di festival teatrali quali IT festival (2015) e Granara Festival (2000) e partecipa alla fondazione di VDC allestimenti (2010).

PREMIO HYSTRIO-ICEBERG A PUNTA CORSARA

La compagnia teatrale Punta Corsara nasce nel 2007 come progetto di impresa culturale della Fondazione Campania dei Festival per il Teatro Auditorium di Scampia, sotto la guida artistica di Marco Martinelli del Teatro delle Albe e quella organizzativa di Debora Pietrobono che, nel 2009, passano il testimone ai loro assistenti Emanuele Valenti e Marina Dammacco. Si sviluppa da qui un percorso professionale che comprende sia la regia di numerosi spettacoli che l’attività formativa attraverso laboratori rivolti agli adolescenti. Attualmente Punta Corsara porta in tournée un repertorio formato da 6 spettacoli: Il cielo in una stanza presentato al Teatro Bellini nell’ambito del Napoli Teatro Festival 2016; Hamlet Travestie, riscrittura dell’Amleto a partire da John Poole e Antonio Petito; PETITOBLOK Il baraccone della morte ciarlatana, sull’incontro tra il drammaturgo napoletano Antonio Petito e il poeta russo simbolista Aleksandr Blok; Il signor di Pourceaugnac farsa minore da Molière; Il Convegno, azione teatrale sul tema delle periferie. A questi si aggiunge Io, mia moglie e il miracolo, testo e prima regia di Gianni Vastarella.

PREMIO HYSTRIO-CORPO A CORPO A ALESSANDRO SCIARRONI

Alessandro Sciarroni, con all’attivo una ricca esperienza nell’ambito della formazione nel campo delle arti visive e della ricerca teatrale, ama contaminare i linguaggi della danza contemporanea e delle performing arts, presentando i suoi lavori in teatri ma anche in musei e gallerie d’arte e spazi non convenzionali. I suoi progetti sanno fondere aspetti rigorosamente concettuali alla capacità di offrire un forte impatto visivo ed emozionale. “Will You Still Love Me Tomorrow?” del 2012, composto da Folk-s, Untitled e Aurora segna definitivamente l’apertura internazionale dell’artista che con Folk-s apre i “Rencontres chorégraphiques internationales di Seine-Saint-Denis” e fa poi tappa al festival “Impulstanz” di Vienna, al “Kunstenfestivaldesarts” di Bruxelles e al Festival d’Automne di Parigimentre con “Untitled”, debutta alla Biennale della Danza di Lione. Ospite di numerosi circuiti internazionali tra cui Aerowaves e Modul Dance, Sciarroni è parte del progetto Migrant Bodies, nato con l’obiettivo di promuovere riflessioni e creazioni sul tema della migrazione e sul suo impatto culturale nella società.

RIFERIMENTI