Lear, schiavo d’amore di Marco Isidori in scena al Teatro Vascello
Al Teatro Vascello di Roma martedì 11 Dicembre alle ore 21.00 debutta lo spettacolo Lear, schiavo d’amore, una riscrittura di Marco Isidori dal Re Lear di William Shakespeare – una coproduzione Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa e Fondazione del Teatro Stabile di Torino, con il sostegno della Città di Torino. Lo spettacolo resterà in scena fino al 16 Dicembre.
Amore è la richiesta generale della specie alla specie; anzi azzardosi supponiamo che alla sentimentalità vada la tensione precipua della materia universa (fisica docet).
Quindi: “Lear schiavo d’amore”, perché siamo/stiamo tutti proni davanti agli allettamenti del cuore, i quali sempre cerchiamo di fiutare a cannella; indiscutibilmente. Ciò è pacifico e ciò giustifica in pieno anche il titolo deliberatamente fotoromantico di quest’ultimo spettacolo dei Marcido.
La poesia di Shakespeare, questo è palese, gode di un’estrema permeabilità, il suo bilanciatissimo gioco linguistico permette che la si possa agevolmente abitare senza temere catastrofi semantiche; c’è nella sua trama un invito alla “ricreazione” assai difficile da eludere; ed infatti non ci si è potuti semplicemente limitare ad una “traduzione” del Lear, l’abbiamo “dovuto” bensì riscrivere in rapporto obbligato, direi quasi sotto dettatura della mano dispotica che la nostra idea di Teatro impone alle variabili iconiche e drammaturgiche che andranno a comporre la realtà ultima della messa in scena.
Re Lear dei Marcido: Shakespeare oggi, Shakespeare ancora e sempre “in love!” (dalle note di regia)
Grande metafora scenica degli inciampi ineludibili della vecchiezza umana, grande storia familiare, grande Teatro delle limitazioni intrinseche relative comunque alla sordità naturale della nostra condizione di viventi; tutto ciò è la tragedia del Lear.
“Lear, schiavo d’amore” respira all’interno di una spazialità scenografica assai particolare, le cui contraddittorie caratteristiche strutturali (potremmo descriverne l’immagine come quella di un Sottomarino/Volante) sono esaltate e potenziate da un impegno drammaturgico che ha saputo privilegiare soprattutto la dimensione epica del racconto del Bardo. Le situazioni dello sviluppo storico vengono accompagnate in sequenza, sottolineandole e contrappuntandone le fasi climatiche, da una serie di trasformazioni di tutto il panorama scenografico, stupefacenti per effetto visivo, ma, quel che più conta, per l’estrema aderenza della loro misura iconica alle intenzioni/intuizioni generali della regia.
Oggi, scegliere Shakespeare in qualità di autore, eleggerlo a depositario nonché garante di una sensibilità che contenga e rappresenti il nostro presente, significa saperne restituire l’infinita complessità dei nodi tragici (non dimenticando, però, i supremi mo-menti del grottesco), con la semplicità lineare propria di un processo di “sottrazione”, la quale, sfrondando anche spietatamente i rami pleonastici del plot, possa restituire allo spettatore moderno, quel ritmo essenziale, fisiologicamente/magicamente affine al lavorìo cardiaco, quella musicalità interna alla misura del verso shakespeariano, bagaglio indispensabile perché la messa in scena di uno dei capolavori indiscussi del poeta inglese, abbia adesso, per noi, oggi, un valido motivo per inverarsi quale compiuto e necessario fatto teatrale.
I Marcido tengono molto a conferire alle imprese spettacolari che li hanno appassiona-ti, non soltanto un forte marchio di bellezza figurale, ma durante i loro trent’anni di attività professionale, hanno potuto constatare come nessuna verticalità estetica da sola, possa giustificare in toto l’azione drammatica contemporanea; occorre prevedere, immettendolo nel piano di qualsivoglia tentativo di rappresentazione, il dispiegamento calcolato, determinato, quasi programmatico, di una precisa istanza etica: nel corso dell’imbastitura della pièce, seguendo uno dei precetti brechtiani a noi più cari, siamo stati trascinati, guidati dalla potente eloquenza del dettato poetico che avevamo tra le mani, verso un compimento del lavoro scenico, che proprio nella risposta a domande sulla necessità urgente di una “nuova alleanza” (ci sentiamo di definir tale ciò che per Brecht era l’empito rivoluzionario) tra i soggetti umani, ha trovato la sua miglior cadenza/sapienza teatrale; d’altro non eravamo alla ricerca.
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TEATRO VASCELLO
dal 11 al 16 dicembre (ore 21.00, domenica ore 18.00)
LEAR, SCHIAVO D’AMORE
una riscrittura di Marco Isidori dal Re Lear di William Shakespeare
CON
MARIA LUISA ABATE – GONERILLA, GLOUCESTER
PAOLO ORICCO – EDMONDO, EDGARDO/TOM
BATTY LA VAL – REGANA, MATTO
FRANCESCA ROLLI – CORDELIA
VITTORIO BERGER – ALBANY/CORNOVAGLIA
EDUARDO BOTTO – KENT
NEVENA VUJIC’ – JOLLY
L’ISI – LEAR
ASSISTENTE ALLA REGIA: MARZIA SCARTEDDU
TECNICHE: SABINA ABATE, FABIO BONFANTI, LORIS SPANU
LUCI: FRANCESCO DELL’ELBA,
SCENE E COSTUMI: DANIELA DAL CIN
REGIA: MARCO ISIDORI
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