Trainspotting in Teatro. Dal romanzo di Welsh allo spettacolo di Sandro Mabellini
Abbiamo raggiunto al telefono Sandro Mabellini, regista dello spettacolo Trainspotting, per chiedergli alcune battute intorno al lavoro di trasposizione scenica dell’omonimo romanzo di Irvine Welsh – da cui Danny Boyle trasse il film cult degli anni ‘90 – per approfondire e comprendere il legame fra l’estetica e la ricerca teatrale e le forme letterario-drammatiche, mutuate dalla versione di Wajdi Mouawad – tradotta in italiano da Emanuele Aldrovandi.
Trainspotting, in scena a Roma al Teatro Brancaccino dal 5 al 8 Aprile, è il risultato di un processo di confronto creativo e di riscrittura scenica dell’opera drammaturgica da parte degli attori Michele Di Giacomo, Riccardo Festa, Valentina Cardinali e Marco Bellocchio, coordinati dal regista Mabellini. Lo spettacolo, prodotto dal Festival Intercity di Sesto Fiorentino e dal Festival Quartieri dell’Arte di Viterbo con Alessandro Longobardi – Teatro Brancaccio insieme all’Accademia degli Artefatti, ha ottenuto di recente un grande successo al Teatro i – Milano.
La droga, l’arte e la politica
Risponde Sandro Mabellini: « L’autore Irvine Welsh ha scritto il romanzo perché aveva avuto problemi con la droga e dopo essersi disintossicato ha scritto il testo come una forma catartica. Quasi una specie di allucinazione a occhi aperti su esperienze che aveva vissuto: per l’autore il romanzo.è molto autobiografico
Io e gli altri attori, che non abbiamo vissuto questo tipo di droghe, abbiamo tentato di immedesimarci in una forma di malessere che può provare un giovane di oggi rispetto ai modelli univoci che propone la società capitalistica. Se un giovane non si sente tutelato e rappresentato può darsi che decida di rifiutare totalmente questi modelli e di accettare le proposte di drogarsi perché preferisce tutto questo piuttosto che accettare la vita che gli viene imposta.
Secondo me anche in Italia oggi ci sono situazioni simili, in tutte le province, dalle periferie alle metropoli. Purtroppo ci sono molti giovani che comunque continuano a fare uso di eroina e di altre droghe. Questa situazione però si può leggere anche in una chiave politica perché laddove lo Stato non tutela e non offre modelli sociali alternativi ci può essere un rifiuto sociale come nel caso di Irvine Welsh.
Rispetto alla versione cinematografica non c’è alcun riferimento tranne ovviamente i quattro personaggi; anche ell’adattamento teatrale di Mouawad non vi è alcun riferimento al celebre monologo iniziale presente nel film. Ci siamo quindi voluti distaccare dal film per non cadere nella retorica. In ogni caso se uno ha letto il romanzo o ha visto il film ritrova quelle situazioni però in un’ottica teatrale.»
Processo di dialettica attoriale e di sintesi registica
« Io ho coinvolto praticamente tutti e quattro gli attori, i quali sono registi e autori. Con loro c’è stato un processo quasi condiviso anzi addirittura come regista mi sono sentivo di troppo perché volevo solo accondiscendere il processo creativo che accadeva di fronte ai miei occhi. Ho scelto gli elementi che volevo mettere in scena ponendo una griglia dentro la quale fare interagire le parti.
La drammaturgia è stata rielaborata dagli attori. Le cose sono avvenute naturalmente con molta complicità e molta consapevolezza ed è la prima volta che mi succede una cosa del genere. Qui è arrivato il lavoro iper-positivo da parte di tutti, senza egocentrismo quindi si è creato un lavoro collettivo. Gli attori si fanno da soli le luci durante lo spettacolo e gestiscono i suoni attraverso un computer – infatti non abbiamo assunto nemmeno un tecnico per questo lavoro.
Abbiamo trovato su Internet e utilizzato in una scena abbastanza clou dello spettacolo una versione di “Felicità” di Albano e Romina mixata con un pezzo dei Moderat – storico gruppo di musica elettronica. Questo brano crea veramente uno straniamento in un momento in cui gli attori parlano di cosa significhi assumere eroina e degli effetti che provoca. C’è un Climax emotivo legato all’uso dell’eroina e c’è questo contrasto con la musica anni ‘80 che sembra ricreare la società ideale attraverso le figure di Al Bano e Romina, emblemi della felicità, la cui storia – come si sa – è andata poi allo sfacelo.»
Reazioni del pubblico
« Ho percepito molta sensazione di disgusto rispetto alle droghe e rispetto alle storie narrate. Una serie di elementi triviali che hanno provocato al pubblico una forma di disgusto in grado di creare anche un pensiero e delle domande intorno alla questione. La durezza del linguaggio del testo comunica fortemente il malessere di una contemporaneità, io lo sento molto attuale.
A volte c’è anche un processo di identificazione con quelle storie come quando abbiamo fatto lo spettacolo a un festival a Vitorchiano vicino Viterbo. I giovani di quel paese, digiuni di teatro, totalmente immedesimatisi nella storia, ci hanno detto che sembrava la loro vita. Altre volte invece alcuni pensano che il problema sia lontano e quindi non interessi loro. Io credo che la via giusta di lettura sia la chiave metaforica come nel caso di Arancia Meccanica dove l’opera non spinge a drogarsi o a essere violenti ma apre degli squarci di dubbio e di consapevolezza. »
TRAINSPOTTING
di Irvine Welsh, versione Wajdi Mouawad
traduzione Emanuele Aldrovandi
regia Sandro Mabellini
con Michele Di Giacomo, Riccardo Festa, Valentina Cardinali, Marco Bellocchio
costumi Chiara Amaltea Ciarelli
drammaturgia scenica Festa, Di Giacomo, Bellocchio, Cardinali
Spazio del Racconto
rassegna di drammaturgia contemporanea 2017/2018
III edizione
La società s’inventa una logica assurda e complicata, per liquidare quelli che si comportano in un modo diverso dagli altri. Ma se, supponiamo, e io so benissimo come stanno le cose, so che morirò giovane, sono nel pieno possesso delle mie facoltà eccetera eccetera, e decido di usarla lo stesso, l’eroina? Non me lo lasciano fare. Non mi lasciano perché lo vedono come un segno del loro fallimento, il fatto che tu scelga semplicemente di rifiutare quello che loro hanno da offrirti. Scegli noi. Scegli la vita. Scegli il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; scegli di startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano. Scegli di marcire in un ospizio, cacandoti e pisciandoti sotto, cazzo, per la gioia di quegli stronzi egoisti fottuti che hai messo al mondo. Scegli la vita. Beh, io invece scelgo di non sceglierla, la vita. E se quei coglioni non sanno come prenderla, una cosa del genere, beh, cazzo, il problema è loro, non mio. Come dice Harry Lauder io voglio andare dritto per la mia strada, fino in fondo…
Redattore