In esclusiva per Theatron 2.0, mediapartner del progetto, pubblichiamo TVATT immagini dal progetto teatrale, un docufilm di Domenico Catano che narra nascita e realizzazione dell’omonimo spettacolo diretto da Luigi Morra.
Prodotto da Etérnit, Teatraltro e Festival Lunarte, in cui il lavoro ha debuttato in forma di primo studio nel 2014, il progetto vede il supporto di TeatroForte, il teatro del CSOA Forte Prenestino, che ha ospitato le prove e dell’etichetta discografica MArteLabel che nel 2017 ha pubblicato un disco con le musiche dello spettacolo realizzate dai Camera. Dal 2015 TVATT ha avuto modo di circuitare in Italia e all’estero, tra Belgio e Olanda, grazie a un tour organizzato in collaborazione con La Dante di Anversa.
Fuori dagli schemi del vero e proprio documentario, TVATT immagini dal progetto teatrale, vuole essere un racconto intimo, un diario, realizzato da chi questo spettacolo lo ha vissuto e allestito in ogni sua tappa, occupandosi del disegno luci e dei video di scena. Un montato che alterna sequenze di backstage, prove, tournée, incontri, proponendo un passaggio sugli scenari di provincia che hanno ispirato l’estetica e il linguaggio di questo progetto. Uno sguardo su un lavoro in cui drammaturgia e performance trovano sviluppo nella sinergia tra gli interpreti Luigi Morra, Pasquale Passaretti, Eduardo Ricciardelli e le musiche originali dei Camera, suonate dal vivo.
TVATT è acronimo di Teorie Violente Aprioristiche Temporali e Territoriali ma è anche, in dialetto campano, un modo per dire “ti picchio”. Il lavoro approfondisce la violenza del fare a botte e lo fa prendendo come riferimento gli scenari di un territorio specifico, che diventa pretesto per raccontare una questione globale. Lo spettacolo prende ispirazione da East e West, due lavori di Steven Berkoff messi in scena a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80, entrambi volti a rievocare ed esorcizzare la violenza dei sobborghi dell’East End londinese attraverso il gioco teatrale.
In TVATTcomicità e dramma convivono in uno schema sempre in bilico nel quale la relazione con il pubblico si fa creatrice di un clima di rischio perpetuo che sembra svelare ilprocesso creativo.
Lo spettacolo è un esperimento performativo, su un aspetto preciso della violenza caratterizzato da dinamiche che, scovate nel quotidiano, sembrano avere insite qualcosa che ha a che fare con la teatralità.
La scenografia è minimale: un microfono sull’asta, una loop station, sedie squadrate che richiamano il grigio e la durezza del cemento. La drammaturgia è nettamente divisa: da una parte una serie di momenti dialettali, curiosi e musicali frammenti di vita vissuta che aprono la scena a situazioni possibili che diventano gioco; dall’altra, una componente testuale più riflessiva da cui emerge l’urgenza del racconto. La maschera in cuoio realizzata e indossata in scena da Eduardo Ricciardelli, sembra mettere in connessione alcuni elementi dei tipi fissi della Commedia dell’Arte con gli stereotipi dei personaggi che affollano la questione trattata. Le musiche partecipano attivamente alla scena costruendo insieme agli attori il ritmo e le atmosfere della narrazione.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Il 9 e il 10 marzo, presso il Teatro del Lido di Ostia è andato in scena TVATT – Teorie Violente Aprioristiche Temporali e Territoriali, uno spettacolo ideato da Luigi Morra, liberamente ispirato a “East” e “West” di Steven Berkhoff, con Luigi Morra, Pasquale Passaretti, Eduardo Ricciardelli, con le musiche dal vivo dei Camera, luci e video a cura di Domenico Catano ed elementi scenici di Stefano Zecchini: lo spettacolo è stato prodotto da Etérnit e Teatraltro in collaborazione di Lunarte, con il supporto di TeatroForte e MArteLabel. Dall’incontro con il regista Luigi Morra nasce questa riflessione sui processi creativi.
Dietro ogni prodotto artistico, c’è sempre un processo creativo: l’insieme delle contaminazioni, degli incontri, del lavoro, delle idee, delle ispirazioni e delle aspirazioni, della necessità di esorcizzare una tematica, di creare un momento di catarsi individuale e collettiva, fino alla creazione dell’opera d’arte in sé. In una forma d’arte come il teatro, che non produce oggetti e monili da esposizione, ma solo momenti performativi consecutivi, la questione del processo creativo diventa essenziale per poter comprendere fino in fondo la genesi di uno spettacolo e il suo relativo orizzonte d’azione: è il primo passo per capire l’ambizione originale dell’artista che si scontra con i tempi produttivi, con il contesto, con il pubblico, in maniera tale da creare uno sguardo oggettivo sullo spettacolo, senza distinzione o pregiudizio di genere e di gusto. Il campo di interazione che si crea tra processo produttivo e il suo prodotto finale è uno dei problemi annosi dell’estetica teatrale: appena si cristallizzano le forme, subito il processo si arresta, lo spettacolo diventa museo e perde la vitalità legata alla scoperta, alla caducità del tempo presente che si rinnova in constante fermento.
Ma che succede quando il processo creativo non sta dietro lo spettacolo, ma è lo spettacolo stesso? Si rimane straniti, attratti da questa tensione generata dal rischio, dall’eventualità, da atmosfere che si rompono in continuazione, dal disagio di vedere davanti a sé la negazione stessa delle convenzioni, nella distruzione di ogni aspettativa. Tutto questo è successo in TVATT di Luigi Morra. Il regista-attore ci mostra una via possibile all’esigenza di mantenere in costante movimento il processo creativo: partito da una performance individuale ispirata al testo “East” e “West” di Steven Berkhoff nel 2014, Morra ha creato negli anni un contenitore multiforme che si è imbevuto delle contaminazioni di altri artisti come Eduardo Ricciardelli, Pasquale Passaretti, i Camera, Domenico Catano. Questo dispositivo ha dato la possibilità a TVATT di crescere in varie direzioni, grazie ai nuovi punti di vista e al nuovo materiale organico proposto, con l’obiettivo di indagare l’estetica della violenza nei suoi svariati significati, attraverso la riproduzione del pericolo nel momento in cui la violenza si esprime traslata nello spettacolo con la creazione di una tensione performativa generata dal rischio delle “mazzate” dell’eventualità, del caso, dell’improvviso, del “vediamo che succede a mettere questo”.
Avvolta in un manto clownesco di ironia tragicomica, dove tutto viene filtrato dal sorriso beffardo del giocoliere che minaccia giocando e gioca minacciando il suo pubblico, l’estetica teatrale di Morra non è la base preimpostata del suo lavoro, ma è il suo risultato finale, sempre messo in discussione, scoperta tramite l’accettazione del rischio, del crollo sempre imminente, delle “mazzate” del pubblico, con la possibilità di cambiare e di rinnovarsi, di aprirsi ad altri contenuti, di mischiare costantemente le carte in tavola in un gioco dove la regola principale è l’assenza delle regole stesse.
TVATT è un modello di ispirazione per chi sente l’esigenza di dover mantenere vivi i processi creativi; ma dietro questo dispositivo, si annida il rischio di procrastinare troppo a lungo le scelte, e la volontà di mantenere delle strutture aperte in continua evoluzione si scontra con l’esigenza di chiudere il cerchio in un contesto di autoproduzione dove il medesimo campo di interazione tra urgenza e necessità, che è all’origine della genesi embrionale di un qualsiasi spettacolo, collassa su se stesso. Al di là delle soluzioni che temporaneamente si possono prendere, e di cui ci si può pentire in futuro, non bisogna mai perdere la bussola della ricerca, della sperimentazione, della capacità di aprirsi al mondo esterno e alle sue contaminazioni, e di non restar chiusi nelle proprie torri immaginarie in cui si cerca di interagire con gli altri con la presunzione di imporre la propria visione anche ai nostri interlocutori, ma di incontrarsi e scontrarsi, e di lasciare che l’evento avvenga da sé.
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