Dal 18 al 22 agosto, danza, teatro e performance invaderanno le vie e i luoghi storici di Tuscania (VT) per la quinta edizione di direzioniAltre Festival 2021, organizzato da Twain_Centro Produzione Danza, sotto la direzione artistica di Loredana Parrella.
Dopo il successo delle scorse edizioni, avrà luogo nella suggestiva cittadina della Tuscia laziale, una maratona di cinque giorni all’insegna delle arti performative: tanti appuntamenti di assoluta innovazione e originalità per un festival multidisciplinare finalizzato alla sperimentazione di nuove modalità di ricerca e di incontro tra artisti e spettatori. All’interno del borgo antico, in cui si può respirare ancora un’atmosfera medievale di rara fascinazione, si animerà la kermesse: il Giardino Santa Croce e l’Anfiteatro Parco Torre di Lavello saranno le magnifiche location che ospiteranno gli spettacoli in programmazione, insieme agli spazi teatrali del Supercinema e dell’Ex Tempio Santa Croce.
Tra le molte partecipazioni, si annoverano compagnie di punta del panorama nazionale come: Ariella Vidach/Aiep, Naturalis Labor, VersiliaDanza, Ondadurto Teatro, Twain physical dance theatree la compagnia internazionale Cia Art Mouv’. Il programma prevede inoltre autori di nuova generazione come Diego Sinniger De Salas, Nicola Simone Cisternino, Massimiliano Frateschi, Aleksandros Memetaj, Yoris Petrillo, Mattia Cason (Vincitore Premio direzioniAltre 2020).
Anche per quest’anno, il 22 agosto alle ore 21:30, presso il Supercinema di Tuscania si svolgerà l’attesa finale della V edizione del Premio Twain_direzioniAltre, con sostegno alla produzione, residenza artistica e circuitazione per Artisti/e Under35. I progetti dei sei finalisti, Adriano Bolognino, Alexandre Fandard, Di Rocco/Rosati, Elisa Quadrana, Isabella e Anna Giustina, Iole La Sala verranno valutati, da una commissione di esperti che decreterà il vincitore la sera del 22 agosto in presenza del pubblico.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Giunto alla sua ventiquattresima edizione, il Festival Quartieri dell’Arte rappresenta per la Tuscia laziale un importante appuntamento con la cultura. Dal 2 settembre al 5 novembre, il territorio viterbese sarà attraversato da una fitta rete di eventi dedicati all’arte, al teatro e alla drammaturgia. Pur dovendosi attenere alle nuove disposizioni, Quartieri dell’Arte non ha rinunciato all’internazionalità ospitando drammaturghi italiani ed esteri per mantenere accesa l’attenzione sulla scena contemporanea.
Il programma del Festival è composto da spettacoli, installazioni ed eventi connotati da un forte legame con il territorio ospitante. La memoria del luogo è motore propulsore dell’installazione teatrale VAGO FIORE, inaugurata il 2 settembre presso l’ex Chiesa degli Almadiani di Viterbo, ad opera del pittore palermitano Francesco De Grandi. Curata da Loredana Parrella e Marcello Carriero, VAGO FIORE ripercorre la storia della Macchina di Santa Rosa, il cui trasporto, non autorizzato in tempo di Covid-19, è stato riconosciuto nel 2013 Patrimonio Immateriale dell’umanità. L’esposizione sarà accompagnata dalla performance di Jessica De Masi, Massimo Risi e Luigi Cosimelli e da un tappeto vocale-sonoro appositamente realizzato da Gian Maria Cervo.
In questa intervista Gian Maria Cervo, direttore artistico del Festival Quartieri dell’Arte, racconta la ventiquattresima edizione, dedicando una riflessione all’interazione comunitaria a partire dall’installazione VAGO FIORE.
Uno degli eventi centrali di questa edizione di Festival Quartieri dell’Arte è la mostra VAGO FIORE. Un’esposizione capace di far ripercorrere al pubblico la storia del tradizionale trasporto della Macchina di Santa Rosa. Sostituendosi a un evento tanto sentito per la comunità viterbese, quali sono stati i criteri di realizzazione della mostra?
Direi che è più un’installazione teatrale che una mostra. Il pittore palermitano Francesco De Grandi ha creato, attraverso 12 immagini 100×70 a spray oro e pastello nero, un percorso storico, psicologico di approdo alla Macchina di Santa Rosa così come la conosciamo oggi e ha collocato le immagini su supporti site-responsive specificamente realizzati per l’evento, che trasformano la Chiesa degli Almadiani – luogo ad esso deputato – in una versione postmoderna di un oratorio barocco palermitano. Ci sono immagini che sfidano la conoscenza dello spettatore: un trasporto del 1690 ri-immaginato; la narrazione di un miracolo, quasi in forma di ex-voto, che connette la Chiesa in cui si vede l’installazione alle vicende di Santa Rosa; una rappresentazione inedita, quasi alla van Dyck, della Santa.
Io che ho memorie di trasporti della Macchina dall’infanzia all’età adulta, ho creato un tappeto vocale-sonoro che riproduce una folla seicentesca, che accompagna le immagini di De Grandi, per cui hanno prestato la loro voce molte star del cinema e del teatro italiano. E poi ci sono Jessica De Masi, performer della Compagnia Twain e i nostri attori Massimo Risi e Luigi Cosimelli che con i loro corpi disegnano nello spazio e ridisegnano lo spazio.
L’invito allo spettatore è quello di provare a ri-immaginare un trasporto della Macchina di Santa Rosa della fine del Seicento. Ma è chiaro che non si può fare filologia. Mancano tantissimi elementi. Il primo è il pubblico originario. Con Marcello Carriero e Loredana Parrella che hanno lavorato con me alla creazione ci siamo sempre detti che VAGO FIORE doveva essere un fake dichiarato e scientemente costruito. E del resto la questione del fake è centrale oggi nelle più avanzate drammaturgie polivocali. Serve a sfidare il pubblico, a creare più discorso, più discernimento, più “democrazia” attorno a un tema. Mi piace ripetere che quello che c’è di vero in VAGO FIORE è un trasporto della mente, l’unico possibile in epoca di Covid-19, che parte dall’osservazione delle suggestioni visive e dall’assorbimento di quelle uditive e termina ad occhi chiusi.
Dal 2013 il trasporto della Macchina di Santa Rosa è Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Un riconoscimento che rende conto del valore della tradizione folklorica italiana e della necessità di preservare tale ricchezza. Come si pone VAGO FIORE circa l’accrescimento della memoria storica di quest’evento?
VAGO FIORE ricorda l’ampiezza e la longevità del rito, il suo mistero, la sua complessità. Non è immediato ricordarlo anche per i moltissimi che sanno che la Macchina di Santa Rosa è una tradizione plurisecolare. Direi che questa installazione induce a riconsiderare l’oggetto, crea nuova attenzione su di esso. Anche trascendendo l’indeterminatezza del suo passato.
In un tempo in cui il senso di comunità va disperdendosi, proiettando sempre più la comunicazione e le relazioni verso il rapporto uno a uno, in che modo l’arte, tenendo fede alla sua funzione originaria, può rinvigorire l’interazione comunitaria, restituendole una ritualità religiosa e allo stesso tempo laica?
Attraverso la collisione di quante più prospettive possibili all’interno delle drammaturgie, intese in senso lato. Il contrasto è un valore centrale nel teatro, è una chance di metamorfosi. Più allarghiamo lo spettro entro il quale i contrasti devono avvenire, più siamo efficaci come artisti.
La programmazione del Festival, che ospita diverse opere rivolte a grandi personaggi ed eventi storici dell’epoca barocca, ha mantenuto, nonostante le difficoltà insorte a seguito della pandemia, un respiro internazionale ospitando anche progetti di drammaturghi italiani ed esteri. Qual è il punto d’incontro tra l’arte barocca e quella del nostro tempo?
Credo che ci sia questo senso della polifonia e del carnevale, un certo dinamismo trasformativo. Per esempio, oggi è abbastanza diffusa l’idea che il rapporto tra personaggio e lingua offra moltissime possibilità. La lingua tradizionalmente può essere vista come una funzione del personaggio. Ma può essere anche viceversa. Il personaggio può essere funzione della lingua, la lingua può essere una forza misteriosa che trascina il personaggio in terre incognite.
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.
Dal 20 al 23 Agosto, danza, teatro e performance invaderanno le vie e i luoghi storici di Tuscania (VT) per la quarta edizione di direzioniAltre Festival 2020, organizzato da Twain Centro Produzione di Danza, sotto la direzione artistica di Loredana Parrella.
Dopo il successo delle scorse edizioni, avrà luogo nella suggestiva cittadina della Tuscia laziale, una maratona di quattro giorni all’insegna delle arti performative: 14 appuntamenti di assoluta innovazione e originalità per un festival multidisciplinare, con un’intera sezione dedicata ai più piccoli, finalizzato alla sperimentazione di nuove modalità di ricerca e di incontro tra artisti e spettatori.
All’interno del borgo antico, in cui si può respirare ancora un’atmosfera medievale di rara fascinazione, si animerà la kermesse: la piazza del Duomo, l’Ex Tempio Santa Croce e l’Anfiteatro Parco Torre di Lavello saranno le magnifiche location che ospiteranno gli spettacoli in programmazione, insieme agli spazi chiusi del Supercinema.
Come sottolinea Loredana Parrella,cui è affidata la direzione artistica: «In questi mesi abbiamo lavorato assieme ai nostri collaboratori e collaboratrici, artisti e artiste, per rendere i nostri spazi ancora più accoglienti e realizzare una programmazione eterogenea e di qualità. Ciò che anima i nostri cuori è la consapevolezza che la cultura più di ogni altra cosa abbia la capacità di aprire le menti e mettere in moto meccanismi virtuosi che apportano ricchezza di idee».
Si comincia il 20 agosto dalle ore 21:00, presso il Supercinema, con un trittico di performance di realtà artistiche emergenti già affermate nel mondo della danza: Fermo Immagine di e con Manolo Perazzi, Gianni-Pasquale di IVONA | Pablo Girolami ed Eclipse di e con Stella Pitarresi aprono le danze di direzioniAltre 2020.
La giornata del 21 agosto, si apre, alle ore 18:00 con Meraviglia di Ondadurto Teatro presso l’Anfiteatro Parco Torre di Lavello, una performance di giocoleria e trampoli per riscoprire la sensazione di meraviglia e stupore che possono scaturire da tutti quei semplici e, allo stesso tempo, magici aspetti del mondo circense.
La storica formazione Compagnia Petrillo Danza presenta la nuova produzione Powder_Quintet, alle ore 18:30 all’Anfiteatro Parco Torre di Lavello. Lo spettacolo amplia lo studio delle dinamiche fisiche che condizionano il movimento del corpo, più specificatamente del corpo-polvere, elaborando traiettorie dove la danza diventa gesto tecnico, prestazione, immagine, poesia.
Alle ore 19:00 segue Albania Casa Mia, pièce pluripremiata e osannata da pubblico e critica in Italia e anche negli Stati Uniti, di e con Aleksandros Memetaj che racconta con incantevole poesia la storia di una famiglia in fuga dall’Albania: di un figlio che cresce lontano dalla sua terra natia, in Veneto, luogo che non gli darà mai un pieno senso di appartenenza. La storia di un padre, dei sacrifici e di pericoli corsi per evitare di crescere suo figlio nella miseria di uno Stato che non esiste più.
Chiude la programmazione, la celebre e apprezzata formazione coreutica, Compagnia Egribianco Danza che presenta dalle ore 21:30 presso il Supercinema un dittico composto da: Estratti da Leonardo da Vinci: Anatomie Spirituali, spettacolo dedicato al genio di Leonardo da Vinci nel 500° della morte, un omaggio al grande inventore, scienziato, scrittore, umanista a tutto tondo e (Quartetto) per la fine del tempo, nuova produzione ispirata all’omonima partitura di Olivier Messiaen, in cui quattro personaggi fluttuano ognuno su una propria isola, preparano in solitudine il proprio corpo per affrontare gli altri, a dovuta distanza, nella misteriosa e affascinante impossibilità di toccarsi.
Sabato 22 agosto, il FestivaldirezioniAltre dedica ai più piccoli due spettacoli all’insegna del gioco e del divertimento. Alle ore 18, all’Anfiteatro Parco Torre di Lavello, Ondadurto teatro va in scena con Meraviglia tra esibizioni comiche, giocoleria e trampoli; mentre, alle ore 18:30 presso l’Ex Tempio Santa Croce, 20CHIAVI teatro presenta BRUTTO!, uno spettacolo che si interroga sui grandi temi della vita ma in modo semplice e divertente, ponendo delle domande sia ai grandi sia ai piccini senza dare risposte giuste o sbagliate.
Alle ore 20:00, il performer Diego Sinniger De Salas, all’Anfiteatro Parco Torre di Lavello, incanterà il pubblico con Bandbody, uno studio che pone in relazione il corpo, la musica e le vibrazioni. Per chiudere in bellezza, Abrazo Tango di Naturalis Labor, alle 21:30 presso l’Anfiteatro Parco Torre di Lavello, farà immergere lo spettatore nelle atmosfere sensuali e torbide dei barrios argentini. Grazie e attraverso il tango, metafora della vita e dell’amore.
La giornata conclusiva di domenica 23 agosto si apre nuovamente con lo spettacoloMeraviglia di Ondadurto teatro, ore 17:30 all’Anfiteatro Parco Torre di Lavello, e un altro spettacolo di teatro-ragazzi: Doralinda Alla Ricerca Della Bellezza Perduta di Florian Metateatro, dove la protagonista Doralinda, tessitrice coraggiosa, inizia il suo viaggio magico in cui vivrà una grande avventura per riportare la speranza nel suo paese che si sta spopolando.
Alle ore 19:15, all’Anfiteatro Parco Torre di Lavello, un altro appuntamento imperdibile per gli amanti delle arti performative con Juliette, l’ultima poetica produzione di Twain physical dance theatre, che, a partire dal celebre capolavoro di Shakespeare Romeo e Giulietta, trascina il pubblico, tra antichi rancori ed eterni atti d’amore incosciente, all’interno del suo viaggio, fatto di ricordi, tensioni e amori che non finiscono.
Chiude il festival alle ore 21:30 presso il Supercinema, l’attesa finale della IV edizione del Premio Twain_direzioniAltre, con sostegno alla produzione, residenza artistica e circuitazione per Artisti Under35. I sei finalisti sono: Sara Capanna e Michele Scappa, Mattia Cason, Sofia Casprini e Loredana Tarnovschi, C.G.J. Collettivo Giulio e Jari (Giulio Petrucci e Jari Boldrini), Giorgia Gasparetto e Priscilla Pizziol, Sofia Nappi. I sei progetti finalisti verranno valutati, a giudizio insindacabile, dalla Direzione Artistica di Twain, coadiuvata da una commissione di esperti che decreterà il vincitore la sera del 23 agosto in presenza del pubblico.
direzioniAltre Festival 2020, organizzato da Twain Centro Produzione di Danza, è sostenuto da MiBACT, Regione Lazio, Fondazione Carivit e Comune di Tuscania in collaborazione con ATCL Lazio e PERIFERIE ARTISTICHE. In residenza presso il Supercinema di Tuscania.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Laddove i tempi di creazione sono sempre più ridotti, PERIFERIE ARTISTICHE, Centro di Residenza multidisciplinare del Lazio, si pone come un’oasi di libera sperimentazione. Una casa dove creare, immaginare, crescere. Potendo usufruire di diversi spazi teatrali dislocati sul territorio regionale, grazie alla sinergia tra i 4 soggetti promotori – Twain, Settimo Cielo, Ondadurto Teatro e Vera Stasi –, PERIFERIE ARTISTICHE si afferma come polo culturale nel Lazio e sul territorio nazionale e internazionale.
A partire dal triennio 2018/2020, il Centro di Residenza ha ottenuto il sostegno del MiBACT e della Regione Lazio, riuscendo a far progredire il proprio modello di co-progettazione e assicurando, anche a seguito della pandemia, uno spazio di creazione a tutti gli artisti selezionati per l’anno 2020. Il palinsesto delle attività è molto vario, concretizzandosi in un’alternanza di ospitalità, percorsi formativi rivolti agli artisti in residenza, alle giovani professionalità e al pubblico, favorendo il dialogo con il territorio.
In questa intervista, Loredana Parrella, che insieme a Gloria Sapio, Lorenzo Pasquali e Silvana Barbarini cura la direzione artistica, racconta la mission di PERIFERIE ARTISTICHE: creare ricchezza intorno al tema della ricerca.
Volendo ripercorrere questa prima triennalità di sostegno istituzionale che volge al termine, quali sono stati i momenti più pregnanti del vostro progetto e quali obiettivi avete raggiunto?
I Centri di Residenza sono stati inseriti dal Ministero tra i beneficiari dei contributi statali a partire dal triennio 2018/2020, anche se molte strutture si occupano di ospitalità da diversi anni. Già nel 2015 era stato firmato il patto Stato-Regioni avviando una prima triennalità con residenze artistiche riconosciute. Dal 2018, Twain si è insediato sul territorio di Tuscania potendo usufruire di diversi spazi teatrali.
Quando si è aperta la possibilità di creare un Centro di Residenza per ogni regione, Twain ha proposto a tre realtà del territorio, con le quali collabora da anni – Settimo Cielo, Ondadurto Teatro e Vera Stasi – di fondare un ATS e lavorare a un progetto comune. Grazie all’esperienza pregressa già maturata in tutte le strutture abbiamo potuto unire le differenti competenze per mettere in atto un progetto articolato, coerente e ben coordinato.
Questa collaborazione ha dato vita, nella Regione Lazio, a un Centro di Residenza multidisciplinare in grado di ospitare progetti di teatro, danza, arti performative, circo contemporaneo e musica. Un luogo di accoglienza, cura e supporto alla ricerca artistica di compagnie e artisti, affermati ed emergenti, del panorama nazionale e internazionale. Una casa in cui il tempo è sospeso e interamente dedicato al processo creativo, con laboratori permanenti di formazione per giovani performers, danzatori, attori, musicisti, registi e coreografi.
Un’operazione dinamica anche per la dislocazione in diverse cittadine del Lazio: Twain opera a Ladispoli presso il Centro D’Arte e Cultura e, insieme con Vera Stasi a Tuscania, gestisce il Supercinema e diversi spazi comunali tra cui il Teatro il Rivellino e l’Ex Tempio Santa Croce; Ondadurto Teatro lavora nel comune di Antrodoco, presso il Teatro Comunale Sant’Agostino; Settimo Cielo svolge la propria attività al Teatro La Fenice di Arsoli. PERIFERIE ARTISTICHE è caratterizzato dalla possibilità di avere a disposizione spazi differenti che si adattano alle necessità dei vari progetti.
Dando vita a questo Centro ci siamo assunti una responsabilità nei confronti degli artisti. Siamo consapevoli che le Residenze sono quel segmento fondamentale dello Spettacolo dal vivo che assolve al ruolo di accogliere i processi di studio e ricerca. Nel momento in cui un artista viene scelto e gli viene data la possibilità di sperimentare, deve poter lavorare serenamente e senza pressioni.
Il nostro obiettivo è creare ricchezza intorno al tema della ricerca: sostenere gli autori, sia under sia over 35, è un valore fondamentale per la crescita culturale ed economica del Paese. L’apertura ai giovani ha una finalità diversa rispetto a quella nei confronti di un autore già avviato. Questa differenza ricade anche sul modo in cui strutturiamo le nostre ospitalità: ai giovanissimi sono dedicate le “residenze trampolino” rivolte ad artisti appena diplomati da corsi di formazione professionale e che muovono i primi passi nell’ambito della creazione.
Per questo tipo di residenze abbiamo attivato delle convenzioni con accademie come CAU escuela de circo y teatro con Proyecto Insomnia, Accademia di Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, Fondazione Majid – Locarno, Rete Diculther – the Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities School e con la Facoltà di danza del Department 3 – Performing Arts di Francoforte. Durante il periodo di residenza i giovani artisti sono seguiti da tutor con differenti competenze che monitorano l’andamento del progetto.
La mission di un Centro di Residenza non è mettere a disposizione una sala prove ma essere un punto di riferimento per gli artisti, comprendere quali siano le necessità di ciascuno e mostrargli la strada mettendo a disposizione spazi, tempi per la ricerca e competenze. Siamo molto soddisfatti del lavoro svolto in questi tre anni anche se l’arresto brutale imposto dalla diffusione del Covid-19 ci ha messo inizialmente in seria difficoltà. Il lockdown ci ha costretto, come è accaduto a tutti, a una pausa forzata durante la quale abbiamo mantenuto attiva la comunicazione con i nostri artisti.
Grazie anche al fatto che non abbiamo ricevuto tagli economici sui finanziamenti da parte delle Istituzioni, siamo riusciti a garantire l’impegno preso con tutti i progetti programmati nel 2020. In questi mesi stiamo recuperando alcune residenze, sia dal vivo sia in modalità remota, e a tal proposito abbiamo ideato il progetto “Residenze a distanza di sicurezza” per quegli artisti che non possono essere fisicamente presenti nel nei nostri spazi.
Dopo il momento di stallo imposto dalla pandemia, le residenze previste per il 2020 ripartiranno all’interno del progetto “Residenze a distanza di sicurezza”. Come si articoleranno i percorsi di residenza ripensati alla luce delle limitazioni vigenti?
Per ogni residenza viene strutturato un progetto specifico e, a seconda del luogo e della condizione delle varie nazioni in cui si trovano gli artisti, vengono prese in considerazione diverse possibilità di realizzazione. Quando le residenze devono essere condotte da remoto, si cercano delle sale nelle città in cui vivono gli autori e il lavoro viene portato avanti seguendo un diario di bordo giornaliero, monitorato da un tutor attraverso una piattaforma online.
Tutte le strutture del Centro di Residenza hanno creato un gruppo di spettatori attivi, che a Tuscania abbiamo chiamato “Pionieri della visione”, ad Arsoli ”spettAttori” e ad Antrodoco “Critici per caso”, che segue gli artisti in residenza lavorando sotto la guida di un coordinatore. Se si tratta di una residenza in loco, questo gruppo attraversa la sede di lavoro dell’artista, se si tratta di una residenza a distanza l’incontro avviene attraverso mezzi digitali. Il digitale può essere una grande esperienza a patto che non diventi una sostituzione dello Spettacolo dal vivo. I mezzi digitali consentono un tipo di sperimentazione che ogni artista deve voler scegliere.
Nel nostro caso, la “distanza di sicurezza” è stata un modo per non soccombere alla crisi e garantire lo sviluppo dei progetti anche a distanza, assicurando sempre la libertà di creazione di ogni autore.
PERIFERIE ARTISTICHE è un progetto internazionale che ospita le indagini creative di artiste e artisti italiani ed esteri, mettendo a disposizione diversi spazi disseminati nelle province di Roma, Viterbo e Rieti. Dal 2018, sono stati attivati, oltre ai laboratori per performer, anche dei percorsi formativi per spettatori aperti alla comunità locale. Qual è il vostro rapporto con il territorio?
Il Centro di residenza ha amplificato il lavoro che ogni realtà, pur continuando a coltivare l’internazionalità, porta avanti da più di dieci anni nei propri luoghi. Non ci poniamo come degli invasori che occupano degli spazi per far avanzare le proprie progettualità, piuttosto, abbiamo cercato di entrare in relazione con il territorio, nutrendoci della storia e cogliendone aspetti sommersi dell’immaginario della comunità che lo abita.
Parlando direttamente a nome di Twain, inizialmente abbiamo trovato poca attitudine alla danza, per cui ciò che ha richiesto più tempo non è stato programmare quegli spettacoli che i cittadini non si aspettavano di vedere, ma instaurare con loro un rapporto umano e di fiducia. Fin dagli inizi, abbiamo portato le nostre performance in strada facendo sì che le persone si avvicinassero alla danza senza aver paura di non comprendere.
Ciò che crea distanza è la mancanza di fiducia dello spettatore nei confronti di sé stesso e di ciò che gli viene proposto. È l’atto della partecipazione che consente a tutti di avvicinarsi al mondo dell’arte e di condividere i differenti immaginari proposti dagli autori. Ho sempre avuto la certezza che fosse indispensabile creare gruppi di studio appartenenti a questa schiera di pubblico.
Ho trovato molto stimolante dare voce ai loro punti di vista e alle loro competenze fornendogli nel contempo degli strumenti di lettura. La relazione che l’artista instaura con questo nucleo di spettatori è spassionata, perché non ha secondi fini, quindi riesce a stabilire l’interazione dell’artista con il territorio e contribuisce al nutrimento reciproco.
In un momento di forte difficoltà per l’intero settore dello spettacolo dal vivo, offrire la possibilità di esplorare il processo creativo significa mettere in campo energie nuove da cui ripartire. Quali sono le prospettive di PERIFERIE ARTISTICHE? Come si inserisce il vostro lavoro nel nuovo assetto culturale nazionale?
Anche se questa crisi ha messo in ginocchio un settore che già versava in condizioni difficili, PERIFERIE ARTISTICHE ha continuato a operare e in collaborazione con gli altri Centri nazionali e con le Residenze sui territori abbiamo attivato uno scambio di competenze e di buone pratiche che ci ha portato ad interfacciarci con il Ministero. Abbiamo richiesto misure straordinarie riguardanti il regolamento a sostegno della programmazione 2020: in questo modo stiamo garantendo lo sviluppo dei progetti e la libertà di creazione contribuendo a sostenere il sistema dello spettacolo dal vivo.
Per quanto riguarda il nostro Centro di residenza tutti gli artisti inseriti nell’annualità 2020 sono stati riconfermati. Lo spettacolo dal vivo ha dimostrato di avere la forza necessaria per affrontare l’emergenza di questi mesi e di saper immaginare un futuro possibile.
Le Residenze appaiono senza dubbio come realtà in grado di dare concreto sostegno ad artisti e compagnie all’interno di un’azione di rinascita delle pratiche artistiche. Un solo appunto rispetto alla riapertura dei teatri e alla ripartenza frettolosa di programmazione che sta togliendo alle strutture la possibilità di riprendersi, ricercare, e ristrutturarsi.
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.
Sperimentare e confrontarsi con un autore universale come il Bardo è un’operazione spesso difficile, ma il Teatro è quel luogo prodigioso dove tutto è possibile o quasi. Loredana Parrella ha voluto correre questo rischio, creando una composizione liberamente tratta da Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Sue sono la regia e la coreografia di Juliette, con i testi del drammaturgo Aleksandros Memetaj, un progetto produttivo di Twain – Centro di Produzione Danza Regionale, coprodotto da Fondazione Teatro Comunale di Modena.
Loredana Parrella è un’artista completa e poliedrica che nella sua carriera ha saputo coniugare la danza e il teatro mediante allestimenti coreutici caratterizzati da una forte potenza espressiva. Come interprete ha vissuto molteplici esperienze presso i più prestigiosi palcoscenici, diretta da grandi registi. Ha firmato coreografie, drammaturgie e regie di produzioni di danza contemporanea per i più importanti teatri italiani ed internazionali. Attualmente cura la direzione artistica di Cie Twain physical dance theatre – Compagnia Produzione Danza sostenuta dal MiBACT, di TWAIN_Centro di Produzione Danza Regionale (dal 2016) e di Periferie Artistiche, Centro di Residenza Multidisciplinare del Lazio, per il Triennio 2018/2020.
La prima fase della sua nuova creazione è stata presentata negli spazi di WeGil, a Roma, nel mese di giugno, con il titolo Juliette on the road. Si trattava di un percorso di idee e proposte in versione site specific. Cinque sezioni di esplorazione e ricerca intorno ai concetti di desiderio, innocenza, odio, fratellanza e, infine, amore. A ottobre, invece, c’è stata la prima assoluta al teatro Ermanno Fabbri di Vignola (MO), nell’ambito di “Danza Autunno”. Juliette è andata recentemente in scena, sabato 16 novembre allo Spazio Rossellini di Roma, con i suoi dieci formidabili interpreti: Gianluca Formica, Maeva Curco Llovera, Yoris Petrillo, Caroline Loiseau, Luca Zanni, Elisa Melis, Giulia Cenni, Aleksandros Memetaj, Maria Stella Pitarresi, Marco Pergallini.
Se la Giulietta di Shakespeare muore, la Juliette di Parrella invece decide di continuare a vivere. Nel repertorio tradizionale è spesso rappresentata come una fanciulla romantica, quasi evanescente. C’è un respiro, una traccia autobiografica, nella tenacia e in quel desiderio di vita che ha portato Loredana Parrella ad attraversare i diversi territori della Danza, fino al Physical Dance Theatre.
Esplorare i confini tra classico e contemporaneo, nella danza come nel teatro, può essere utile per allargare gli orizzonti culturali, dalla fase della creazione fino alla restituzione in forma di spettacolo. Nel caso di Juliette, questo approccio, ha stimolato la predisposizione a declinare il tempo e ad aprire gli spazi. Le origini, il passato, in relazione con il presente. Dal contesto site specific, all’open space dello Spazio Rossellini, questi elementi di ricerca hanno accompagnato e caratterizzato tutto il suo percorso evolutivo. In un processo che ha coinvolto autori, interpreti e, ultimo ma non meno importante, il pubblico.
Un passaggio fondamentale nella storia di Shakespeare è che l’amore tra Giulietta e Romeo nasce in modo imprevedibile. Non è l’accordo programmatico di due pater familias. Di quel sistema, rebus sic stantibus, ne è la contestazione. I due non sono ragazzi perbene annoiati, impelagati in una relazione non desiderata o inutile. L’amore di entrambi è la risposta più eversiva che si contrappone alla crudeltà e all’odio di una società divisa in due fazioni, due famiglie contrapposte. Giulietta seguirà fino all’Altrove il suo Romeo, quando si manifesterà il tragico destino di entrambi.
Juliette di Loredana Parrella non sembra confutare l’impostazione di un amore rivoluzionario, oggi come ai tempi di Shakespeare. Forse separa i due elementi l’uno dall’altro, il sentimento dal libero arbitrio. È la confutazione dell’impossibilità. L’affermazione di un’alternativa di vita che le convenzioni sociali, sovrastrutture ataviche come il destino spesso tendono a seppellire in una tomba buia. È la contestazione della mistificazione nel messaggio di Paride: “Venere non sorride in una casa dove regna il pianto”. Juliette è rock con la sua bianca veste, senza la necessità di indossare un giubbotto di pelle. Dopo essersi asciugata le lacrime per il suo Romeo, ritorna a splendere come Afrodite, alla ricerca di felicità. La vita e la morte possono essere interpretate entrambe come un viaggio misterioso. Quello che le caratterizza, invece, sono le dinamiche dell’esperienza. Le loro forme sono in proporzione e in relazione ai loro contenuti. Nel quinto atto, nel momento preciso in cui Juliette trova Paride e Romeo morti, bacia quest’ultimo, poi…Rewind: viene riavvolto il nastro. Non mette in mano un pugnale, non sceglie il suicidio per la protagonista della sua creazione. Tirarsi fuori dalla storia significa scriverne una diversa lasciandosi alle spalle la famiglia, il cugino defunto, la nutrice, Mercuzio, il frate e Romeo. Juliette inizia un viaggio alla ricerca della sua libertà. Dall’interno di quei personaggi e verso l’esterno, oltre l’inferno che frate Lorenzo aveva descritto. Aggiunge una tappa evolutiva, un elemento in più alla condizione e al ruolo femminile: quello relativo alla determinazione di una scelta. Quando il coraggio diventa cambiamento, la forma e la sostanza coincidono.
La filosofa Barbara Carnevali nel suo libro Le apparenze sociali sostiene che ciò che sappiamo sugli altri e ciò che gli altri sanno su di noi si fondano essenzialmente su dimensioni estetiche, ovvero apparenze. Ognuno di noi è quello che sembra perché l’identità si struttura in ogni presentazione del sé. Vere e proprie costruzioni dell’identità sociale. Le apparenze sociali non solo trasmettono contenuti, ma li plasmano, li costituiscono. Possiamo allora ipotizzare che Juliette di Loredana Parrella sia un luogo di scambio di segni, proprio come avviene nella società. Un sensorium che mette insieme e muove le espressioni, i movimenti, le funzioni e le necessità di un personaggio-persona. Con la consapevolezza che l’io è una costruzione, una condizione spesso ambivalente, da cui è impossibile affrancarsi. In eterno conflitto tra ciò che mostriamo di noi e quello che effettivamente siamo.
Redattore editoriale presso diverse testate giornalistiche. Dal 2018 scrive per Theatron 2.0 realizzando articoli, interviste e speciali su teatro e danza contemporanea. Formazione continua e costante nell’ambito della scrittura autoriale ed esperienze di drammaturgia teatrale. Partecipazione a laboratori, corsi, workshop, eventi. Lunga esperienza come docente di scuola Primaria nell’ambito linguistico espressivo con realizzazione di laboratori creativi e teatrali.
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