Il circuito multidisciplinare ATCL, avvalendosi dell’azione coordinata di Regione Lazio, Lazio Crea spa e delle amministrazioni locali, da due anni porta i grandi protagonisti dell’arte nazionale nelle cittadine laziali con meno di 5.000 abitanti. Con l’obiettivo di contrastare la desertificazione culturale,Piccoli comuni si raccontano ha sviluppato un’importante operazione di aggregazione sociale, sostenendo, anche in un momento di grande crisi come quello odierno, l’imprenditoria locale e valorizzando un territorio ancora poco noto al turismo.
A causa delle norme in vigore per contrastare la diffusione della pandemia, Piccoli comuni si raccontano non ha potuto proseguire le proprie attività, ma confrontarsi con le realtà coinvolte può attivare una riflessione oggi più che mai necessaria intorno al ruolo della cultura.
A tal proposito, Barbara Petroni, Sindaca del comune di Roccasecca Volsci (LT), approfondisce il valore che, per la comunità locale, ha assunto la partecipazione al progetto Piccoli comuni si raccontano.
Piccoli comuni si raccontano è un progetto che mira a una diffusione capillare dell’offerta culturale sul territorio laziale. Che valore ha per il coinvolgimento del comune di Roccasecca dei Volsci in un progetto avente tale obiettivo?
La rassegna culturale Piccoli comuni si raccontano in cui il nostro comune ha avuto il piacere di essere coinvolto, ha grande rilevanza per una serie di ragioni. I piccoli comuni sono quelli che, a causa della crisi economica, soffrono della scarsa offerta culturale che, finanziata direttamente dalle amministrazioni, viene sacrificata troppo spesso da esigenze prioritarie, quali quelle volte a garantire servizi essenziali e indifferibili.
Eppure sono proprio i piccoli comuni che mantengono vivo un patrimonio culturale di pregio, costituito da tradizioni e testimonianze, che nei centri più grandi va inevitabilmente disperdendosi nella modernità di una vita scandita da ritmi veloci.
Nel comune di Roccasecca dei Volsci, che mi onoro di rappresentare da un decennio ormai, ho cercato di tenere vivo l’interesse dei ragazzi, maggiormente attratti da uno stile di vita soffocato dalla tecnologia, che spesso fa perdere di vista quelle emozioni intense e reali che possono essere trasmesse con la partecipazione attiva e il coinvolgimento personale.
In questo contesto, il progetto Piccoli comuni si raccontano ha avuto il valore di un laboratorio emozionale, raccogliendo il consenso dei partecipanti e stimolando la curiosità e l’interesse dei più giovani.
Già lo scorso anno, Roccasecca dei Volsci è stato coinvolto nella rassegna Piccoli comuni si raccontano. Quali benefici sono stati riscontrati in termini di indotto economico per il territorio e di attivazione comunitaria, durante gli eventi della prima edizione?
Sicuramente, oltre all’aspetto culturale, il beneficio immediatamente riscontrabile è quello di carattere economico. Non meno significativa è la possibilità di allargare la platea di turisti che, attratti dalle manifestazioni, conoscono il nostro territorio e vi ritornano dopo averne apprezzato le caratteristiche. Il nostro non è un comune di passaggio, bisogna salire la collina per apprezzarlo pienamente ma coloro che lo scoprono in genere ritornano, apprezzando, la bellezza paesaggistica che si avvale di panorami notevoli.
Prima della collaborazione con ATCL per la rassegna Piccoli comuni si raccontano, che tipo di circuitazione culturale era riscontrabile nel comune?
Con molta sincerità devo dire che le nostre iniziative culturali antecedenti al coinvolgimento da parte di ATCL, erano rappresentate per lo più da concerti, convegni, presentazioni di libri, qualche spettacolo teatrale, ma non dello stesso calibro di quelli che abbiamo ospitato nelle ultime due edizioni di Piccoli Comuni si raccontano. Investire in questo settore è importante, soprattutto per i piccoli comuni che possono contare su risorse finanziarie minime utilizzate soprattutto per le feste patronali, per che richiedono un’offerta culturale più commerciale.
Durante l’edizione 2020 di Piccoli comuni si raccontano, Roccasecca dei Volsci ha ospitato il reading teatrale Il vecchio e il mare a cura di Sebastiano Somma. Considerando il complesso momento che stiamo vivendo originatosi con la diffusione della pandemia, qual è stata la risposta del pubblico?
L’edizione 2020 è stata eccellente. Lo spettacolo dell’artista Sebastiano Somma è stato impattante a livello emotivo, con un’interpretazione magistrale di un’opera d’arte quale è Il vecchio e il mare. Devo confessare di aver pensato che non saremmo riusciti a svolgere l’evento perché eravamo proprio agli esordi della seconda ondata di diffusione del Covid-19. In realtà siamo stati in grado di offrire agli ospiti un evento che ha avuto anche una funzione di sollievo in un momento così complicato.
La sala era al completo e, nel pieno rispetto di tutte le regole vigenti e grazie alla perfetta organizzazione da parte dell’ATCL, abbiamo svolto la manifestazione in tutta sicurezza. Concludo con la speranza che il mio comune possa beneficiare ancora per il futuro della collaborazione con ATCL e, soprattutto, auspico che la Regione continui a investire nel progetto.
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.
Fin dalla sua prima edizione, il progettoPiccoli comuni si raccontano di Regione Lazio, sviluppato in collaborazione con ATCL Lazio e Lazio Crea, ha rappresentato un momento di scoperta e valorizzazione per i territori coinvolti. Mission del progetto, infatti, è la diffusione capillare della cultura in quei luoghi che, seppur già noti per le bellezze paesaggistiche e architettoniche, restano esclusi dai circuiti di distribuzione ufficiali.
Piccoli comuni si raccontano, coinvolgendo circa quaranta comuni in tutto il Lazio, non solo ha permesso alle comunità locali di poter usufruire di un’offerta culturale di rilievo, ma anche di generare un indotto per il territorio: se la città di Roma tende a inglobare il turismo nazionale e internazionale, rassegne come questa sono in grado di dare una spinta concreta al turismo di prossimità, con una ricaduta benefica sull’economia dei luoghi e sul consolidamento dell’attività comunitaria.
Come accaduto a marzo, durante la prima fase della pandemia, un nuovo blocco è stato imposto al pubblico spettacolo, arrestando anche la proposta messa in campo da Piccoli comuni si raccontano a partire dal mese di ottobre. Ragionare dunque sulla eco e sul valore di eventi culturali come questo, a due anni dalla sua ideazione, risulta interessante per comprendere le prospettive del progetto e i benefici concreti che l’arte è in grado di apportare. Intervistato a proposito di questi temi, Gianpaolo Nardi, sindaco di Castel San Pietro Romano e vicepresidente dell’ANCI Lazio, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, racconta l’esperienza di Piccoli comuni si raccontano.
Dal 2017 Castel San Pietro Romano fa parte dei Borghi più belli d’Italia. La bellezza paesaggistica e architettonica ha condotto il grande cinema italiano in questo comune, fin dagli anni ‘50, facendolo diventare set di film che hanno fatto il giro del mondo. Qual è il rapporto di Castel San Pietro Romano con la cultura?
Sicuramente un rapporto bellissimo e sostanziale. La cultura, in tutte le sue sfumature, ha da sempre arricchito il nostro paese e rappresentato potenziali e importanti opportunità di crescita, di sviluppo, di valorizzazione e promozione del nostro territorio. Castel San Pietro nasce, potremmo dire, come paese del cinema: set del celebre film Pane Amore e Fantasia, conosciuto per essere “il paese più scassato”, lo vediamo oggi rivestito di luce nuova ma sempre strettamente legato al panorama culturale che lo arricchisce e lo coinvolge.
In questa prospettiva, sono orgoglioso di rappresentare un territorio così ricco come Castel San Pietro Romano, che proprio sulla bellezza non solo paesaggistica ma anche artistica e culturale, ha fatto leva per ricevere importanti certificazioni, come quella di Borgo più bello d’italia e Borgo più bello del Mediterraneo.
Castel San Pietro Romano, coinvolto sin dalla prima edizione nel progetto Piccoli comuni si raccontano, ha ospitato grandi artisti come il M° Nicola Piovani e Michele Placido. Considerando che tra le due edizioni è intercorsa una pandemia che ha inciso sulle modalità di partecipazione degli spettatori, qual è stata la risposta della comunità agli eventi di quest’anno?
La comunità ha risposto in maniera straordinaria. Come giustamente è stato messo in luce, le modalità di partecipazione sono variate, il numero di spettatori è variato per far fronte al alle nuove normative dettate dall’emergenza COVID-19. Una cosa,però, non è cambiata: il calore della nostra comunità. I cittadini di Castel San Pietro Romano e tutti i partecipanti, accolgono sempre entusiasticamente ogni iniziativa che vede coinvolto il nostro amato paese.
Il concerto che ha visto protagonista il Maestro Nicola Piovani si è svolto in un momento storico diverso, più leggero e meno rigido in fatto di normative, e la partecipazione è stata davvero numerosa. L’evento che ha coinvolto Michele Placido, attore di fama internazionale, essendo ambientato in un oggi che, purtroppo, ben conosciamo, ci ha costretto a ridimensionare la quantità degli spettatori, per garantire il dovuto distanziamento, e a svolgere la serata all’aperto. Nonostante le più rigide normative, è stata una serata straordinaria che ha disteso pensieri e animi.
In qualità di vicepresidente dell’Anci Lazio, associazione dei Comuni del Lazio, potrebbe raccontare come ha influito complessivamente il progetto Piccoli comuni si raccontano sulle realtà coinvolte e che valore ha assunto per i diversi comuni una più consistente circuitazione culturale?
È sicuramente una grande opportunità per i piccoli comuni ma anche per la Regione Lazio. I comuni considerati “piccoli” nel Lazio costituiscono ben il 70% del territorio regionale. Valorizzare e promuovere i piccoli comuni significa promuovere i territori più belli della nostra regione. In questi luoghi ci sono delle bellezze paesaggistiche, monumentali e archeologiche che meritano di essere conosciute.
È necessario incentivare quel turismo di prossimità. Nel Lazio, troppo spesso, si guarda soltanto alla magnifica città di Roma. Promuovere questi territori ci consente di spostare il turismo di massa della Capitale verso le nostre province. Roma Capitale è un’opportunità importante per le province.
A due anni dall’adesione alla rassegna Piccoli comuni si raccontano, quali sono le prospettive progettuali e quali gli obiettivi futuri da raggiungere?
Auspico che possa continuare questa straordinaria rassegna. Mi permetto di dare un suggerimento: chiediamo anche ai grandi artisti che partecipano come protagonisti ai diversi eventi, di aiutarci a promuovere i territori che li ospitano. Non circoscrivere la rassegna al singolo evento ma cercare di prolungare l’effetto che gli spettacoli hanno sui piccoli comuni, istituendo un collegamento con i grandi artisti che sia duraturo nel tempo.
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.
Nonostante la nuova battuta d’arresto per le attività culturali e artistiche, imposta dal DPCM firmato il 24 ottobre scorso, prosegue la narrazione di Piccoli comuni si raccontano, il progetto di Regione Lazio sviluppato in collaborazione con ATCL Lazio e Lazio Crea. In un momento di grande spaesamento per l’intero settore culturale, la proposta artistica di Piccoli comuni si raccontano, ha posto l’attenzione, oltre che sulla circolazione della cultura in territori spesso esclusi dai circuiti di distribuzione ufficiali, anche sulle possibilità lavorative offerte ai giovani talenti.
A partire da questa volontà, è stata rinnovata la partnership con il Conservatorio di musica “Santa Cecilia” di Roma, già istituita per la prima edizione di Piccoli comuni si raccontano, ed è stata indetta una nuova collaborazione con “Fabbrica” Young Artist Program, il progetto del Teatro dell’Opera di Roma, realizzato al fine di favorire la trasmissione di sapere e la promozione di nuovi talenti nel campo dell’opera lirica.
Molti sono stati, nel corso di questo primo mese di programmazione di Piccoli comuni si raccontano, i momenti dedicati all’arte musicale e all’opera lirica affidati a giovani studenti che hanno saputo incantare le platee dei borghi laziali coinvolti nel progetto.
Del valore assunto da questa operazione culturale per i territori e per gli studenti e le studentesse che, con la loro arte, li hanno attraversati, abbiamo discusso con il M° Roberto Giuliani, Direttore del Conservatorio “Santa Cecilia” di Roma,e con Eleonora Pacetti, Direttrice di “Fabbrica” Young Artist Program, approfondendo la tematica della ripresa e della necessità di supporto economico e politico, espressa a gran voce dal settore dello spettacolo dal vivo.
Il Conservatorio di musica “Santa Cecilia” di Roma è una delle massime istituzioni musicali sul territorio nazionale e internazionale. Su quali principi si fonda l’offerta formativa del Conservatorio?
Roberto Giuliani: L’offerta del Conservatorio è volta a formare un musicista completo, sia dal punto di vista della ampiezza e lunghezza della carriera formativa, sia dal punto di vista della completezza della formazione. I Conservatori – come le altre Istituzioni del settore AFAM – Alta Formazione Artistica e Musicale: Accademie di Belle Arti, Danza, Arte Drammatica ecc. – sono un settore parallelo a quello dell’Università, e risultano quindi articolati in Trienni accademici e in successivi Bienni accademici specialistici. Prima però, è possibile seguire i Corsi Propedeutici, perché gli studi strumentali nella maggior parte dei casi vanno coltivati molto prima della maggiore età, motivo per cui è previsto l’accesso in Conservatorio anche per i piccoli “talenti precoci”, oltre alle possibilità offerte dalle convenzioni che il Conservatorio ha attive con associazioni che si occupano degli allievi più giovani.
All’altro estremo, dopo il Biennio, è stata attivata in questi ultimi anni un’offerta di Master post diploma in grado di fornire un’ulteriore competenza professionale: Master in Artistic Research in Music (in collaborazione con l’Orpheus Institut di Gent), Canto (in collaborazione con il Conservatorio Nazionale Centrale di Pechino), in Film scoring, Improvvisazione coreutica e musicale (in collaborazione con l’Accademia Nazionale di Danza), Interpretazione della musica contemporanea, Musica per Videogiochi.
Per quanto riguarda la completezza della formazione, oltre alla riscrittura aggiornata dei programmi di Triennio e Biennio, in Conservatorio sono stati attivati oltre 200 corsi e, tra le numerose discipline a disposizione, lo studente ne può scegliere diverse per completare il suo percorso e per seguire le sue inclinazioni e i suoi interessi, anche in prospettiva occupazionale.
Inoltre, l’attività di produzione del Conservatorio, costituita da numerose stagioni di concerti nei quali suonano perlopiù i migliori studenti e diplomati, consente loro di entrare presto in contatto con il pubblico e con gli apparati produttivi.
Nonostante la vocazione internazionale, il Conservatorio di musica “Santa Cecilia” mantiene aperto il dialogo con il territorio che ne ospita la sede. Ne è esempio la partnership avviata con il progetto Piccoli comuni si raccontano di Regione Lazio, sviluppato in collaborazione con ATCL e Lazio Crea. Che valore ha la presenza dell’istituzione sul territorio laziale e qual è la mission di tale collaborazione?
RG: Il Conservatorio “Santa Cecilia” è punto di approdo, da tutto il mondo, di studenti attratti dall’eccellenza delle scuole di Canto e di Strumento. Attualmente abbiamo studenti provenienti da ben 34 diversi Paesi, tanto da connotarci come l’ONU della musica. Una situazione privilegiata, di particolare importanza anche per la conoscenza reciproca delle differenze: sostengo spesso infatti che un quartetto, un coro o un’orchestra sono dei laboratori preziosi di dialogo e di pace, dove solo se ci si conosce e ci si rispetta si riesce a lavorare insieme, valorizzando le peculiarità.
Global, glocal, local…ci piace lavorare in tutte le dimensioni della comunicazione musicale, e non dobbiamo poi dimenticare come parte dell’utenza sia naturalmente quella del bacino romano e laziale. Per questo, pur avendo nella nostra sede di via dei Greci una delle sale da concerto più belle del mondo, siamo presenti a Roma in diversi luoghi, secondo una mia idea di “occupazione musicale” della città.
Abbiamo così, per esempio, dato vita a una stagione di concerti dei nostri migliori giovani presso il Teatro Off off di via Giulia (I concerti della domenica); abbiamo recentemente partecipato, grazie alla collaborazione con Videocittà, alle cerimonie per la riapertura del monumentale Giardino delle cascate all’EUR, con l’Ensemble di trombe e percussioni, che ha dedicato un concerto alla memoria di Ennio Morricone, nostro ex allievo e prezioso amico, e in questi giorni siamo presenti ogni sabato (tempo e covid permettendo) con i nostri ensemble a Villa Borghese all’interno della mostra di arte contemporaneaBack to Nature.
Non solo Roma però, anche il territorio laziale è per noi da tempo oggetto di interesse, tant’è che già da prima della collaborazione con ATCL era stato varato il progetto della creazione di tre orchestre giovanili (ad Albano, Fiuggi e Rieti) di cui quella di Albano, la GIOCR – Giovane Orchestra dei Castelli Romani, ha già avuto il suo primo battesimo di pubblico lo scorso anno.
La collaborazione con il progetto Piccoli Comuni, oltre a essere quindi per noi naturale, in un progetto di comunicazione e diffusione più ampio possibile, da una parte permette ai nostri ragazzi di suonare in luoghi dove è possibile una dimensione rara del contatto col pubblico, dall’altra offre al pubblico occasioni che difficilmente – se si dovessero perseguire logiche commerciali – potrebbero aver luogo.
Quindi è un’occasione preziosa per avvicinare alla musica persone che ne sono costantemente private, vista l’assenza capillare sul territorio di “presidi musicali”, di questa possibilità. Il contatto visivo con il musicista, la magia delle prove, non possono infatti essere surrogati dai mass media, che non consentono un’esperienza profonda e partecipata del fare e ascoltare musica dal vivo.
La seconda edizione di Piccoli comuni si raccontano pone l’attenzione sui giovani talenti e sulle possibilità professionali loro offerte. Quali sono le azioni messe in campo dal Conservatorio di “Santa Cecilia” per accompagnare e immettere i propri studenti e le proprie studentesse nel mondo del lavoro?
RG: Come detto in parte precedentemente, una prima azione è costituita dallo strutturare dei percorsi di studio che tengano conto sia delle innovazioni didattiche, sia delle evoluzioni delle discipline, sia di un ampio spettro formativo, anche in prospettiva lavorativa. Così il musicista acquista anche una duttilità che nel mondo delle nuove professioni è particolarmente richiesta: non formiamo infatti solo ottimi cantanti e strumentisti, destinati per esempio a una carriera solistica o a un’attività orchestrale, ma anche insegnanti (nel corso di Didattica della musica), musicologi (nel corso di Discipline della storia della critica e dell’analisi musicale), compositori di Musica per le immagini ecc.
Dell’attività concertistica si è già detto, ma a questo deve aggiungersi il grande potere formativo offerto dalle esperienze internazionali: oltre ad avere una nutrita attività di scambi Erasmus (dedicata a studenti incoming e outcoming, per la quale il Conservatorio ha siglato più di 100 Inter-Institutional Agreement con le maggiori istituzioni formative europee), “Santa Cecilia” ha vinto come capofila importanti progetti europei estremamente innovativi (comeOpera out of Opera, News in MAP, Italian film soundingecc.) che coinvolgono diversi partner; a questo si aggiungono le attività di progettazione con Russia, Panama, Cina, Giappone ecc.), che consentono anch’esse a docenti e studenti di viaggiare, suonare con i colleghi stranieri, e conoscere gli altri sistemi formativi.
La crisi sanitaria ha fortemente indebolito la dimensione live dei progetti artistici, musicali e spettacolari intervenendo, oltre che sull’ambito lavorativo e performativo, anche su quello didattico. Su quali criteri si basa il nuovo assetto formativo del Conservatorio? A pochi mesi dalla ripresa, qual è il bilancio delle difficoltà riscontrate dal settore e quali interventi ritiene necessari per la ripartenza?
RG: Gli impatti sono stati diversi. La parte didattica, non appena tecnicamente possibile, è stata portata on line durante il periodo del lock down, grazie al grande impegno e disponibilità degli studenti e dei docenti. È chiaro che se la normale didattica scolare soffre della dimensione non in presenza, si può facilmente immaginare quanto sia innaturale e poco produttivo far lezione di canto o di strumento attraverso un computer.
Per questo appena è stato possibile siamo tornati, seppur con le limitazioni dovute all’applicazione ferrea delle procedure di sicurezza, a diplomare gli studenti in Sala Accademica e a far lezione in presenza, anche se già in questi giorni riemergono ombre che minacciano non tanto le lezioni collettive (già programmate on line per l’anno accademico 2020/2021), ma anche le lezioni singole. Per non parlare dei problemi posti dagli ensemble, soprattutto canori e di fiati, nonostante siano stati acquistati pannelli di plexiglass ecc.
Per quanto riguarda la parte di ricerca e di progettazione, soprattutto internazionale, questa è proseguita on line, ma continuano a essere cancellati importanti incontri, come quello dell’AEC a Vienna, o il Cultural Forum a San Pietroburgo. Per i concerti, ovviamente tutte le stagioni programmate nel 2020 si sono fermate, e per il momento siamo riusciti a riprendere con i concerti all’aperto già menzionati, e per i concerti al chiuso in Sala Accademica sono stati confermati per ora solo quelli legati a impegni internazionali, come la serieEuropa in Musica, organizzata con il Cluster EUNIC – EU National Institutes for Culture, o il concerto Suoni del Mediterraneo per la presentazione dell’iniziativa Resq – People saving People, con Médecins sans Frontières.
La ripartenza non sarà un problema, quando le condizioni sanitarie lo permetteranno, e intanto il Conservatorio affronta giornalmente i problemi derivanti dalla estrema variabilità e imprevedibilità dell’emergenza Covid. Quello che preoccupa, e continuerà a preoccupare anche dopo, è la situazione della cultura in Italia. Comprendo i problemi economici del Paese, ma questa emergenza si è andata ad aggiungere a un’antica situazione di disinteresse nei confronti non solo della musica, ma in generale della conservazione produzione e diffusione culturale, con atteggiamenti che oscillano dall’infastidito assistenzialismo, alla malsana idea che la cultura debba e possa autofinanziarsi.
Nei Paesi compiutamente civili questo non accade: lo Stato investe in cultura e in formazione perché questo crea un cittadino migliore, e tra l’altro potenzia anche un indotto turistico e commerciale. Provate a pensare di chiudere musei e teatri italiani, e vedrete quale inabissamento in numero e in qualità avrebbero i flussi turistici. Ma questo bisogna ogni volta rispiegarlo alla classe politica di turno, perché ormai manca questa sensibilità nella formazione degli italiani e gli effetti si vedono, purtroppo in tutti i settori, nel peggioramento dei comportamenti e del tessuto sociale.
La grande tradizione dell’opera lirica italiana è un valore che rende il nostro paese un importante approdo per studenti e studentesse provenienti da ogni parte del mondo. Dal 2016, anno della sua fondazione, “Fabbrica” Young Artist Program promuove i giovani talenti dell’opera lirica sostenendone la formazione. Quali sono i punti cardine del progetto?
Eleonora Pacetti: La possibilità di esibirsi in palcoscenico e l’esperienza di un training specifico per le audizioni e le performance sono i punti cardine di “Fabbrica” Young Artist Program.
“Fabbrica” Young Artist Program, oltre a sostenere la formazione, prevede l’inserimento nell’ambito professionale con un percorso costruito ad hoc per ciascun partecipante di studio e lavoro presso il Teatro dell’Opera di Roma. Quali sono gli step previsti dal progetto per condurre i partecipanti alla professionalizzazione?
EP: Si parte dall’esperienza di andare in scena con ruoli piccoli e cover per poi interpretare ruoli più importanti. Inoltre gli artisti vengono presentati alle agenzie che saranno coloro che costruiranno la loro carriera un domani.
A partire da quest’anno il Teatro dell’Opera di Roma, attraverso “Fabbrica” Young Artist Program, figura tra i partner del progetto Piccoli Comuni si raccontano, una collaborazione, questa, che rappresenta un impegno, da parte delle istituzioni nel fornire ai giovani nuove occasioni per esplorare le possibilità lavorative offerte dal territorio laziale e per entrare in relazione con il pubblico. Quanto conta per “Fabbrica” Young Artist Program diffondere la tradizione dell’opera lirica italiana anche nei piccoli borghi del Lazio, attraverso il talento dei propri studenti?
EP: E’ davvero molto importante: il contatto con la “base” è una benzina che ci aiuta a mantenere vivo l’entusiasmo per il lavoro, come accaduto nel 2017 e nel 2018 quando abbiamo portato l’Opera nelle piazze di Roma e del Lazio (Amatrice, Accumoli, Leonessa, Cittareale, Borbona, Poggio Bustone, Frascati, Alatri) con il progetto Opera Camion, in cui sono stati coinvolti gli artisti di “Fabbrica” YAP (non solo cantanti, ma anche pianisti ed il gruppo regia) e il pubblico ha risposto con tanto entusiasmo.
Alcuni giorni fa l’ANFOLS ha diffuso un appello dei teatri d’opera per sostenere le riaperture, ponendo l’attenzione sull’insostenibilità delle future programmazioni a seguito delle misure restrittive sulle capienze delle platee. Di quali condizioni necessita il settore per avviare una ripartenza che, nonostante l’incertezza, sia in grado di consentire il prosieguo delle attività dei teatri d’opera e l’impiego dei suoi lavoratori e delle sue lavoratrici?
EP: Difficile dirlo in un momento come questo. A nuove situazioni non si possono incollare modelli vecchi: la creatività e l’immaginazione dovranno, ora più che mai, dare luce ad idee nuove.
Nasce a Napoli nel 1993. Nel 2017 consegue la laurea in Arti e Scienze dello Spettacolo con una tesi in Antropologia Teatrale. Ha lavorato come redattrice per Biblioteca Teatrale – Rivista di Studi e Ricerche sullo Spettacolo edita da Bulzoni Editore. Nel 2019 prende parte al progetto di archiviazione di materiali museali presso SIAE – Società Italiana Autori Editori. Dal 2020 dirige la webzine di Theatron 2.0, portando avanti progetti di formazione e promozione della cultura teatrale, in collaborazione con numerose realtà italiane.
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