L’Âge d’or di Éric Minh Cuong Castaing, la condivisione di sguardi

L’Âge d’or di Éric Minh Cuong Castaing, la condivisione di sguardi

L’artista

Eric Minh Cuong Castaing è un coreografo e artista visivo nato nel 1979 a Seine-Saint-Denis, nel nord-est parigino. Dopo un diploma alla Gobelins – L’ Ecole de l’image di Parigi, inizia la sua carriera come graphic designer nel cinema d’animazione. L’interesse maturato in quegli anni verso la real-time coreography lo porterà presto ad avvicinarsi prima all’hip-hop, poi al butoh, sotto la guida dei maestri Carlotta Ikeda e Gyohei Zaitsu, e infine alla danza contemporanea con il coreografo e artista plastico tedesco VA Wölfl.  Nel 2007 fonda la compagnia SHONEN (l’influenza dello studio di un’arte giapponese si ripercuote nel nome del collettivo, che si traduce in “ragazzino”) e dedica la sua ricerca alla creazione di dispositivi capaci di  connettere la danza, le arti visive e  le nuove tecnologie. Le sue opere, che spaziano dalle performance alle installazioni e ai film sono da egli stesso definite “in situ / in socius”.

La specificità di un prodotto site-specific incontra sempre, nel lavoro di SHONEN, una partership con istituzioni pubbliche, scuole, ospedali, istituti di ricerca o ONG al fine di instaurare rapporti duraturi e concreti e di creare un beneficio alle realtà sociali. Il suo studio esplora modalità di rappresentazione e percezione del corpo nell’era delle nuove tecnologie, in particolare nei rapporti di interdipendenza o compresenza (ad esempio, mediante l’allestimento di un video streaming live tra ballerini sul palco e ballerini palestinesi a Gaza nella performance Phoenix del 2018). Gli artisti che performano per SHONEN sono caratterizzati da una specificità e diversità di stili e tecniche, ma non mancano contaminazioni di corpi fuori standard, disabili, amatoriali, o non umani (spaziando dai droni a robot umanoidi).

L’opera

Il coreografo racconta in un’intervista per la rivista «Danser – Canal Historique»: “Ho creato L’Âge d’or nel giugno 2018 al Palais de Tokyo. È un dittico composto da un film e una performance, un incontro tra ballerini e bambini con disabilità dovute a disturbi motori. Tre anni fa, il Festival di Marsiglia mi ha offerto di condurre un workshop presso il centro Saint-Thys di Marsiglia. Non avevo mai lavorato sul tema della disabilità prima. Il primo giorno, il contatto con loro è stato difficile. Il secondo giorno, abbiamo iniziato i workshop con la contact dance, ed è stato fantastico. I bambini sorridevano al minimo tocco. Erano brillanti e i loro gesti disinibiti.”

Nato come un film ma diventata presto una performance, L’Age d’or è la perfetta sintesi della ricerca di SHONEN sulla relazione tra corpo e tecnologia. Partendo da un’interazione fatta di piccoli gesti, l’idea stessa di disabilità perde il suo significato. Il titolo fa riferimento alla mitologia classica, e l’auspicio è quello di tornare a vivere un’età dell’oro in cui le differenze siano la norma. L’Age d’or offre un’utopia: una danza comune che va oltre la condizione di disabilità. Colette Limouzm, direttrice del centro Saint- Thys, testimonia quale cambiamento abbiano percepito i terapeuti nei bambini, che mostravano più relax e controllo: “La maggior parte di loro soffre di distonia, movimenti involontari che sono difficili da gestire per i terapeuti. Sono diminuiti o sono scomparsi del tutto con la danza”. Utilizzando suggestioni sensoriali prese in prestito dal Butoh, Castaing chiede ai bambini confinati in sedia a rotelle di diventare vento o nuvole, mentre i danzatori guidano e estendono i loro movimenti involontari. La concentrazione, le risate, le urla di gioia sono state registrate durante i mesi di workshop e riportate nella performance. Il clima di comodità e familiarità è esteso anche al pubblico, che dopo lo spettacolo dal vivo diventa testimone del processo, catturato nel docu-film. 

La performance

L’esperienza inizia in una scena vuota e senza quinte, nessuna musica in sottofondo, solo la voce dei bambini in sedia a rotelle che aspettano ai margini dello spazio.  I danzatori vagano lentamente tra di loro, sussurrando nelle loro orecchie. La performance inizia discretamente: un ballerino porta un bambino al centro. Prolunga i suoi gesti, a volte li infastidisce, li manipola per farlo danzare. Presto tutti i bambini si uniranno alla scena, ognuno accompagnato da uno o più danzatori, montando un solo sviluppato appositamente per ognuno di loro in un esercizio di scoperta e riscoperta di gesti danzanti. Dalle parole del coreografo: “Al pubblico è trasmessa la dimensione della relazione sociale, la relazione con il tatto e il modo di guardare i corpi a lui sconosciuti. Ciò richiede la creazione di uno spazio di fiducia in cui lo spettatore possa rilassarsi. Quindi vi presentiamo l’Age d’or in uno spazio ordinato, con tappeti posati sul pavimento, che riuniscono il pubblico attorno agli artisti. Per ogni bambino creiamo danze sia specifiche che relazionali che lo stimolino. Ride e questo fa reagire gli altri bambini e i ballerini. Tutta la drammaturgia è scritta intorno a questi ritratti.” 

Il cortometraggio

La seconda parte è dedicata a un film documentario che mostra le diverse sessioni di prove che hanno portato alla performance, ripercorrendo i mesi di workshop. Il film si muove tra il genere del documentario e della fiction, cercando di esaltare l’estetica dei corpi in movimento e il loro “stato di grazia”.  Il fulcro del lavoro è sicuramente l’interazione tra danza, corpi non convenzionali e tecnologia. In particolare, L’Age d’or si serve della realtà virtuale e della motion capture per restituire in video una sensibilità e intimità che andrebbero altrimente perse.

La VR

Utilizzando dispositivi di realtà virtuale è stato possibile svincolarsi dalle problematiche legate a determinate specificità motorie dei giovani pazienti dell’Istituto Saint-Thys. A una ballerina è fissata una telecamera sulla fronte, tramite degli occhiali di supporto. I bambini vedono in tempo reale il suo punto di vista tramite i loro visori. Altri danzatori, nel frattempo, li muovono in base ai movimenti della danzatrice. Ad esempio, quando si mette la mano davanti al viso, il bambino vede l’immagine di quella mano. Allo stesso tempo, al braccio del bambino sarà fatto eseguire lo stesso movimento. Castaing mette in atto una stimolazione visiva e cognitiva che trasferisce i bambini in corpi mobili, danzanti. 

La Motion Capture

Una parte del corto è dedicata all’animazione 3D partendo dalla danza dei performer con i bambini. Tramite l’uso di un dispositivo Kinect 2 (device Microsoft in grado di raccogliere dati percependo i cambiamenti di posizione) collegato a una cinepresa, i movimenti coreografici, così come il colore degli indumenti e la profondità dello spazio, erano registrati e pronti a essere renderizzati: al filmato originale, ovvero, è applicato un livello di animazione 3D. Il risultato è stupefacente, riuscendo infatti a trasmette una sensibilità chiara e concreta tramite video, e restituendo l’essenza e le caratteristiche peculiari di tutti i componenti del gruppo danzante. Al tempo stesso, ciò che si percepisce è anche un unico respiro, una massa densa e coerente formata da tante unità in comunicazione tra loro. 

Making of del documentario
Trailer del documentario

Durata: spettacolo di danza (30 minuti) seguito da un film (22 minuti)
Performer: Eric Minh Cuong Castaing, Aloun Marchal, Silvia Costa, i bambini del centro Saint-Thys, i danzatori del National Ballet of Marseilles
Pubblico: attorno a tutta la scena
Spazio: scena vuota con tappeto danza
Suono: musiche originali di Alexandre Bouvier
Direzione fotografica: Marc Da Cunha Lopes