Il balletto romantico: l’Esmeralda di Jules Perrot e Domenico Ronzani

Il balletto romantico: l’Esmeralda di Jules Perrot e Domenico Ronzani

Fulcro di questo approfondimento storiografico è il confronto tra l’opera di due coreografi, Jules Perrot e Domenico Ronzani. L’analisi verte su un balletto che ha segnato l’esperienza professionale di entrambi, sia come ballerini sia come coreografi: Esmeralda, uno dei titoli più rinomati del balletto romantico. 

La classe de danse, Edgar Degas, 1873-75 (Nel dipinto è ritratto Jules Perrot)
La classe de danse, Edgar Degas, 1873-75 (Nel dipinto è ritratto Jules Perrot)

La ricerca storiografica, nell’ambito della danza, presenta ancora enormi zone d’ombra, essendo entrata nel campo d’indagine da pochi decenni. Nonostante alcuni studiosi abbiano svelato la vastità della produzione ballettistica, l’evoluzione della tecnica, la commistione artistica e l’influenza sulle altre arti, oltre che il riflesso che la danza porta con sé della società e della cultura in cui si origina, molti sono gli aspetti da analizzare e da scoprire per consentire l’avanzamento di questa disciplina.

Siamo agli sgoccioli della prima metà dell’Ottocento. Se si tiene conto del dato temporale, si dovrà considerare il fatto che le fonti visive a disposizione, per lo più bozzetti, litografie, disegni, dipinti, risultano di inestimabile valore quanto alla restituzione dell’atmosfera delle opere, ma allo stesso tempo sono insufficienti – rispetto al video, ad esempio – per analizzare in maniera dettagliata quanto avvenuto sulla scena. Ecco perché è necessario partire dal libretto di ballo, fonte capace di svelare le intenzioni dell’autore e rivelare la natura estetica dell’atto coreutico.

L’analisi condotta sui libretti di ballo dell’Esmeralda di Jules Perrot del 1844, andata in scena all’Her Majesty di Londra, e di quella di Domenico Ronzani, che ha allietato la platea del Teatro Argentina di Roma nell’autunno del 1845, rivela punti di contatto e numerose divergenze che, oltre a caratterizzarne la resa scenica, rendono conto del diverso contesto politico e culturale nel quale i balletti sono stati presentati.

Il secolo romantico

L’Ottocento fu inaugurato dal nuovo assetto politico europeo avviatosi con l’ascesa di Napoleone a seguito della Rivoluzione francese. La corrente romantica che si instaurò a inizio secolo si oppose all’illuminismo filosofico e al classicismo letterario, promuovendo la libertà dell’individuo, l’interpretazione eroica delle forze umane e il carattere fantastico e spontaneo della produzione artistica.

Di fatto, a partire dalla Restaurazione, i balletti francesi e italiani ricavarono i loro soggetti da nuovi temi, divenuti di tendenza in tutta Europa, di carattere medievale e rinascimentale. Accanto a questi due filoni, si diffusero i soggetti shakespeariani introdotti sulle scene parigine dall’Amleto di Louis Henry, insieme all’esotismo che, a poco a poco, iniziò ad affascinare le platee europee.

L’esotico

Affiancandosi alla produzione letteraria e musicale, il balletto romantico affrontò una grande varietà di temi come la valorizzazione dell’identità nazionale, e le disparità sociali. L’esotismo è un topos romantico che, coadiuvato dall’allargamento dei confini geografici, rifletteva l’attenzione per gli usi, i costumi e le identità nazionali di popoli altri, le cui danze colorate caratterizzarono la produzione ballettistica, offrendo allo spettatore mirabili evasioni dal quotidiano fino a raggiungere mondi sconosciuti.

Avvenne, dunque, un deciso potenziamento del “carattere” con un ventaglio di gesti più realistici e articolati. I balletti di questo genere furono solitamente di soggetto avventuroso e storico. Ne è un esempio il balletto Esmeralda tratto dal romanzo Notre-Dame de Paris di Victor Hugo del 1831. Ma se il Settecento fu il secolo dei grandi danzatori, nel XIX secolo furono le danzatrici a rubare la scena, innescando un fanatismo tale da diventare delle vere e proprie dive acclamate in tutta Europa.

«Perrot fu l’ultimo ballerino maschio a cui fu perdonato di danzare»

Maria Taglioni, Carlotta Grisi, Fanny Essler, Lucile Grahn, Fanny Cerrito, sono alcune delle star del balletto romantico che, nel XIX, relegarono il ballerino al ruolo di premier porteur. Da eroico cavaliere, il danzatore divenne l’osservatore inerme delle piroette virtuose delle grandi dive. Imprescindibile ma adombrato sostegno del grand jetè femminile, al ballerino era concesso un breve momento di attenzione quando, per riempire il vuoto della danzatrice assentatasi per riprendere fiato, poteva dare prova della sua bravura.

A spezzare questa catena di marginalità, intervenne un giovane danzatore che aveva debuttato nel 1803 all’Opéra di Parigi: Jules Perrot. Di lui, fu il recensore Théophile Gautier, particolarmente attratto dalla grazia e dalla bellezza femminile, a lasciarne traccia quando scrisse:

Per noi un ballerino è qualcosa di mostruoso e di indecente che non possiamo concepire…La forza è la sola grazia ammissibile dell’uomo […] Questa lode è tanto meno sospetta venendo da noi che non abbiamo mai curato minimamente la danza maschile. Perrot ci ha fatto dimenticare il nostro pregiudizio. […]  Fu l’ultimo ballerino maschio a cui fu perdonato di danzare.

Jean Jules Perrot
Jean Jules Perrot

Jules Joseph Perrot nacque a Lione il 18 agosto 1810. A soli nove anni entrò a far parte della classe degli allievi per la danza, distinguendosi fin da subito per le sue doti innate. Anche l’Acadèmie Royale comprese il talento di Perrot, ospitandolo per la prima volta nel maggio 1830 in un nuovo passo aggiunto al Rossignol e in un intermezzo de La Muette de Portici.

Il suo fu un successo senza pari. Da quel momento fece coppia fissa con la ballerina Maria Taglioni. Dopo qualche tempo, temendo di vedere offuscata la sua fama, la Taglioni decise di non averlo più come partner.L’ostracismo cui fu sottoposto, insieme con il mancato pagamento di un compenso adeguato, lo indusse ad abbandonare l’Opera nel 1835.

Domenico Ronzani

Domenico Ronzani fu un ballerino, coreografo e impresario. Nato a Trieste il 19 maggio 1803, frequentò la scuola di Trieste prendendo lezioni di danza e pantomima. Iniziò la sua carriera teatrale nel 1820, esibendosi su numerosi palcoscenici italiani, passando da figurante a primo ballerino. Nel 1829 Ronzani fu impegnato come primo mimo alla Scala di Milano, dove figurò ne La Vestale di Salvatore Viganò e come partner di Fanny Elssler in Esmeralda di Jules Perrot. Fu attivo come primo ballerino al Teatro Regio di Torino nelle stagioni 1832-1833, 1836-1837.

Analisi dei libretti di ballo dell’Esmeralda: Perrot vs Ronzani

L’analisi condotta sui libretti di ballo dell’Esmeralda di Jules Perrot e di quella di Domenico Ronzani prende avvio dalle modalità di adattamento del romanzo di Victor Hugo. A tal proposito è necessaria una precisazione: in Italia, il primo a proporre un balletto ispirato al personaggio della Zingara fu Antonio Monticini che, l’1 Aprile del 1839, portò in scena alla Scala di Milano Esmeralda con Fanny Cerrito come protagonista e Domenico Ronzani nel ruolo di Claude Frollo – personaggio che interpreterà anche nella sua Esmeralda. Il balletto, che ebbe enorme successo, differisce molto dal soggetto di Perrot e da quello di Ronzani.

Questo perché Monticini non si ispirò direttamente al Notre-Dame de Paris – la cui traduzione iniziò a circolare in Italia solo a partire dal 1860 – bensì all’opera in musica di Alberto Mazzucato che debuttò il 10 marzo 1838 al Teatro Sociale di Mantova, su libretto di Filippo de Boni. Le discrepanze proseguono nel finale, con il lieto fine che evita l’ingiusta esecuzione di Esmeralda: Phoebus non è stato ferito a morte da Frollo e giunge in tempo per scagionare l’amata. I momenti in cui Perrot si allontana dal romanzo originale hanno però un precedente, ritrovandosi in una riduzione del romanzo a libretto d’opera per Louise Bertin, firmata dallo stesso Hugo, poi usata anche da Monticini per la sua “azione mimica”.

Ad ogni modo, lEsmeralda di Domenico Ronzani non si rifà al precedente italiano ma al libretto scritto dallo stesso Perrot che prende le mosse dal capolavoro di Victor Hugo. Ronzani mantiene la struttura, la trama, la suddivisione in atti, le ambientazioni, riadattate da Perrot, intervenendo per lo più sul finale e sui nomi dei personaggi. Tale modifica deriva dalla necessità di sottostare alle imposizioni censorie vigenti nella città pontificia in cui il balletto di Ronzani debuttò nel 1845.

Oltre al già ricordato finale tragico che Perrot e Ronzani trasformano in un lieto fine, un cambiamento evidente rispetto al testo letterario riguarda il protagonismo della bella Zingara Esmeralda, predominante in entrambe le opere coreografiche. Se infatti nel Notre-Dame de Paris è Quasimodo il personaggio principale, nella creazione dei Nostri è Esmeralda a rubare la scena, al punto da prestare il proprio nome al titolo delle stesse opere.

Esmeralda, che, per la sua bellezza, finisce per diventare vittima del desiderio maschile, incarna perfettamente quel leitmotiv del romanzo gotico che rende le protagoniste femminili prede del potere ecclesiastico. Nel romanzo, così come nei due balletti, la Zingara è oggetto del desiderio di Claude Frollo, arcidiacono della Cattedrale di Notre-Dame che, non essendo ricambiato, ne ordina il rapimento

Esmeralda
Ritratto di Domenico Ronzani ed Ester Ravina nelle parti di Otello e Desdemona, 1843

Come spesso accadeva, si è detto, per motivi che vanno dalla censura alla volontà di dare un colore locale all’opera che veniva riadattata, molti sono i nomi e le caratteristiche dei personaggi che nell’Esmeralda vengono modificati. Frollo, che in Ronzani diventa l’alchimista Fazio, è per Hugo un arcidiacono avvezzo allo studio della magia. Il Phoebus di Hugo – da Ronzani italianizzato in Febo –, invece, subisce un’importante trasformazione: nel Notre-Dame de Paris Phoebus è un perfido dongiovanni che illude Esmeralda e che, mostrandosi insensibile al dolore altrui, non interviene in difesa della ragazza nemmeno nel momento della sua condanna.

Perrot addolcisce il personaggio di Phoebus e, tratteggiandone l’amore ricambiato per Esmeralda, lo rende rivelatore dell’inganno di Frollo. In questo modo, Phoebus diventa il perno drammaturgico su cui ruota la possibilità di risolvere il balletto con un lieto fine.  Nell’Esmeralda di Ronzani, oltre a Febo, altri personaggi subiscono un’italianizzazione del nome come la fidanzata di Febo, Fiordaliso, sua madre Aloisa, e Fazio.

Il caso del poeta Gringoire, che nella versione italiana del Ronzani diventa Pietro, o quello di Quasimodo, rinominato Tersite, sono esplicativi dei veti imposti a Roma dalla censura. Come spiega la studiosa Ornella di Tondo, nel libro La censura sui balli teatrali nella Roma dell’Ottocento, per evitare un rimando al nome di Papa Gregorio XVI, regnante all’epoca, il personaggio di Gringoire venne rinominato Pietro.

Particolare rilievo viene dato all’uso di alcuni oggetti che sembrano avere una vera e propria funzione drammaturgica. Si pensi alla sciarpa che Febo regala a Esmeralda e che per tutto il racconto ritorna, ora a segnalare l’innamoramento della Zingara: «Rimasta sola volge una preghiera al cielo: invia un bacio al nome di Febo da lei inciso sul muro, e va a sedersi nuovamente presso il tavolino ponendosi la sciarpa sul cuore»; ora a rompere il legame amoroso di Febo con Fiordalisa, quando durante la cerimonia di fidanzamento la giovane si accorge che il suo amato non porta con sé la sciarpa che gli aveva donato.

Esmeralda
Fanny Cerrito in La Esmeralda, Londra, 1844

Il finale è particolarmente interessante se si nota come il romanzo di Hugo, il balletto di Ronzani e quello di Perrot, abbiano tutti un epilogo completamente differente. Nel caso dell’opera letteraria, il malvagio Frollo viene ucciso da Quasimodo che, non potendo sopportare la morte della sua amata causata dall’arcidiacono, lo getta giù dalla torre della cattedrale mentre sta assistendo all’esecuzione di Esmeralda. Anche nell’Esmeralda di Jules Perrot Frollo viene ucciso da Quasimodo, questa volta però venendo pugnalato mentre il gobbo è intento a difendere la sua amata e Phoebus. Domenico Ronzani, invece, propone un finale affatto cruento con Fazio che viene risparmiato e condotto in carcere.

Posto che il potere censorio della Chiesa fosse forte al punto da intervenire sulla produzione artistica, non è forse lecito supporre che l’inaspettato salvataggio di Fazio in Ronzani, sia dipeso dal timore di suscitare malcontento facendo morire in scena un arcidiacono, oltre che da una scelta spettacolare?