Beyond Borders: le web series interculturali di Instabili Vaganti

Beyond Borders: le web series interculturali di Instabili Vaganti

La Compagnia Instabili Vaganti inaugura il 2021 con i nuovi progetti di “Beyond Borders”, l’innovativo processo di creazione artistica su scala mondiale che unisce teatro, letteratura, danza, arti visive e digitali, in un dialogo interculturale a distanza tra Italia, Iran, Cina, Spagna e India.

Instabili Vaganti

Il duo artistico Instabili Vaganti è nato nel 2004 per volontà della regista, performer e artista visiva Anna Dora Dorno e del performer, drammaturgo e film maker Nicola Pianzola e si contraddistingue per la ricerca e l’innovazione nel teatro fisico, nelle arti visive e performative contemporanee e per la sperimentazione video. 

Il 2021 rappresenta per la compagnia un anno di nuove sfide e progetti culturali internazionali di ampio respiro grazie al progetto multidisciplinare “Beyond Borders”, che prevede la collaborazione con artisti da ogni parte del mondo al fine di creare performance in video create appositamente per il web, fruibili sui canali social della Compagnia.

Sulla scia dell’ampio successo di pubblico ottenuto in Italia e in Iran con la prima web serie performativa che indaga gli effetti e i cambiamenti che la pandemia globale ha indotto nelle nostre esistenze, creata attraverso un complesso processo di creazione e collaborazione a distanza utilizzando le piattaforme digitali, dal titolo “8 e ½ Theatre Clips” e prodotta dall’Ambasciata d’Italia a Teheran, la Compagnia si prepara a realizzare tre nuove serie collaborando con artisti di differenti paesi – Cina, Spagna e India. 

La prima web serie è “SIE7E”, generata dall’incontro tra Instabili Vaganti e il collettivo spagnolo Cross Border in collaborazione con il Teatro de La Abadia e prodotta dall’Istituto di Cultura Italiana di Madrid, che esplorerà le sette arti in altrettanti episodi e coinvolgerà artisti di diverse discipline: musica, fotografia, arti visive. La serie vuole esaltare la costante ricerca di bellezza e la capacità di generare un universo poetico a partire dal teatro fisico, visivo, interculturale e basato su una drammaturgia originale, proprio della poetica della compagnia, capace di trascendere ogni tipo di confine tra le differenti discipline artistiche e di essere quindi espresso in modo originale attraverso una reinterpretazione in video. La serie esordirà sul web il 27 gennaio 2021 e proseguirà fino ad aprile. 

Il secondo progetto di Instabili Vaganti che “supera i confini” è Video Dante, una web serie performativa prodotta dall’Istituto Italiano di Cultura di New Delhi e realizzata attraverso la collaborazione a distanza con la danzatrice classica indiana Anuradha Venkataraman e in collaborazione con Culture Monks. Video Dante”, che sarà fruibile on line a partire dal 3 febbraio 2021, è un progetto in sette episodi che celebra il VII centenario della morte del sommo poeta e che trae ispirazione dalla Divina Commedia  e – in particolare – dalle influenze della filosofia e teologia orientale nell’opera dantesca.

Il 4 febbraio 2021, sarà on line il settimo e ultimo episodio della web serie 8 e ½ Theatre Clips, che affronterà il tema delicato dei vaccini ma anche, e soprattutto, dell’importanza dell’arte e della cultura in questo difficile momento storico.

“La Nuova Via della Seta” è invece il titolo della serie performativa in tre episodi, prodotta dall’Istituto Italiano di Cultura di Pechino, che prevede la collaborazione di tre giovani artiste cinesi (Jialan Cai, Yike, Yuwei Jiang) per raccontare attraverso suggestive immagini in spazi naturali e nelle megalopoli cinesi, un viaggio performativo tra danza, cinema e teatro lungo la nuova via della seta, che tocca idealmente tre città cinesi Xi’an, Wuhan e Pechino. La serie verrà programmata sulle piattaforme cinesi e poi rilanciata sui canali social della Compagnia nei primi tre mesi dell’anno.

LINK VIDEO alla web serie performativa 8 ½ Theatre Clips

Lockdown memory. La collaborazione artistica a distanza di Instabili Vaganti

Lockdown memory. La collaborazione artistica a distanza di Instabili Vaganti

Lockdown memory

Con il progetto Beyond Borders, la compagnia Instabili Vaganti, fondata da Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola, ha avviato un percorso di superamento dell’isolamento venutosi a creare con la diffusione della pandemia, attraverso una condivisione artistica su scala internazionale. Obiettivo del progetto, inoltre, è stato mostrare come, anche con pochi mezzi a disposizione, il teatro possa continuare a ripensare le modalità d’interazione, utilizzando strumenti inediti a supporto della creazione. 

Il risultato della collaborazione avviatasi con Beyond Borders, è la docu-performance Lockdown memory, una narrazione trasmediale che mette insieme appunti testuali, note visive, partiture fisiche e musicali, registrazioni delle conversazioni in zoom e scene di vita quotidiana degli artisti coinvolti nel progetto. L’accento è posto sul processo di lavoro, sul confronto interculturale, sul ripensamento della geografia mondiale. 

Presentato per la prima volta dal vivo all’Oratorio San Filippo Neri di Bologna, in occasione del Festival PerformAzioni 2020, Lockdown memory è uno spettacolo che attraverso il dialogo instaurato tra la scena e i linguaggi multimediali, dà vita a una narrazione artistica, politica e sociale tra teatro, video arte e film documentario.

In questa intervista Anna Dora Dorno approfondisce processo artistico, tematiche ed esiti spettacolari di Lockdown memory.

Lockdown memory è una docu-performance che raccoglie i risultati del processo di creazione artistica a distanza, portato avanti nell’ambito del progetto Beyond Borders. Come è stato attivato il processo artistico e quale vuole essere la funzione di Lockdown memory?

La creazione della performance nasce dall’esigenza di riportare in teatro tutto il materiale video creato all’interno del progetto Beyond Borders, durante il lockdown, e di proporlo in chiave performativa allo spettatore, per creare una relazione diretta con il pubblico, non più mediata dalla rete.

La funzione di questo spettacolo vuole proprio essere quella di portare in scena il processo di lavoro avviato in questo periodo per far conoscere al pubblico anche gli aspetti più intimi degli artisti, fuori dai riflettori, le loro paure, i dubbi, lo sconforto, ma anche la grande energia che li spinge a non arrendersi. Crediamo che lo spettacolo in questo senso sia uno specchio sia dei sentimenti e delle emozioni che ognuno di noi ha provato in questo lungo periodo di incertezze, sia delle situazioni socio-politiche che si sono create a livello locale e globale in ogni parte del mondo.

Lockdown memory è una narrazione transmediale, su scala internazionale, costruita grazie al contributo di artiste e artisti provenienti da ogni parte del mondo. Ogni contributo si incentra sulla situazione sociale delle nazioni d’origine o in cui vivono gli artisti coinvolti. In che modo questi messaggi hanno trovato riverbero sulla scena e qual è il fil rouge che ne collega la matrice politica?

Il fil rouge è dato dalla nostra biografia, lo spettacolo non è altro che il racconto del nostro progetto, della nostra metodologia di lavoro e della capacità che ormai abbiamo acquisito, dopo diversi anni di lavoro in numerosi contesti sociali e paesi, di entrare in contatto con le differenti culture che animano un territorio e nello stesso tempo di mantenere una visione globale, conferitaci dalla nostra posizione di osservatori e artisti.

Abbiamo costruito una drammaturgia originale composta da testi, materiale video e azioni performative partendo da noi stessi, da quello che avevamo vissuto durante il lockdown per incontrare pensieri, riflessioni, paure di chi come noi dall’altra parte del mondo era chiuso in casa. Paradossalmente quanto più ognuno di noi si sentiva isolato, tanto più la situazione politica e sociale che lo circondava diventava forte e caratterizzante. Abbiamo esaminato concetti e sensazioni come l’assenza, il silenzio, la mancanza, ragionando sul vuoto che si era creato dentro di noi.

Un vuoto in cui ogni piccola fiammella divampava senza incontrare ostacoli esplodendo all’esterno come stava accadendo con le rivolte sociali che in molti paesi erano già  in corso. La pandemia ci ha costretto a fermarci e a riflettere con maggior intensità su noi stessi e su quello che ci circonda ma soprattutto sulla posizione che come artisti vogliamo avere, sul ruolo che ci sentiamo di ricoprire. 

Jesus Quintero, regista colombiano che viene negli Stati Uniti e fa parte del progetto, in un video che proiettiamo nello spettacolo, ha espresso molto bene quello che ognuno di noi stava sentendo in quel momento: ”Come artisti dobbiamo fare qualcosa, altrimenti chi altri potrebbe farlo?”

Così abbiamo deciso che dovevamo continuare a fare il nostro lavoro e attraverso quello a dar voce alle differenti situazioni che si stavano creando a livello politico e sociale, in tutto il mondo, a non guardare solo l’aspetto di facciata, quello che ci veniva offerto dai mezzi di informazione ma di chiedere creare una comunità internazionale capace di riflettere sulla situazione globale e di creare una memoria storica condivisa di questa nuova era che stiamo attraversando.

Il passaggio dall’assenza alla presenza, a livello umano e artistico, ha condotto a una riformulazione del concetto di spazio. Che cos’è lo spazio oggi?

Le dimensioni di spazio e tempo oggi sono diventate molto variabili. A volte siamo costretti ad abitare uno spazio estremamente piccolo, come quello di una casa dalla quale non puoi uscire, e poi improvvisamente lo stesso spazio cambia dimensioni, aprendosi al mondo attraverso una finestra virtuale e permettendoci di connetterci con altrettanti spazi, lontanissimi eppur presenti, in un tempo estremamente mutevole. Altre volte invece lo stesso spazio ci sembra essere estremamente piccolo, indefinito, ma soprattutto irreale tanto da sentirci intrappolati in esso.

Mentre svolgevamo i nostri incontri del progetto, attraverso Zoom, diversi luoghi erano in connessione tra loro, lo spazio virtuale diventava globale, anche se lo spazio fisico di ognuno di noi era ristretto. Il tempo perdeva valore dato che gli strumenti per calcolarlo non avevano quasi più senso: mentre per noi erano le tre del pomeriggio, a New York ci si svegliava per fare colazione, e in Corea invece era quasi l’ora di andare a dormire.

Ognuno di noi aveva quindi una propria percezione del tempo, una visione soggettiva che diventava oggettiva solo nello spazio-tempo del collegamento, dell’essere tutti insieme, connessi, nello stesso istante.  Difficile definire quindi cos’è lo spazio oggi e soprattutto qual è lo spazio scenico, perché stiamo sicuramente oltrepassando i confini dello spazio fisico e cercando nuove forme di diffusione della nostra arte attraverso il web.

Nel periodo di chiusura degli spazi di spettacolo, che purtroppo in questo momento si sta ripetendo, ci siamo ritrovati nella condizione di dover utilizzare altri spazi e differenti mezzi per la creazione ma anche e soprattutto nuove metodologie di lavoro per continuare a collaborare con artisti di altri paesi, cercando di continuare a seguire la nostra vocazione primaria, quella di lavorare a livello internazionale e interculturale.

Vorremmo chiudere questa riflessione sullo spazio citando le parole di un passo del Paradiso perduto di J. Milton, che ci è più volte tornato in mente in questo periodo: “Che importa il luogo, tempi e luoghi mai potranno mutare la mia mente, la mente è il mio luogo è può in se fare dell’inferno un cielo e del cielo un inferno”. Come artisti abbiamo sicuramente la possibilità attraverso il pensiero e la nostra arte di trascendere qualsiasi luogo.

La trasposizione in forma di spettacolo della ricerca avviata in quarantena dà vita a una performance basata su diversi linguaggi, tra cui quelli multimediali. Come si intrecciano teatro, video arte e film documentario in Lockdown Memory?

Per noi il processo d’integrazione dei diversi media è stato estremamente naturale perché esprimeva ed esprime tuttora come ognuno di noi sta vivendo in questo particolare momento storico. Tutti noi siamo connessi con gli altri attraverso piattaforme on line, App, videochiamate. Siamo diventati fruitori attraverso il web di notizie, informazioni ma anche di spettacoli e questo aspetto non poteva quindi essere escluso dalla nostra narrazione.

Quando abbiamo deciso di usare il video come elemento essenziale di creazione, espressione e documentazione di questo progetto, lo abbiamo fatto indagandone le diverse possibilità. Per questo motivo la video arte e il cinema documentario sono diventate discipline con le quali ci siamo messi in dialogo. Per noi è molto importante adeguare il linguaggio che utilizziamo allo strumento di fruizione dell’opera che utilizziamo. Siamo convinti che ogni mezzo debba essere usato per le sue potenzialità e non solo come sostitutivo di qualcosa di cui siamo stati privati. In questo modo ogni nuovo mezzo diventa uno stimolo e uno strumento di arricchimento e ricerca da sperimentare.

Lockdown memory è stato presentato, per la prima volta dal vivo, all’Oratorio San Filippo Neri di Bologna in occasione del Festival PerformAzioni 2020. Qual è stata la risposta del pubblico e in che misura tale reazione ha guidato, o guiderà, l’evoluzione del progetto?

Siamo stati davvero contenti della reazione degli spettatori che hanno dimostrato un’estrema e sincera partecipazione al processo di lavoro dello spettacolo. Al termine della rappresentazione infatti c’è stato un incontro con il filosofo e ricercatore Enrico Piergiacomi, che ci ha accompagnati in tutto il progetto sia dal punto di vista metodologico sia di pensiero, per includere il pubblico nel processo di elaborazione teorico-metodologica che è parte fondante del nostro progetto. 

Abbiamo avuto la conferma che gli spettatori amano sentirsi parte non solo di un singolo evento, di uno spettacolo, ma anche e soprattutto dell’intero processo di lavoro e di riflessione che porta alla genesi di un’opera. Il pubblico è rimasto con noi per più di un’ora, dopo la rappresentazione, continuando a fare domande, commenti, ad arricchire con testimonianze personali l’esperienza che avevamo vissuto.

Quello che ci ha colpiti maggiormente è stato il fatto che molti spettatori si sono riconosciuti in quello che noi avevamo vissuto, le nostre e le loro storie erano tutte parte della stessa esperienza, per cui il nostro racconto è stato in qualche modo anche il loro. 

Festival PerformAzioni: Intervista ad Anna Dora Dorno

Festival PerformAzioni: Intervista ad Anna Dora Dorno

PerformAzioni
Instabili Vaganti

Anna Dora Dorno regista, performer e artista visiva e Nicola Pianzola, performer e drammaturgo sono il duo artistico che compone la compagnia Instabili Vaganti. Impegnati dal 2004 in progetti di caratura nazionale e internazionale, volti alla sperimentazione delle possibilità offerte dalle diverse discipline artistiche, Instabili Vaganti conduce una ricerca fluida che fa dell’incontro interculturale e della capacità di trattare temi di attualità attraverso il linguaggio performativo, il proprio fulcro.

Tale visione si ritrova nelle scelte operate dalla compagnia, alla guida della direzione artistica, per la realizzazione del Festival Internazionale sulle arti performative PerformAzioni, che si terrà a Bologna dal 3 all’11 settembre. Il tema di questa nona edizione, realizzata in collaborazione con Mismaonda – “Superare i confini” –, sarà declinato in una ricca proposta di spettacoli, incontri, workshop dal vivo, eventi e performance online. Come racconta Anna Dora Dorno in questa intervista, il contributo di artisti e artiste provenienti da varie nazioni del mondo, darà vita a un dibattito in cui individuare strategie e strumenti comuni per affrontare questo tempo di cambiamento.

Il vostro percorso artistico si fonda sulla contaminazione di stili e linguaggi e sull’attraversamento di luoghi, deputati e non, nei quali intervenite performativamente con finalità sociali. In che modo indagate le urgenze di questi contesti e come riuscite a integrarvi con il tessuto sociale nel quale operate?

In realtà il nostro teatro non nasce con una finalità dichiaratamente sociale. Crediamo fermamente nel fatto che il teatro tutto, se fatto con onestà, dedizione e qualità ha come conseguenza diretta quello di generare un impatto sociale. I nostri lavori si basano sulla contaminazione dei linguaggi: elementi che provengono dalle arti visive, ma anche dall’ambito musicale, multimediale, della danza che ci consentono di creare delle opere originali in grado di comunicare per livelli differenti di percezione.

Questa metodologia, combinata alla volontà e capacità di adattarci a situazioni sociali e culturali di vario tipo e soprattutto a location inconsuete o luoghi non deputati al teatro (luoghi in abbandono, grandi megalopoli, teatri tradizionali, spazi storico-architettonici) ci consente di ricontestualizzare, di volta in volta, i contenuti dei nostri lavori, determinandone un impatto diverso in base al contesto di riferimento. Nel tempo, abbiamo sempre più cercato non solo di rappresentare uno spettacolo, nei luoghi in cui siamo stati, ma di lavorarci per più giorni, di entrare in connessione con il tessuto sociale e la comunità culturale di riferimento, anche coinvolgendo direttamente artisti locali nelle nostre produzioni. Abbiamo affrontato temi come quello delle sparizioni forzate in Messico, per esempio, solo dopo aver lavorato in quel paese per diversi anni coinvolgendo nell’opera danzatori e attori di messicani, non solo nelle tappe all’estero ma anche in Italia.

Per la realizzazione dello spettacolo The Global City, che parla della nostra percezione globale del mondo, abbiamo raccolto molto materiali audiovisivi lavorando nelle più grandi megalopoli del pianeta, materiali che sono poi entrati a far parte dello spettacolo. L’esperienza di questa produzione, per esempio, è stata raccontata nel dettaglio dalla giornalista e critica teatrale Simona Frigerio che presenterà il libro The Global City, edito da Cue Press, il 3 settembre nel nostro Festival PerformAzioni.

Nel corso della vostra attività avete proposto progetti a livello nazionale e internazionale, riuscendo a coniugare l’arte performativa con l’efficacia sociale anche in paesi esteri. In cosa risiede l’universalità del vostro linguaggio?

Credo che l’universalità del nostro linguaggio risieda nella nostra visione globale del mondo e nella compresenza di differenti linguaggi performativi del nostro operare artistico. Abbiamo lavorato in molti paesi del mondo, entrando a far parte di differenti realtà culturali che ci hanno consentito di avere una visione molto ampia del “teatro”. In India, solo per fare un esempio, il teatro non è mai disgiunto dalla danza, non c’è quella separazione che ormai pervade il mondo occidentale, anche se si continua a parlare di multidisciplinareità, una parola che non amiamo particolarmente perché sottolinea una separazione tra le diverse discipline artistiche. Per noi il Teatro deve essere totale e comprendere diversi strumenti di espressione, anche le nuove tecnologie, quando possono arricchire o essere significanti per la narrazione.

Dal 2 settembre prenderà avvio la nuova edizione del Festival PerformAzioni. Il tema di questa edizione, “Superare i confini”, riflette il vostro progetto artistico. Quali sono i confini che ritenete necessario superare? L’arte in questo, che ruolo svolge?

Confini geografici, di stili, di pensiero, tra le arti. Crediamo che in questo momento sia quanto più necessario non sentirsi limitati da qualsiasi tipo di barriera, confine, divisione, che purtroppo la pandemia ha imposto o esasperato. Secondo noi bisogna cercare di accogliere le nuove sfide non avendo paura di sbagliare ma provando a rischiare, credendo nel cambiamento. Il Festival di quest’anno dà il titolo al nostro nuovo progetto, è servito da stimolo alla creazione dello stesso, spingendoci a collaborare a distanza con artisti da ogni parte del mondo: Iran, India, Corea del Sud, Cina, Messico, USA, Turchia.

Per la prima volta abbiamo adottato una nuova metodologia di lavoro confrontandoci attraverso le piattaforme online, dialogando in rete per interagire a distanza e creare contenuti artistici in video. Questo ci ha permesso di avere un’edizione del Festival diversa dalle altre, con opere sia dal vivo che in video, condivisibili attraverso i nostri social network, ma soprattutto di mantenere un approccio internazionale che è sempre stato tra le nostre caratteristiche principali.

Preservando l’internazionalità anche in un momento storico che frena l’incontro, PerformAzioni prevede, oltre a una fitta proposta di eventi dal vivo, alcuni momenti di confronto online con artisti, studiosi e operatori provenienti da diverse parti del mondo. Questa la finalità di Beyond Borders, progetto internazionale di condivisione artistica. Su cosa verterà questo confronto interculturale e qual è il suo fine?

Il fine di questo confronto è stato innanzitutto quello di superare l’isolamento in cui ognuno di noi si è ritrovato a causa delle norme imposte per arginare la pandemia, di continuare a condividere il nostro lavoro con gli artisti che negli anni ci hanno accompagnati nel nostro percorso. Attraverso i contenuti online vogliamo mostrare come anche con pochi mezzi a disposizione, il teatro può continuare a ripensare i propri mezzi d’interazione e utilizzare anche altri strumenti a supporto della creazione. Vogliamo porre l’accento sul processo di lavoro, la riflessione, il confronto interculturale, che non può essere limitato dalla mancanza di opportunità di scambio dal vivo.

Da ogni parte del mondo, noi e gli artisti internazionali che hanno aderito al progetto, abbiamo continuato a confrontarci su temi di attualità ma anche con tematiche più grandi, filosofiche a volte, sul senso del teatro e dell’arte ai giorni nostri e soprattutto abbiamo continuato a creare nuovi modelli di condivisione che possono servire anche da stimolo per chi in questo momento difficile non è riuscito a guardare oltre i confini. A tal proposito abbiamo deciso di mostrare le differenti collaborazioni video nate durante il periodo di lockdown, nell’ambito del nostro progetto Beyond Borders ma anche quelle del progetto Performativ Quarantine di Lalish Theaterlabor, ospiti del Festival, anche se solo virtualmente.

Abbiamo inoltre pensato di realizzare un incontro online in cui continuare a dibattere su questi temi, a livello internazionale, previsto per il 6 settembre alle ore 15:00, al quale sarà possibile partecipare direttamente scrivendoci alla mail promozione@instabilivaganti.com. Ci interessa molto poter condividere differenti modalità artistiche adottate per superare questi nuovi confini che si sono costruiti a causa della pandemia, nel nostro paese ma anche a livello internazionale. L’incontro potrà essere anche semplicemente seguito attraverso i nostri canali social. 

PerformAzioni. Festival Internazionale sulle arti performative

PerformAzioni. Festival Internazionale sulle arti performative

Al via la nuova edizione del Festival Internazionale sulle arti performative PerformAzioni, con la direzione artistica della compagnia Instabili Vaganti, realizzato in collaborazione con Mismaonda e con il sostegno di: Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna, Fondazione Del Monte di Bologna e Ravenna. 

Il titolo di questa nona edizione sarà “Superare i confini”: confini di genere, geografici, stilistici, culturali, con particolare attenzione al rapporto tra performance art e Performing Arts. Mai come quest’anno, il tema scelto riflette i difficili tempi in cui stiamo vivendo e la capacità degli artisti di trovare nuovi linguaggi, soluzioni, strategie per affrontare il cambiamento. Abbiamo deciso di trasformare la necessità in un’opportunità, dando vita ad un programma fluido, in cui i confini tra le arti si mescolano e soprattutto quelli geografici si dissolvono. Questa edizione del Festival combina quindi spettacoli, incontri e workshop dal vivo con eventi e performance online. La partecipazione a distanza di artisti da ogni parte del mondo ci ha permesso quindi di produrre e ospitare performance e contributi di pensiero originali, alcuni dei quali creati appositamente per il Festival. 

Si comincia il 2 settembre alle 19.00 con l’evento online di apertura Beyond the screen in cui verrà introdotta questa edizione del Festival e presentate una serie di performance in video, realizzate durante il periodo di quarantena, attraverso collaborazioni a distanza tra artisti di differenti paesi. Verranno mostrate le video performance realizzate nell’ambito dei Progetti “Beyond Borders” di Instabili Vaganti e “My Face is my memory” di Lalish Theaterlabor (Austria). L’evento sarà trasmesso in anteprima sui canali social della compagnia con un’introduzione a cura dei direttori artistici del Festival, Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola. Tra gli artisti e gli studiosi coinvolti in video vi saranno: Anna Dora Dorno, Nicola Pianzola, Maria Francesca Stancapiano, Riccardo Nanni, (Italia), Sun Young Park (Corea del sud), Cecilia Seaward (USA), Fatih Genckal (Turchia), Danial Kheirkhah e Ali Shams (Iran), Anuradha Venkataraman (India), Juliana Spinola (Brasile), Nigar Hasib e Shamal Amin ( Kurdistan/Austria).

Il 3 settembre alle 19.00, presso l’Oratorio san Filippo Neri, si terrà la presentazione dei libri The Global City – In viaggio nella città globale di Instabili Vaganti di Simona Maria Frigerio edito da Cue Press e Leggere uno spettacolo multimediale – La nuova scena tra video mapping, interaction design e Intelligenza Artificiale di Anna Maria Monteverdi edito da Dino Audino editore. Il libro The Global City, racconto il percorso compiuto da Instabili Vaganti nel progetto internazionale Megalopolis, dal 2012 ad oggi, per ricostruire un’avventura teatrale e di vita che ha portato la compagnia a lavorare nelle maggiori metropoli del pianeta e a relizzare infine l’omonimo spetttacolo. Il testo della Monteverdi, apre invece uno sguardo sul videoteatro degli anni Ottanta, il teatro digitale degli anni Novanta, il periodo che va dalle prime coreografie interattive con uso di motion capture per arrivare alle ultime sperimentazioni contemporanee con sistemi di Intelligenza Artificiale.

Il 4 settembre alle 20.30 Instabili Vaganti presenterà in anteprima, sempre nell’Oratorio san Filippo Neri, il nuovissimo progetto internazionale di condivisione artistica Beyond Borders, nato durante la fase di lockdown al fine di mantenere attivo il dialogo tra artisti di differenti paesi. Un forum di riflessione e confronto interculturale, un luogo virtuale capace di generare una “memoria globale condivisa” e soprattutto di fotografare il particolare periodo storico che stiamo attraversando. Anna Dora Dorno e Nicola Pianzola intrecciano in questa conferenza performativa le voci molteplici degli artisti che, attraverso confessioni, riflessioni, dubbi e visioni, esprimono diverse istanze socio-politiche provenienti da ogni angolo del mondo: dalle proteste negli Stati Uniti alla rivolta in Cile, dall’esodo di massa dalle megaolpoli indiane al ritorno alla normalità, dopo la tragedia, nella città di Wuhan. La regia è di Anna Dora Dorno, in scena con Nicola Pianzola. Le musiche originali sono di Riccardo Nanni, i contributi video sono curati da Instabili Vaganti con la partecipazione dei performers internazionali: Sun Young Park (Corea del sud), Cecilia Seaward (USA), Danial Kheirkhah (Iran), Anuradha Venkataraman (India), Jesus Quintero (USA) Jialan Cai (Cina).

Il 5 settembre alle 20.30, è la volta dell’artista visiva e performer Francesca Fini che presenta la performance Blind, in una versione pensata appositamente per i suggestivi spazi dell’Oratorio San Filippo Neri. Un lavoro che materializza il processo virtuale nel corpo dell’artista, che diventa mediatore di un’esperienza immersiva e sinestetica sul colore. In questa performance Francesca Fini utilizza la computer vision, attraverso una webcam collegata ad un patch di Isadora che l’artista ha programmato per riconoscere quattro diversi colori primari. L’informazione prodotta viene poi elaborata e inviata a un sintetizzatore digitale, che attiva in tempo reale una specifica combinazione di suoni e di elementi grafici per ogni colore individuato. Muovendosi davanti alla webcam, con il corpo che si ricopre di vernici colorate, in una danza non-danzante, Francesca si trasforma in uno strumento musicale e in un proiettore organico di immagini.

Il festival si chiude il 6 settembre alle 15.00 con il Forum internazionale on line  Beyond Borders, ideato da Instabili Vagantiin collaborazione con American Laboratory Theatre, un incontro internazionale per “Superare i confini” imposti dalla pandemia e continuare a confrontarsi con artisti, operatori, ricercatori e studiosi da ogni parte del mondo, attorno ai temi che hanno alimentato le discussioni internazionali sul teatro e l’arte in generale in questi ultimi mesi. Un confronto globale su strategie, progetti, nuovi linguaggi e formati per continuare a creare e collaborare a livello internazionale ai tempi del Covid-19. All’incontro moderato da Jesus Quintero, parteciperanno gli artisti del progetto Beyond Borders di Instabili Vaganti ed una serie di ospiti internazionali in collegamento da Cile, Malesia, India, USA, Colombia, Argentina, Messico, Cina, Corea del Sud, Pakistan, Bangladesh, Australia. L’evento, sarà trasmesso live sui canali social di Instabili Vaganti, sarà possibile partecipare alla conversazione, registrandosi via mail all’indirizzo promozione@instabilivaganti.com

Infine per continuare ad offrire percorsi di alta formazione nelle arti performative e continuare a condividere insegnamenti, tecniche, esperienze in un periodo di restrizioni imposte dalle misure per contrastare il Covid-19, il programma di quest’anno prevede due workshop: Azioni Visionarie Superari i Confini, che si svolgeranno dal 31 agosto all’11 settembre, diretti rispettivamente da Francesca Fini e Instabili Vaganti. Sarà possibile frequentare i workshop sia in presenza che in modalità on line. Grazie al contributo della fondazione del Monte di Bologna e Ravenna i giovani del territorio potranno inoltre accedere a borse di studio per la frequenza gratuita dei percorsi.

Per informazioni workshop@instabilivaganti.com

Tutti gli eventi del festival sono a ingresso gratuito, fino a esaurimento posti. È gradita la prenotazione a oratoriosanfilipponeri@mismaonda.eu