Le Guerre di Angela a IN Scena! New York Italian Theatre Festival 2018

Le Guerre di Angela a IN Scena! New York Italian Theatre Festival 2018

Giuseppina Facco ph. Marco Toschi

Giuseppina Facco ph. Marco Toschi

Le Guerre di Angela con Giuseppina Facco per la regia di Anna Paola Bardeloni ha già partecipato a festival di grande rilievo a livello nazionale: al Torino Fringe Festival nel 2016 e al Milanooff Fil Festival nel 2017. Grazie a questa ultima esperienza Le Guerre di Angela è stato notato e scelto tra le 5 proposte da presentare per la selezione del New York Italian Theatre Festival In Scena! 2018 ed ha vinto, entrando a far parte della programmazione del Festival che si svolgerà nel Maggio 2018 a New York. Il New York Italian Theatre Festival In Scena! 2018 è il primo festival di teatro in Italiano organizzato nei 5 distretti di New York da Kit Italia e Kairos.

Le Guerre di Angela: 1915. La guerra è da poco iniziata. Gli uomini tutti partiti. A casa sono rimaste le donne: mogli, madri, figlie. Il mondo cambia, in pochi mesi. La vita di tutte le donne italiane cambia. Le Guerre Di Angela ci porta lì, nella guerra, con loro e ci racconta della vita di quattro donne, una finestra sul loro mondo. Una maestra di Udine, una contadina delle campagne prossime ai territori del confine, una giovane prostituta e una donna appartenente alla borghesia, moglie di un ufficiale.  Ognuna porta con sé storie e fatti di persone realmente vissute, che sono giunti fino a noi attraverso diari e le lettere che i soldati scrivevano dal fronte. Quattro donne di nome Angela. Ognuna legata nella sua vita ad un uomo di nome Gino.

Questo “quartetto di voci” ci ricondurrà, attraverso le diverse esperienze e situazioni, nella guerra più atroce e subdola del XIX secolo. Quattro storie intrecciate, che riportano le testimonianze di una popolazione ignara persino del  perché si stesse andando a combattere. Gente che, ancora peggio, fu convinta da azioni propagandistiche che si sarebbe andati a combattere una guerra giusta, che si sarebbe conclusa con una semplice “scazzottata” e che avrebbe visto un’Italia vincitrice, insieme con le altre Potenze alleate. A chi si arruolava venivano promesse terre, denari, riconoscimenti e trionfi. Così, lasciando a casa famiglie, madri, mogli e figli, centinaia di migliaia di uomini partirono per non fare mai ritorno. Quello che ha colpito gli autori è stato soprattutto scoprire – attraverso le letture di documenti ritrovati – quanto in quel tempo fosse importante, per chi sapeva scrivere, lasciare testimonianza attraverso i propri diari: forse un modo per non sentirsi perduti, per non sentirsi soli.  Le guerre di Angela è un tentativo di rispondere a questo loro grido – giunto fino all’epoca contemporanea – e dare voce alla loro volontà di portare fino all’attualità le loro storie per non farsi dimenticare.

Al progetto di Giuseppina Facco ha collaborato lo storico e ricercatore fiorentino Andrea Bavecchi, che ha fornito importantissime documentazioni diaristiche e che, con la sua grande conoscenza storica del periodo, ha dato un prezioso contributo di idee e testimonianze. Ha inoltre fornito un importante supporto il dottor Franco Mazzetta, medico savonese che ha permesso di integrare nel testo le lettere che sua nonna riceveva dal marito, ufficiale al fronte. Ha reso così possibile dare vita al personaggio di una delle quattro Angela.

Giuseppina Facco ph. Marco Toschi

Giuseppina Facco ph. Marco Toschi

 

Ideazione dello spettacolo: genesi creativa e riferimenti scenici

Le Guerre Di Angela è nato in un periodo molto particolare. Era appena finito un lavoro al CTB di Brescia, lisistrata , colei che scioglie gli eserciti, di Andrea Battistini. Una singolare visione della Guerra vissuta dalle donne. In chiave ironica, divertente. Avevamo toccato argomenti terribili nei quali ci eravamo immersi trasformandoli in un dramma giocoso. Ho avuto una nonna che mi ha trasmesso tanti ricordi legati alla guerra, la Seconda. Sono cresciuta con quelle storie raccontate con quella magia e quell’ironia che solo lei sapeva usare. Storie di persone, valori, sentimenti, passioni, di vita quotidiana. Da qui è nata l’Idea di scrivere qualcosa sulla Guerra in chiave tutta mia. Ma fu dopo l’incontro con Andrea Bavecchi, storico fiorentino esperto in tecniche belle e grande conoscitore della Grande Guerra, che tutto prese forma.

Conobbi Andrea a Bologna e gli raccontai del mio progetto. Lui ne fu entusiasta e mi regalo il suo libro: ” Il dovere o la ragione, Diario di Un cecchino italiano a Sella Nevea”, uno dei diari di soldati che lui stesso aveva ritrascritto e tradotto in lingua italiana ( il manoscritto originale presentava forti inflessioni dialettali e la condizione in cui era stato ritrovato aveva lacune emancanze). Era un ragazzo che scriveva, un ragazzo giovane, sui vent’anni. Raccontava della sua esperienza in guerra e della prigionia. Quando mi accorsi che quello che stavo leggendo non era un semplice libro, ma un diario e che quelle parole erano state scritte da lui mentre realmente viveva quelle situazioni così difficili e tremende e che le sue parole erano un modo per restare vivo, sentivo che quegli scritti erano indirizzati proprio a me che 100 anni dopo li leggevo. Scoppiai in un pianto di commozione. ” dalla Patria non arriva niente di niente, ma è vero, come io credo, che siamo stati dimenticati al nostro destino e compito di sofferenti prigionieri.

Io, da parte mia, spendo le mie corone, che avevo nascosto al momento della cattura, per un calamaio, un pennino attaccato ad uno stecco di legno, un po’ di inchiostro e una matita che devo strusciare su una pietra appuntita, visto che non è permesso tenere coltelli o rasoi. La carta, altro patrimonio raro, la prendo qua e la’ a seconda di quello che trovo. Il responsabile austriaco della baracca, che fa anche da contrabbandiere, non credeva ai suoi occhi quando gli ho allungato 15 corone per un pacco di questa cancelleria, abituato com’è di ricevere denari in cambio di indumenti, cibo e medicine. Penso di non avere speso male i miei soldi perche voglio ordinare il mio diario giornaliero, che ho tenuto in questi 11 mesi di guerra trascorsi per lasciare qualcosa di mio, non solo a me stesso, ma ad altri, che possano imparare, capire e rivivere in una maniera comprensibile e leggibile, quello che ho vissuto da solo o con altri”. [Andrea Bavecchi, Davide Tonazzi (a cura di), Il dovere o la ragione, Alpi Giulie, Ottobre 1917 – Diario di un cecchino italiano a Sella Nevea]. E così ho deciso di prendere le testimonianze di tanti altri come lui e di raccontarle per non dimenticare le loro parole, i loro pensieri e le loro storie. Perchè anche noi possiamo imparare, capire e rivivere. Nacque così, con l’aiuto di Andrea e di Annapaola, Le Guerre Di Angela.

La storia di quattro donne: introduzione dell’opera drammaturgica e descrizione delle dramatis personae

Quattro donne di nome Angela. Ognuna legata nella sua vita ad un uomo di nome Gino. La prima che incontriamo è la maestra, che irrompe nella sala redarguendo brutalmente i suoi allievi, in lacrime per la partenza dei loro padri e li esorta a non piangere, a non “frignare” come donnicciuole, perchè piangere è azione vile. Dovrebbero essere invece fieri e felici per la fortuna che i loro padri hanno avuto, di poter partire e andare a combattere per la Patria, in nome di una guerra giusta, che porterà l’Italia alla Libertà. La figura della Maestra incarna l’Interventismo, quella “parte d’Italia favorevole” alla Guerra, che sosteneva che si sarebbe andati a combattere una guerra giusta, che si sarebbe conclusa con una semplice scazzottata. A chi si arruolava venivano promesse terre e trionfi e così, migliaia di uomini partirono per non fare mai ritorno ( da Angela Contadina: ” e noi dovevamo sposarci… beh lui voleva farlo subito prima di andarsene, ma gli hanno detto che la guerra durerà poco e che quando tornerà gli daranno tanti tanti soldi e così noi potremo sposarci subito senza chiedere niente a nessuno” .

Da Angela Maestra: ” ma ragazzi ma vi immaginate quando la Guerra sarà finita? Ve li immaginate tornare da eroi? Li accoglieremo in trionfo! I loro nomi saranno incisi nella storia dei Secoli, per sempre.[…] ma guarda che i nostri soldati sono dei privilegiati, io li leggo io bollettini. Al fronte si sta bene, si dorme in alloggi, c’è cibo in abbondanza, e il nemico fugge alla vista degli Italiani!”)

Per creare il personaggio della Maestra mi sono avvalsa della figura di Mussolini, che ai tempi era socialista interventista. Ho letto documentazioni inerenti ai suoi discorsi del periodo ed anche gli articoli che giornali del tempo, quali “il Corriere Della Sera”, pubblicarono nei giorni in cui l’Italia entrò in guerra. Arriva poi Angela Contadina, che troviamo nell’aia, intenta a sbucciare mele, che ci dà un quadro esaustivo di cio’ che era la realtà delle donne di quel tempo: il suo promesso sposo, Gino, è partito per il fronte, come tutti gli uomini della comunità. La vita è più dura, e fanno tutto le donne, anche i lavori degli uomini, ma SE SI VUOL CAMPARE, SI DEVE ANDARE AVANTI. Racconta della difficoltà nell’andare avanti ogni giorno senza notizie dal fronte ” Chissà Gino lassù come sta…”… e così decide di non aspettare più e di unirsi a quei gruppi di donne che durante la Guerra, nei territori della Carnia, salivano ogni notte su per le montagne per rifornire i soldati al fronte di cibo, vestiti, munizioni e armi, rischiando la vita ogni giorno. Mi sono dedicata ed ispirata alla figura di Maria Polzner Mentil, portatrice carnica diventata simbolo di questo movimento femminile, uccisa il 16 febbraio 1916 da un cecchino austriaco.

La terza Angela è la moglie dell’ufficiale, che ci fa scoprire un altro aspetto della vita delle donne del tempo: quelle del ceto della borghesia, che restavano a casa, impotenti, ad attendere i mariti al fronte. Una fitta corrispondenza di lettere unisce questa Angela a Gino, suo marito, ufficiale al fronte, ma la censura, impedisce loro di comunicare liberamente e requisisce numerosi scritti. “ma non capiscono quanto sia importante per noi? e non capiscono che quando una lettera non arriva la vita ci passa davanti… e anche la morte.”
E cosi, lei e il marito escogitano un sistema per controllare se le lettere spedite arrivano davvero, numerandole.
Angela moglie durante lo spettacolo legge alcune lettere che mi sono state regalate dal medico savonese Franco Mazzetta e che appartennero ai nonni.

L’ultima figura che incontriamo Angela prostituta, una giovanissima ragazza che, dopo avere perso padre e fratello, si vede costretta a vendersi per mantenere la madre, malata ed inferma. È così capiamo Che in questo tempo così difficile, la donna non è soltanto custode della Patria e della casa, ma anche oggetto di desiderio e figura di conforto, che accompagna il militare nella durissima realtà della Guerra. ” Sai…non tutti vogliono fare l’amore: alcuni di loro vogliono solo parlare…e mi raccontano…”

Fonti e documentazione storiche. Come si è strutturata la collaborazione con Andrea Bavecchi?

Andrea è uno storico fiorentino, esperto in tecniche belliche e grande conoscitore della storia della Prima Guerra Mondiale.
Si è interessato al mio progetto da subito e lo ha abbracciato con grande entusiasmo e generosità. Il suo contributo è stato preziosissimo. Lui mi ha fornito numerose testimonianze e mi ha aiutata nella stesura del testo. possiede 14000 Volumi riguardanti la Grande Guerra in tutte le lingue e circa 30.000 documenti tra lettere diari foto e quanto altro. Si è sempre occupato della diaristica durante la Prima guerra mondiale approfondendo la battaglia di Caporetto. La sua competenza è davvero indiscussa. La nostra collaborazione ha portato a buonissimi frutti in poco tempo, ci siamo sempre trovati d’accordo su che tipo di informazioni utilizzare e le nostre idee erano sempre congruenti. È stato davvero un bel lavorare, lo rifarei altre mille volte! Poter approfondire così tanto un argomento storico così vasto e delicato è stato per me un dono. Ho letto per circa un anno… Prima in modo confuso e sparso, ma poi mi sono dedicata alla lettura dei diari e delle lettere, approfondendo la vita dei soldati e concentrandomi su fatti di ordinaria quotidianità. È da qui sono nati i personaggi delle 4 Angele, nati dalle storie che ho incontrato leggendo i diari e le lettere che i soldati scrivevano dal fronte .

Che tipo di lavoro durante le prove hai svolto con la regista Anna Paola Bardeloni?

La regia de”Le Guerre di Angela” Non poteva che essere affidata ad Annapaola. Lei per me è un’artista incredibile, riesce a penetrare dentro l’anima quando lavora, sia quando dirige, che quando recita (Annapaola è anche una grandissima attrice).
Conosco Annapaola da molti anni, sono stata sua allieva e ho sempre seguito il suo lavoro.
Il suo linguaggio è sempre molto chiaro per me, e non sto parlando soltanto del rapporto “attrice-regista”, ma anche di quello “spettatrice-artista”. Ho imparato molto da lei.
È riuscita a rendere il mio testo ancora più umano, denso di sensi che io scrivendo non avevo colto. Io avevo scritto le quattro storie, le Angela è già esistevano e così le loro vite e le loro esperienze, ma Annapaola le ha arricchite e mi ha aiutato a capire i loro pensieri, a cogliere davvero i loro problemi e le loro necessità e mi ha aiutata a rendere i 4 personaggi a tutto tondo e creare quattro figure umane e reali.

Giuseppina Facco ph. Marco Toschi

Giuseppina Facco ph. Marco Toschi

Dal Torino Fringe Festival a New York passando per Milano. Quali sono i tuoi ricordi rispetto a queste esperienze, quali le reazioni del pubblico?

La storia di Angela è partita proprio dal Torino Fringe festival nel 2016. Le Guerre di Angela ha partecipato al suo primo festival nel 2016, al Torino Fringe Festival. Conoscevo il Fringe e sapevo fosse uno dei festival più sentiti a livello di partecipazione collettiva. Se Festival è condivisione e poter far conoscere il proprio lavoro a tanti, in un clima di festival e di celebrazione del teatro, posso dire a posteriori che il Torino Fringe festival ne assolve pienamente il compito.
Al fringe ho vissuto una esperienza unica, emozionante, ho conosciuto il lavoro di tanti e ho fatto conoscere il mio, e le guerre di Angela avuto una bellissima storia: i festival funzionano con il passa parola e il mio lavoro è entrato nel cuore di tante persone.

Ogni volta che terminava una replica, la cosa più bella era vedere le persone che mi aspettavano emozionate nella platea o fuori dal teatro per esprimermi il loro calore, per fare domande e per condividere a loro volta con me le storie dei loro nonni o bisnonni. Noto sempre un grande trasporto e un grande coinvolgimento e questa per me è la risposta più importante.
Grazie alla selezione al Milanooff Fil Festival 2017, presente a Milano nel giugno2017 con 50 spettacoli replicati per tutti i giorni per 8 giorni, le Guerre di Angela è stato scelto attraverso i commenti del pubblico e il giudizio di una commissione qualificata, tra i 5 spettacoli che In Scena! Avrebbe dovuto valutare per poi sceglierne uno da inserire nel cartellone ed ha vinto, entrando a far parte della programmazione del Festival che si svolgerà nel Maggio 2018 a New York.

Scena! Italian Theater Festival: impressioni del Festival e dell’Organizzazione 
Il festival è una grande occasione di scambio e ponte culturale tra l’Italia e l’America.
Sono curiosissima ed impaziente di arrivare al festival e poter vivere questa esperienza. Sono in contatto con le due organizzatrici, Laura Caparrotti e Donatella Codonesu da alcuni mesi ed è sorprendente quanto siano attive, disponibili e presenti. Il Team di In Scena si sta preoccupando di fornirci tutto ciò che ci permetterà di poter svolgere al meglio le nostre performance. L’organizzazione è ottima.
La mia impressione è che sarà un’esperienza davvero densa e piena di appuntamenti,  di possibilità di far conoscere il proprio lavoro e di condividerlo e soprattutto di conoscere nuove realtà. La comunità italiana è coinvolta attivamente e così i cinque distretti di New York in cui il festival sarà presente.
Oltre alle ragioni specifiche che portano alla scelta dei singoli spettacoli, In Scena! Vuole portare  a New York un’immagine il più possibile variegata del teatro italiano, che rispecchi la vivacità culturale e linguistica presenti nel nostro Paese. Questo credo sia un aspetto importante, e una grande iniziativa per poter creare un ponte culturale permanente tra l’Italia e l’America.

[embedyt] https://www.youtube.com/watch?v=px83Q-1iPyQ[/embedyt]

Le guerre di Angela

di e con Giuseppina Facco
In collaborazione con Andrea Bavecchi
regia Annapaola Bardeloni
Effetti sonori Stefan Gandolfo
età Tout public
durata 60 minuti

Roberto Latini e l’incanto di Fortebraccio Teatro

Roberto Latini e l’incanto di Fortebraccio Teatro

L’opera in fieri di Roberto Latini è la testimonianza pulsante di come la grandezza dell’attore non si risolva solo nella techne drammatica ma risieda piuttosto in quell’invisibile quanto vitale abilità di cospirare in simbiosi con la scena passata e con quella coeva. In questa dialettica incessante si pone il lavoro di ricerca a cavallo fra i secoli teatrali, una continua tensione artistica che rende Roberto Latini mezzo di trasmissione ed espressione stessa di una immaginazione poetica che si rigenera nel paradosso dell’eterno ritorno del classico. Nel foyer del Teatro Vascello in Roma l’abbiamo incontrato  per rivolgergli alcune domande intorno alla poetica artistica che da anni lo sospinge sui palcoscenici di tutta Italia insieme a Max Mugnai e Gianluca Misiti, componenti della compagnia Fortebraccio Teatro. Roberto Latini canticodeicantici Quali sono le condizioni e le suggestioni artistiche con cui concepisci il tuo lavoro di attore e di regista? Quali i sentimenti che ti spingono alla creazione teatrale ? La mia condizione di attore parte dalla mia condizione di spettatore. La mia disposizione è rispetto al fatto che il teatro ha una capacità unica per cui quando siamo in una platea di cento o mille persone, siamo noi a essere convocati, ammessi e reclamati. Io so da spettatore che il teatro mi dà l’occasione di essere a tu per tu e lo so anche da attore.    Si tratta di creare una relazione singola con ogni persona che arriva a quell’appuntamento che è lo spettacolo, noi compresi. Lo spettacolo è una proposta, non è la proposta della mia verità, non siamo spacciatori di teatro e non abbiamo l’acqua da dare agli assetati. Siamo piuttosto nella possibilità di avere a che fare con questa meraviglia che è il teatro, il quale non è effettivamente l’oggetto in questione, né tantomeno l’obiettivo. Rispetto alla creazione teatrale a me non sembra mai di cominciare, credo che siamo in un continuum e dico siamo perché il mio essere artistico non ha bisogno di chiudersi. Normalmente il regista non è in scena, vede il lavoro quando è in produzione. Io invece non lo vedo mai, lo sento da dentro controllando costantemente la temperatura dello spettacolo. La temperatura è un concetto importante. La temperatura dello stare insieme, quella del mio corpo durante lo spettacolo e quella dello spettatore perché tutto di me arriva fino alla platea.  In questo momento, dopo tanti anni di domande rispetto alla drammaturgia e a quale senso tra i vari sensi usare, credo che forse il più importante sia il sesto senso. Il Senso, cioè il capire cosa privilegiare. Ora siamo semplicemente nella conquista di un’aspirazione che è quella della bellezza, in un senso il più possibile esteso. Una cosa non deve essere bella, deve essere nell’aspirazione della bellezza, come la poesia, la poesia è il suo stesso tentativo.

foto di Simone Cecchetti

Nei tuoi spettacoli si avverte una voluta incompiutezza rispetto alla quale lo spettatore può intervenire nel montaggio dei segni. Quanta apertura e libertà, dalle prove fino alla scena, concedi a te e agli attori con cui lavori? Le persone con cui lavoro sono nella libertà del proprio sentire, sanno però che quello che stiamo facendo ha il limite di credibilità dettato dall’essere dentro un patto. Il teatro non è una convezione, è un patto appunto che stabiliamo noi e voi. Se io dico che sono il principe di Danimarca voi non potete dire di no. Non è convenzione il patto, ha a che fare col gioco, quello serio. Tanta gente non va a teatro perché non ha voglia di giocare, tanti non sono capaci perché hanno smesso di giocare e non se lo concedono più. Anche tante delle persone che fanno teatro non se lo permettono, invece con le persone che scelgo e che, a loro volta, scelgono me siamo come bambini nel cortile ci scegliamo e giochiamo seriamente a metamorfizzarci. Per un po’ mi sono chiesto se gli attori vanno in scena o se essi stessi ci si mandano: sono io che mi metto in scena e sono io che vado a cercare me stesso in scena?  La questione invece è più piccola e forse per questo è più bella. Per me non c’è nessuna verità: nessuno ha la definizione del teatro vera e unica, teatro vuol dire una cosa diversa per ognuno di noi, questo è l’evviva che ci porta a essere insieme. Cosa resta dello spettacolo se non ciò che ognuno di noi si porta via? Ogni spettacolo che succede ogni sera non c’è più se non presso chi ne ha preso parte. Ne I Giganti della montagna quali sono state le motivazioni che ti hanno indotto a immaginarti solo in scena? Forse è possibile interpretare quella solitudine scenica come il riverbero opaco di una intima condizione esistenziale? Quando sono in scena in realtà non sono mai solo, c’è sempre qualcuno che fa lo spettacolo con me, anche fisicamente. Accende le luci, mette le musiche, mi parla fino a un momento prima dello spettacolo.  Mi riferisco a Gianluca Misiti che non è solo l’autore delle musiche ma è molto di più: è lo sguardo da fuori. Quando sono in prova mi rivolgo costantemente a lui e questo dialogo apre un doppio piano, quello del vedere e del sentire. Ho costantemente bisogno di condividere e in questo Gianluca è il mio primo complice. È prezioso che Gianluca e Max Mugnai non siano attori. Max particolarmente è un tecnico puro e se potesse non metterebbe neppure piede sul palco eppure ha visto così tanto teatro da capire se una cosa ha le capacità o meno. Accade spesso che sono da solo ma accade per una condizione produttiva. Nel caso de I Giganti della montagna il motivo per cui sono solo in scena non è perché ho pensato di fare io tutti i personaggi, ma perché ho pensato di non farne alcuno e l’unico personaggio che ho immaginato effettivamente di essere sono solo le parole di Pirandello. Aggiungere in precedenza Federica Fracassi è stato un tentativo di mettere in scena questo lavoro, ma lei è talmente perfetta nel fare Ilse che mi ha costretto ad essere ogni volta un personaggio diverso per permettermi di avere una relazione con la sua Ilse, non era quello che cercavo. Cercavo di non avere nessun personaggio. Ora che lo spettacolo è conclamato nella solitudine di questo unico, di questo nessuno in realtà, credo che fosse giusto così. Nel 2015 hai ricevuto il premio dell’Associazione Nazionale dei Critici di Teatro, come vivi il rapporto con la critica? Ci sono spettatori professionisti che talvolta perdono la capacità di avere a che fare col teatro. Ho il massimo rispetto per ogni persona che fa il proprio lavoro e alcuni critici lo fanno egregiamente; ciò non toglie che la mia personale opinione è che non ci siano destinazioni e che, spesso, le recensioni vengano lette solo dalle persone di teatro e non hanno più valore di ciò che ha visto una signora andata a teatro quella sola sera. I premi fanno piacere, certo, restituiscono qualcosa però non rappresentano la questione nevralgica. La questione è se c’è un’aderenza al proprio sé. Riuscire a mettere in comunicazione questo sé con tanti altri forse è bello o forse no, non lo so e se lo sapessi forse avrei già smesso. Aldilà delle belle critiche e dei bei premi, l’essenziale è mantenersi nell’incanto del teatro. L’obiettivo è produrre un’occasione teatrale. Il teatro accade e non accade solo per merito di chi sta sul palco, avviene attraverso la partecipazione e la capacità degli spettatori rispetto allo spettacolo che viene proposto. In merito a questo, ci sono molti spettacoli che menzionerei nel curriculum talmente sono stato partecipe, mi sento di averli davvero fatti, dove fare è nell’accezione completamente esplosa dove c’è il dire, il sentire e c’è l’esserci. Quali sono i consigli che daresti a dei giovani teatranti rispetto alle diverse opportunità formative da poter intraprendere? La cosa difficile per i giovani è fidarsi di sé stessi: questa è l’unica cosa che ha davvero valore. Se si frequenta la stessa scuola, nello stesso triennio, ognuno esce in modo diverso da quello stesso percorso. Ognuno ha la propria strada. Le scuole servono ad attivare delle questioni e a insegnare, ovviamente – mi riferisco a qualcosa più in là della dizione, respirazione, etc. Questi sono tutti strumenti che un attore dovrebbe saper gestire. Tutto passa attraverso la singola capacità di ciascuno di noi, non c’è regola, o forse ce n’è una per ogni attore. Ai giovani attori direi di fidarsi di sé stessi e di non credere agli spacciatori di teatro.
#Incontri: Flaminio Boni, riflessioni sulla critica teatrale

#Incontri: Flaminio Boni, riflessioni sulla critica teatrale

Abbiamo intervistato il critico teatrale Flaminio Boni per riflettere sulla funzione del racconto critico partendo dalla sua ultima pubblicazione Recensioni Teatrali – Volume I :

•  Ciao Flaminio, partendo da qualche nota biografica, ci racconti come nasce il tuo interesse per il teatro e come questo si è tradotto in una professione?

Ho sempre amato il Teatro. Da adolescente, ai tempi del liceo, andavo con alcuni miei amici quasi tutti i sabati pomeriggio a Teatro. Ricordo che andavamo spessissimo al Teatro Valle, uno dei teatri storici di Roma: era bellissimo, così ricco di fascino, atmosfera e fervore.
Ho conosciuto così le opere di alcuni dei più grandi autori italiani e stranieri che accompagnavo sempre alle letture dei relativi testi: Goldoni, Moliere,  Shakespeare, Pirandello, Cechov e tanti, tanti altri. Ho visto in scena attori e attrici di grandissimo livello.
Con mia madre, poi, vedevo spesso in televisione vecchi film in bianco e nero e le commedie musicali di allora e degli anni precedenti. Ricordo i musicarelli con i più grandi cantanti degli anni ’50 e ’60.
Grazie a lei ho conosciuto le origini della Commedia Musicale italiana, con il teatro di rivista, il varietà e attraverso le opere dei più grandi, Garinei e Giovannini, con le interpretazioni di grandissimi protagonisti: Marisa Merlini, Delia Scala, Sandra Mondaini, Lauretta Masiero, Renato Rascel, Giovanna Ralli, Paola Borboni, Alberto Lionello, Paolo Panelli, Bice Valori, ecc. ecc. Sono tantissimi gli attori, i cantanti, i musicisti e le vedette che contribuirono a rendere grandi i loro spettacoli.
Penso che la mia passione per il Musical sia nata proprio da qui. Ero appassionato di Aggiungi un posto a tavola e Rugantino e da lì continuai, quando e come possible, a coltivare quella passione.
Un amore, quello per il Teatro e per il Musical, che ho deciso poi di approfondire. Ho ricominciato ad andare a teatro con maggiore frequenza e scrivevo spesso delle brevi recensioni su Facebook. Ho visto che venivano apprezzate e commentate, così ho deciso di aprire un blog (www.flaminioboni.it) in cui raccoglierle. Nato in sordina, ha avuto una diffusione rapida, grazie anche all’immediatezza dei social.
Ho cominciato a creare prima una serie di contatti con uffici stampa di teatri e di compagnie, da cui ho ricevuto immediato riscontro,  poi con attori, attrici, autori e registi. Piano piano, sempre con educazione e discrezione, ho fatto sempre un passo avanti verso la conoscenza di questo meraviglioso mondo e i suoi protagonisti.
Ad oggi il mio sito conta circa quattrocento articoli in quattro anni di attività: la maggior parte sono recensioni, ma ci sono anche molte interviste a personaggi di primo piano.

•  A gennaio 2017 è stato pubblicato il libro Recensioni Teatrali – Volume I, una raccolta delle tue recensioni dal 2014 fino ad agosto 2016. Come hai concepito questo volume e a chi è destinata la lettura?

Questo libro nasce come un omaggio al Teatro; a chi il Teatro lo vive e lo fa vivere. Offre un’ampia panoramica degli spettacoli in scena a Roma, principalmente, ma anche in altre città, dando anche rilevanza e visibilità alle compagnie emergenti.
Esso rappresenta uno strumento per gli spettatori che vi possono trovare analisi dettagliate e interpretazioni interessanti e anche per autori, registi e attori che possono avere un riscontro immediato sul lavoro per il quale mettono in gioco la propria anima. Si spazia, perciò, dalla piccola compagnia di periferia al grande nome delle scene teatrali, ma tutti trattati con occhio obiettivo, puro, quasi nudo che arriva a toccare le corde profonde della sensibilità di chi legge. E questo è ciò che più conta.
Ho scelto quel periodo temporale per allinearmi all’inizio della stagione 2016/2017 per cui è previsto un secondo volume che è già in avanzata fase di realizzazione.

•  Come intendi la critica teatrale e qual è lo spirito che deve orientare questa funzione oggi?

L’attività del critico è complessa e articolata: non è sufficiente dire ciò che piace e ciò che non piace. Bisogna saper ascoltare e saper vedere. Credo che un critico debba prima di tutto approfondire la materia soggetta a critica e, in secondo luogo, argomentare il proprio punto di vista accompagnando chi lo legge in un’analisi dello spettacolo attenta e globale.
Ogni volta il mio scopo è raccontare perché vale la pena andare a vedere uno spettacolo mettendo in risalto gli aspetti più piacevoli, ma anche i punti deboli, riconoscendo sempre i meriti degli artisti, con grande rispetto per il lavoro che fanno.
E’ per questo che credo fermamente in un principio: in Teatro si può giocare, ma non ci si può prendere gioco del teatro. E nemmeno del pubblico.

• In calce al tuo libro c’è una sezione di Contributi. Di cosa si tratta?

Frequentando il teatro sono entrato in contatto con tantissimi artisti (attori, registi, autori, compositori).
Per me il dialogo è fondamentale: con molti di loro ho avuto la possibilità di parlare spesso e di approfondire molti argomenti, scoprendo e imparando tante cose.
Ad alcuni di loro ho chiesto di scrivere un pensiero sul Teatro e sull’attività del critico ed essi si sono prestati con grande entusiasmo. Approfitto dell’occasione per ringraziarli ancora. Sono: Marco Simeoli, Stefania Fratepietro,  Graziano Piazza, Brunella Platania, Dino Scuderi, Fabrizio Angelini, Gianfranco Vergoni, Daniele Derogatis, Pietro De Silva, Andrea Palotto, Piero Di Blasio, Alessandro Salvatori.

•  Quali sono i tuoi progetti in cantiere?

Innanzitutto, come già detto, sto preparando il secondo volume del libro che raccoglierà una selezione delle recensioni della stagione 2016/2017.
Il primo volume è stato completamente autoprodotto e non esiste un canale di distribuzione. E’ nato, come si usa dire, ad uso interno, anche se ho ricevuto moltissime richieste per l’acquisto e la cosa mi ha piacevolmente sorpreso.
Per il secondo volume sto cercando un editore. So che sarà molto difficile: il Teatro in Italia è considerato come un’attività di secondo piano, quindi  un libro che parla di teatro ha un mercato ristretto. Figuriamoci una raccolta di recensioni! E’ anche vero, però, che non esiste una pubblicazione simile per argomento e credo che possa rappresentare un bel riconoscimento per tutti coloro che dedicano la loro vita al teatro.
Continuerò ad occuparmi e a scrivere di Teatro: ho in mente alcuni cambiamenti da mettere in pratica per la prossima stagione.
Intanto quest’anno sono stato Responsabile della Comunicazione e Social per un nuovo Teatro a Roma, il Teatro Sala Vignoli, al Pigneto. La nuova stagione mi vedrà gestire questa nuova realtà in maniera più globale, dedicandomi sempre alla comunicazione, allargandomi all’ufficio stampa e promuovendo una serie di iniziative culturali.
Per il resto non ho fatto progetti: mi sono affacciato a questo mondo con umiltà e rispetto e continuo a viverlo in questo modo. Mi piace il confronto con le persone e cerco sempre di imparare qualcosa da tutti. Sicuramente, mi piacerebbe lavorare sempre di più nella comunicazione.

FLAMINIO BONI:

Laureato in Lettere e Filosofia, corso di laurea in Filosofia con all’attivo la pubblicazione di un saggio, articoli e recensioni su varie riviste specializzate. Titolare del blog Flaminio Boni – Un Posto In Prima Fila A Teatro nel quale dal 2013 pubblico recensioni, interviste e comunicati stampa (http://www.flaminioboni.it/ ).
A gennaio 2017 ho pubblicato il libro Recensioni Teatrali – Volume I, una raccolta delle mie recensioni dal 2014 fino ad agosto 2016. Da settembre 2016 Responsabile Comunicazione e Social Network e addetto stampa per il Teatro Sala Vignoli a Roma. Ho creato la sezione Teatro che ho curato personalmente per due anni per il sito Roma Suona Bene. Dal 2015 Responsabile Social Network per Stefania Fratepietro, attrice, cantante, ballerina e performer teatrale. Dal 2015 Responsabile Social Network per l’attrice Giulia Maulucci. Dal 2013 Corresponsabile Social Network per Marco Chiodo, ballerino e coregorafo. Nel 2013 ho contribuito a creare e continuo a gestire la pagina Facebook Ragazzi che alle grida oppongono sospiri, dedicata al cast di Romeo e Giulietta Ama e Cambia il mondo. Per due anni Corresponsabile Social Network per Gianluca Merolli, cantante, attore e regista. Per due anni Corresponsabile Social Network per Martina Grilli, ballerina, coreografa e attrice.