Considerazioni e progetti futuri di Mario Scandale. Regista, testimone e interprete di questi tempi

Considerazioni e progetti futuri di Mario Scandale. Regista, testimone e interprete di questi tempi

“L’amore è più simile a un anno. E non dico un anno al mare. Un anno in Scozia, ecco”.

Questa citazione è il frutto del lucido pensiero di David Greig, drammaturgo scozzese, i cui testi sono stati prodotti in tutto il mondo e portati in scena nei principali teatri britannici. È anche un regista teatrale, proprio come Mario Scandale che ha curato e messo in scena, pochi mesi fa, nel contesto della rassegna Trend, Yellow Moon. Mise en espace dell’opera di Greig, tradotta in italiano da Jacopo Gasmann. Definirlo “giovane regista” può essere un po’ riduttivo poiché negli occhi e nella voce di Scandale c’è tanto amore per il teatro, ed altrettanto si riversa sugli spettatori, come in uno scambio reciproco, tra tante persone, personaggi, autori e addetti ai lavori.

Tanto basta per armonizzare le differenze in una sorta di linguaggio comune, quello del sogno, della passione, dell’immaginazione creativa. Seguirlo nei suoi molteplici impegni lavorativi richiede un adeguato training, ma, una volta programmato l’appuntamento, l’intervista diventa un’esperienza in cui convergono il percorso formativo alla Scuola di Teatro Galante Garrone di Bologna e all’Accademia Silvio d’Amico di Roma, le esperienze lavorative, i progetti futuri. Un racconto in cui abbiamo messo insieme i vari pezzi. Noi come cronisti e Mario Scandale come uomo, regista, osservatore e protagonista di questi nostri tempi

NOTTURNO DI DONNA CON OSPITI di Annibale Ruccello. Regia di Mario Scandale

NOTTURNO DI DONNA CON OSPITI di Annibale Ruccello. Regia di Mario Scandale

Notturno di donna con ospiti sembra che abbia rappresentato un punto di arrivo nel tuo percorso formativo e professionale e in contemporanea anche un nuovo inizio, una evoluzione artistica: è così?

Non credo che si possa parlare di punto d’arrivo o di nuovo inizio. “Notturno di donna con ospiti” è stato il saggio con cui mi sono diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”: un’esperienza importante per me che mi ha profondamente cambiato, soprattutto grazie alla generosità di Arturo Cirillo, che ha preso parte al saggio nel ruolo di protagonista.nPiù che un nuovo inizio, quindi, è un inizio vero e proprio.

Dal 26 al 28 ottobre Notturno è andato in scena al Piccolo di Milano, successivamente c’è stata una collaborazione al Teatro Cometa Off di Roma, lo Studio Hedda Gabler, e la trilogia Americans, nuovamente a Milano, al Teatro Menotti. Che ricordi ha lasciato in te tutta questa intensa attività?

Sono tutti progetti diversi: in “Notturno di donna con ospiti” sono regista, essendo un mio progetto, mentre negli altri che hai nominato sono assistente alla regia. Come assistente seguo Arturo Cirillo, Jacopo Gassman e Veronica Cruciani. La trilogia Americans è un progetto di Cirillo. È composta da tre spettacoli: “Lo zoo di vetro”, “Chi ha paura di Virginia Woolf?” e “Lunga giornata verso la notte”.

In realtà ho lavorato poco alla trilogia nel suo complesso, seguendo prevalentemente l’ultimo dei tre progetti. Hedda Gabler, invece, è stato il saggio della scuola Padiglione Ludwig, curato da Veronica Cruciani. È stata una bella esperienza perché lavorando con ragazzi ancora in piena formazione, ho avuto con loro anche un ruolo come insegnate.

Quali sono state le più importanti caratteristiche e influenze con Arturo Cirillo, Veronica Cruciani e Jacopo Gassman?

Sono tre registi diversi e il mio compito è quello di aiutarli. Tre persone e tre artisti diversi con dei mondi teatrali differenti. Ognuno di loro mette le proprie regole. Cerco di supportarli in base a quello che loro richiedono. La cosa più interessante di queste collaborazioni è farmi contaminare da loro: in fondo sono lì anche per “rubare” un po’ del loro sapere.

Yellow Moon di David Greig. Mise en espace a cura di Mario Scandale

Yellow Moon di David Greig. Mise en espace a cura di Mario Scandale

In che modo è avvenuta la scoperta di Yellow Moon, l’incontro con il testo di Daniel Craig? Quali sono state le sensazioni, i pensieri, le emozioni che si sono manifestate?

Il testo me l’ha presentato Jacopo Gassmann, la traduzione è sua. Eravamo a Genova, stavamo lavorando ad un suo spettacolo, “Disgraced” e una sera abbiamo parlato di un tema che mi sta a cuore: il rapporto tra i padri e i figli. Non solo nel senso interpersonale della relazione, ma anche e soprattutto da un punto di vista generazionale.

L’assenza dei padri, la perdita delle radici e il vuoto educativo da parte della famiglia è un tema di cui è necessario parlare. La mia generazione, a questo riguardo, ha subito dei piccoli disastri che sono legati anche alla cultura politica del nostro paese. Parlavo appunto di questo con Jacopo e lui mi ha consigliato di leggere “Yellow Moon”.

Il testo è la storia di Lee e Leila, due teenager: lui è un ragazzo problematico, “un teppistello” di provincia, lei invece è considerata una brava ragazza. I due si incontrano per caso in un negozio e da lì parte la loro fuga dalla legge. Infatti, Lee quella sera ha pugnalato il compagno della madre. Decidono così di fuggire in montagna, seguendo le orme del padre scomparso di Lee. In questa fugai due ragazzi si confrontano con il loro destino e scoprono l’amore per la prima volta. Ciò che più mi ha colpito di questo testo è come la realtà degradata, fatta di famiglie inconsistenti e miti televisivi, in cui i due protagonisti di Yellow Moon crescono, così come migliaia di altri ragazzi in carne ed ossa, rende ancora più difficile la ricerca della propria identità.

Credo che David Greig sia uno dei drammaturghi intellettualmente più stimolanti in circolazione.

In questo momento in Italia oltre che da noi è rappresentato dal Teatro Elfo Puccini. Infatti è uno degli autori di “Afghanistan”, uno spettacolo che parla appunto della storia dell’Afghanistan e che fa parte di un’operazione più ampia “The Great Game: Afghanistan” commissionata e prodotta dal Tricycle Theatre di Londra nell’aprile del 2009.

Di recente “il seme è stato piantato”, avete costituito una compagnia il cui nome è Gingko Teatro. Cosa determina il vostro processo creativo?

La nostra compagnia si è formata “in due tempi”. Ho conosciuto Luisa Borini e Giulia Quadrelli alla Scuola di Teatro di Bologna Galante Garrone. Dopo questa esperienza come attore ho deciso di formarmi anche come regista alla Silvio d’Amico ed è li che ho conosciuto Luca Tanganelli, Marina Occhionero e Giulia Trippetta. Nel 2016 una parte della compagnia ha realizzato insieme il progetto “Ginkgo” ideato e scritto da Giulia Quadrelli e andato in scena alla Tenuta dello Scompiglio. Da questo spettacolo ha preso il nome la nostra compagnia, che si riconosce simbolicamente nella foglia di questo albero: siamo tante anime diverse, ognuna con la sua strada e il suo percorso, ma tenute insieme dalla voglia di collaborare e dare vita a linguaggi comuni.  In questi anni abbiamo spesso lavorato insieme, ma solo l’anno scorso abbiamo deciso di unirci ufficialmente. I progetti principali di quest’anno sono appunto “Yellow Moon” e “A.A.Agata cerca lavoro” che andrà in scena al Teatro Quarticciolo a fine Aprile.

La speranza. Le attese. Una tua personale riflessione finale.

In questo periodo non mi sembra che si possa parlare di speranza, non mi sembra che la società vada verso di essa. Credo che la parola chiave oggi sia rabbia. In Yellow Moon, Lee e Leila sono due ragazzi arrabbiati. Lui sfoga questa rabbia con un atteggiamento violento nei confronti di tutti, Leila invece sfoga questa rabbia con un atteggiamento autolesionista. Entrambi comunque sono confusi e arrabbiati. Questa rabbia credo derivi da una mancata formazione. Quando parlo di formazione intendo la formazione del sentimento di questi ragazzi. Non sono stati formati all’emotività non hanno chiaro qual è la risonanza emotiva dei propri gesti.

Anche nel prossimo spettacolo che andremo a mettere in scena con la compagnia parleremo di questa confusione. Agata è una ragazza che dopo essersi laureata cerca un lavoro, è confusa frustrata arrabbiata per l’appunto. È così confusa che decide di andare da chiunque possa aiutarla in questa ricerca, una ricerca che analizzando il testo, non sembra abbia a che fare solo con il lavoro ma che sia più il tentativo di trovare un posto all’interno della società in cui ci si sente di appartenere. Forse dovevo darti una risposta sulla compagnia?

La nostra speranza e il nostro obiettivo sono quelli di poterci permettere il lusso del tempo e dell’approfondimento di temi come questi e al contempo di far vivere un gruppo che sia un luogo dove poter far confluire le nostre singole strade, i nostri sogni e progetti futuri.