Bianca – Un omaggio a Moby Dick. Intervista all’autore Gianni Guardigli
Giovedì 1 agosto, alle 21.30, all’interno della XXVI edizione del festival I Solisti Del Teatro, andrà in scena Bianca – Un Omaggio a Moby Dick di Herman Melville con Daniela Giovannetti e Norina Angelini. Lo spettacolo, diretto da Alessandro Di Murro, con la drammaturgia musicale di Enea Chisci, si nutre dei versi sciolti che compongono l’adattamento teatrale del romanzo di Melville a cura del drammaturgo Gianni Guardigli. Con l’autore forlivese navighiamo attraverso i mari infiniti che collegano la letteratura allo spettacolo dal vivo, dove la sfida fra il capitano Achab e la Balena Bianca può essere un punto di partenza per l’ennesima riflessione, ma con la consapevolezza che è assolutamente necessario collaborare alla creazione di un futuro a cui ognuno di noi “deve” regalare una tessera del mosaico.
Dopo tanti anni di attività, in cui ha lavorato su romanzi di grandi autori della letteratura mondiale come Goethe, Bernhard, Tabucchi, Zola, Fest – solo per citarne alcuni – si è trovato ad affrontare il romanzo più celebre di Herman Melville, Moby Dick: come – e se – è cambiato, nel corso del tempo, il suo modo di interpretare le diverse opere letterarie e di tradurle in testi per la scena?
Ogni volta ho affrontato i vari lavori con spirito diverso, ho cercato di individuare le caratteristiche peculiari dei vari romanzi trovando i punti che reputavo più efficaci per essere portati su un palcoscenico.
Moby Dick, fra letteratura e teatro: qual è stato l’iter creativo di adattamento teatrale del romanzo?
In questo caso ho cercato di “assorbire” al massimo le infinite striature di questo imponente romanzo, un vero trattato sulla vita, sul fronteggiarsi di bene e male, sul cercare di capire una parte dei segreti sul nostro viaggio terreno e poi ho immaginato tre menti pensanti, tre personaggi, e, cercando di entrare nelle loro sensibilità, li ho scritti.
In che modo i temi e i personaggi di Moby Dick possono, a quasi due secoli dalla pubblicazione del romanzo di Melville, riuscire a rappresentare il nostro presente e a definire l’orizzonte esistenziale in cui l’umanità si muove?
La profondità e la precisione con cui Melville sa descrivere le infinite sfaccettature dell’animo umano non possono non essere centrati per rappresentare la nostra esatta posizione nella scacchiera scivolosa di questo mondo. Mi riferisco alle paure che ci perseguitano in questo triste momento. Inoltre la speranza è che lo stesso Melville ci aiuti appunto fornendoci qualche strumento per guidarci a leggere dentro noi stessi e per riuscire, perché no, ad attrezzarci nelle nostre vite quotidiane.
Quali sono le impressioni scaturite dalla visione dello spettacolo del regista Alessandro Di Murro con Daniela Giovanetti e Norina Angelini?
Impressioni di potente adesione emotiva. La regia di Alessandro Di Murro ha saputo con grande intelligenza interpretare molto bene le parole che ho scritto. Daniela Giovanetti ha costruito le tre anime dei personaggi andando a scovare una verità fra testo e sottotesto. Norina Angelini, con il canto e la musica del compositore Enea Chisci, ha reso rituale uno spettacolo di prosa arricchendolo con note di spiritualità.
Un estratto del testo di Bianca di Gianni Guardigli
Se la Natura, la longa manus di Dio su questo pianeta
tanto piccolo nei confronti dell’Universo infinito,
e tanto grande per la nostra percezione mortale
ci ha regalato la possibilità di interpretare dei segnali d’allarme,
noi, tutti noi, dovremmo essere tenuti a considerarli,
questi segnali d’allarme, se vogliamo essere in sintonia.
Essere in sintonia vuol dire non essere “dissonanti”,
vuol dire non opporsi con la forza di un ramoscello sottile
alla potenza crudele e devastante di un tifone.
Se la Natura ci ha regalato dei “campanelli di allarme”,
dobbiamo… dovremmo saperli ascoltare…
aprire orecchie, cuore, anima e metterci in ascolto, cercare di capire.
L’albatro è un uccello bianco, padrone dell’azzurro,
una creatura che è capace di rapportarsi
più alle preghiere del cielo e alle parole degli Angeli
che agli avvenimenti terreni e tangibili di questa terra.
E’ lui stesso, forse, un principe immacolato,
o un valletto di un re, un servitore dotato
di due ali immense e di un corpo candido e quasi sgraziato,
che sa cavalcare la vastità dell’aria con la precisione
e la velocità di un sogno, che sa collocarsi al centro del cielo
con la sicurezza di un regnante,
mentre è goffo, quasi menomato, inadeguato
nel muoversi in terra, o in superfici ferme,
come il ponte di una nave.
Si narra che un albatro ucciso perseguitasse
con sventure e poteri soprannaturali
la nave che scivolava sotto il suo volo.
Ma qualcuno è certo che proprio quel regale uccello
dalle piume accecanti per la bianchezza
sia il messaggero più scrupoloso, adatto ad andare
a sussurrare brevi frasi nelle piccole orecchie degli Angeli,
lassù, dove nessuno è mai riuscito ad arrivare,
dove nessuno ha mai potuto andare a curiosare.
Se la Natura, la longa manus di Dio su questo pianeta,
è una madre attenta a collocare i frammenti,
le pennellate del disegno, nel punto esatto
in cui devono stare… è meglio chiudere gli occhi e ascoltare,
perché, a occhi chiusi, si capiscono meglio,
i significati delle frasi portate dal vento.
Redattore