Tournèe internazionale per la Spellbound Contemporary Ballet. Intervista alla direttrice generale Valentina Marini

Tournèe internazionale per la Spellbound Contemporary Ballet. Intervista alla direttrice generale Valentina Marini

Dopo l’acclamata premiere romana “Full Moon”, ultima produzione della Spellbound Contemporary Ballet, approda negli Stati Uniti. Nella vasta produzione di Mauro Astolfi per la compagnia, questo lavoro si inserisce in un filone maggiormente ispirato all’astrazione tematica e alla sospensione dell’intento narrativo. Astolfi si ispira alle fasi lunari e ai richiami atmosferici che queste fasi hanno nell’immaginario fisico e psicologico dell’uomo, facendo muovere i nove danzatori come se fossero animati da un deus ex machina superiore.

Abbiamo intervistato Valentina Marini, direttrice generale della Spellbound Contemporary Ballet:

• È iniziata da poco la tournèe internazionale della Compagnia Spellbound, quali sono le tappe e i lavori che presenterete?

È iniziata a settembre la seconda parte di stagione e dopo un primo semestre speso per gran parte in Italia con una bellissima tournée di Rossini Ouvertures saremo fino a dicembre prevalentemente all’estero e in particolare in Spagna, Stati Uniti, Bielorussia, Cina, Indonesia, Thailandia, Germania e Svizzera. Ogni Paese ha una differente relazione con noi e un diverso programma presentato ed è anche questa la ricchezza del poter proporre diversi lavori e abbracciare nuovi progetti.
In Spagna abbiamo appena vissuto una bellissima residenza di co-creazione nell’ambito del progetto Dancing Partners con i colleghi del team da Inghilterra, Spagna, Svezia mentre ora siamo negli Stati Uniti, per la seconda volta in questo 2018, tra la Georgia e lo stato di NewYork. Novembre è il mese del tour in Bielorussia, un Paese di cui si parla poco e non certo sotto le luci della ribalta della grande scena teatrale ma con cui siamo in collaborazione dal 2009, anno della nostra prima esperienza a Vitebsk: in questi nove anni questa piccola grande dittatura si è schiusa leggermente e ha iniziato dei progetti di apertura verso l’Europa e il tour di Rossini Ouvertures previsto a breve, che toccherà Teatri meravigliosi come Il National Academic Bolshoi Opera and Ballet Theater di Minsk, il Gomel Regional Drama Theater e il Cultural Center di Vitebsk è parte di questa nuova era culturale del Paese ed è reso possibile solo grazie alla tenacia e ammirevole dedizione del board del Concorso Internazionale di Vitebsk con cui abbiamo ormai costruito una affettuosa amicizia. Al rientro avremo giusto tre giorni per cambiare il bagaglio perchè ci aspetta un lungo dicembre tra Asia e Europa Centrale. Il progetto asiatico è frutto di una collaborazione con le Ambasciate e gli Istituti di Cultura Italiani di Hong Kong, Jakarta e Bangkok dove chiuderemo una special edition dell’Italian Festival. Nel programma misto presentato è ancora una volta presente il lavoro di Rossini anche grazie al contributo del bando per tour internazionali “Siae – Sillumina, copia privata per i giovani e per la cultura”. In chiusura d’anno invece riporteremo in scena un nostro vecchio successo ancora attuale dopo tredici anni dal debutto, “Carmina Burana”, sia in Svizzera che in Germania prima di una meritata pausa natalizia.

• Parlaci un po’ della preparazione, del training e dell’energia che si respira all’interno della Compagnia in questo momento della vostra evoluzione artistica?

La preparazione fisica e il training di base sono sempre quelli, cambiano i danzatori negli anni e le produzioni ma il coaching resta quello legato al lavoro di Mauro Astolfi che tramite la coreografia ma anche le classi di contemporaneo rende il gruppo omogeneo rispetto alla scelta stilistica del momento a beneficio del risultato performativo in scena. Questo chiaramente accanto a un necessario mantenimento della tecnica tramite le lezioni di classico e a un prezioso e non facile lavoro di mantenimento del repertorio e pulizia da parte di Alessandra Chirulli, responsabile delle prove. L’energia è legata spesso alle condizioni del momento e anche ai cicli interni degli inevitabili rinnovamenti di alcuni danzatori nell’alternarsi delle stagioni: posso dire che al momento attuale siamo in una primavera emotiva dove le forze e la voglia di fare sono in sintonia con un programma di lavoro che seppur intenso ci avvierà a grandi soddisfazioni.


• La sera del 12 ottobre c’è stata una standing ovation per Full Moon al Kennesaw State University. Quali emozioni avete vissuto e quali sono le principali annotazioni nel vostro personale “diario di bordo”?

Proporre un lavoro fuori dal proprio Paese di origine è sempre una scoperta, e insieme una emozione nuova, farlo con un progetto appena nato come FULL MOON è quasi come avere un doppio debutto. Di fatto questo recente spettacolo era stato rappresentato solo alla premiere a Roma, immediatamente prima della pausa estiva per cui la ripresa ha coinciso con un nuovo allestimento negli USA che abbiamo vissuto con l’agitazione di un debutto ma al tempo stesso la grande gratificazione di vedere che la creazione è stata accolta nel migliore dei modi: di questo ero sicura sin dalle prime prove in sala, ci sono lavori che nascono con la cravatta e questo è uno di quelli. Il tour ci ha poi concesso un paio di giorni off che abbiamo dedicato alla scoperta della natura nel viaggio verso la successiva città di Buffalo dove siamo in scena il 19 ottobre. Vedere le Cascate del Niagara devo ammettere ha ridimensionato un pò il nostro operato su questa terra!

• Dal punto di vista artistico e organizzativo che vede coinvolti Mauro Astolfi e Valentina Marini in uno scambio virtuoso di motivazione/passione per la danza contemporanea, quali sono nello specifico i vostri obiettivi e la vostra mission?

Siamo sempre stati in questi venticinque anni di collaborazione una strana coppia professionale, nel senso che i ruoli erano sempre molto poco nettamente divisi tranne che per la scrittura coreografica che è ovviamente compito esclusivo di Astolfi. Gli obiettivi sono sempre stati quelli di utilizzare la danza come canale per sviluppare progetti e attenzione verso la pratica e la visione avendo un gusto e uno sguardo orientati verso forme espressive vicine a entrambi, questo ha sicuramente favorito la moltiplicazione di iniziative anche attorno alla produzione tour court che avessero questo come centro.

• Ti spendi con grande impegno tra l’attività della Compagnia Spellbound, la stagione danza del Teatro Biblioteca Quarticciolo e sicuramente c’è molto altro ancora. Cosa alimenta la tua forza, il tuo entusiasmo e a chi senti di dire grazie in questo momento?

Valentina Marini – Direttrice generale Spellbound Contemporary Ballet

Cosa alimenta la mia follia vorreste dire? Ci sono cose che a volte non scegli di fare ma sono loro che scelgono te come se fossero in qualche modo disegnate nel tuo destino. La danza è in me sin da bambina, prima come pratica poi come espressione esteriore in forma lavorativa, ma in qualche modo è un bisogno e come tale produce naturalmente le fonti e i dispositivi per realizzarsi. Quando una passione si trasforma in una professione la dinamica si sposta su un piano che non può prescindere dalla relazione con gli altri e occuparsi di teatro d’arte in questo momento è come scalare un monte altissimo senza imbracatura, non lo puoi fare senza una cordata e qualcuno che ti sorregga non importa chi tu sia e in che ruolo. Il sistema teatrale è composto di macchine incastratissime dove ogni azione esiste grazie al contributo e spesso al sacrificio di tanti che non appaiono direttamente in quel processo ma rendono possibile quel risultato. Il sistema teatrale italiano in particolare basandosi su pagamenti a posteriori di tutti, dagli enti pubblici ai teatri di giro, si sorregge solo grazie alla pazienza e al compromesso trovato con tutti coloro che accanto a te accettano spesso condizioni improbabili di lavoro pur di aiutare il team a raggiungere quel risultato, in questo senso dico spesso metaforicamente che siamo tutti co-produttori di tutti, in particolare le produzioni che stando al fondo della catena soffrono quanto mai questa condizione. Per cui, dovendo ringraziare qualcuno, devo dire grazie al mio compagno Marco Policastro i primis, ai danzatori, ai collaboratori, ai tecnici e alcuni amici tenaci che accanto a me, ogni giorno, reggono la corda perchè nessuno cada.