da Redazione Theatron 2.0 | 29 Apr 2017 | Approfondimenti
Il Festival Labirinto nasce nel 2016 per volontà degli attori del Gruppo della Creta. Concepito come un’intersezione culturale dove poter incontrare artisti provenienti dalle discipline e dai contesti più vari, il Festival è all’alba della sua seconda edizione che si svolgerà dal 15 al 28 maggio presso il Teatro Studio Uno (Torpignattara – Roma).
Abbiamo intervistato Alessandro Di Murro del Gruppo della Creta per scoprire il concept del progetto:
• Ciao Alessandro, cosa cela il nome Labirinto?
Il Labirinto è un luogo dove perdersi, di cui non si conosce né l’entrata né l’uscita e in cui si cerca disperatamente il centro, luogo probabilmente irraggiungibile se non addirittura inesistente. Nel binomio tra cercare l’uscita e raggiungere il centro si sono delineate la nostra poetica e le nostre scelte artistiche. Infatti, se da una parte le diverse arti o i diversi stili artistici rappresentano gli infiniti percorsi che si possono intraprendere all’interno del labirinto, dall’altra il tema del festival, ogni anno diverso, rappresenta quel centro cercato invano. La consapevolezza dell’impossibilità di raggiungere il centro è fulcro del progetto: questa consapevolezza permette di fuggire dal giudizio e dall’illusione di dover trovare una risposta definitiva.
• Dunque perdersi nella RICERCA.
Esattamente! Siamo convinti che la perdita dell’orientamento sia fondante e fondamento della nostra contemporaneità. Non combattiamo lo straniamento con risposte e grandi verità, ma lo affrontiamo nella ricerca: non ricerca fine a se stessa e alienante, ma ricerca vera perché concreta e tangibile per lo spettatore, formata da spettacoli, installazioni e performance che lo accompagnano nella sua perdita di senso. In poche parole, il filo d’Arianna a noi non interessa. Questo elemento instabile, non fissato, la voglia di fuggire da verità rivelate e incontestabili è parte fondante della poetica del Gruppo, che ha fatto della caratteristica malleabilità e mutevolezza della creta la reificazione della sua espressione artistica, sia nella recitazione che nella regia, sia nelle scelte organizzative che di produzione.
• Come nasce il vostro progetto?
Labirinto è nato come una casualità. Prima di tutto da un punto logistico fu una circostanza economica che ci fece avere tra le mani un teatro per tre settimane. Non è una vergogna raccontarlo: il teatro è legato ad aspetti economici, sociali e politici in egual misura. Per questo può parlare del reale. Dover gestire un teatro per un periodo così lungo ci ha portato alla creazione del Festival. Ogni festival che si rispetti ha un nome che si ricordi. Abbiamo impiegato un sacco di tempo per trovare il nostro e l’unica chiave di volta che ci ha permesso di definirlo è aver preso coscienza della nostra condizione. Il nome del nostro collettivo, Gruppo della Creta, da sempre ci riporta a mondi classici e a mitologie greche. Già con uno dei nostri spettacoli, Cassandra, eravamo stati rapiti dal fascino di quel periodo. D’altra parte, la sensazione di trovarsi sempre in un luogo ostile, dove le pareti che ti proteggono sono le stesse che ti ingabbiano, era nota. L’immagine di un Labirinto fatto di paure, provini, ansie e incertezze ci stava indebolendo. Finché, dato il carattere solidale della nostra compagnia, ci siamo domandati se non fosse stato più utile popolare questo labirinto: “Se non riesci ad uscire dal tunnel, arredalo”.
Abbiamo deciso di raccontare la nostra condizione con il nostro teatro, non solo sulle tavole del palcoscenico, ma attraverso una struttura a tutto tondo. Ecco che nasce Labirinto: un luogo non di esibizione, ma di condivisione. Condivisione con il pubblico. Condivisione con altri artisti. Condivisione con il territorio che lo ospita. Perché anche se è vero che ci troviamo dentro un Labirinto dove l’ingresso è introvabile e il centro irraggiungibile, i percorsi per viverlo sono infiniti e tutti ricchi di una bellezza da scoprire.
• Quale riscontro c’è stato dalla prima edizione del Festival?
A 10 giorni dall’inizio della prima edizione del Festival (febbraio 2016) non eravamo pronti ma, come lui non aveva aspettato a nascere, non aspettò neanche a cominciare. Tutto funzionò, ovviamente con mille riserve! Per tre settimane abbiamo avuto la fortuna di avere tanti ospiti come Luigi Mezzanotte, attore di Orgia con la regia di Pasolini nel 1968, Giancarlo Sammartano, Federico Vigorito e Ninetto Davoli, che gentilmente ha recitato per noi il prologo del Vantone.
Tanti registi hanno portato il proprio lavoro nei meandri del nostro festival: Sergio Basile ha messo in scena un testo di Elena Fanucci, Lorenzo De Liberato ha diretto Chiara Poletti e Massimo Cinque, con Senza Confini, uno spettacolo sulla prima guerra mondiale. Senza ancora sapere cosa fosse esattamente Labirinto, avevamo un festival delle arti al cui interno convivevano video arte (grazie ai lavori del regista Mattia Mura), teatro ragazzi (Il magico mondo di Maka è stato il fiore all’occhiello della nostra creazione), un concorso di pittura, che abbiamo chiamato Minotauro, curato da Enea Chisci e sponsorizzato da Artemisia Lab. Sintesi di questa grande commistione di arti è stato il nostro primo spettacolo completamente auto prodotto dal Gruppo della Creta: Per sei dollari l’ora.
• Cosa bolle in pentola in vista della seconda edizione ?
Nel 2016 abbiamo partecipato al bando indetto dalla SIAE per finanziare progetti, vincendolo. Grazie al loro sostegno abbiamo deciso di ripetere l’avventura, producendo la seconda edizione di Labirinto. Questa volta siamo cresciuti e abbiamo scoperto nuovi percorsi in cui perdersi. Per ora mi fermo qui, non svelando nulla sulla programmazione, ma vi invito alla conferenza stampa del 10 maggio (ore 11.30 Teatro Studio Uno).

La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
da Redazione Theatron 2.0 | 8 Apr 2017 | Approfondimenti
Dopo il successo della prima edizione il Gruppo della Creta presenta il secondo capitolo del Festival Labirinto. La kermesse si svolgera dal 15 al 28 maggio al Teatro Studio Uno di Torpignattara (Roma). Come nella prima edizione lo spettatore potrà orientarsi tra diverse forme artistiche: il teatro, la video arte e l’arte visiva. Le novità di quest’anno saranno l’inserimento della drammaturgia, di eventi musicali, di una serie di incontri culturali, cinematografici e una performance che sfrutti l’ambiente urbano circostante al teatro.
IL FESTIVAL SECONDO IL GRUPPO DELLA CRETA:
Abbiamo concepito Labirinto nel 2016 , spinti dal desiderio di trovare un luogo dove cultura e creatività possano esistere senza giudizio. Per questo, il Festival è un’intersezione culturale dove poter incontrare artisti provenienti dalle discipline e dai contesti più vari, un porto franco dove esibire e condividere le proprie creazioni. Questa idea si concretizza nell’immagine di un labirinto: un luogo dove perdersi, di cui non si conosce né l’entrata né l’uscita e in cui si cerca disperatamente il centro, luogo probabilmente irraggiungibile se non addirittura inesistente. Nel binomio tra cercare l’uscita e raggiungere il centro si sono delineate la nostra poetica e le nostre scelte artistiche. Infatti, se da una parte le diverse arti o i diversi stili artistici rappresentano gli infiniti percorsi che si possono intraprendere all’interno del labirinto, dall’altra il tema del festival, ogni anno diverso, rappresenta quel centro cercato invano. La consapevolezza dell’impossibilità di raggiungere il centro è fulcro del nostro progetto. Tale consapevolezza ci permette di fuggire dal giudizio e dall’illusione di trovare una risposta definitiva. Siamo convinti che la perdita dell’orientamento sia fondante e fondamento della nostra contemporaneità. Non combattiamo lo straniamento con risposte e grandi verità, ma lo affrontiamo nella ricerca: non ricerca fine a se stessa e alienante, ma ricerca vera perché concreta e tangibile per lo spettatore, formata da spettacoli, installazioni e performance che lo accompagnano nella sua perdita di senso.
In poche parole, il filo d’Arianna a noi non interessa! Questo elemento instabile, non fissato, la voglia di fuggire da verità rivelate e incontestabili è parte fondante della poetica del Gruppo, che ha fatto della caratteristica malleabilità e mutevolezza della creta la reificazione della sua espressione artistica, sia nella recitazione che nella regia, sia nelle scelte organizzative che di produzione. ( È possibile supportare il progetto contribuendo alla CAMPAGNA CROWDFUNDING)
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NOI GIOVANI DEL FUTURO:
Per la seconda edizione del festival, abbiamo scelto un tema, una chiave di innesco, un polo magnetico verso il quale orientare la nostra ricerca. Noi giovani del futuro è una condizione, la presa di coscienza di un dato di fatto, il contesto in cui si ergono le mura del nostro labirinto.
Sono doverose due precisazioni. La prima: “giovani” non è una condizione anagrafica. Con il termine “giovani” indichiamo tutti gli individui che stanno vivendo questo determinato momento storico. Le prove evidenti si celano, ben in mostra, nella realtà del quotidiano: i dispositivi elettronici sono sempre più piccoli ed accurati, le soluzioni tascabili e a portata di clic, ogni apparecchio è raramente monofunzionale. La “giovinezza” di cui parliamo è di tipo esperienziale. Noi tutti vediamo continuamente il presente raggiungere la propria idea di futuro, di innovazione in innovazione. In questo continuo slancio da una stabilità provvisoria verso la prossima, la giovinezza di cui parliamo diventa condizione storica. Una sorta di basso medioevo, un primo romanticismo, una sorta di post modernismo in nuce. Più semplicemente: giovani del futuro. Seconda precisazione: la nostra idea di futuro.
Il futuro è ciò che sta davanti a noi, ciò che non è ancora accaduto. Oggi la realtà sembra soffocarci di accadimenti: viviamo rincorrendoci su un piano inclinato dove non è possibile trovare stabilità economica, sociale o affettiva, perché erosi da un
insaziabile consumo del nuovo che costringe il soggetto alla consapevolezza di non “essere in tempo”. L’ambito socio-economico condiziona quello esistenziale. Questa non vuole essere una critica, ma una constatazione. Viviamo in una realtà fantascientifica, eternamente inappagata dal presente che continua a superarsi. Noi giovani del futuro vuole essere la bussola che aiuta artisti e spettatori a orientarsi nel labirinto. Non tematica castrante, ma terreno fertile dove coltivare. Le opere che
saranno presentate sono dunque create da quegli stessi giovani del futuro e di loro dovranno parlare.
È come dire: vediamo che sanno fare questi ragazzi fantascientifici?
Troppo facile concludere così. Ci deve essere dell’altro. Questo “altro” potrebbe essere il desiderio di smuovere la nostra generazione ad accettare che il futuro non deve arrivare, ma è già qui. Non aspettiamo la scoperta di una nuova America che cambi la nostra realtà. Internet è già stato inventato da un pezzo.
IL GRUPPO DELLA CRETA:
Il Gruppo della Creta è composto da giovani attori uniti per costruire un teatro collaborativo dove le abilità di ognuno possano sostenere il lavoro di tutti. Fuori dagli schemi del teatro ufficiale, più vicini alla cooperativa e al teatro indipendente, i membri del Gruppo credono in un teatro di ricerca che si basa sul lavoro di palcoscenico e sulla ricerca di nuovi format e modalità per creare un dialogo diretto con il pubblico. Il nome del gruppo si ispira ad un esercizio che Vittorio Gassman faceva fare ai suoi
allievi con la creta e alle doti di questo materiale malleabile che, se bagnato, può cambiare forma, trasformandosi e trasformandosi ancora, finché, cotto, non manterrà la sua forma immutabile. Così i giovani attori si rifanno a questa immagine per l’idea del proprio teatro, ancora da scoprire, da modellare e da fare e disfare senza mai cristallizzarsi in una forma convenzionale. Componenti: Jacopo Cinque, Cristiano Demurtas, Alessandro Di Murro, Alessio Esposito, Pamela Massi, Giulia Modica, Laura Pannia, Lida Ricci, Bruna Sdao.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.