TheaterTellingè un corso di formazione rivolto a studenti e studentesse, comunicatori e operatori culturali, interessati al settore delle arti performative, che prevede un ciclo di lezioni nell’ambito della comunicazione digitale e di approfondimento allo spettacolo dal vivo, nel periodo compreso tra novembre 2019 e gennaio 2020.
Brand Journalism, Social Media Marketing e Audience Engagementsono alcune delle parole-chiave del corso di formazione TheaterTelling, progetto di Theatron 2.0 presso il Teatro Argot Studio, in cui verranno affrontati i temi relativi al coinvolgimento dei pubblici attraverso la pianificazione e la produzione di strategie comunicative multimediali.
Come comunicare le arti performative?
TheaterTelling mira alla creazione di un percorso di narrazione prima, durante e dopo lo svolgimento di eventi culturali raccontando analiticamente le performing arts attraverso l’utilizzo degli strumenti offerti dal web 2.0. Per rafforzare il percorso formativo, verrà proposta un’esperienza di visione di 6 spettacoli, presenti nella programmazione del Teatro Argot Studio e del Piccolo Eliseo, accompagnati da momenti di incontro e confronto tra artisti e pubblico coordinati dai responsabili di Theatron 2.0, Edoardo Borzi e Ornella Rosato, insieme ai partecipanti.
Il progetto si prefigge di mettere a fuoco i seguenti temi:
Brand Journalism & Digital Marketing
Durante la stagione 2019/2020, la redazione di netizens produrrà contenuti digitali dando vita a una narrazione transmediale del processo di organizzazione e programmazione della stagione 2019/2020 di Teatro Argot Studio con focus relativi al progetto, con approfondimenti tematici integrati da foto, video e interviste. Il resoconto integrale dello storytelling con raccolta dei materiali prodotti sarà reperibile in un report unico sul sito di Theatron 2.0.
Analisi dei linguaggi e dei sistemi di comunicazione nell’ambito del web 2.0;
Promozione e Comunicazione Culturale;
Digital Storytelling;
Copywriting & Seo Content;
Social Media Marketing.
Storia delle arti performative e analisi degli elementi dello spettacolo dal vivo
Il percorso laboratoriale proposto da Theatron 2.0 prevede, inoltre, un approfondimento di carattere storico in merito alle arti performative. Gli snodi storiografici più interessanti del Novecento teatrale, saranno assunti come lente d’ingrandimento per indagare gli elementi costitutivi degli spettacoli in programmazione. I partecipanti saranno accompagnati in un percorso di allenamento alla visione e di costruzione del pensiero critico intorno agli spettacoli. Saranno prodotte interviste agli artisti, articoli di cronaca degli eventi, recensioni critiche e focus dedicati all’organizzazione.
Approfondimento storico alle Arti Performative;
Audience Engagement: incontri con gli artisti e con il pubblico;
Produzione contenuti giornalistici scritti e digitali.
Modalità e costi
10 appuntamenti formativi da novembre 2019 a gennaio 2020 + 6 spettacoli da vedere:
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Il Castello di Alvito, un piccolo gioiello nella valle di Comino, ha ospitato per la seconda volta il Festival Castellinaria avvicinando i giovani e gli abitanti del territorio a una delle più antiche arti della storia: il Teatro. La cerimonia d’inaugurazione ha dato il via a una settimana di festa, arte, musica e scoperta delle tradizioni e delle bellezze paesaggistiche locali. Ogni sera è stato proposto uno spettacolo, andato in scena en plein air sotto un bellissimo cielo stellato: un momento per ridere, emozionarsi, imparare, vivere il teatro da protagonisti.
Leonardo D’Alessandro
Formarsi sul territorio, vivere l’evento e narrare l’esperienza tramite il digitale
Sono questi i tre punti che mi danno modo di descrivere il mio tirocinio formativo con Theatron 2.0 a Castellinaria. Il territorio diventa un’aula e un laboratorio in cui formarsi ed esercitarsi sul Digital Storytelling. Una produzione di contenuti digitali ricavata dall’esperienza vissuta durante l’esplorazione del territorio e la visione degli spettacoli inscenati nel Castello di Alvito. L’evento non viene vissuto da spettatore, ma da membro interno alla grande comunità sentendosi parte di ciò che viene realizzato a Castellinaria.
I contenuti digitali non vengono emarginati dallo spirito dell’evento; al contrario, sono pervasi dall’atmosfera del Festival in tutti i loro aspetti. Narrare gli eventi del Festival tramite il digitale è un lavoro di gruppo e di confronto. Solo tramite la discussione produttiva, si possono produrre materiali di qualità. Collaborare e condividere le idee è il modo più idoneo per portare avanti e realizzare un progetto. La settimana trascorsa insieme, durante il Festival Castellinaria, ci ha regalato nuove amicizie, risate, discussioni e la possibilità di imparare a ragionare intorno all’arte teatrale senza mai perdere la libertà di emozionarsi.
Gianluca Faella
Tra i monti di Alvito, in un’atmosfera magica, all’insegna del divertimento e della partecipazione
Ogni serata è stata caratterizzata da performance dal vivo da parte di musicisti e attori a livello nazionale, capaci di intrattenere il pubblico attraverso le loro abilità artistiche. Otto giorni festivalieri da cui il pubblico non poteva che uscirne arricchito, consapevole più che mai di quanto il teatro consenta di trovare sé stessi, entrando in contatto con le emozioni più intime e profonde, di quanto quest’arte millenaria possa essere lo specchio dell’anima.
CastellinAria vuol dire concretizzare i propri sogni, ma anche quelli altrui: si costruisce insieme, si impara insieme, si realizza infine un sogno che da individuale diventa collettivo, tante menti e cuori che si uniscono e ne diventano uno. Il teatro diventa portatore di solidarietà e fratellanza, il tutto collegato dalla passione per l’arte.
Simona Rella
CastellinAria è ‘n’avventur rent a n’ munn parallel, addò s’cred’ agl’sugn ch’ c’fav’ viv’ e ‘uarda’ luntan’
CastellinAria c’porta rent a n’ munn addò s’spera ancor, addò s’ascota gl’pruopria cor. CastellinAria è n’viaj ch’fà divertì ma pur’ maturà, n’viaj ch’fà r’nasc gl’ommn. Fa sci’ ‘n legam paricchie stritt’ tra gl’viecchie e gl’mammuoccie, tra gl’spettator’ e gl’artist’. C’fa capì gl’valor d’n’piccl paesin comm Alvit e d’trouà la bellezza rent alla semplicità. CastellinAria permett d’s’ in contatt’ co’ l’cos’ essenzial’ della wita, gl’valor ch’fav’ buon all’anim. C’fà rtruà l’amicizia: l’importanza d’accogl’ tutt’ gl’ tip’ d’prson, la libertà d’esse chi s’vuo e d’ n’n s’ sntì mai for dalla tribù. C’fà capì l’importanza degl’sacrific, sacrific d’tutt’ chigl ch’ tiev’ gl’coragg’ d’stà a scommatt co’ l’pruoprie passion’. CastellinAria accucchia l’esigenz e gl’desiderie dlla gent’: CastellinAria semm’ nu’.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
1. Un d’gl’ dieci mtiv p’fà st’esperienza d’CastellinAria
La possibiltà d’stabilì ‘n contatt tra gl’ommn e la Natur: d’fà l’escursion ‘n cima agl’ mont d’Alvit e Ucalw. Oppur s’puo’ ì ncima agl’ cavagl’ e ‘uardà gl’panoràm. Agl’castiegl s’possn veré n’sacc’ d’biegl’ spettacl p’ s’rfa’ gl’occhie e passà na srata agl’frisc mies agl’artist: asscì, s’mparàn tant cos nov e s’fà c’accos’avt. CastellinAria c’fa fa’ amicizia, c’fa’ sntì la musica e c’fa’ balla’ ‘nsem comm a na tribù.
2. Valorizzazione del territorio
Alvito e il suo Castello, spesso dimenticati, diventano i protagonisti della Valle di Comino grazie allo spettacolo dal vivo. Realtà piccole ma con una grande anima come #Castellinaria: una piccola comunità fatta di grandi persone che lottano per valorizzare il territorio che abitano.
3. Un Festival giovane
Gioventù e teatro. Elementi semplici in un sistema complesso facilitato dalla determinazione dei giovani volontari e degli artisti ospiti del festival organizzato dalla Compagnia Habitas. Lo zelo e la passione hanno permesso di rendere un’arte con più di 3000 anni di storia più viva e grintosa che mai.
4. Mettersi in gioco senza paura
Al Castello Cantelmo di Alvito, nell’atmosfera magica creata dagli artisti e dallo staff, la paura di esporsi dopo essersi messi in gioco viene soppiantata dalla libertà di esprimersi, sentendosi parte del festival.
5. Ragione o Sentimento?
Secondo quale prospettiva lo spettatore neofita dovrebbe scegliere di guardare uno spettacolo? Dopo una settimana d’arte, emozioni e riflessioni si uniscono fino a confondere la visione del pubblico; ma la confusione non è sempre ingannevole, spesso, permette di interrogarsi intorno a questioni che nella quotidianità non sorgerebbero. Così a CastellinAria è stato possibile squarciare il velo di Maya, sperimentando il dolce e feroce inganno di interrogare la vita attraverso mille domande.
6. Scoprire l’arte
Avvicinarsi all’universo artistico: CastellinAria permette la connessione tra pubblico e spettacolo dal vivo attraverso il coinvolgimento emotivo e la partecipazione attiva. Lo spettatore viene preso per mano e condotto in un’esperienza destinata ad arricchirlo, una catarsi capace di cambiarne in profondità l’animo umano.
7. Sentirsi attori
Assistere allo spettacolo. Applaudire. Riflettere. Sentire. Prendere posto in platea, osservare la scena. Le voci degli artisti. Le luci che colpiscono il viso. Immaginarsi al loro posto. Paura. Emozioni, dalle più vere alle più fittizie, da condividere. Diventare parte dello spettacolo. Sentirsi attori non protagonisti, ma necessari.
8. Conoscere le tradizioni locali
La leggenda, esattamente come il mito, la favola e la fiaba, fa parte del patrimonio culturale di tutti i popoli ed è caratterizzata dalla fusione di magico e reale, marcando l’importanza dell’immaginazione e della fantasia, come mezzo per educare e per superare le paure umane. Fondamentale è la funzione sociale e antropologica svolta dalla tradizione delle leggende e dai miti in una liaison volta a connettere un gruppo, una comunità, un popolo, l’umanità. Come in ogni luogo, anche ad Alvito, esistono tradizioni, usi e costumi secolari che vivono nella memoria popolare di tutti gli abitanti: CastellinAria ha rappresentato un’occasione unica per poter conoscere e vivere intensamente la cultura del territorio, grazie all’arte del teatro.
9. Innovazione nella Valle di Comino
La Valle di Comino, luogo d’ispirazione per molti artisti, ha un profondo legame con l’arte e l’innovazione sin dai tempi più antichi. Si potrebbe immaginare il territorio che circonda la città di Alvito come un’immensa “incubatrice” per le idee innovative. CastellinAria, nell’atmosfera della Valle, si pone come punto di riferimento per gli artisti provenienti dal territorio nazionale e internazionale.
10. Vivere il digitale, raccontando la realtà
La narrazione digitale permette di vivificare i momenti vissuti rendendoli autentici nel ricordo: immaginarsi di nuovo nella platea del Castello di Alvito assaporando l’attesa dell’inizio dello spettacolo, rievocare l’emozione dell’incontro tra artisti e spettatori. Sensazioni catturate da una lente che, attraverso il digitale, racconta un frammento di realtà vissuta.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Commento di Simona Rella e Valeria Amata su Le Mille E Una Notte – IV Ora di LideLab a CastellinAria – Festival di Teatro Pop
Nelle mille e una notte che furono, macabre storie si intessero nel palazzo incantato di Shahriyār e dell’astuta Shahrazād, persa tra gli spettri e i resti delle spose uccise dopo la prima notte di nozze. Shahrazàd è l’incarnazione del potere della parola: offertasi come moglie a un re crudele e spietato, con i suoi racconti riesce a spezzare la catena delle esecuzioni, diventando emblema di coraggio per tutte le donne. È la notte prima del matrimonio, Shahrazàd ripercorre insieme alla sorella la genesi delle uccisioni, accompagnata dalle note funeree di un violino.
La Compagnia LideLab compone una Danse Macabre che si traduce in consapevolezza del “memento mori”, nella presa di coscienza della propria limitatezza. Superare la morte per compiere la trasmutazione di un falcidiato ricordo inanimato -un mucchio di ossa, una marionetta- in un immortale essere umano. Il rapporto con la morte è il tema principale di questo spettacolo, imponendosi anche nel legame tra il genere femminile e quello maschile, destinato a deteriorarsi e a finire in tragedia. Un teatro di figura che, in un gioco di ombre e rifrazioni, tratteggia il doloroso tentativo di Shahrazàd di ritrovare luce nell’oscurità di un luogo in cui la morte aleggia, in un’atmosfera di decadenza, rovina e distruzione.
La webzine di Theatron 2.0 è registrata al Tribunale di Roma. Dal 2017, anno della sua fondazione, si è specializzata nella produzione di contenuti editoriali relativi alle arti performative. Proponendo percorsi di inchiesta e di ricerca rivolti a fenomeni, realtà e contesti artistici del contemporaneo, la webzine si pone come un organismo di analisi che intende offrire nuove chiavi di decodifica e plurimi punti di osservazione dell’arte scenica e dei suoi protagonisti.
Trilogia: tre atti di vita, allegoria della peregrinazione volta al conseguimento della presa di coscienza del Sé e dell’altro da Sé. Tre atti di vita: incarnazione dell’amalgama di sacro e profano, divino e mefistofelico. Cena, Eden e Passione, tre momenti biblici inseriti in un contesto crudele, brutale costantemente atemporale. Un percorso sofferto, tormentato, demoniaco, difficile da percorrere e caratterizzato da inganni, trappole, botole segrete. Un cammino angoscioso verso la vetta. Vetta, che si identifica con l’utopistica felicità che porta all’abolizione di quel senso di insoddisfazione cronica e di quel vuoto incurabile tipico della “Trilogia”, radicati nell’umanità.
Un’ascesa-discesa metaforica nel Parnaso, dove la salita intensamente agognata si rovescia – tragicamente – nel suo opposto. Ci si trova dannatamente nella reggia infernale del Pandemonio, nell’ordinaria e dozzinale quotidianità, scoprendo che, ironicamente, si è sempre stati nel Giardino dell’Eden. In quel παράδεισος, un “giardino recinto” che ricalca ancora e ancora l’impossibilità di sottrarsi dall’impasse psichica e dal ristagno emotivo-esistenziale. Non si sale non si scende, ma si gira in tondo, ricalcando un ouroboros maligno e immortale.
Valeria Amata
Tre atti in cui il sacro si fonde col profano, tre come la Santa Trinità, tre come il numero della perfezione, solo illusoria. L’idillio si trasforma in incubo, il trittico di generi teatrali – commedia, dramma, tragedia – coinvolge il pubblico in un climax discendente nel quale sensazioni contrastanti dominano la scena. Vicende apparentemente scollegate ma unite da un filo invisibile: la solitudine dell’essere umano e il malessere esistenziale, ferite interne che non possono essere curate, cicatrici dell’animo nascoste dietro convenzioni sociali, maschere e sorrisi falsi.
La più grande bugia che i personaggi possano raccontare è rivolta solo a loro stessi, convincersi di avere una vita perfetta ma vacante se osservata più da vicino, credere di stare in piedi ma rendersi conto che in realtà è solo un equilibrio precario, sapere che prima o poi si cadrà inesorabilmente. Una pièce che scava a fondo nell’umano sentire, provocando un forte senso di empatia tra chi recita e chi osserva, in un rapporto di ebbra simbiosi.
Simona Rella
“In fondo è come se lo spazio fosse anima, un’anima vasta e i corpi impulsi nervosi che però devono abitare la disciplina per rendere il rapporto comune, comunitario, organico a un organismo superiore”. Questa citazione di Vincent Lounguemare, presente nel foglio di presentazione dello spettacolo, ci permette di capire il problema sociale dei rapporti umani, la continua ricerca della perfezione per non essere mai contraddetti e giudicati dalle persone appartenenti al mondo esterno.
“Trilogia – tre atti di vita”- partendo dalla narrazione degli episodi biblici dell’Ultima cena, dell’Eden e della Passione di Cristo – mette in discussione la routine e la monotonia, imposte dalle condizioni frenetiche e alienanti della società contemporanea, nate dalla disperazione e dalla paura di poter essere sé stessi. Ogni individuo, alla ricerca di un Eden, spazio felice dove poter vivere, subisce i colpi di un’illusione crudele attraversando il malessere della propria esistenza, per cercare di raggiungere infine una insperata pace interiore .
Leonardo D’Alessandro
Trilogia – Tre atti di vita Da un’idea drammaturgica di Paolo Grossi
Testo e regia: Paolo Grossi Con: Emanuele Cerra, Stefano Detassis, Federica Di Cesare Light designer e tecnico luci: Emanuele Cavazzana; Scene: Lorenzo Zanghielli; Costumi: Elena Beccaro; Produzione: Evoè! Teatro
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